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Autore: Spark of Shadow    21/03/2023    2 recensioni
Dopo la Quarta Grande Guerra Ninja, il mondo è in pace.
Sono finiti i tempi in cui i villaggi si davano battaglia per prevalere l’uno sull’altro.
Ora si può guardare al futuro con più serenità, all’insegna della cooperazione e nel rispetto di ciascuno.
Vero?
Nei Paesi si sta spargendo la notizia.
Bambini stanno scomparendo da tutto il mondo ninja e riappaiono misteriosamente.
Nessuno riesce a trovare una spiegazione, nè un colpevole.
Quando ad essere rapita sarà una piccola Hyuga, saranno gli Shinobi di Konoha a dover intervenire.
Le domande sono queste:
Perché i bambini vengono rapiti?
Perché semplicemente riappaiono?
Chi si cela dietro a questo mistero?
Perchè quando Sasuke Uchiha vede Hinata Hyuga si sente come se il cielo gli sia caduto addosso?
Cosa succederà quando assieme ai loro compagni dovranno indagare sul sequestro di quei bambini?
Sasuke e Hinata.
Shikamaru e Temari.
Spark of Shadow
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke, Shikamaru/Temari
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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Petrichor
Capitolo 13

Flashback in corsivo




 

Come promesso, il giorno dopo, Hinata si presentò alla porta della piccola Hana così che potesse continuare la sua esplorazione della fiera.

 

Il fermento della folla non era scemato di molto rispetto al giorno precedente.

Non era troppo presto e un ben fornito stuolo di gruppetti girava per le strade di Konoha, stupito, con il naso all’insù a leggere gli ideogrammi e i caratteri delle varie insegne.

 

Hana non era da meno, osservando qua e là le persone e sentendo i discorsi concitati ed emozionati di giovani genin freschi di promozione all’accademia.

Per loro, questo evento doveva essere un vero paradiso.

 

Gli occhi che brillavano dall’emozione, dal desiderio di diventare ninja a tutti gli effetti scossero nel profondo la piccola che per più di un’ora continuò ad uscirsene con la promessa che sarebbe diventata anche lei una kunoichi.

 

La ragazza era divertita dal suo impeto e addolcita ancora di più dagli occhioni che la fissavano con determinazione e orgoglio. 

 

Hana era una degna Hyuga. Anche Neji l’avrebbe detto.


 





Temari avrebbe preferito essere da un’altra parte.

 

Forse alla fine i modi di fare di Shikamaru l’avevano condizionata, ma continuare a seguire Chuui Henka, facendogli da baby sitter, la stava portando allo sfinimento.

Anche solo stargli dietro era diventato praticamente intollerabile, visto che questi se ne usciva ogni due secondi, di fronte ad ogni benedetto stand, blaterando di come una volta i ninja fossero seri e non avessero, per tanto, bisogno di tutte quelle diavolerie automatiche. (Cosa che lasciava parecchio perplessa Temari, considerato il fatto che Henka, oltre a non essere così vecchio, era un commerciante di armi e tecnologie per la guerra… esattamente come tutti gli altri.)

 

Seguirlo, in ogni caso, non era certo difficile, ma era diventato ormai noioso.

Aveva iniziato a non dargli nemmeno più troppa bada, almeno fino a quando, un secondo dopo, di colpo, quello si bloccò. 

 

Lo sguardo fisso davanti a lui.

Tremante.

Pietrificato.

 

Cosa aveva visto?

 

Fronte madida di sudore freddo, Chuui Henka ritornò per un attimo indietro nel tempo, rivivendo, nello spazio di un istante, il suo più doloroso ricordo.

 

Cominciò ad avanzare a passo deciso e svelto, cercando di farsi largo tra la folla che riempiva la strada, sentendola lamentarsi per il suo comportamento.

 

-Henka-San dove sta andando?- Lo richiamò Temari, interrogativa e infastidita.

 

-Henka-San!-

 

L’uomo si fermò un istante e Temari lo raggiunse notando come questi avesse le labbra socchiuse e lacrime agli angoli degli occhi sbarrati.

Fissava dritto davanti a sé e non era più avanzato di un solo passo.

 

-Si sente bene Henka-San?- Gli domandò cordiale.

 

Il ronzio continuo delle voci dei visitatori attorno a loro attenuò la domanda. La ragazza stava forse dicendo qualcosa? Non riusciva a sentire. 

L’unica cosa che vedeva era quel puntino scuro avvicinarsi e l’unica cosa che sentiva era il battito accelerato del suo cuore in preda al panico.

 

-Temari-San!-

 

La bionda si sentì chiamare da una voce soffice, ma ben chiara.

Alzò lo sguardo e davanti a lei, dove ancora l’imprenditore teneva fisso lo sguardo disperato, vide Hinata Hyuga.

