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Autore: Orso Scrive    13/03/2023    1 recensioni
Alan Knight, agente dell’Interpol, prosegue l’inseguimento dei due ladri d’antichità, Smith e Fournier, che era quasi riuscito ad acciuffare in Egitto. La sua caccia lo conduce tra le cupe foreste dell’Africa Nera, luoghi selvaggi e inesplorati, che celano insidie misteriose…
(Storia scritta nel 2017)
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUARTO
 

 

Iniziarono immediatamente a correre, intenzionati a lasciare lo spazio aperto del cortile per potersi rifugiare al riparo della vegetazione che, almeno così speravano, li avrebbe potuti nascondere alla vista dei loro nemici. Troppo tardi.

Dall’alto delle cime che si innalzavano in tutte le direzioni, cominciarono a piovere da ogni parte pietre e pezzi di legno, scagliati con furia dalle scimmie, le quali avevano fatto repentinamente ritorno per vendicarsi dello smacco subito poco prima. I quattro uomini cercarono di difendersi come meglio poterono il capo da quella gragnola, ma intanto i loro nemici, sbucati dal folto della foresta o gettatisi dalle chiome degli alberi circostanti, si fecero avanti con intenzioni chiaramente irose. Gli animali, più furenti che mai, con i denti digrignati in bestiali smorfie d’odio, circondarono quasi completamente il gruppetto, ignorando i colpi subito sparati da Mugambi e Knight in un ultimo e vano tentativo di allontanarli.

«Presto, proviamo a rifugiarci nella casa!» urlò Knight, cercando di dirigersi in quella direzione. Ma non vi riuscì poiché, proprio dall’abitazione, fuoriuscì un’altra decina di scimmie, le quali lo assalirono con estrema violenza, disarmandolo e gettandolo in terra, dove provarono a cavargli gli occhi con le lunghe unghie delle zampe.

A salvarlo fu l’intervento di Mugambi, il quale sparò nel mucchio dei primati, disperdendoli. Anch’egli, tuttavia, era in estrema difficoltà: aggredito alle spalle, venne scaraventato al suolo e fu presto accerchiato. In quanto a Fournier e Smith, le loro condizioni parevano essere ormai disperate: impediti a difendersi dalle mani legate dietro la schiena, erano stati abbattuti e le bestie infierivano contro di loro con indicibile cattiveria.

Quella sarebbe potuta essere la fine per il valente poliziotto, per la sua guida e per i due audaci ladri che tanto a lungo gli erano sfuggiti dalle mani. Non sembrava esserci, ormai, alcuna possibilità di scampo.

Tutt’a un tratto, però, dalla foresta circostante cominciarono a rimbombare i cupi e ritmati colpi di decine e decine di tamburi, che fecero alzare in volo gli uccelli e bloccarono le scimmie come se un pericolo per loro mortale si stesse avvicinando.

Abbandonati i poveretti su cui si stavano accanendo, le bestie si allontanarono per la seconda volta dalla vecchia casa, questa volta con molta più convinzione di prima e, senza dubbio, maggiormente spaventate. Ma non tutte riuscirono a fuggire: sempre accompagnate dal rullare dei tamburi celati dalle frasche, lance e frecce acuminate cominciarono a piovergli addosso, colpendole senza possibilità di scampo. Le poche scampate, urlando dalla paura e dalla rabbia per la disfatta subita, si sparpagliarono in disordine per la foresta.

Non riuscendo a credere di essere ancora vivi, Mugambi e Knight si alzarono in piedi, feriti ma non troppo gravemente. Anche Smith e Fournier, in un modo o nell’altro, senza sapere in quale maniera, erano riusciti a sopravvivere all’attacco. Il quesito, adesso, era un altro.

«Che cosa succede, ora?» brontolò il francese, mentre il rullio incessante dei tamburi si faceva sempre più vicino.

Si volsero tutti verso la vegetazione, da cui videro emergere degli uomini neri possenti e muscolosi, vestiti di pelli di animali ed armati di lance, archi e frecce, scudi e reti. I loro volti esprimevano una fierezza rara, mai veduta prima.

Nello scorgerli, Mugambi chinò il capo con aria deferente.

«I guerrieri» mormorò. «I guerrieri del re del Sud! I figli della foresta!»

«I nemici delle scimmie giganti?» domandò Knight, al colmo dello stupore, osservando sbalordito la schiera di uomini ferma ai margini della giungla.

