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Autore: Blueorchid31    12/03/2023    7 recensioni
Ritorno allo shippuden, dopo gli avvenimenti degli ultimi due capitoli. La mia personalissima versione circa il buco temporale che intercorre tra il 699 e il 700. Naturalmente ci saranno lacrime, risate e tanto, tanto Sasusaku. Penso che abbiate capito che faccio veramente schifo nelle introduzioni, quindi vi auguro solo una buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
Capitoli:
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Bentrovati, carissimi lettori.

Io mi vergogno tantissimo a comparire e scomparire in questo modo, ma come ho spiegato altre volte (tante ormai) il mio tempo a disposizione per questa mia passione è veramente pochissimo quindi impiego un’eternità a finire i capitoli e non potete capire quanto fremo soprattutto da quando è uscito il manga di Sasuke e la serie (che non era molto fedele al manga, ma vabbè, accontentiamoci). Dopotutto noi Sasusaku siamo abituate a soffrire e quindi anche una minima soddisfazione per noi è un enorme risultato (Come per Sakura d’altronde). Sorvolando su anelli e scene romantiche che hanno sbloccato i miei condotti lacrimali, ho cercato di finire questo capitolo che stava lì da tempo immemore perché sì, perché era ora. Spero che vi piaccia. Non posso darvi date, né speranze, sul prossimo capitolo, ma posso dirvi che l’intenzione di portare a termine questa storia c’è, quindi vi chiedo umilmente un po’ di pazienza. Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirla (avete la stessa perseveranza di Sakura) e chi ha iniziato a leggerla ora (apprezzo la temerarietà). Spero di non deludervi. 

 

# 23 Coming out of my cage. And I've been doing just fine

 

 

“Perché non vai con lui?” masticò Ino Yamanaka insieme al suo dango. 

Perché non me l’ha chiesto, mi sembra ovvio… ricordi? Io non ho niente a che fare con i suoi peccati – pensò Sakura, aggrottando la fronte.

“Ci sono troppe cose da fare qui, i bambini, la clinica” preferì risponderle, ancorandosi con tutta se stessa alla speranza che la Yamanaka ci credesse “ a proposito, penso che sia il caso che vada a parlare con l’Hokage, spero che il consiglio prenda una decisione a breve” continuò, dirigendosi tatticamente verso la porta per mettere in atto una fuga strategica. 

“Non te l’ha chiesto, vero?” 

E la maniglia della porta cadde, divelta dalla mano di Sakura che, rigida come una scopa, realizzò che no, la Yamanaka non le aveva creduto e in vero anche lei pensava che se Sasuke le avesse chiesto di andare con lui questa volta in fondo non ci sarebbe stato nulla di sbagliato. Aveva la clinica, aveva i bambini, stava lottando per quei fondi da… non ricordava neanche più da quanto tempo, ma se si fosse allontanata per un po’ cosa sarebbe accaduto di così grave? Quanto tempo ancora avrebbe dovuto aspettare prima di poter vivere un po’ la sua “non storia” con Sasuke e con un po’ di fortuna trasformarla in una storia vera, o simil vera – nel corso del tempo le sue aspettative si erano alquanto ridimensionate. 

Ogni volta che la loro suddetta “non storia” cominciava a  fare qualche passo verso una qualsivoglia normalità lui se ne andava lasciandola in sospeso, attaccata a un sottilissimo filo legato solo ed esclusivamente alla forza dei sentimenti di Sakura. 

Per quanto tempo sarebbe mancato questa volta? Due, tre, cinque anni, o forse di più? Al sol pensiero le veniva la nausea. Erano davvero così forti i suoi sentimenti da consentirle di aspettare ancora, e ancora, e ancora? 

Per quanto riguardava lui, nonostante fosse un bellissimo ragazzo, la sua scarsissima inclinazione alla socievolezza era da deterrente a chiunque decidesse di avvicinarlo, ma lei… lei sarebbe stata così forte da non cadere in tentazione con un Morio qualsiasi? Quando la nostalgia sarebbe stata troppo forte e il desiderio di vederlo, di sentire l’odore della sua pelle, sarebbero stati incontrollabili, cosa avrebbe fatto? 

“No, non me lo ha chiesto” sussurrò mestamente Sakura, lasciando la stanza. 

 

-o-

 

“Polizia Militare di Konoha”

Naruto Uzumaki aveva spalancato così tanto gli occhi che le orbite avevano rischiato di uscirgli fuori e penzolare sulla sua faccia come due campanelli.