 

-Hinata-San!- Ricambiò il saluto con la mano, dopo aver riconosciuto la ragazza dalla chioma corvina, dimentica per un istante di quelle parole che l’uomo le aveva confidato.

 

Le arrivò davanti, rinchiusa in un maglione nero, come al solito, un po’ troppo largo per lei e una bambina attaccata alla sua mano.

 

-Non sapevo saresti rimasta a Konoha dopo la missione con Shikamaru.-

 

-Beh... sì, diciamo che non era previsto. Gaara non aveva altre missioni.-

 

Entrambe furono interrotte da urla di emozione da parte di tutti i visitatori, esattamente quando una testa color del grano sbucó da dietro un angolo.

Naruto era “entrato in scena”.

 

Hinata sorrise alla vista del ragazzo, che la scorse, puntino nero tra la folla, e cominciò a cercare di avvicinarsi, facendosi largo tra i suoi ammiratori, seguito a ruota da Sasuke.

 

Una visione caleidoscopica, attraverso quelle lenti naturali formate dalle lacrime.

Tutto era ovattato. 

Le voci delle due donne arrivavano come insistenti ronzii di zanzare alle sue stanche orecchie. La testa pulsava. Qualcosa gli si contorse nello stomaco, come se il mondo fosse tutto su un tratto finito sottosopra, ribaltato veloce da qualche strana legge fisica, provocandogli un conato di vomito a stento tenuto a bada.

Chuui Henka indietreggiò di un passo, traballante, e cadde per terra, proprio quando nella sua visuale, offuscata nuovamente da copiose lacrime, comparve, per intero, la figura di Sasuke Uchiha.

 

-V-v-voi...- balbettò sussurrando.

 

-State bene?- domandò Hinata, inclinando da una parte la testa, essendosi accorta per prima dell’uomo.

 

-Henka-San?- 

 

L’uomo era terrorizzato, ma nel suo sguardo, incorniciato da folte e ribelli sopracciglia scure, la bionda scorse di nuovo quella rabbia, quel rancore che già aveva visto in quelle stesse iridi. 

 

Ora ricordava.

 

Hinata si chinò un poco ad offrirgli una mano per rialzarsi, ma l’uomo la schiaffeggiò via, urlando.

 

-Va via da me, mostro!- Pianse l’uomo, emettendo suoni gutturali e cavernosi, affondando le dita nel viso e tirando forte la pelle, scoprendo la congiuntiva degli occhi.

 

La folla attorno a loro si era fermata. Ma il ronzio nelle sue orecchie persisteva concitato.

 

Hinata si rialzò, stupita e confusa da quella reazione.

 

Sasuke, dietro di lei, osservava con disprezzo quell’omuncolo che rantolava per terra, piangendo e sbavando, come bestia randagia, in preda al panico più puro.

 

Temari non sapeva che fare e proprio quando si mosse a cercare di aiutare l’imprenditore a rialzarsi, questo fece da sé. Si ricompose di scatto e tentò di scappare, con l’arrugginita agilità di chi era stato un ninja.

 

Accaldato e col fiato corto, corse e corse, scontrandosi più volte con i passanti. Oggetti saltavano in aria, c’era chi urlava e chi si lamentava. Caos. 

Desideroso di allontanarsi il prima possibile da quel pericolo che solo lui sembrava vedere. 

Ma nel suo cieco desiderio, la sua corsa fu interrotta bruscamente da un colpo di una delle armi sperimentali che si stava mostrando ad uno stand.

 

L’uomo lanciò un latrato di dolore e crollò a terra, incosciente e sanguinante.

 

-Fatevi da parte!- La voce di Naruto fece obbedire tutti i presenti, mentre il gruppetto si avvicinava a Chuui Henka.

 

Hinata si avvicinó, tentando delle manovre di primo soccorso.

Attivò il Byakugan per ispezionare le sue condizioni generali.

Ebbe un impercettibile sussulto, colto, ovviamente, solo dall’abilità innata attiva dell’Uchiha.

 

Proprio in quel momento Shikamaru raggiunse la fidanzata e gli amici, domandando, preoccupato, cosa fosse successo.

Ma bastó uno sguardo alla scena per farsi un’idea.

 

Chuui Henka, Hinata Hyuga, Sasuke Uchiha.

 

La Hyuga ben presto allontanò le mani dal corpo, mentre la confortante luce verde del suo jutsu medico scemava.

 

-Dovrebbe riprendersi a breve, ma sarebbe meglio portarlo all’ospedale. Non conosciamo gli effetti dell’arma che lo ha colpito.-

 

Il Nara annuì e chiamò il progettatore dell’arma perché potesse essere d’aiuto, il quale acconsentì per paura di poter essere coinvolto in qualche azione penale.

