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Autore: Ahimadala    16/03/2023    1 recensioni
Hermione Granger ha fatto il possibile per restituire la memoria ai suoi genitori dopo la fine della guerra.
Tuttavia, nel tentativo di combattere il suo stesso incantesimo, qualcosa é andato storto.
L' eroina del mondo magico si ritroverá con un insolito e rarissimo dono, che la costringerà a scoprire stravolgenti ed imbarazzanti verità.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Hermione si svegliò tra le braccia di Draco, il volto umido contro il suo petto. Quando alzò il suo sguardo su di lui, i suoi occhi erano leggermente lucidi. Aveva l’aria stanca. Fuori dalle finestre si intravedevano i primi raggi arancioni dell’alba. 

“Abbiamo dormito tutta la notte qui?” disse. 

Draco si tirò a sedere, ed Hermione notò che si massaggiò la spalla intorpidita. “Non volevo svegliarti per portarti in camera”. 

Lo osservò, aveva ancora la camicia umida per le sue lacrime. “Sarà stato scomodo”. 

“Lo è stato per te?”  chiese, serio. 

“No, sono stata bene”. 

Lo sguardo nei suoi occhi si addolcì. Si avvicinò a lei, e le sue labbra si adagiarono delicatamente sulla sua fronte. "Vuoi riposare ancora un po’?”

Si mise in piedi. Si sentiva bene, non aveva voglia di tornare a dormire. Scosse la testa. “Vorrei fare una doccia, in realtà”. 

Draco rimase a guardarla, con aria decisamente stanca. Hermione avrebbe scommesso che stesse anche peggio di quanto appariva.

 Il cuore si strinse nel suo petto al pensiero che aveva trascorso la notte sul divano, sicuramente in una posizione scomoda, solo per non svegliarla.

“Puoi continuare a dormire se ti va”. 

Il biondo annuì, nascondendo uno sbadiglio dietro il palmo della mano. 

“Oppure potresti venire con me”. 

Hermione vide tutta la stanchezza sparire dal suo volto mentre si alzava dal divano e la seguiva in bagno. 

I suoi occhi si accesero come ormai aveva visto fare più di una volta mentre il vapore proveniente dalla doccia riempiva il piccolo spazio, rendendo ogni superficie appannata e scivolosa. 

Hermione si dimenticó di ogni cosa in quel momento, mentre questa sua semplice fantasia finalmente prendeva vita. 

Si liberó rapidamente dei suoi vestiti mentre lui faceva lo stesso, e quando finalmente furono nudi una di fronte all'altro, gli afferró la mano. 

Draco scrutava attentamente ogni suo gesto, il suo petto si alzava e si abbassava in ampi movimenti, come se si stesse sforzando di respirare piano. 

I suoi occhi la scrutavano attenti a non perdersi nulla di ciò che lei gli comunicava solo con lo sguardo. 

Hermione capì: le aveva lasciato il comando. 

Una scarica di adrenalina la invase dalla testa fino alle punte dei piedi mentre si sistemarono sotto il getto dell'acqua calda nel piccolo box, i corpi stretti l'uno contro l'altro al punto che sentí la sua erezione premere contro l'addome. 

Le mani di Draco erano rigide lungo i fianchi, come se stesse trattenendo l'istinto di toccarsi, o di toccarla. 

Hermione accarezzó con le dita la punta del suo cazzo e un fremito lo scosse lungo tutto il corpo. 

"Non l'ho mai fatto così" sussurró, la voce che si confuse sotto il getto dell'acqua mentre si voltava, dandogli le spalle. 

Lo sentí imprecare tra respiri pesanti, invocando Salazar, Merlino ed il resto dei fondatori di Hogwarts. Sorrise, nonostante lei stessa sentisse il cuore sul punto di schizzare fuori. 

Lo guardó da oltre la spalla, annuendo quando portó entrambe le mani sui suoi fianchi. 

Hermione poggiò I palmi sulla parete scivolosa, cercando di aggrapparsi come meglio poté, e lasció che il suo sedere scivolasse contro il suo cazzo. 

Dio, Hermione 

"Sei sicura?" le sussurró all'orecchio, il respiro caldo e pesante che si mescolava al vapore tutt'intorno, mentre sfiorava la sua entrata con la punta del suo cazzo. 

"Si, Draco. Ti prego" riuscí a dire. 