L’Hokage aveva incrociato le mani davanti al viso e aveva sorriso sornione. Da quando il Clan Uchiha era stato sterminato, il corpo di polizia era stato smantellato e il compito di proteggere Konoha, sia internamente e che esternamente, era stato affidato ai jonin e agli anbu. Effettivamente non ci sarebbe stato alcun bisogno di ripristinare il Corpo di Polizia militare, ma secondo Kakashi era giunto il momento di dare un ruolo a Sasuke in modo che si sentisse di nuovo parte del Villaggio e non potendogli conferire né il ruolo di jonin, né quello di anbu, l’unica cosa che gli era venuta in mente – o meglio, per dovere di cronaca, l’idea era stata di Naruto – era stata quella di dare a Sasuke il posto che un tempo era stato di suo padre.  

“Che cosa vuol dire, Kakashi?” Aveva chiesto l’Uchiha, facendo un tuffo nel passato. Era tornato precisamente a una mattina di primavera, a un bambino sulle spalle del fratello che proclamava a gran voce di voler seguire le orme di suo padre. 

“Per prima cosa sarebbe opportuno che tu ti rivolgessi a me con un po’ più di rispetto. Dopotutto sono l’Hokage.” 

Non riusciva a capire se Sasuke rifiutasse che lui fosse l’Hokage o semplicemente quel suo non riconoscere la sua autorità dipendesse dal fatto che gli ultimi ricordi che Sasuke aveva con lui, al di là del frangente della quarta guerra ninja, risalivano a quando era il suo maestro. All’epoca perlomeno lo chiamava sensei. L’appellativo lo aveva perso durante lo stage di Sasuke nel covo di Orochimaru e da lì non lo aveva più recuperato e aveva tollerato questa mancanza dell’Uchiha collegandola al suo stato mentale non molto stabile, ma ora dopo tutto quello che era successo sentiva di meritare il suo rispetto. Al di là dei fraintendimenti lui era sempre stato dalla sua parte, aveva sempre cercato di proteggerlo e difenderlo anche quando si era reso indifendibile agli occhi di tutti. Era arrivato il momento di rimettere a posto i ruoli. 

“Tsk.” Era stata la risposta. 

“In ogni caso…” aveva ripreso Kakashi, sorvolando per amore di pace “La mia idea è quella di ripristinare la Polizia Militare di Konoha come ti accennava Naruto nella sua lettera” ammettendo, ma in maniera celata, che l’idea in fondo, in fondo, non fosse stata proprio sua. 

Era stata proprio quella lettera a stuzzicare in Sasuke il desiderio di far ritorno al Villaggio. Era su una spiaggia, dopo il combattimento nel Colosseo dove aveva sconfitto tutti i ninja in gara e dato loro la libertà e passeggiava pensando alla sua nuova meta quando il falco che utilizzava per le comunicazioni con il Villaggio della Foglia si era posato sul suo braccio. All’interno del piccolo cilindro aveva trovato due lettere: una di Kakashi e l’altra di Naruto.

Quella di Kakashi era una lettera breve che per sommi capi diceva che poteva fare ritorno al Villaggio – che le acque insomma si erano calmate e non rischiava alcun linciaggio di massa – e che aveva bisogno di parlargli di un certo incarico. Quella di Naruto, scritta con una grafia che aveva apostrofato, generosamente, come “orrenda” non lo invitava a ritornare al Villaggio  - molto strano, visto che era stato ossessionato da quell’idea per circa tre quarti della sua vita – ma semplicemente gli faceva i complimenti per come aveva sistemato la faccenda del Clan Chinoike, citando testuali parole :“Come la polizia militare di Konoha”.

Ed eccoci al dunque: ripristinare il Corpo di Polizia militare di Konoha voleva dire rimanere a Konoha?

Se da un lato Sasuke poteva dirsi quasi entusiasta per la proposta di Kakashi che, a questo punto, nasceva da un’idea di Naruto che probabilmente aveva scritto quelle parole senza pensarci troppo su – baka – dall’altra parte, all’epoca, appena ritornato al Villaggio aveva le idee confuse su cosa davvero desiderasse - o si sentisse costretto a fare.

“Ti ringrazio, ma non posso accettare” – gli comunicò, quindi, la mattina seguente il Tanabata. 

“Mi aspettavo una risposta diversa, Sasuke” affermò l’Hokage “In questi mesi ti sei prodigato affinché il Villaggio fosse al sicuro, hai evitato che i pericoli si avvicinassero alle nostre mura e hai acciuffato diversi criminali. La gente di Konoha non ti vede più come una minaccia e siamo tutti del parere che saresti un ottimo Capo della Polizia” aggiunse ma senza troppa enfasi perché aveva scorto nello sguardo di Sasuke un velo di paura. 

“È proprio per questo che non posso accettare” confessò Sasuke “La più grande minaccia per il Villaggio sono io”

Kakashi e Naruto sbatterono ripetutamente le palpebre confusi da quell’affermazione che ricordava tanto “Voglio diventare Hokage”, oppure “Voglio caricarmi di tutto l’odio del mondo”, o ancora “Viaggio per redimermi”. Che fosse impazzito di nuovo? In tal caso il posto giusto per Sasuke non sarebbe stato il corpo di Polizia Militare di Konoha,  ma la clinica psichiatrica di Sakura con ricovero immediato.