 

-Ci pensiamo noi a portarlo in ospedale, grazie.- 

 

-Temari-San, sei sicura di non aver bisogno di aiuto?-

 

-No grazie, Hinata. Io e Shikamaru basteremo. Infondo era compito nostro “vegliare su di lui”.-

 

La corvina annuì e li guardò allontanarsi.

 

La folla ricominció a brulicare tra le bancarelle, come se nulla fosse successo solo pochi attimi prima.

Ah! La superficialità della gente.

 

-Chi era quell’uomo?- Domandò Naruto.

 

-Non saprei...- Rispose Hinata. -Temari lo ha chiamato Chuui Henka.- Continuó vaga, ma cosciente di qualcosa.

 

Sasuke fece il collegamento con ciò che gli aveva detto Kakashi.

 

La mora deglutì, facendosi coraggio. Doveva parlare con lui. Non poteva rimandare.

 

Prese un respiro e si morse piano il labbro, affidando Hana a Naruto, consapevole che sarebbe stata al sicuro con lui.

 

Prese coraggio. Ma la voce non uscì subito.

 

-Sasuke.- Scandì, infine, il nome con un tono di voce più alto di quello che avrebbe voluto, mentre la sua bocca cominciava ad asciugarsi per lo stress.

 

L’Uchiha sgranò gli occhi, sentendo il suo nome uscire dalle labbra di Hinata. 

La osservò giusto un istante, quel tanto che bastava per rendersi conto che la loro intesa era più che mai viva e che entrambi si erano accorti di qualcosa.

 

-Si, lo so. Dobbiamo parlare.- Le disse, facendole cenno di seguirlo.

 

Naruto era un po’ confuso, ma non riuscì ad andare con loro a causa di tutti quelli che volevano parlare con lui, affascinati dalla sua storia e dalla sua potenza, mentre stringeva a sè la minuta Hyuga, che ora sembrava incuriosita dal suo colore di capelli e dal chakra della volpe che poteva percepire.

 

Ultimamente il biondo si sentiva lasciato in disparte a forza di dover rispondere ai suoi ammiratori.


 



 

-Crede che si possa entrare a parlare con il signor Henka?- 

 

L’infermiera annuì con la testa, facendo loro cenno di seguirli verso la porta del pronto soccorso in cui l’imprenditore si trovava.

 

-Vi prego solo di non farlo affaticare.-

 

Shikamaru entrò per primo nella stanza, mentre Temari si preoccupava di ascoltare tutte le informazioni che l’infermiera le stava offrendo.

 

Chuui Henka era seduto su una sedia rossa e imbottita, attaccato ad una flebo e con gli occhi fissi a guardare le gocce cadere ritmiche nell’ampolla.

 

Quando si accorse dello shinobi, tirò un sospiro stanco, segno che probabilmente non aveva molta voglia di affrontare quella visita e tuttavia consapevole che un tale atteggiamento non poteva non richiedere esaustive risposte.

 

-I vostri collaboratori chiedono di voi, Henka-San.-

-Sto bene.- Rispose, rapido.

-Ne siete sicuro?-

 

L’uomo non fece in tempo a rispondere, perché Temari entrò dalla porta, tenendola aperta per una figura avvolta in un mantello bianco.

 

Chuui Henka sgranó gli occhi.

 

-Hokage-sama!-

 

Kakashi annuì lentamente, non togliendo lo sguardo dall’ometto davanti a lui.

 

-Sono desolato per l’incidente, Henka-San, spero vi riprenderete al più presto.-

 

-Sto bene, vi ringrazio, l’infermiera ha detto che non è niente di grave. Sento solo la pressione molto bassa.- Disse veloce e ancora incredulo di avere il capo del villaggio lì davanti a sè.

 

-Capisco.-

 

Un attimo di imbarazzato silenzio passò e con un colpetto di tosse Chuui Henka cercò di richiamare l’attenzione di Kakashi che lo stava squadrando dalla testa ai piedi.

 

-Scusatemi Hokage-sama, a cosa devo la vostra visita?- Cominciò, arrossendo. -N-non che ne sia infastidito, assolutamente.-

 

L’Hatake sospirò da dietro la maschera e decise di vuotare il sacco.

 

-Vedete Henka-san, Shikamaru e Temari mi hanno riportato ciò che è successo alla festa del Daymio.-

 

L’uomo ancora rosso in volto per la presenza dell’Hokage, distolse rapidamente lo sguardo, imbarazzato.

 

-Il fatto è che sono stato messo al corrente del vostro “confronto” con Sasuke Uchiha e la ragazza Hyuga, che supponiamo essere Hinata Hyuga.-

 

-Ma questo cosa c’entra con voi qui?-

 

-Sasuke Uchiha è stato uno dei miei studenti.-

 

L’uomo sgranó gli occhi, completamente spiazzato da quella risposta.