Non se lo fece ripetere due volte. Scivoló dentro di lei con una spinta decisa e senza alcuna esitazione, i loro gemiti dispersi tra il rumore dell'acqua che si infrangeva sulle mattonelle. 

"Hermione" ansimó Draco, mentre lentamente scivola fuori fin quasi alla punta e poi rientrava con un movimento deciso. "Penso di amarti".




Con i capelli ancora umidi, Draco scese al bar più vicino per acquistare le loro brioches preferite per la colazione. Hermione non era certa di voler che si addentrasse da solo nel mondo babbano, ma Draco le aveva lasciato la bacchetta ed era andato e ritornato in meno di dieci minuti con più brioches di quante Hermione gli avesse chiesto di acquistare. Nonostante questo, mezz’ora più tardi non ne era rimasta neanche una quando qualcuno bussò al campanello. 

 Hermione sorrise a Ginny, che entrò con la scopa al seguito.

"Scusa, mi sono dimenticata di riaprire il passaggio nel caminetto”. 

Ginny fece saettare gli occhi tra loro due, sui capelli ancora umidi di entrambi. "Preferisco suonare il campanello”. 

Quel commento spazzó via l’atmosfera cupa, ed Hermione si sentì più leggera mentre la rossa si sedeva accanto a lei sul divano. Oggi era il giorno in cui avrebbe finalmente raccontato ai suoi amici tutta la verità. Harry arrivò non molto tempo dopo, sedendosi vicino a Ginny, e Draco mise tra le mani di entrambi una tazza di thè. Hermione ne prese un sorso, sorpresa anche lei dal sapore. 

Scusa, Granger. Non puoi essere la migliore in tutto

Hermione strinse le labbra e si sforzò di non sorridere, cercando con lo sguardo gli occhi esitanti di Harry e Ginny. “C’è una cosa che devo dirvi”. 

 Parlò a lungo, e rimasero tutti in silenzio ad ascoltare, persino Draco, che aveva ormai sentito tutta la storia più d'una volta.

 In gran parte di essa, inoltre, aveva preso parte. Lui, lui era una parte importante della sua storia. La più importante forse, si rese conto in quel momento, perché se non fosse stato per lui.. non si era resa conto di come, passo dopo passo, Draco l’avesse lentamente trascinata fuori da quella spirale di depressione e apatia dentro la quale era scivolata, e dalla quale temeva di non poter riemergere. 

Hermione si accorse degli sguardi che sia Harry che Ginny rivolgevano al serpeverde in vari punti del suo racconto. Sguardi di comprensione, ma, soprattutto, di gratitudine. Per esserci stato per lei, per averla supportata, aiutata e guidata dove loro non avrebbero potuto, dove loro non erano stati in grado di vedere. 

“E’ stata anche colpa mia” si affrettò a specificare Hermione, non sopportando il senso di colpa che iniziava ad occupare i loro lineamenti. “Io mi sono isolata”. 

Una lacrima sfuggì, correndo lungo la guancia di Ginny che si affrettò ad asciugarla. “Come hai potuto pensare che saremmo stati spaventati da te. Ti avremmo aiutata, per ciò che era possibile”. 

“Lo so, davvero” si fece avanti Hermione. “Sono stata una stupida”. 

Harry continuava a fissare Draco dritto negli occhi. “Grazie”. 

Il biondo non rispose a parole ma con un semplice cenno del capo, che fece rilassare le spalle di Harry. 

Dopo essersi asciugata un’altra lacrima ancora, Ginny aprì la bocca per parlare. Harry sorrise quando diede la colpa della sua emotività agli ormoni in circolo, eppure era così evidente il velo lucido che ricopriva anche le sue iridi verdi.

 “Quasi dimenticavo” iniziò. “Ho parlato con Dean”.

Hermione trattenne il respiro, e poté giurare che anche Draco al suo fianco avesse smesso di respirare. 

“Si licenzia”. Ginny si portò una mano ai capelli, spostandoli da davanti al viso. “Sostiene che molti lo faranno. Hanno tutti letto delle tue dimissioni e hanno trovato la cosa fin troppo sospetta. Almeno metà dipartimento è in sciopero al momento”. 

Draco strinse la sua mano in segno di incoraggiamento.

Hermione, nonostante tutto, lasciò che la sorpresa per quella notizia, e quell'inaspettato supporto, accendessero in lei un barlume di speranza.