Forse furono gli sguardi interdetti dei suoi interlocutori o semplicemente il timore di venire rinchiuso con tanto di camicia di forza, di nuovo, ma Sasuke si persuase a spiegarsi meglio.

“Kido, le bombe umane, vi dicono niente?” tentò senza troppe speranze, ottenendo come risposta un ulteriore susseguirsi di palpebre sbattute a una velocità sempre più sostenuta mentre la vena sulla sua fronte cominciava a gonfiarsi minacciosamente.

“Rinnegan? Ultimo membro del Clan Uchiha? Sharingan ipnotico?” tentò ancora e questa volta sembrò funzionare. 

“Temi che sia tu ad attirare i guai?” 

Per tutti i Kami fortunatamente Kakashi aveva colto il succo del discorso al contrario dell’altro che aveva preso a grattarsi nervosamente la testa in un inutile tentativo di rianimare il suo pigro neurone. 

Annuì quasi sollevato: non era mai stato di troppe parole e dover spiegare per filo e per segno quello che ai suoi occhi era di un ovvietà disarmante lo aveva messo abbastanza in agitazione. Fortunatamente Kakashi con quelle sei parole sconnesse gli aveva evitato ulteriori spiegazioni. 

“Dovrei pensarla diversamente?” chiese con un filo di rassegnazione nella voce.

“Sas’ke, ma che cosa stai dicendo?” intervenne Naruto e come sempre colmo di buoni propositi e di ottimismo continuò: “Chiunque dovesse azzardarsi ad avvicinarsi al Villaggio non troverebbe solo me, ma anche te. Non avrebbe scampo. Abbiamo già affrontato questo discorso.”

“Naruto, un attacco al Villaggio metterebbe in pericolo la vita di molte persone prima di un nostro intervento” replicò l’Uchiha a denti stretti “Inoltre ti rendi conto che da quando è finita la guerra Konoha è stata attaccata solo da ninja che cercavano me?” concluse, stringendo il pugno. 

“Mi duole ammettere che Sasuke ha ragione” affermò Kakashi che, in verità, la pensava esattamente come lui, ma l’idea di poter ridare una vita normale a Sasuke, l’amico a Naruto e l’amore a Sakura lo aveva indotto a sperare che con il tempo l’ultimo erede degli Uchiha potesse diventare una preda meno appetibile per i tanti nemici che erano dentro e fuori le mura di Konoha “Le tue abilità oculari e il tuo passato sono ancora un grande peso che devi portare sulle spalle. Forse è prematuro che tu rimanga al Villaggio.” 

“Ma… Sesto Hokage!” provò a replicare Naruto. 

“Voglio che accetti comunque la carica che ti ho dato. Dopotutto la Polizia Militare non è detto che debba operare per forza all’interno del Villaggio. Almeno se ti dovessi trovare in difficoltà avresti un titolo di Konoha da esibire.” concluse Kakashi dinanzi allo sguardo sconfitto di Naruto che per un momento ci aveva davvero sperato di riportare a casa Sasuke una volta per tutte. 

Sasuke accettò di buon grado e comunicò all’Hokage la sua intenzione di partire il prima possibile aggiornandolo anche su un’altra faccenda che gli aveva creato non poca ansia. Infatti, al di là dei nemici che volevano impossessarsi delle sue doti oculari, durante il suo viaggio aveva rintracciato dei segnali inequivocabili riconducibili a Kaguya Otsutsuky. 

“Vorrei indagare” comunicò ai presenti che non ebbero nulla in contrario di fronte a una minaccia così grave.

“Avrei anche un’altra richiesta” aggiunse.

-o-

 

“Adesso però potresti tornare più spesso al Villaggio” 

Niente, Naruto era duro alla resa.

Sasuke scosse la testa, esasperato. Possibile che Naruto non comprendesse l’importanza del suo ruolo e soprattutto quanto fosse importante che lui rimanesse lontano da Konoha per il bene di tutti? Sakura era stata rapita per colpa sua, alcuni abitanti del Villaggio erano esplosi sempre per colpa sua e solo i Kami potevano sapere quali altri pericoli avrebbero corso tutti se lui fosse rimasto. 

Era una mina vagante. Beh qualcosa con il tempo non era cambiata - magra consolazione. 

“Naruto quando ci siamo scontrati nella Valle dell’Epilogo mi hai detto che avremmo creato insieme un nuovo mondo ninja” e fece un enorme sforzo a rivangare quel momento di assoluto fallimento personale. 

Naruto annuì.