 

-No, non è possibile, come può qualcuno come quel mostro essere uscito dai vostri incredibili insegnamenti?-

 

L’Hatake abbassò gli occhi e riprese:

-Sasuke ha fatto molte scelte sbagliate nella sua vita, ma già da tempo lavora per redimersi e per rimediare al male che ha inflitto.-

 

Chuui Henka abbassò lo sguardo, cupo.

 

-Non può sistemare tutto.- Sbraitò rabbioso.

 

Temari e Shikamaru si scambiarono un’occhiata.

Ancora una volta sorgeva quel discorso, quell’interrogativo a cui nessuno era ancora riuscito a dare risposta.

 

-Vorrei che mi spiegaste questo, Henka-San. Cosa intendete quando dite che non può sistemare tutto o che Sasuke vi ha portato via tutto ciò a cui tenevate?-

 

L’uomo era sorpreso di essere stato citato così perfettamente.

 

Sospirò e infine si arrese. Non poteva mentire all’Hokage.

 

-Io odio l’Uchiha e gli Hyuga. Li voglio morti. Tutti.- Distolse lo sguardo.

 

Kakashi aggrottò le sopracciglia, allarmato.

 

-È una minaccia?- La voce di Shikamaru si sparse per l’aria.

 

Chuui Henka non rispose.

 

-Rispondete alla mia domanda.- Intimó lo Shinobi dai capelli argentei.

 

-Quella ragazza Hyuga, avete detto che si chiama… Hinata?- Nominò il nome senza celare un profondo disgusto.

 

Tutti e tre annuirono.

 

-Hinata è l’unica Hyuga che si sia mai avvicinata a Sasuke.- Concluse il ragazzo.

 

-Anni fa, ci hanno attaccati.-

 

-Ci?-

 

Sospirò, stringendo le mani in preghiera. Le nocche ormai bianche.

 

-Hanno ucciso i miei compagni. Hanno ucciso mio fratello.-

 




Hinata e Sasuke raggiunsero in fretta un angolo appartato del villaggio, abbastanza lontano dalla folla e lontano da occhi indiscreti.

 

In un vicolo grigio, impolverato e dall’odore non propriamente pulito, il moro appoggiò la schiena al muro, in parte ricoperto da graffiti.

 

Voleva osservare la ragazza negli occhi, afferrarle la mano e sperare in qualcosa.

 

Hinata gli dava le spalle, confusa e ancora non del tutto pronta a girarsi.

 

Ma alla fine, consapevole che non si poteva attendere oltre, prese tutto il suo immenso coraggio e ruotò la testa, fino ad incontrare i suoi occhi.

 

Fiero, nobile, meraviglioso.

Mantenere il contatto visivo era difficile.

 

-Lo hai riconosciuto? - Domandò la Hyuga, stanca.

 

-Il suo chakra mi è parso familiare, ma non so chi sia.-

 

La ragazza annuì.

 

-Quell’uomo ci detesta, Kakashi me lo ha riferito poco tempo fa.-

 

-Si, lo avevo immaginato. D’altronde i suoi compagni sono morti...-

 

Sasuke alzó un sopracciglio, confuso.

 

-Non ricordi?-

 

Sasuke la osservava attentamente, più interessato alla persona che aveva davanti che alla questione appena sorta.

 

La ragazza, dal canto suo, lo fissava in attesa che qualcosa si formasse nella mente del moro, riportando a galla la memoria lungamente andata perduta degli eventi citati.

Ma nulla raffiorava.

 

-Il suo chakra non mi è del tutto nuovo, ma non ricordo assolutamente quel tipo.-

 

Hinata portò la mano al mento, pensando a come spiegare la situazione al moro, quando questo le mise una mano sul braccio.

 

-Tu stai bene?-

 

-Si.- Disse rapida e con un accenno di sorriso sulle labbra, confortata dal gesto.


 



 

-Sasuke-San!-

 

C’era una luce incantevole quel giorno. Questa filtrava tra le fronde degli alberi rovesciandosi a cascata come fasci caldi e brillanti.

Il sole, infondo, si stava alzando nel cielo poco annuvolato e coloratissimo.

E tutto quello che i suoi raggi toccavano sembrava risplendere, illuminando di vita tutta la zona.

 

Eppure, mentre guardava quella ragazza così strana che lo chiamava con un sorriso così dolce, premuroso e sincero, Sasuke si era ritrovato a domandarsi da dove davvero partisse quella luce, da dove provenissero quei fili d’oro che illuminavano ogni cosa intorno a lui.

 

I colori erano così dannatamente vividi. Non sapeva neppure potessero esistere così tante sfumature e così tante tonalità diverse.

E tutto, di nuovo, sembrava sprigionarsi da lei. 

 

Inconsapevole divinità.

 

Inconsapevole ladra del suo cuore preso in ostaggio.