***



 Più tardi quel pomeriggio, Hermione era al Nott manor con Draco e Theo. Nonostante l’entusiasmo di Harry e Ginny, Theo era stato molto pragmatico e non aveva lasciato che si illudessero troppo.

 C’era qualcosa di molto grosso sotto a ciò che era successo, e se persino Cameron era un pezzo sacrificabile di quel grande puzzle, una pedina guidata da qualcuno di ben più potente, il fatto che diversi impiegati si licenziassero… non sarebbe stato utile alla loro causa, a meno che la cosa non avesse la giusta risonanza mediatica. 

Dal momento che la Gazzetta del Profeta era sotto le redini del ministero, si era occupato Notte personalmente di contattare Luna Lovegood e offrirle tutte le informazioni necessarie per scrivere un articolo a riguardo. 

Dean aveva persino accettato di lasciarsi intervistare… 

Ed Hermione, adagiata sul divano contro la schiena di Draco, si sentì così grata a tutti quanti. C’erano così tante cose di cui occuparsi, ed il fatto che ciascuno dei suoi amici svolgesse un compito, che nessuno l’avesse lasciata da sola…

 Si sentiva sciocca per aver pensato, anche solo una volta, di essere sola al mondo. Non lo era. Non lo era mai stata. Cercó di non soffermarsi sulle parole che Draco le aveva sussurrato all'orecchio quella mattina, in preda alla frenesia del momento. Il cuore minacciava di uscirle fuori dal petto al ricordo. 

Quando la conversazione riguardo la loro prossima mossa, e l'articolo che sarebbe dovuto uscire, andó scemando, Theo si avvicinó a Draco ed Hermione con un'insolita espressione seria in volto. 

Stringeva due lettere tra le mani. Hermione sentì il petto di Draco irrigidirsi e si raddrizzò, così da poterlo guardare in volto. 

“Sono di tua madre” parlò il serpeverde. “Le ho aperte, scusa”. 

Draco non allungò una mano per afferrarle, il suo braccio rigido intorno alla spalla di Hermione, che gli accarezzò un ginocchio. 

“Che cosa dice?”

“Solo che vorrebbe che tornassi, e le dispiace per ciò che è successo. Tuo padre ti ridarà la tua bacchetta”. 

Draco espirò. “Non mi serve” guardò verso la grifona. “Ho scoperto che la corda di cuore di drago funziona molto meglio per me”. 

Hermione gli sorrise. Già, era una strana coincidenza, ma sembrava quasi che la sua bacchetta rispondesse meglio a lui. Forse, dopotutto quello che era successo, la sua magia era cambiata. Forse avrebbe avuto bisogno anche lei di una bacchetta nuova. 

“Non vuoi rispondere?” domandò Theo prima di lasciare definitivamente andare l’argomento. 

Il biondo scosse appena il capo, e nessuno parlò più di quelle lettere o della sua famiglia. Hermione non insistè affinchè si sfogasse con lei, sapeva che l'avrebbe fatto quando sarebbe stato pronto. 


***  


 Pansy Parkinson non aveva mai immaginato che trovarsi ad essere l’unica erede di tutte le proprietà della sua famiglia potesse rivelarsi così faticoso, né tantomeno che la burocrazia magica potesse essere così noiosamente complicata. Sicuramente il nome che portava non era di grande aiuto. Ma, nonostante tutto, aveva continuato a farsi coraggio e seguire il consiglio di Theo, ovvero quello di insistere affinchè le proprietà della sua famiglia venissero definitivamente e ufficialmente riconosciute a lei. Suo padre era morto, e i controlli degli auror per scongiurare qualsiasi residuo di magia oscura erano finiti mesi fa, o almeno così avrebbe dovuto essere. 

Non le importava neanche più di scoprire cosa si nascondesse dentro l’ufficio di suo padre. Sarebbe stata ben felice di avere il manor tutto per sè, così come l’intero patrimonio dei Parkinson, e poi dedicarsi ad un progetto che aveva a cuore, dare un senso alla sua vita ed occupare le sue giornate con qualcosa di diverso dal continuo uscire ed ubriacarsi in pub babbani.

 C’era tuttavia solo un consiglio del suo amico Theo, decisamente più sveglio di lei, che non voleva proprio seguire. Non si era neanche concessa il lusso di pensarci. 