“Non possiamo creare nessun nuovo mondo se il vecchio ancora ci rincorre. Non possiamo cambiare le cose solo perché noi lo vogliamo.” continuò a spiegargli, sperando di rendere chiaro un concetto che a dire la verità non era molto ben chiaro neanche a lui ancora “Ci sono ancora molte cose irrisolte e nemici che spuntano da ogni parte. Il mio compito è quello di tenerli lontani da voi.” 

E con quel voi, Naruto lo sapeva, intendeva anche quella testolina rosa che gli stava venendo incontro, diretta al Palazzo dell’Hokage da cui loro erano da poco usciti. 

“Ok, Teme. Ho capito.”

Non servivano altre parole, era tutto chiaro, tuttavia Naruto trovava profondamente ingiusto che Sasuke si sentisse così responsabile della loro incolumità da scegliere di stare lontano da loro, dai suoi legami. Era vero: Sakura era stata rapita per indurlo a tornare al Villaggio in modo che Kido potesse impadronirsi del potere dei suoi occhi, il Clan Chinoike aveva rapito degli abitanti di Konoha e li aveva trasformati in bombe umane con la convinzione che Sasuke fosse al Villaggio, se poi si andavano ad aggiungere le informazioni sugli Otsutsuki che Sasuke aveva appena dato a lui e a Kakashi il quadro era completo e il ragionamento dell’amico, sorvolando sulla componente affettiva, era incontrovertibile. 

Tuttavia era stufo di vedere i suoi due migliori amici soffrire, si sentiva schifosamente fortunato al loro confronto: lui poteva vivere tranquillamente al Villaggio, aveva sposato Hinata e aspettava un figlio da lei. La sua vita poteva dirsi perfetta, mentre quelle di Sasuke e di Sakura continuavano a essere piene di ostacoli. 

“Sakura” sussurrò Sasuke, vedendola arrivare. 

“Non metterci troppo a tornare questa volta, però almeno in parte sono contento” disse Naruto a mezza bocca prima di esclamare il classico “Sakura-chan!” alzando il braccio posticcio della signorina Tsunade, quello che, per la cronaca, l’altro tizio aveva deciso di non farsi riattaccare – chissà poi perché.

“Ciao Naruto” esclamò la ragazza non appena fu più vicina. “Sasuke-kun” sussurrò appena, distogliendo subito lo sguardo da lui per portarlo verso il terreno che sembrava molto più rassicurante in quel momento perché dentro di lei stava crescendo una rabbia furente per quel mancato invito che la sera prima aveva tollerato recitando come sempre la parte della donna forte, della donna che se vuole stare davvero con Sasuke Uchiha deve accettare le sue stranezze e i suoi desideri. 

Shannaro! 

Aveva anche lei dei desideri e uno di quelli era di partire con lui. Adesso il problema era: come dirglielo? Non capiva infatti se fosse furiosa più per il fatto che non le avesse chiesto di andare con lui – neanche questa volta – o perché era terrorizzata all’idea di dirgli che non gli avrebbe fatto mettere il naso fuori da Konoha se non con lei al seguito. 

“Devo andare dall’Hokage. I fondi. La clinica.” 

In fatto di parole sconnesse quei due se la battevano, pensò Naruto. 

“Ci vediamo dopo” chiosò, riprendendo a camminare verso il Palazzo dell’Hokage senza alzare lo sguardo da terra. 

E Sasuke si chiese cosa intendesse con quel vago “dopo”. 

Era stata scostante, troppo scostante. Non che si aspettasse salti di gioia, no proprio, ma ormai si era convinto che almeno Sakura avesse capito i suoi intenti e li condividesse. Si sentì improvvisamente di nuovo incompreso – tanto per cambiare. 

Forse avrebbe dovuto spiegare meglio a Sakura come stavano le cose come aveva fatto poc’anzi con Naruto. Se le aveva capite Naruto c’erano ampie possibilità che anche Sakura le comprendesse anche se in ostinazione non sapeva chi fosse peggio dei due. 

Si portò una mano alla fronte, aveva come la sensazione che scottasse. Quando c’erano di mezzo i suoi affetti, i suoi legami, diventava tutto così difficile e le parole, le stramaledettissime parole, dal suo punto di vista erano così sopravvalutate. Lui aveva sempre preferito i fatti e il voler rimanere lontano dal Villaggio per proteggerli era un fatto. Cos’altro avrebbe dovuto fare o spiegare per fargli capire quanto tenesse a loro? 

In ogni caso avrebbe cercato di spiegarglielo… “dopo”. 

Ma “dopo” quando?

 

Attanagliato dal dubbio di quel “dopo”, Sasuke percorse un tratto di strada con Naruto lasciandolo sull’uscio di  casa dove una sorridente Hinata Hyuga lo attendeva trepidante. Era riuscito con fatica a rifiutare l’invito di Naruto per cena e si era diretto pensieroso verso casa. Ancora faceva fatica a pensarci: Naruto si era sposato, aspettava addirittura un figlio, era riuscito a creare la sua nuova famiglia. 