 

Lei se ne stava lì, ad aspettare paziente che lui la raggiungesse, una mano sul petto e uno sguardo mal celatamente adorante.

 

Erano passati un paio d’anni da quel primo incontro che li aveva lasciati perplessi l’una dell’altro.

Eppure, oltre ogni previsione, fuori da ogni possibile schema logico, ora erano lì, a bearsi della vicendevole presenza, a vivere emozioni che ancora nessuno dei due era riuscito ad esprimere a parole, sebbene fosse tutto così lampante.

 

Ed entrambi l’avevano intuito. 

Ma nessuno dei due sapeva dare una spiegazione  a questa cosa che era nata tra di loro.

 

Sasuke avrebbe volentieri scambiato il suo Sharingan per una risposta. Una che potesse effettivamente spiegare cosa stesse accadendo all’interno di quel suo cuore che credeva arido e marcito.

 

Possibile che la principessa Hyuga fosse riuscita a sanarlo e a rendere di nuovo fertile la terra del suo muscolo involontario?

 

Perché quel minuscolo seme che non aveva potuto evitare che venisse piantato, ora aveva rinsaldato le sue radici e a poco a poco,  un piccolo, ma resistentissimo fiore che non aveva mai visto era già sbocciato.

 

L’Uchiha si avvicinò senza fare alcun rumore, ninja esperto.

 

Era straordinario come la sua persona, anche solo il suo nome potesse instillare tanto terrore.

E a lui andava bene; infondo aveva commesso atrocità di ogni genere nella sua vita. Il fatto che il mondo avesse paura di lui era semplicemente una manifestazione di buon senso.

 

Chiunque avrebbe dovuto temere per la propria vita.

Tutti.

 

E allora perché quella ragazza non provava nemmeno un briciolo di ansia nello stargli accanto? Perché sembrava che non aspettasse altro se non stargli vicino?

 

Quasi poteva avvertire i battiti cardiaci incessanti e accelerati.

Sembrava potesse leggere nella sua mente, nel suo cuore.

E Sasuke voleva che fosse così, si era ritrovato a pensare.

Voleva che quella ragazza, eterea e sfuggente volesse lui. 

Non glielo avrebbe mai detto, però. In fin dei conti non si capiva nemmeno lui.

 

E Hinata voleva essere sfiorata, voleva che quella evanescenza che la caratterizzava sparisse; voleva che lui la rendesse tangibile.

Perché la ragazza avrebbe giurato di non essere mai esistita, di essere sempre stata forma immateriale di donna che sopravviveva soltanto.

Ma quel vendicatore, quel traditore… Lui la riportava ad un livello terreno.

 

Forse era vero che il sole era Hinata e che tutta la luce si generasse da lei.

E Sasuke reprimeva l’istinto di inginocchiarsi di fronte a lei per ricevere la benedizione di quella luce.

 

Era la sua fonte di beatitudine.

 

Esiste una parola per esprimere questo concetto?

 

Se esisteva, Sasuke non la sapeva trovare.

 

Ma avrebbe continuato a pensarci a lungo, anche mentre si sedeva vicino a lei, con la schiena contro il tronco di un albero gigantesco e gli occhi a osservarla nell’atto di appoggiare la testa sulla sua spalla coperta dalla maglia chiara.

 

Non avevano molto tempo.

 

Si erano accampati per la notte insieme agli altri, prima di ripartire per un villaggio e per la loro missione.

 

Prima delle prime luci dell’alba, Sasuke aveva proposto alla mora di sgattaiolare via.

Stanco della presenza delle sue guardie e desideroso di calmare la sua psiche.

E lei aveva acconsentito.

 

Un po’ voleva passare del tempo solo con lui e un po’ voleva concedergli un poco di quello spazio che visibilmente agognava.

 

Sasuke aveva creato dei cloni, perfetti in ogni più minuscolo dettaglio e a questi era stato dato il semplice compito di esistere senza destare sospetti.

 

Sasuke non poteva mai essere lasciato solo.

Doveva sempre essere sorvegliato.

Ma vista la sua forza, la sua natura ribelle e senza scrupoli (nonostante il giuramento di non rivolgersi mai contro la foglia o i suoi ninja), tra le condizioni per il suo coinvolgimento nelle missioni c’era che almeno due ninja esperti, jounin o anbu, (non rango inferiore) fossero i suoi guardiani.

 

Il moro faceva del suo meglio.

Non nascondeva il fastidio, ma sopportava.

 

Però anche lui aveva un limite. E Hinata lo sapeva bene.

Era stata lei, un giorno, la prima a consigliare i cloni e a portarlo in un luogo calmo prima che potesse esplodere.

 

Sasuke era un reduce di guerra o della sua vita in generale.

 

Dopo la guerra aveva iniziato a soffrire di attacchi di panico e questi erano frequenti in quel periodo, come erano frequenti anche momenti in cui perdeva il controllo se sottoposto a troppo stress o se si sentiva, in un certo senso, in pericolo.