Farsi aiutare da un avvocato era fuori discussione. Soprattutto se l’avvocato in questione doveva essere lui

E così si era presentata di nuovo al ministero, nonostante il caos riguardo Hermione Granger e le sue presunte dimissioni. Persino lei, che non la conosceva affatto, sapeva abbastanza sul suo conto da saper che non si sarebbe mai dimessa. Non di sua spontanea volontà. Eppure, nonostante lo scandalo riguardasse solo il dipartimento di creature magiche, la tensione sembrava aver permeato ogni angolo del ministero. C’era più silenzio persino nell’affollatissima entrata principale, i passi dei lavoratori più appesantiti, le spalle più rigide mentre si trascinavano verso i loro uffici. 

Pansy strinse le dita intorno al manico della sua borsa mentre entrava in ascensore con altre due donne, probabilmente non molto più grandi di lei. Erano silenziose anche loro, perciò la serpeverde non si perse in convenevoli. Una delle due scese al primo piano. Il suono dei suoi tacchi risuonò sul parquet. Le porte dell’ascensore stavano per richiudersi, e la serpeverde fissò per un attimo il piccolo schermo illuminato. L’ascensore avrebbe dovuto andare a destra e poi su di due piani per condurla a destinazione. 

In quell’istante, qualcuno si precipitò tra le porte sul punto di chiudersi. Una valigetta tra di esse fece sì che si riaprissero, accogliendo all’interno… 

Pansy trattenne il respiro, evitando di incrociare quegli occhi. Quel dannato completo elegante… 

“Signor Bellini”. 

Rivolse uno sguardo alla giovane donna al suo fianco, avvolta in uno stretto abito blu scuro e con lunghi capelli dorati che le ricadevano lungo le spalle, e trattenne l’istinto di alzare gli occhi al cielo.

  L'avvocato le rivolse un sorriso a trentadue denti, e Pansy desiderò tanto poter scappare, o nascondersi, o fare qualunque altra cosa pur di non incrociare il suo sguardo. 

Il silenzio cadde di nuovo nell’ascensore, ma fissando il pavimento vide i suoi piedi muoversi verso di lei. Contò mentalmente i secondi fino alla sua fermata, che sembrarono protrarsi per un’eternità. 

Quando le porte dell' ascensore finalmente si aprirono, il sollievo fu breve. 

Il ragazzo la seguì fuori, in un corridoio affollato nel quale nessuno prestò loro caso. 

“Perchè mi eviti?” disse a bassa voce, alle sue spalle, così vicino che se solo si fosse voltata lo avrebbe visto piegato contro di lei.  

Prese un respiro profondo e si costrinse a guardarlo, sebbene anche solo incrociare i suoi occhi per un secondo faceva male, e le ricordava di ciò che era successo, ciò da cui non poteva tornare indietro.

“Non ti sto evitando”. 

La sua voce sembrò farsi ancora più bassa quando sussurrò: “Non hai mai risposto a nessuna delle mie lettere. Non ti ho mai portato rancore per ciò che è successo, Pansy”. 

“Avresti dovuto” disse. Fece per andarsene, ma lui la afferrò per il polso. La sua presa era delicata. 

La lasciò andare rapidamente, non destando sospetti tra i passanti dell’affollato corridoio, non appena lei si voltò di nuovo a guardarlo. 

I suoi occhi saettarono verso i documenti nella sua borsa. “Cosa devi fare qui? Posso esserti d’aiuto?”

“Posso cavarmela da sola”. 

David strinse le labbra, e quando il suo sguardo si spense Pansy avvertì una fitta al petto. Sarebbe stato davvero molto più semplice se Hermione Granger si fosse innamorata di lui, se Draco non si fosse mai messo in mezzo. Così lui sarebbe andato avanti con la sua vita, si sarebbe dimenticato di lei, e lei non avrebbe più dovuto portare questo peso. 

La cosa peggiore, in tutto questo, era il fatto che lui non la odiasse affatto. La madre, un’innocente donna babbana, era morta per colpa sua, per mano del suo stesso padre, e lui continuava a non odiarla per questo. A non ritenerla responsabile. Eppure lei non riusciva più a guardare il suo riflesso allo specchio. 

“Se posso aiutarti in qualche modo” disse un'ultima volta a denti stretti, voltandosi per andarsene con aria rassegnata. 

 Pansy non lo meritava, non aveva mai meritato tutta la sua gentilezza. 