Quella parola, “famiglia”, ancora gli creava una voragine all’altezza del cuore, ma Sakura con la sua dedizione e il suo amore piano, piano, stava riuscendo a colmarla. 

Lei e Naruto erano sempre stati quanto di più simile a una famiglia da che ne avesse memoria. Ma non erano più dei bambini, non erano più i tre genin del team 7, erano tre sennin ormai abbastanza grandi da poter mettere su una propria famiglia. Il legame originale non si sarebbe mai dissolto, ma altri legami, diversi, avrebbero potuto aggiungersi a quello come nel caso di Naruto e Hinata e del loro figlio o figlia. 

Una nuova generazione di ninja di Konoha cresciuti con sani ideali non era poi una prospettiva così nefanda. 

Di certo questo poteva essere un problema nel suo caso: rimanendo lontano dal Villaggio le possibilità di generare una prole erano pressoché inesistenti. 

E a quel punto realizzò l’ineluttabilità del suo destino e lo stomaco gli si contorse in un doloroso spasmo. 

Davvero sarebbe stato destinato a vagare per sempre?

Cosa ne sarebbe stato dei suoi legami? Quegli assurdi legami da cui era fuggito e che adesso invece iniziava a considerare indispensabili tanto da avere come unico scopo quello di proteggerli.

Sakura per quanto tempo avrebbe sopportato tutto questo? Non l’aveva già fatta soffrire abbastanza? Ma soprattutto quella promessa che aveva fatto da bambino: “Voglio riportare in vita il mio Clan” , quella che Haku per poco non aveva infranto in maniera irreversibile trasformandolo in un puntaspilli, l’aveva forse dimenticata? 

Entrò in casa e fu colto come da un senso di nausea nel vederla così buia e vuota. Si diresse verso la camera da letto che troppo spesso aveva diviso con Sakura in quel periodo e vi si lasciò cadere sopra come un corpo morto. L’ultimo pensiero prima di addormentarsi lo portò ad allungare la mano verso la parte vuota del letto, percependola fredda come non lo era mai stata. 

 

-o-

 

L’indomani Sasuke si svegliò con un animo strano. Tutto quello che era accaduto il giorno precedente lo aveva metabolizzato durante la notte con il susseguirsi di sogni così lucidi da sembrare reali. Aveva sognato sua madre, suo padre, il povero Itachi, la casa in cui era cresciuto da bambino e al risveglio aveva ancora in bocca il buon sapore della famiglia, del calore e quasi si rattristò al pensiero che fosse giunto il mattino. 

Si mise a sedere sul letto e afferrò un lembo delle lenzuola bianche con la mano. Lo strinse con forza, percependo di nuovo la nauseante sensazione di essere scisso, diviso in due, come in passato. Una parte di lui saldamente attaccata a quelle lenzuola, alla vita al Villaggio, ai suoi affetti… eh sì, anche a Sakura, stanco di fuggire e curioso di provare anche solo un attimo di assoluta felicità. Una casa, una famiglia, un figlio con Sakura sarebbero stati poi così impossibili? Perché a lui queste cose dovevano essere negate? 

L’altro lui, più razionale e più immeritevole - a suo dire - lo spingeva a pensare che non ci fossero soluzioni oltre quella di allontanarsi dal Villaggio, vivere una vita solitaria e triste, lontano da tutti - lontano da lei, per proteggerli – per proteggerla. Da quando lei aveva avuto la sfiga di provare dei sentimenti nei suoi confronti, lui non aveva fatto altro che causarle indicibili sofferenze e quello che più lo rendeva nervoso era il fatto che avrebbe sicuramente continuato a procuragliene stando lontano dal Villaggio per del tempo non ben definito, ritornando di tanto in tanto per ritrovarla con un nuovo taglio di capelli, casomai, nuove amicizie, nuovi progetti e forse, perché no, un altro uomo. 

Era veramente disposto a dichiararsi sconfitto all’ineluttabilità di quel destino avverso? 

Sakura aveva combattuto, non si era arresa neanche quando l’umanità dentro di lui sembrava ormai persa. Era sempre riuscita a riaccendere un fioco calore nel suo cuore, con una parola, uno sguardo, una struggente dichiarazione del suo amore, e lui, di contro, aveva reagito con una violenza sempre maggiore fino ad arrivare a traffigerle – seppur per finta – il cuore. 

Se ne vergognava, ancora non riusciva a comprendere come lei fosse riuscita a perdonarlo e… ad amarlo. A conti fatti Sakura era l’unica donna che riusciva a vedere al suo fianco – e non solo per la sua masochistica inclinazione a perdonargli ogni cazzata.