 

Una morsa gli afferrava la gola con la stessa forza con cui il Susanoo poteva combattere.

Sudore freddo cominciava a colare dalle tempie e lo sharingan prendeva possesso delle sue iridi senza che lui fosse padrone delle sue azioni.

 

Erano momenti che stava cercando di imparare a gestire. Anni più tardi quelle ansie erano finalmente scemate e poteva effettivamente definirsi più o meno libero da quelle sensazioni.

 

Ma in quei momenti del suo passato, il panico sembrava insormontabile, attanagliandolo e decimando la sua volontà.

 

Quando se ne era resa conto, dopo aver rischiato la vita per mano di un incontrollabile e sconvolto Sasuke, Hinata era riuscita in qualche modo a colpire uno dei punti del chakra, facendo perdere conoscenza al ragazzo.

 

Aveva potuto vedere due tipi di reazione.

Quando gli attacchi di panico lo colpivano, o contrattaccava con tutta la forza che avesse in corpo oppure si bloccava come corpo morto.

E diventava vulnerabile.

 

Da quel giorno, ogni volta che poteva, cercava di farlo riposare, anche solo qualche minuto, prima che potesse di nuovo toccare quel limite.

 

E anche quella volta era andata così.

 

Sasuke aveva capito cosa stesse facendo e aveva sentimenti contrastanti tra la gratitudine e il non voler essere accudito.

 

Ma in fin dei conti, se si trattava di lei, avrebbe potuto chiudere un occhio. Anche se non sapeva spiegare il perché.

 

-Come ti senti?- Gli domandò continuando a guardare davanti a lei.

 

Lui non rispose. Non era sicuro di cosa dire.

Nella sua testa stavano vorticando diversi pensieri e stava cercando di non farsi sovrastare, né da quelli negativi, né da quelli positivi.

 

Sospirò. 

E di tutta risposta lei cominciò a carezzargli il braccio, tentando di donare supporto e adorando ogni secondo che le concedeva, senza allontanarsi o allontanarla.

 

Non disse nulla nemmeno lei per un po’.

Annegando dolcemente in quella quasi irreale serenità.

 

Il silenzio era cullante. Attorno a loro c’era solo il fresco fruscio delle foglie, il pigolare di qualche pulcino nei nidi sugli alberi e il respiro cadenzato e calmante della ragazza.

 

Si sentiva quasi in pace.

 

Ma dentro di lui vi era un tumulto.

 

Stanchezza, rabbia, dolore e frustrazione erano tenute sotto controllo dal fragile sigillo della presenza della Hyuga.

 

Stava trattenendo tutte le sue emozioni per non spaventarla, pur sapendo che lei non ne aveva paura. 

Voleva che affrontassero insieme le sue ansie e i suoi problemi.

Ma il giovane Uchiha non voleva coinvolgerla fino in fondo nell’oscurità della sua anima.

Il timore di corrompere quella purezza che emanava era costantemente al fianco dei suoi raptus emotivi.

 

-Sono stanco…-

 

Cominciò ad inspirare e ad espirare piano, cercando di mantenere un equilibrio nella sua mente. Ma era difficile. Quel vortice di pensieri ed emozioni minacciava di abbatterlo.

 

In quei momenti di ansia, le sue paure, i suoi ricordi, i suoi traumi… tutto si mescolava senza pietà o misericordia.

Portandolo al limite, indifeso contro un nemico più subdolo di qualunque altro avesse mai affrontato.

 

Senza che lo potesse impedire, il respiro del moro si accorciò e divenne più veloce. Incapace di controllarsi oltre.

I pensieri, quella volta, avevano vinto.

 

Si liberò dalle braccia di Hinata e portò una mano sul cuore a stringere la maglia e l’altra sulla bocca a fermare un conato di vomito che minacciava di salire. Gli occhi sbarrati di fronte alla sua sconfitta.

 

Hinata lo fissò impotente, dandogli un po’ di spazio. Abbastanza perché potesse sentirsi a suo agio, ma non troppo da non poter intervenire se fosse stato necessario.

 

Ma la forma di Sasuke, tremante e in preda al panico le lacerava il cuore.

 

Il sudore freddo cominciò a irrorargli la pelle, lambendola centimetro dopo centimetro, mentre calde lacrime si creavano silenziose e traditrici ai lati degli occhi ormai rossi.

E da lì iniziò a sgorgare il sangue, scuro a contatto con l’aria, nel suo rantolare e nel suo tenere a distanza la ragazza.

 

Lei invece si avvicinò preoccupata a vederlo in quello stato.

 

Il respiro sempre più affannato, sempre più veloce ed entrò in iperventilazione.

Il petto bruciava da morire. 