Odiò sé stessa quando disse. “Tu cosa fai qui? E’ per Hermione Granger?”

Il giovane fu rapido a rispondere. "Si".

“Vorrei dare una mano. Se c’è qualcosa che posso fare, per favore, vorrei essere io ad aiutare te". 


***


Theo era stato così gentile da mettere totalmente a disposizione casa sua affinchè Hermione parlasse con Luna e Dean, e con tutti gli altri impiegati del suo dipartimento che si erano licenziati dopo ciò che era successo, o che avevano anche solo accettato di farsi intervistare. Nel piccolo appartamento di Hermione sarebbero stati fin troppo stretti e il Malfoy Manor era purtroppo fuori discussione.  

Draco non aveva voluto pensare alla lettera di sua madre. Al momento si limitava ad indossare gli abiti di Theo e a dormire a casa di Hermione. Non osava tornare al Manor neanche per recuperare la sua bacchetta. 

Non so se rischiava che suo padre lo intrappolasse un’altra volta come aveva già fatto. 

Non voleva ammettere di sentirsi un po’ un parassita, e sapeva bene che Hermione e Theo non gli avrebbero mai fatto pesare quella cosa. E anche lui, per il momento, era più che felice di non separarsi un solo momento da quella strega. 

Appena la situazione fosse stata più tranquilla, tuttavia, si promise che sarebbe andato alla Gringotts, se non altro per valutare quanto denaro della sua eredità gli fosse possibile prelevare. E da allora sarebbe iniziata la sua nuova vita. Non gli importava che direzione avesse preso, ma solo chi sarebbe stato al suo fianco durante quel viaggio. 

Theo discuteva animatamente con la bionda ex-corvonero insieme a Dean Thomas. Sebbene avessero tutti frequentato Hogwarts nello stesso periodo senza mai rivolgersi la parola, Draco fu piacevolmente sorpreso di scoprire che andavano subito d’accordo. Non c’erano stati silenzi imbarazzanti quando erano arrivati, e mai si erano trovati in disaccordo su un punto all’ordine del giorno. Dean raccontò tutto ciò che di sospetto aveva mai osservato o sentito, ciascuna storia perfettamente in accordo con quella di Hermione.

Lovegood prendeva tranquillamente appunti, facendo delle domande di tanto in tanto e chiedendo di approfondire quando lo credeva necessario. Persino Theo, con grande sorpresa di Draco ed Hermione, fu costretto ad ammettere che Lovegood era in grado di focalizzarsi su dettagli ai quali lui non aveva dato peso, ma che avrebbero potuto rivelarsi fondamentali. 

Draco ed Hermione intervennero appena. La ragazza al suo fianco sembrava a tratti disconnettersi persino dalla conversazione. Come se fosse ancora troppo stanca, schiacciata dal peso che portava sulle spalle. Draco avrebbe voluto potersene fare completamente carico, liberarla.  

Proprio mentre pensava ciò, il piccolo elfo di Theo, che oggi indossava intorno al collo la vecchia sciarpa serpeverde del suo amico, si materialiizzò al centro della stanza. 

“Ci sono visite”. 

Draco sentì qualcosa rigirarsi nel fondo del suo stomaco. Probabilmente la colazione. 

“Di chi si tratta?”

“La signora Narcissa Malfoy”. 

Draco trattenne il respiro. Il silenzio calò nella stanza, mentre tutti gli occhi dei presenti si concentravano su di lui. 

“Vuoi che la mandi via?” 

Quelle parole, pronunciate da Theo, aleggiavano nell’aria, sospese sopra la sua testa come una lama pronta a trafiggerlo. Le lettere avrebbe potuto aspettarsele, ma che sua madre fosse venuta a cercarlo… Non lasciava il manor dal processo di suo padre, e anche prima di allora, non era mai uscita da quando la guerra si era conclusa. Era logico che sapesse dove cercarlo, che sapesse che l’avrebbe trovato qui. Eppure, nonostante tutto, qualcosa si mosse nel suo petto al pensiero. 

Ma non poteva dimenticare l’espressione di vergogna e disgusto con cui aveva fissato quella foto sul giornale, e l’impotenza con cui era rimasta a guardare quando Draco era stato intrappolato da suo padre, la sua bacchetta strappata dalle sue mani. 