Sarebbe stato davvero bello poter creare con lei una famiglia, crescere una dozzina di marmocchi corredati di potentissimi sharingan addestrati a prendere a calci nel sedere tutta la stirpe Uzumaki. Comprare una casa, tornarci all’imbrunire e trovare Sakura in cucina a preparare una delle sue improbabili ricette circondata da bambini e bambine con il simbolo degli Uchiha stampato sulle magliette. 

Le sue labbra si incurvarono in un sincero sorriso vagando tra quei pensieri così lontani da tutto quello che era stata la sua vita fino a quel momento, fino a quando non si era convinto a consegnare a Sakura le chiavi della sua felicità e del suo futuro.

Da quando quella donna era diventata così importante per lui?

Sorrise ancora, gettandosi pesantemente all’indietro e ricadendo sul materasso morbido: in fondo lo era sempre stata – concluse.

-o-

In una pasticceria dall’altra parte di Konoha una irrequieta Sakura Haruno, davanti a una porzione di dango, invece, si stava ponendo ben altre domande e nella sua testa frullavano ben altri pensieri pur avendo come comune denominatore sempre Sasuke Uchiha. Se da un lato Mr Confusione era riuscito a fare un minimo di chiarezza nella sua testa, anche se non nei suoi intenti, lei che le idee le aveva avute sempre ben chiare anche se tendenzialmente autolesionistiche, stava cercando un modo, un escamotage geniale, per portare avanti i suoi intenti, anche quelli chiarissimi: partire con Sasuke, partire con Sasuke, partire con Sasuke (un unico intento moltiplicato per tre, dato il soggetto).

“Se dovessi andare via saresti in grado di prenderti cura dei bambini?” domandò a brucia pelo a Ino. 

“Beh, tra il negozio di fiori e il ruolo di capo del Clan Yamanaka non saprei proprio, Sakura.” le rispose in tutta onestà la ragazza.

Sakura sospirò mestamente e si portò una mano alla fronte. 

“Che disastro!” esclamò, disperata. 

“Io non ne farei una tragedia. Dopotutto hai dei validissimi collaboratori. Il tuo team di ninja medici è tra i più stimati di tutte le terre ninja e poi c’è sempre la Signorina Tsunade. Non capisco la tua preoccupazione” replicò Ino, tentando di rassicurarla. 

“Sì ma in questo arco di tempo mi sono occupata io quasi di tutto. E se dovesse succedere qualcosa? Se il Villaggio venisse attaccato?” incalzò Sakura.

“C sn smpr i flc mssgr” intervenne Choji a bocca piena.

“Che ha detto?” chiese Sakura, confusa.

“Che ci sono sempre i falchi messaggeri” tradusse Ino, più abituata dell’amica a sentir parlare il compagno di squadra con la bocca piena - praticamente sempre “ E ha ragione” continuò “ se dovesse accadere qualcosa Naruto avvertirebbe Sasuke e di conseguenza anche te.” 

“Si, ma…” tentò di controbattere la ragazza fermata immediatamente dalla mano di Ino aperta davanti al suo viso.

“Fattela finita, fronte spaziosa. Il tuo unico problema è Sasuke. Non glielo hai ancora detto vero?”

Sakura abbassò il capo per la vergogna: in effetti stava cercando solo alibi, il vero problema stava nel fatto che non era ancora riuscita a comunicare a Sasuke la sua intenzione di andare con lui. 

Si alzò all’improvviso dalla sedia e sbatté con forza le mani sul tavolo facendo saltare in aria la luculliana colazione dell’Akimichi e il tè alle rose di Ino. 

“Adesso basta!” esclamò decisa “Vado a parlare con lui”

E detto ciò s’incamminò bellicosa verso l’uscita lasciando gli altri due attoniti e umidicci di cibo. 

Iniziò a correre il più velocemente possibile per paura che quello slancio di coraggio potesse svanire e in un batter d’occhio si ritrovò davanti casa di Sasuke.

Nonostante il rossore sul viso e il fiatone si convinse a bussare subito e con  straordinaria delicatezza - perché l’istinto di buttare giù la porta ed entrare senza permesso era forte, ma siccome era lì per ottenere qualcosa che credeva impossibile l’alternativa della delicatezza le sembrò più opportuna. 

Solo quando sentì la maniglia muoversi dall’altra parte della porta ebbe un istante, un dannatissimo istante, di ripensamento, ma ormai era troppo tardi per girare i tacchi e darsela a gambe: Sasuke Uchiha in tutta la sua bellezza (perché era bello, veramente bello, a prima mattina poi - pensò Sakura diventando se possibile ancora più rossa) si era palesato davanti ai suoi occhi e sembrava… sembrava contento di vederla?

Da dove era nato quel sospetto?