Nella testa le immagini scorrevano impietose al ritmo dei battiti del suo cuore, veloce, più veloce, sempre più veloce, senza fermarsi:

Il massacro. 

Itachi. 

Naruto. 

Karin. 

Itachi. 

Sua madre morta a terra. 

Il padre. 

Il sangue per tutto il distretto Uchiha.

Madara. 

Itachi, Kaguya, Itachi, sangue, occhi, Itachi, Sharingan, morte, distruzione, Itachi, Itachi, Itachi, Hinata.

 

 Mangekyou e Rinnegan attivi nelle cornee.

 

E un kunai lo colpì dritto al petto, senza che potesse reagire.

 

Shinobi altissimi li avevano circondati e Hinata ebbe giusto i riflessi per iniziare a roteare ad una velocità pazzesca, creando attorno a lei una sfera di chakra emessa per il suo Hakkesho Kaiten, riuscendo a creare una difesa per  entrambi a respingere armi e jutsu che stavano scagliando contro di loro.

 

Sasuke non era nelle condizioni di combattere; doveva proteggerlo.

Ma non poteva continuare per molto.

 

Sasuke era paralizzato. Il mangekyou scarlatto nella cavità oculare, ma inutilizzabile in quel momento.

 

Il pensiero che Sasuke non sarebbe riuscito a combattere continuava a martellarla incessantemente mentre continuava le rotazioni.

 

Avrebbe dovuto pensarci lei.

 

La ragazza utilizzò il Byakugan per sincerarsi del numero dei nemici.

Non erano molti. Erano quattro, ma a giudicare dal loro flusso di chakra, ormai memorizzato e impresso nel magazzino delle informazioni del suo cervello, erano molto forti.

 

Aveva le spalle al muro e quattro nemici dalle tecniche sconosciute davanti a lei.

Si fermò di colpo dopo che la sua tecnica li aveva scaraventati più in là.

Incanalò il chakra nelle dita e si scagliò su uno di loro chiudendo due punti di fuga del chakra.

 

Dalla sua parte aveva che non conoscessero la peculiarità del  Byakugan. Almeno lo sperava.

 

Sorpresi, uno dei quattro cadde a terra, immobile. 

Altri due si scagliarono contro di lei, mentre uno se ne era rimasto in disparte, insicuro di prendere parte all’azione.

Un pugno la colpì dritta all’addome facendole sputare sangue. 

Il ninja, comparso troppo veloce davanti a lei, continuò ad attaccarla, portandola allo sfinimento, mentre tentava di proteggere Sasuke.

 

Segni con le mani e si alzò un vento poderoso, mentre l’altro ninja creò una palla di fuoco, supportata da quel vento impetuoso, scagliandola a tutta velocità contro l’Uchiha che barcollò a terra. 

E si ritrovò a dover usare di nuovo l’Hakkesho Kaiten.

 

Le sue riserve di chakra stavano finendo, ma non avrebbe permesso che toccassero Sasuke.

 

Il ragazzo stava lentamente ritornando in sè; ma quando finalmente si alzò in piedi, ancora scosso e per niente lucido, attivando Amaterasu sull’utilizzatore del fuoco, più per istinto che per calcolazione strategica, non fu in grado di schivare il kunai che lo ferì al costato, facendolo indietreggiare. 

Aveva perso troppo sangue.

La vista si annebbiò e cadde a terra. Immobile.

 

Hinata, nel momento esatto in cui si fermò, rimase bloccata da quello stesso shinobi che era rimasto in disparte, assistendo all’attacco senza la prontezza di liberarsi, urlando disperata.

Il nemico correva con una lama corta puntando al cuore di Sasuke, già fradicio del suo stesso sangue.

E a quella scena che si dispiegava al rallentatore e crudele davanti ai suoi occhi bianchi spiritati, qualcosa in lei si spezzò.

 

In un secondo, mentre le grida di dolore del ninja che stava bruciando permeavano l’aria e Sasuke si teneva il costato insanguinato, non ancora cosciente se fosse realtà o finzione della mente, Hinata influenzò due punti di fuga del chakra dell’uomo dietro di lei, bloccando il braccio che la teneva prigioniera, liberandosi.

Corse a tutta velocità, potenziando le gambe con il chakra e occhi disumani.

 Arrivò tra Sasuke, ferito e seduto a terra, e il suo aggressore prima che potesse sferrare un altro attacco.

 

Con le ultime forze, scagliò un Pugno gentile e il suo palmo si infranse sul petto dell’uomo che riuscì a proteggersi, evitando i danni più gravi. Ma prima che questo potesse caricare un nuovo attacco, Hinata sfilò la Kusanagi dal fodero al fianco di Sasuke e trapassò il ninja nello stomaco. 

 

Rapida.

Letale.

Senza pietà.

 

Hinata urlò di dolore. Occhi spalancati e pieni di lacrime, senza quasi essersi accorta di quello che aveva appena fatto.