Era sul punto di dire di no, di annuire e lasciare che Theo trovasse qualsiasi scusa pur di non farla entrare. Ma poi sentì la mano calda di Hermione sulla sua gamba, una carezza ed una richiesta. I suoi grandi occhi marroni lo guardavano con comprensione, ma anche come a chiedere: "sei sicuro che sia la cosa giusta?"

C'era dolore negli occhi di Hermione. Perchè lei i suoi genitori li aveva persi. Pur di proteggerli, aveva scelto di correre il rischio, di rinunciare a loro, e questo li aveva condotti qui. 

Perciò scosse la testa, e poi disse. “Vorrei sentire cosa ha da dire”. 

Giurò di vedere Hermione sorridere con la coda dell’occhio. Le prese la mano. 

Vieni con me? 


Narcissa Malfoy non era cambiata dall’ultima volta in cui Hermione l’aveva vista, al processo. A differenza di suo figlio, le cui occhiaie erano svanite, il cui volto aveva ripreso colore e persino il corpo aveva ripreso parte del suo peso, apparendo adesso tonico e forte come prima della guerra, Narcissa rimaneva pallida e magra. 

Le sue mani ossute e bianche come il latte spuntavano oltre le maniche del suo elegante vestito. Le rigirava tra di loro, seduta su una piccola poltrona di un altrettanto piccolo ufficio dove Theo li aveva fatti accomodare, lontano da tutti gli altri. 

La donna non guardò molto in direzione di Hermione. Le rivolse solo una timida occhiata non appena entrò nella stanza. I suoi occhi azzurri, di un celeste più acceso e caldo rispetto a quelli di suo figlio, si soffermarono solo un secondo sulla sua mano, stretta saldamente in quella di Draco. Se la cosa la infastidiva, allora era incredibilmente brava a nasconderlo. 

Un sorriso si stampò sul suo volto non appena vide Draco, e sebbene la grifona avrebbe giurato fosse sincero, il ragazzo al suo fianco si irrigidì. 

Narcissa non proferí parola mentre Draco ed Hermione prendevano posto su un divano. Nonostante fosse grande abbastanza da ospitare almeno tre persone, Draco si strinse comunque a lei, le loro gambe quasi intrecciate l’une alle altre. Sebbene stesse cercando di provocarla, l’espressione sul volto di Narcissa rimase impenetrabile. Hermione non si fece tentare dall’idea di leggerle il pensiero e togliersi ogni dubbio. Era sempre la madre di Draco, e comunque la stoicità del suo volto le suggeriva che non sarebbe stata un’impresa facile. Lei, come suo figlio, aveva vissuto un anno intero con Voldemort tra le mura di casa. Avrebbe scommesso che fosse un abile occlumante.

“Perchè sei qui?” la voce di Draco era fredda e tagliente. 

Un’ombra di dolore solcò gli occhi della donna, scomparendo con altrettanta rapidità. Tirò qualcosa fuori da una tasca nel suo vestito. “Ti ho riportato questa”. 

Quando Draco non accennò a voler afferrare la sua stessa bacchetta, la donna cercò gli occhi di Hermione e poggiò la bacchetta sul tavolino. 

“Mi dispiace, per quello che è successo”. 

Draco strinse con più forza la mano di Hermione, che ricambiò la stretta “lui lo sa che sei qui?”

La donna strinse le labbra. “I miei spostamenti non lo riguardano”. 

“Giurerei di si”. 

Narcissa strinse gli occhi, poi abbassò lo sguardo verso le mani ossute sul suo grembo. “Tuo padre è un uomo difficile”. 

“Modo interessante di descriverlo. Non tornerò, comunque”. 

“Non sono venuta a chiederti di tornare". 

Lì, Draco non trattenne la sua espressione sorpresa. “Allora cos-”

“Volevo solo riportarti la tua bacchetta” disse Narcissa, indicando l’oggetto sul piccolo tavolino. “E assicurarmi che stessi bene, ovunque tu stia dormendo in questi giorni”. 

Questa volta i suoi occhi si soffermarono su di Hermione per qualche secondo più a lungo, ed Hermione dovette affidarsi a tutto il suo coraggio per non retrocedere sotto quello sguardo, per sostenerlo. 

“Sto benissimo”. 

“Posso mandarti dei vestiti, qualsiasi cosa ti serva”. 

Draco rimase in silenzio, e la donna lo intese come il segno che quella breve conversazione era finita. Si alzò in piedi. Lentamente, tirò fuori un oggetto dalla tasca del suo vestito. 