Sasuke non aveva sorriso nel vederla, non le aveva detto un “Ciao” di slancio, né il suo unico occhio espressivo aveva preso a brillare nel vederla. Semplicemente il suo viso non le era sembrato rigido come sempre e quello, nell’enciclopedia dell’interpretazione dei segnali di Sasuke Uchiha stilata personalmente da lei, valeva a dire: “Non sono infastidito all’idea che tu sia qui”, il che era già una gran cosa. 

Incoraggiata da quell’inaspettato evento, prese il coraggio a due mani e gli disse:“Sasuke-Kun, devo parlati.”

E quella mattina accadde qualcos’altro di assolutamente inaspettato: “Anche io” le rispose Sasuke, che in vero non poco tempo prima che lei bussasse alla porta si era chiesto dove fosse finita il giorno precedente quando lo aveva liquidato con quel “dopo” campato in aria che poi “dopo” non era stato. 

Sakura trasalì all’idea di quello che Sasuke avesse da dirle: il solo fatto che lui volesse parlarle aveva dello straordinario perché  tirargli fuori anche due parole di solito era un supplizio divino e poi, normalmente, tutte le volte che lui aveva sentito l’impellente desiderio di dirle qualcosa, quel qualcosa non era mai stato molto piacevole. Quindi era più che normale temere il peggio. 

La fece entrare e poi le fece strada fino al salottino. Sakura lungo quel breve tragitto tentò di riorganizzare le idee e formulare una frase di senso compiuto che non contemplasse qualcosa di supplice, di melenso e/o di melodrammatico - una vera impresa visto che già sentiva le amare lacrime di delusione sgorgare dai suoi occhi, perché Sasuke le avrebbe detto di no, ne era certa, e  non avrebbe avuto altra scelta che incassare il colpo e tornarsene a casa sconfitta. 

Posò lo sguardo sul tavolo dove Sasuke aveva poggiato alcuni vestiti piegati, la sua katana e alcuni rotoli ovvero l’occorrente per la sua partenza imminente ed ebbe come la sensazione che l’orologio attaccato alla parete avesse iniziato a ticchettare più velocemente e più rumorosamente. Un rumore insopportabile che scandiva il poco tempo che le era rimasto. 

“Sei in partenza?” Si affrettò a chiedergli. 

“Sembra di sì” le confermò. 

A Sakura passarono per la testa mille domande da porgli come “Dove andrai?”, “Quanto starai via?” , ma si trattenne dal proferire parola ricordandosi il vero motivo che l’aveva spinta a presentarsi al suo cospetto: tentare ancora perché dopotutto non aveva niente da perdere. Non le importava più del suo giudizio, del fatto che lui potesse pensare di lei che fosse noiosa o petulante o insistente. Quello che avevano vissuto in quel periodo in cui lui era ritornato al Villaggio era stato reale, profondo e lei non voleva più rinunciarvi. 

“Posso venire con te?” Era quella l’unica domanda da fare ed era ferma in gola annodata alle sue tonsille. 

“Sakura” 

Il modo in cui Sasuke aveva pronunciato il suo nome le aveva procurato un brivido lungo la spina dorsale. Il tono che aveva utilizzato lo aveva udito solo in un’altra occasione: quando le aveva toccato la fronte e l’aveva ringraziata prima di partire. Erano quindi giunti a quel momento? 

D’istinto fece un passo indietro presa dal panico.

Sasuke riconoscendo nel suo sguardo quell’angoscia che troppe volte le aveva causato si chiese se non stesse sbagliando di nuovo tutto con lei. 

“Di cosa volevi parlarmi?” Le chiese, quindi, scegliendo la strada che in quel momento sembrava meno impervia da seguire rispetto all’analisi dei suoi pensieri che avevano ripreso a vorticare confusi nella sua mente.  

“Tu andrai via e io rimarrò qui, da sola, di nuovo” sussurrò Sakura con un filo di voce, sbattendogli in faccia la triste realtà e Sasuke non potè non ritornare con la memoria a quella notte in cui aveva lasciato il Villaggio. Anche in quella occasione Sakura gli aveva detto che se fosse andato via per lei sarebbe stato come restare sola. A quel tempo non aveva dato troppo peso a quelle parole perché secondo il suo giudizio Sakura era solo una ragazzina invaghita, circondata dalla sua famiglia e dagli amici: cosa ne poteva sapere della solitudine? Eppure lei era stata chiara, anche all’epoca, aveva sottolineato che senza di lui non sarebbe stato lo stesso, che nonostante avesse attorno tante persone che le volevano bene la sua assenza avrebbe creato un vuoto incolmabile, ma a lui che non aveva più niente se non la vendetta erano sembrati vaneggiamenti. 

Ora però le cose erano diverse perché anche lui provava la stessa sensazione: lasciare il Villaggio, lasciare Naruto e soprattutto lei equivaleva davvero a essere di nuovo solo. 

Sasuke riempì i polmoni di aria con un profondo respiro e chiuse gli occhi: era giunto il momento. 