Nessuno gli rispose, ma in quel momento, incedendo con passo sicuro, un uomo più anziano degli altri li raggiunse, parlando nella propria lingua.

«Che cosa accidenti starà dicendo?» sbottò Smith, che non aveva capito una sola parola.

Mugambi, al contrario, doveva comprendere quell’idioma, poiché rispose: «Ci invita ad andare con loro.»

«Digli che lo ringraziamo tanto per averci salvati e che saremo loro debitori per tutta la vita, ma che preferiamo risalire subito il fiume fino al tuo villaggio» replicò il poliziotto, con decisione.

Mugambi tentennò un momento, forse cercando i vocaboli più adatti, poi riferì le parole di Knight. Udendole, l’anziano guerriero fece un segno di diniego con la testa, prima di pronunciare alcune secche frasi nella sua lingua, al contempo indicando la vegetazione lussureggiante alle proprie spalle.

«Dice che non possiamo tornare indietro, feriti come siamo» comunicò Mugambi. «Le scimmie faranno presto ritorno e, se ci sorprenderanno soli e in queste condizioni, non avranno alcuna pietà di noi. La nostra sola speranza di trovare scampo è quella di seguirli al loro villaggio, dove saremo al sicuro nell’attesa di guarire e di poter tornare indietro.»

«Allora non potrebbero scortarci loro, fino al tuo villaggio?» insistette ancora Knight.

Mugambi pose la domanda, ma il vecchio scosse nuovamente il capo, parlando ancora.

«No, non possono allontanarsi troppo dalle loro case» spiegò il congolese. «Le scimmie stanno riprendendo il potere di un tempo e le loro famiglie potrebbero trovarsi in grave pericolo se anche solo alcuni guerrieri si trovassero troppo distanti da loro. L’unica soluzione possibile, quindi, è quella che ci sta proponendo.»

Knight si osservò le mani, piene di tagli, e fece un rapido calcolo dei dolori che gli pervadevano il corpo in quel momento: parecchi. In una simile situazione fisica, non avrebbe potuto percorrere molta strada, prima di cadere stremato. Lo stesso valeva per i suoi due prigionieri; non voleva rischiare di lasciarseli scappare, o di vederseli morire davanti per lo sforzo, proprio adesso che li aveva finalmente in proprio potere. Aveva impiegato anni per giungere a questo momento; tanto valeva trascorrere ancora qualche giorno nella foresta, proprio per non mettere a repentaglio tutta la sua lunga caccia.

«E va bene» sentenziò infine, chinandosi a raccogliere la bombetta un po’ sgualcita che aveva perduto nello scontro. «Riferiscigli che andremo con loro.»

«Un momento!» protestò Smith, a viva voce. «A noi nessuno ha chiesto se siamo intenzionati o meno ad andare dietro a questa banda di selvaggi!»

«Esatto!» gli fece subito eco Fournier. «Abbiamo i nostri diritti, non ci si può obbligare a fare qualche cosa che non vogliamo fare!»

Il poliziotto li squadrò per qualche istante, prima di rispondere a tono.

«Vi sbagliate entrambi: in quanto miei prigionieri, voi ricadete sotto l’autorità delle corti giudiziarie di mezza Europa, per conto delle quali io sono qui in rappresentanza ufficiale. Pertanto, qualsiasi mia decisione, in questo momento, ha valenza giudiziaria, per tutto quello che vi riguarda. Tuttavia» e qui Knight sorrise malignamente, «capisco che il frangente non sia esattamente quello contemplato dai miei superiori, quando mi inviarono ad arrestarvi. Non voglio obbligarvi a venire con me nel villaggio di questi guerrieri, se non lo ritenete sicuro. Dal canto vostro, però, capirete che non possa neppure lasciarvi liberi, poiché sarebbe contrario ai miei ordini. Quindi, se non vorrete accompagnare me e Mugambi nella foresta, provvederò personalmente a legarvi nuovamente al palo dove vi ho trovati, e ci resterete fino al mio ritorno, beninteso se non saranno le scimmie a scoprirvi prima ed a farvi a pezzi: in quel caso, vi assicuro che tutte le accuse pendenti nei vostri confronti saranno archiviate dalle cancellerie.»