Era una chiave dorata. 

Quando Draco non fece cenno di volerla afferrare, Narcissa si avvicinò, piazzando l’oggetto tra le mani di Hermione, sotto gli occhi sorpresi di entrambi. 

“E’ la chiave della tua camera blindata alla Gringotts. Tutto ciò che è tuo come Malfoy e tutto ciò che viene dalla mia parte della famiglia è lì. Prendi quello che ti serve”. 

Poi si avviò verso la porta della stanza. “Non devi tornare, non farlo” la sua voce sembrava sul punto di spezzarsi. “Ma scrivimi, ogni tanto. Fammi solo sapere come stai, e se mai dovessi avere bisogno di me.”

Le ultime parole furono appena un sussurro oltre la sua voce spezzata. Draco non alzò lo sguardo per osservare sua madre uscire, mentre le dita di Hermione si strinsero intorno al piccolo oggetto freddo. 


***



Hermione fissava le scatole e buste di cibo da asporto che si accumulavano oramai in quasi ogni angolo del suo appartamento, riflettendo sul fatto che avrebbe realmente avuto bisogno di risistemare casa sua, e poi di riprendere a  mangiare del cibo vero. Nonostante tutto, mandò giù l’ultimo boccone che restava del suo sandwich, fissando Draco che nel frattempo ne aveva divorati ben due. 

Si, doveva riordinare la sua mente, ma anche il suo appartamento. 

Gli occhi azzurri di Draco si illuminarono, come facevano ogni volta che lei rimaneva incantata a fissarlo. Persino mangiando un sandwich Draco Malfoy riusciva a conservare perfettamente la sua eleganza, mentre lei aveva il maglione cosparso di briciole. 

“Stavo pensando" iniziò, “sappiamo che qualcuno ha manomesso i miei ricordi di ciò chè è successo. Non c’è stato nessun incidente, e Harry e Ron giurano di avermi visto quel pomeriggio stesso". 

Mentre parlava, scrollò alcune delle briciole dal suo maglione, che caddero sul pavimento sporco e pieno di polvere. Dio, doveva davvero dare una ripulita.

“E io continuo ad avere dei vuoti, a vedere degli spezzoni. L'incantesimo per manomettere i miei ricordi è stato fatto male, fin troppo per poter essere una coincidenza". 

Draco la ascoltava attentamente "che cosa vorresti dire?"

“Sono sicura che ciò che è successo è ancora nella mia mente”. Agitò le mani, accarezzandosi i pantaloni. “Io sento che c’ero quasi, che avevo scoperto qualcosa. Se solo riuscissimo a tirarlo fuori, a togliere il velo dietro cui l'hanno nascosto…”

“Non ti farà male?” si sporse verso di lei, l’espressione preoccupata. “I tuoi mal di testa hanno appena iniziato a diminuire. Se mi mettessi a frugare all’interno della tua mente…”

Hermione scosse appena la testa. “Non mi ha mai fatto male, con te.  E’ sempre stato l’esatto opposto, in effetti”. 

Draco inspirò. “Vuoi provare adesso?”

Hermione sentì le ginocchia deboli per la devozione con cui la fissava, per quello sguardo che sembrava voler dire che sarebbe andato fin in capo al mondo, se solo lei glielo avesse chiesto. 

Annuì. 

Il biondo impugnò la bacchetta. L’altra mano era stretta intorno alla sua, le sue lunghe dita fredde a confortarla mentre avvicinava la bacchetta a lei. 

Inspirò, la sua voce e la sua magia una carezza contro la sua pelle, sulla sua anima. 

"Sei pronta?"

Hermione annuí. 

“Legilimens”. 

Sentì la sua presenza, calma e rassicurante, scivolare nella sua mente, e si abbandonò ad essa, lasciandole il controllo. Draco fu lento e cauto. Non indugiò a lungo nei ricordi di ciò che le era successo al San Mungo, seppur per un breve istante Hermione sentì la sua presenza raggelare. 

“Va tutto bene” pensò, sperando che quel messaggio arrivasse anche a lui. 

Le immagini si fecero via via più confuse quando, percorrendo la sua memoria all’indietro, Draco giunse finalmente quel giorno. 