 

La paura che aveva provato a vedere Sasuke in quello stato l’aveva sconvolta.

E in un istante era impazzita. Non c’erano colori, non c’erano opzioni.

 

Urlò di nuovo e quando sfilò la lama dal corpo dello shinobi, questo tossì sangue e cadde pesante. Corpo morto. Quasi.

 

Hinata, ancora pazza e alterata nella psiche dalla paura, infilzò ancora e ancora la katana nel corpo davanti a lei.

 

Piangeva, era disperata, Sasuke non si era ancora mosso.

Cosa avevano fatto? Come avevano osato?

 

Urlò, gridò, si disperò con tutta la voce che aveva, senza staccare gli occhi dal corpo di Sasuke, immobile a terra.

 

-Cosa hai fatto?- La lama nello stomaco. 

-Perchè l’hai fatto?- Lama nello sterno.

-Quello è l’uomo che amo!- Lama, infine, nel cuore. 

E il ninja, in ultimo, ancora con un bagliore di coscienza, morì.

 

La ragazza crollò. Incurante di tutto, persa nella propria testa e nel proprio dolore.

Era tutto finito.

E ora?

 

Svuotata di ogni senso ed emozione, non si accorse del quarto shinobi che pur senza l’uso del braccio, aveva una spada in mano e correva assassino verso di lei.

 

Hinata non faceva cenno di movimento.

Era lì, immobile a guardare il corpo dell’uomo che aveva appena ucciso.

E ora?

 

Quando si accorse del nemico era ormai troppo tardi.

Ma un braccio osseo rivestito di chakra violaceo e traslucido lo bloccò, afferrandolo per la gola, spezzandogli l’osso del collo e scagliandolo via.

 

Hinata, girò il viso e Sasuke era lì, in piedi che camminava verso di lei.

Il mangekyou ancora attivo e l’istinto omicida dipinto sul volto, più glaciale che mai, pronto a scatenarsi contro chiunque avesse provato a ferirla.

 

L’ultimo shinobi ancora vivo, si fermò. 

E quello che vide fu il demonio. No, due demoni.

Una dagli occhi bianchi.

Uno dagli occhi rosso e violaceo.

 

Quei due demoni erano una Hyuga e l’Uchiha.

Ora lo sapeva.

 

Ora capiva cosa volesse dire.

 

Un odio cieco lo avvolse e cominciò a divorarlo pezzo dopo pezzo. 

E dentro di sé giurò odio eterno.

 

Era rimasto vivo solo lui.

E l’uomo che giaceva morto vicino alla ragazza era suo fratello.

 

Suo fratello era morto.

Morto.

Rimaneva solo lui.

 

Un potente senso di vuoto e di impotenza gli fecero salire la nausea.

Lacrime sgorgarono a fiotti.

E la paura prese il sopravvento.

 

Sasuke era ancora avvolto dallo scheletro del Susanoo. Il freddo chakra emesso faceva accapponare la pelle.

 

Davanti a lui, tremante e disperato, c’era un dio.

Avevano combattuto contro un dio della morte.

 

E avevano irrimediabilmente perso.

 

Non riuscì a muoversi.

E attese impotente il suo destino.

 

Ma l’Uchiha era tornato in sé ed era corso dalla ragazza. Le  afferrò il viso tra le mani per controllare che stesse bene. E poi la tirò tra le sue braccia, mentre lei piangeva e piangeva.

 

La paura di perderlo. L’aver appena ucciso. Aveva perso la ragione.

E Sasuke la stava riportando indietro, avvolgendola in un calore che aveva solo per lei.

 

Nulla cambiò per qualche minuto.

Il sole aveva lasciato spazio a delle nuvole scure, che senza minaccia o preavviso avevano cominciato a riversare la loro pioggia.

 

L’acqua su di loro lavava il sangue fresco dai loro corpi.

 

Hinata, con gli occhi bianchi lucidi e ancora pieni di lacrime, si alzò, estraendosi dall’abbraccio di Sasuke e si avvicinò piano all’uomo che li fissava.

 

Quello era stanco, ma la paura gli donava ancora qualche barlume di forza.

Col braccio ancora fuori uso e senza forze nelle gambe, strisciò per allontanarsi da lei.

Ma lei, raggiuntolo, caricò il chakra nelle dita e rapida sbloccò l’arto.

 

Fece un passo indietro. Si guardò attorno, osservando la devastazione che avevano compiuto. 

E mormorò.

 

-Mi dispiace…-

 

Sasuke la osservò silenzioso ed estrasse la katana dal corpo che giaceva lì senza vita.

 

Sasuke si avvicinò piano, parlando freddo e perentorio.

 

-Prenditi i cadaveri e vattene.-

 

L’uomo fece come gli era stato detto. E se ne andò.

  
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