“Bagaglio leggero, cammineremo molto” 

Sakura alzò lo sguardo verso di lui e strinse il pugno davanti al petto.

“Stai dicendo che…”

 

-o-

 

“Se lei è d’accordo io non ho nulla in contrario” aveva risposto Kakashi anche se l’idea di avere il suo miglior ninja medico lontano dal Villaggio un po’ lo preoccupava. Di contro, il solo fatto che fosse arrivata da Sasuke e non da Sakura quella richiesta lo aveva stupito a tal punto che non ci aveva messo molto a convincersi che per il bene dei suoi due allievi sarebbe stata la decisione migliore da prendere. 

Naruto si era irrigidito per un attimo, sorpreso quanto il Sesto Hokage della richiesta dell’amico: l’idea che Sasuke e Sakura partissero insieme per chissà quali avventure senza di lui non l’aveva mai presa seriamente in considerazione. Una parte di lui avrebbe voluto fortemente partire con loro, l’altra sapeva benissimo che non era né giusto, né tantomeno opportuno: giusto perché quei due avevano bisogno di stare insieme da soli evidentemente - che la richiesta fosse arrivata da Sasuke in persona faceva pensare questo… e molto altro - e opportuno perché lui aveva una famiglia a cui pensare, alla fine Hinata era rimasta incinta, era proprio all’inizio della gravidanza e non poteva di certo lasciarla da sola. 

“Non penso che Sakura-chat avrà nulla in contrario” aveva detto, sfoggiando un sorriso discretamente forzato.

“Lo penso anche io” si era accodato Kakashi “ Ma fate in modo che non debba rimpiangere la mia decisione” aveva concluso.

Sasuke aveva annuito: malgrado non avesse ancora preso una decisione concreta, aveva sentito il bisogno di capire quali disagi avrebbe potuto procurare quella scelta al Villaggio e anche al suo amico prima di valutare seriamente l’ipotesi. 

Adesso doveva solo capire se portarla con sé oppure no. 

 

-o-

 

“Ho bisogno di sapere se può creare dei problemi”

“Problemi?” Sakura ancora incredula faceva fatica a mettere insieme i pensieri. 

“Sakura” perentorio Sasuke la riportò in sè.

“No, non penso, non so…” rispose confusa. 

Era andata lì da lui per quel motivo, per convincerlo a portarla con sé, ma lui l’aveva presa in contropiede, aveva come sempre capovolto la situazione e non era pronta mentalmente a una simile evenienza. 

“Ho chiesto a Kakashi il permesso, quindi…” continuò Sasuke un po’ perplesso dalla reazione della ragazza. In vero aveva aspettative diverse: pensava che gli sarebbe saltata al collo dalla felicità e che ci avrebbe messo più di qualche minuto a scrollarsela di dosso. Invece davanti a lui aveva una Sakura confusa, insicura. Forse aveva fatto male i conti: forse lei non desiderava andare con lui o glielo avrebbe chiesto lei stessa come la volta precedente. In effetti gli aveva detto di andare, lo aveva lasciato libero di partire. 

“Ero venuta per questo” gli confessò “Ero venuta per chiederti di portarmi con te questa volta” continuò, allargando le labbra in uno splendido sorriso “Io non pensavo…”

Non riusciva a credere a quanto stesse accadendo, era così felice da sentire le gambe molli e la testa per aria: aveva difficoltà a mettere insieme le parole, i pensieri, quel groviglio di splendide emozioni che stava provando in quel momento. 

Sasuke si sentì stranamente sollevato: aveva sempre temuto il contrario, ovvero che Sakura gli chiedesse di portarla con lui, ma ora che si era finalmente deciso, un rifiuto non lo avrebbe gradito affatto, o piuttosto gli avrebbe fatto cadere tutta l’impalcatura di buoni propositi e pensieri ottimistici che lo aveva portato a prendere la decisione finale d’istinto quando l’aveva vista entrare dentro casa dopo giorni di analisi dei pro e dei contro e delle eventuali conseguenze. 

Al diavolo!

Sakura si avvicinò a lui lentamente, a testa bassa, e con ancora il pugno stretto davanti al petto che aprì solo a pochi centimetri da lui per porre il palmo della mano sul suo petto. Sasuke rimase immobile, non comprendendo il motivo di quel gesto, ma quando Sakura alzò il capo mostrando i suoi occhi verdi colmi di lacrime - stranamente di felicità - capì che era un sì: sarebbero partiti insieme. Mai avrebbe pensato di arrivare a prendere una simile iniziativa, ma ora, guardandola accoccolata sul suo petto, con le lacrime che gli avevano ormai inzuppato la maglietta, la ritenne la migliore decisione della sua vita. Mosse il braccio e l’avvolse saldamente: nessuno avrebbe potuto mai dividerli, di questo ne era ormai certo. 

   
 
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