Hermione stava percorrendo a grandi ma lente falcate il corridoio che conduceva al suo ufficio. Non si era soffermata su nessuna delle persone che aveva incontrato. La prima persona su cui il suo sguardo si era posato per più di una frazione di secondo era stato di Dean. 

E poi aveva incontrato Cameron. Questo lo ricordava, e il ricordo divenne ancora più familiare mentre osservava adesso quella scena.

L’aveva fatta entrare nel suo ufficio

Adesso ricordava il motivo. Aveva bisogno di tempo per esplorare i suoi ricordi mentre lei era via. Era successo qualcosa, ed Hermione voleva scoprire di che si trattasse. 

Rimase ad osservare sé stessa, attraverso quel ricordo, mentre porgeva la pergamena a Cameron affinchè la leggesse. Voleva una distrazione, e poi… 

L’immagine divenne confusa e sfumata. Una luce bianca invase il suo ufficio, accendandola

Sentì Draco spingere, sforzarsi, la sua magia che si contorceva contro quella massa aggrovigliata, come se stesse lentamente sciogliendo un nodo, centimetro dopo centimetro.

 Il ricordo tornò indietro. 

C’era di nuovo lei, seduta davanti a Cameron, e adesso vide quell’espressione sulla sua stessa faccia. La riconobbe questa volta. Aveva aggrottato le sopracciglia, le labbra tese. Si stava concentrando, pronta ad invadere i pensieri della donna. Prese un respiro profondo, e poi…

Ci fu di nuovo quella luce intensa. Le pareti della stanza, del ricordo stesso, tremarono. Hermione si sentì vacillare, e potè sentire la presenza di Draco al suo fianco, la sua mano che stringeva la propria.

 “Vuoi fermarti?”

"No" pensò con tutta la forza che riuscì a trovare. 

E così la scena si ripetè davanti ai loro occhi, ancora e ancora. Dopo ogni tentativo, Draco riusciva a rivelare qualcosa in più, prima che quell’esplosione di magia li raggiungesse. Hermione scoprì lentamente i primi pensieri che aveva scovato nella mente di Cameron, finchè non furono riportati indietro dalla magia impressa da chi aveva tentato di alterarle i ricordi.

 E poi ricominciarono da capo, spostandosi ogni volta un po’ di più. 

Dopo diversi tentativi, si ritrovò davanti il volto di un uomo anziano in uno scuro completo legante. L'immagine era sbiadita, i suoni attutiti. Non era un suo ricordo, ma uno che lei aveva osservato e spiato dalla mente della donna. 

Ed eccola lì, Cameron. Tremava, quasi impaurita sotto gli occhi di quell’uomo. Dove si trovavano, Hermione non avrebbe saputo dirlo con certezza, eppure sembrava essere al ministero. 

Potè sentire tutta la concentrazione, tutta la forza della magia di Draco per cercare di liberare quell’ultimo nodo, quell’ultimo pezzo del puzzle, per impedire che venissero di nuovo rispediti indietro. Lei si era soffermata qui, su questo ricordo in particolare, dunque doveva essere importante. Qualunque cosa contenesse era importante, lo sapeva. 

“Posso provare che lei è-”

Draco sospirò, la sorpresa per ciò che Cameron non aveva finito di dire rimbombò nel ponte tra le loro menti. 

L’immagine tremò e vibrò, ma entrambi si sforzarono fino all’ultimo briciolo della loro magia per ancorarsi ad essa.

“Non spiegarlo a me, spiegalo a lei”. 

Lei. Adesso Hermione quasi ricordava. C’era una lei, e Cameron ne era terrorizzata. Ma non ricordava chi fosse, non ricordava di averlo mai scoperto. Ancora una volta l’immagine tremò e vibrò, con più forza di prima. I colori divennero sempre più sbiaditi. 

“Hmm-hmm”  fu l’ultimo, ovattato, suono che sentì prima che la luce bianca li avvolgesse di nuovo, sbattendoli fuori dal ricordo. 

Hermione aprì gli occhi, il respiro pesante. Draco davanti a lei respirava altrettanto velocemente, il petto che si alzava e abbassava in rapidi movimenti. Gocce di sudore gli avvolgevano la fronte, ciocche dei suoi capelli biondi attaccate contro di essa. 

Era pallido. Forse si era sforzato troppo. C’era un mix di terrore e qualcos’altro nel suo sguardo quando guardò verso di lei. Deglutì, prendendo un respiro profondo. “So chi è lei”. 

   
 
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