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Autore: ballerina97    18/03/2023    0 recensioni
Quando incontrai per la prima volta i suoi occhi, non credevo che si sarebbero insinuati nella mia mente a tal punto da non andarsene più via. Non credevo nemmeno che lui, con il suo carattere, i suoi difetti e il suo modo di fare. Sarebbe riuscito a superare quel muro di ghiaccio che avvolgeva il mio cuore, eppure è successo.
Lei, una ragazza tormentata dalle ombre del sue passato. Non vuole affezionarsi a nessuno, la sua migliore amica la solitudine.
Lui, un ragazzo a cui piace la popolarità ed essere circondato da persone che lo ammirano. É entrato in un giro da cui è quasi impossibile uscire.
La fisica ci ricorda che "i poli opposti si attraggono" ed è anche vero che Eraclito diceva "Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella, e tutto si genera per via di contesa"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Quando lo vidi per la prima volta, nel momento in cui, all'inizio di questa avventura, scorsi i suoi occhi, capì immediatamente che in quel ragazzo c'era qualcosa di nascosto. Ma a quel tempo ero troppo chiusa nel mio dolore per capire che di lui avrei potuto fidarmi, troppo cieca per vedere che poteva capirmi più di chiunque altro. Non credevo che in questo mondo ci fossero persone simili a me, forse perché pensavo che il mio dolore fosse unico, o perché molte delle sue azioni mi hanno spinta verso la direzione opposta, non lo so, ancora a distanza di anni non riesco a spiegarlo. Eppure inconsapevolmente da quel giorno qualcosa nella mia vita cambiò.

Ricordo che stavo tornando a casa, avvolta dall'enorme cappuccio della mia felpa. Lasciavo che la pioggia bagnasse i miei vestiti, e il freddo entrasse nelle mie ossa, ma nonostante il tremolio dei denti e i muscoli che chiedevano solo un riparo caldo da quella coltre di ghiaccio, continuavo a camminare come se niente fosse.
Quando arrivo in quell'edificio che tutti chiamano casa, vedo uscire subito una signora paffuta, di mezza età, avvolta in un impermeabile arancione. Sguscia a passo di carica dalla porta, portando un ombrello in una mano ed una coperta nell'altra. Il cipiglio nervoso sul suo volto si nota lontano un miglio, non ha nemmeno bisogno di parlare, le sue emozioni le si leggono dritte in faccia. Doris è la governante di casa fin da quando io ricordi, tutti i pochi momenti di felicità che ho avuto li ho passati insieme a lei. So bene il perché della sua espressione, non le piacciono i mie comportamenti, il mio rimanere distaccata e indifferente ad ogni cosa. Ma con il tempo ha capito che qualunque parola lei potesse spendere per rimproverarmi sarebbe stata inutile, parlare con me era come parlare con un muro. Si è presa cura di me fin da quando ero bambina, forse è l'unica persona a cui dedico un po' di affetto. Lei sa tutto quello che mi ha portato ad essere così glaciale con il mondo, e nonostante lo neghi, so perfettamente che in parte si sente responsabile di questo cambiamento che non è riuscita ad impedire.
Mi copre la testa con l'ombrello e mi mette l'asciugamano sulle spalle facendomi entrare dentro quella specie di reggia in cui abitavo. Di solito, dopo questa routine andavo di corsa in camera mia. ma in quel momento venni attratta da qualcosa che non sarebbe dovuto essere li, che scombinava l'intero ordine che quella casa aveva avuto in tutti questi anni. Un ragazzo si trova sul divano in velluto blu scuro, sistemato al centro della stanza. È seduto in maniera scomposta, i ribelli capelli corvini sono davanti al suo viso, ma non bastano a nascondere la sua espressione, che insieme alle braccia incrociate fanno capire quanto possa essere scocciato in quel momento. Quando si gira a guardarmi, ho una strana sensazione, subito dentro di me si insinua uno strano disagio. Era come se attraverso quello sguardo lui stesse cercando di leggermi dentro, di scrutare il mio animo per carpire i segreti che nascondo.
- Lui è Erik, il ragazzo di cui ti ha parlato tuo padre prima di partire, ricordi? -
Doris sembra leggermi nel pensiero, ha risposto a tutte le domande che affollano la mia mente in un secondo. In effetti ora che ci penso bene, mio padre mi ha parlato di lui. Da quel poco che ricordo, mi ha accennato ad un ragazzo che avrebbe vissuto con noi a tempo indeterminato, o almeno fino a che i suoi genitori non sarebbero tornati dal viaggio di lavoro che hanno intrapreso. Sentendosi nominato, si alza dal divano avvicinandosi a me, il broncio viene sostituito da un sorriso di scherno che cerca di camuffare ma in malo modo. Una volta vicino, riesco a vedere meglio il suo viso, gli occhi sono di un nero intenso, sembra quasi che il buio della notte sia entrato all'interno di essi. Ha un corpo tonico ma non troppo, mi porge la mano leggermente abbronzata nonostante il mese di ottobre, aspettando che io la stringa e che mi presenti a mia volta. Come imparerete presto però, faccio sempre il contrario di ciò che la gente pensa. Proprio per questo mi incammino verso le scale salendo al piano di sopra, lasciando il nostro ospite da solo con la mano ancora alzata e una Doris sconsolata che cerca in tutti i modi di scusarsi per il mio comportamento. 