«Pazzo! Non puoi farci questo!» urlò Smith, in preda al terrore alla sola idea che l’agente mettesse veramente in pratica i propri propositi.

«Decidete!» ordinò il poliziotto, seccato. «Quale soluzione preferite? Venire con me o aspettare il mio ritorno?»

I due uomini, ovviamente, non ebbero neppure bisogno di rispondere e chinarono il capo, rassegnati e sconfitti.

Mugambi, nel frattempo, aveva riferito al comandante dei guerrieri, il cui nome era Nagwazi, che sarebbero andati con lui e i suoi uomini, per cui il vecchio, dopo aver assistito con un certo divertimento allo scambio di battute tra Knight e i due ladri, fece loro segno di seguirlo. Prima di partire, tuttavia, Knight ordinò a Mugambi di riferire a Nagwazi che i due uomini che erano con loro sarebbero dovuti essere sorvegliati con attenzione, in quanto molto infidi e pericolosi. Per questo motivo, allora, il vecchio ordinò a quattro dei suoi sottoposti di circondare Smith e Fournier e di non perderli di vista neppure per un momento.

Il lungo drappello si mise in marcia, al suono ritmato dei tamburi.

Lasciatisi alle spalle la casa in rovina, s’inoltrarono nella foresta, seguendo sentieri appena visibili nell’intrico della folta vegetazione. Ogni tanto, sul loro cammino, si levavano in volo degli uccelli colorati, ma delle scimmie non sembrava più esservi alcuna traccia. Non era facile avanzare nella fitta verzura, piena di insidie nascoste ma, dopo quattro ore di marcia, quando ormai l’oscurità era prossima, i viaggiatori giunsero finalmente in vista di una spianata priva di alberi, cosparsa di erbe secche e stoppose, nel cui mezzo s’ergeva un’alta e robusta palizzata, oltre la quale si levava il fumo delle torce e dei fuochi accesi per cucinare i pasti serali.

Essendo stati annunciati dal tambureggiamento, Knight e tutti gli altri trovarono le porte del villaggio già spalancate per accoglierli, guardate a vista da due impassibili e possenti guerrieri armati di lance; non appena anche l’ultimo di loro fu entrato, le porte vennero immediatamente richiuse e bloccate dall’interno con un pesante e lungo palo.

Oltre la palizzata, s’ergeva il villaggio dei guerrieri della foresta: dal lato destro si stendevano le capanne, di legno e di fango con il tetto di paglia, alcune circolari ed altre a forma di cubo, le quali servivano da abitazioni per le numerose famiglie che componevano la tribù; sul lato sinistro, invece, riposavano alcuni armenti incredibilmente magri che, probabilmente, durante il giorno venivano condotti al pascolo sugli aridi campi circostanti, dai quali dovevano ricavare un ben misero nutrimento. Nel centro esatto della piccola cittadella, invece, una spianata in terra battuta, dove già ardeva un invitante falò, limitata da due grossi edifici sempre di legno e fango, serviva da piazza e da punto di ritrovo.

Knight, Mugambi, Smith e Fournier, barcollanti e ormai quasi esausti per le ferite e la spossatezza, vennero condotti subito all’interno di uno dei due grandi edifici, dove furono seguiti da Nagwazi e dove furono raggiunti da due anziani uomini, i quali provvidero immediatamente a spogliarli ed a cospargerli di pomate che, nel giro di poco tempo, avrebbero guarito le loro lesioni, per fortuna tutte quante piuttosto superficiali. Infine, dopo aver offerto loro dell’acqua fresca con cui dissetarsi, li invitarono a sdraiarsi sopra alcuni comodi pagliericci.

«Adesso riposate tranquilli, amici miei, perché qui sarete al sicuro» disse Nagwazi, le cui parole vennero tradotte fedelmente da Mugambi. «Domattina, quando vi risveglierete, sarete ospiti al nostro banchetto e potrete incontrare il nostro re.»

Con un inchino, il vecchio guerriero si allontanò, anche se non prima di essersi assicurato che i due anziani medici avessero legato nuovamente le mani dei due ladri, le cui vivaci proteste rimasero inascoltate.

Knight, più che sicuro che né Smith né Fournier avrebbero potuto organizzare alcunché, considerati anche la loro prostrazione e il loro sfinimento, che dovevano essere superiori ai suoi, chiuse gli occhi e cadde quasi subito in un sonno molto profondo.

 

 
   
 
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