Raggiungo la mia stanza chiudendo la porta a chiave, per non essere disturbata, e apro quella del bagno interno ad essa togliendomi i vestiti fradici d'acqua. Li appoggio sul bordo del lavandino realizzato in marmo, ed entro in quella vasca enorme per la mia figura minuta, già traboccante di acqua, immergendomi nel suo calore. Sospiro, il gelo che ha avvolto la mia pelle, a causa della pioggia, comincia ad andarsene. Questa è una delle poche cose che adoro, il calore dell'acqua che avvolge il mio corpo mi rilassa, dimentico tutto quello che ho intorno, anche il tempo sembra fermarsi. Immergo la testa nell'acqua, bagnando i miei capelli aranciati, giù zuppi per la pioggia presa. Prendo il bagnoschiuma alla lavanda, passandolo sulle curve mio corpo delicatamente e lentamente, faccio in modo che il suo odore si insinui dentro la mia pelle, in ogni suo poro. Rimango immersa in questo paradiso profumato, godendomi questo piacevole momento di relax. Quando l'acqua comincia a freddarsi, esco, avvolgendomi nel mio morbido accappatoio bianco panna. Chiudo anche i miei capelli in un asciugamano e metto le pantofole pelose lilla. Vado in camera, prendo l'intimo e gli abiti puliti, dimenticati per la fretta di entrare in vasca, indossandoli per stare più comoda. Dopo di che torno in bagno, mi metto a testa in giù, tolgo l'asciugamano e friziono con esso quella massa disordinata, delicatamente. Metto un po' di olio profumato e accendendo il phon, comincio ad asciugare la chioma ribelle che ho in testa. Tempo quindici minuti e torno in camera, guardo l'orologio al centro della mia stanza, proprio sopra la porta. Segna le quattro di pomeriggio, forse è ora di mettersi a studiare. Ma prima di finire la frase dentro la mia testa, il mio stomaco fa un rumore strano, giusto non ho neanche pranzato per la fretta di salire su. Apro la porta per scendere a prepararmi qualcosa, ma noto posato sul tappeto rosso del corridoio, un vassoio con sopra un piatto con tre panini ben farciti di ogni ben di dio. Doris pensa sempre a tutto, nonostante io la faccia arrabbiare continuamente. Prendo il vassoio portandolo dentro, lo poso ad un lato della scrivania, mi siedo e afferro la prima di quelle meraviglie azzannandolo. I vari sapori si mischiano all'interno della mia bocca, facendomi andare in estasi e placando le ire del mio povero organo vuoto. Nel mentre mastico apro uno dei tanti libri sul tavolo di legno e a malavoglia comincio a fare la marea di esercizi per il giorno dopo.
Quando finisco il tutto, mi accorgo che si sono fatte le 20.00, faccio appena in tempo a sgranchirmi le gambe prima di sentire bussare alla porta. Quello è il modo di Doris per avvisarmi che la cena è servita a tavola. Esco dalla stanza, scendendo di fretta le scale. Entro in salone dove la tavola è apparecchiata con i piatti già riempiti, caldi e pronti per essere assaporati. Mi ricordo della presenza di quel ragazzo di cui ho già dimenticato il nome, nel momento in cui lo vedo seduto ad una delle sedie. Ha già cominciato a mangiare, così mi siedo anche io e lo imito. Durante la cena regna un bellissimo silenzio, che ovviamente non può durare per sempre. Me ne rendo conto nel momento in cui sento il rumore delle sue posate sul piatto e la sua voce rimbombare nella stanza.
- Credo che adesso sia il caso che anche tu ti presenti non credi?-
Lo guardo per un minuto, poi poggio a mia volta le posate e solo dopo essermi pulita la bocca con il tovagliolo, mi giro verso di lui per dargli una risposta. Il tutto con molta calma, senza alcuna fretta.
- Scusami? -
- Durante le presentazioni te ne sei andata, capisco che forse non era un buon momento ma adesso potremmo recuperare non credi? - dice accennando un sorriso.
- No - che ovviamente al suono di queste parole scompare.
- Non capisco -
- Cosa c'è da capire ho detto no. Non era un cattivo momento semplicemente non mi andava di presentarmi e me ne sono andata - dico riprendendo a mangiare, oggi la carne è più buona del solito, e devo dire anche più interessante.
- Si può sapere cosa ti ho fatto? - la faccia è sconvolgente, talmente scioccata che sembra che abbia visto un alieno verde.
- Niente -
- E allora mi spieghi il senso di quella scenata? -
- Senti coso - sospiro stanza schioccando le dita cercando di ricordare come si chiama.
- Erik - una nota di frustrazione esce dalla sua voce.
- Erik, punto primo non era una scenata, punto secondo non sono d'accordo sulla tua presenza in questa casa ma purtroppo non posso farci niente. Mio padre ha deciso che da adesso in avanti dovremmo respirare la stessa aria fino a non si sa quando, decide lui qui per cui mi tocca accettarlo. Ma non ha precisato che dobbiamo per forza avere un rapporto in questo tempo indefinito. Adesso che ti ho chiarito il mio punto di vista, vorrei finire di mangiare la cena in pace se non ti spiace, si fredda tutto -
Dopo questo monologo la cena continuò in silenzio, fino a che tutti e due non ci alziamo andando nelle rispettive stanze. Quando entro nel mio letto, ripenso a quella breve conversazione. Devo ammettere che quel ragazzo è strano, tutto quello sconcerto per cosa poi, solo perché l'ho ignorato. Anche se guardandolo meglio negli occhi questa volta, ho visto in loro qualcosa di famigliare, il loro colore così simile al mio, spento e opaco, mi fa quasi pensare che anche lui abbia qualcosa che lo tormenta, infondo tutti abbiamo cose che non vogliamo fare sapere agli altri. Eppure c'è sempre quella strana sensazione, come se ci conoscessimo già.
- Adesso basta, non capisco perché faccio questi pensieri. Sarà per la stanchezza, a volte gioca brutti scherzi forse è meglio se mi addormento - dissi chiudendo gli occhi e sprofondando nel buio del sonno. 

 

  
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