Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: epices    21/03/2023    21 recensioni
La storia inizia con il ritorno di Fersen su suolo francese dopo la guerra americana, ma gli eventi non saranno quelli noti, anche perchè il bel Conte non tornerà da solo.
“E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva e lui restava”. (L. Pirandello)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io avviso: non è breve ma a questo punto non aveva senso interrompere la narrazione.
Siamo ad un passo dalla fine; per la penultima volta grazie a chi avrà voglia di avventurarsi nella lettura.


Una carrozza anonima, recuperata in fretta per l'occasione da un vetturino di piazza cui non era parso vero di avere la borsa piena di denari senza dover lavorare fino all'alba, era posteggiata dietro edifici dove non arrivava il chiarore dei lampioni, appena dietro i boulevards animati dal variegato passaggio serale.
A pochi passi un uomo spalancò gli occhi di sorpresa e terrore quando la morsa rigida di una mano gli ghermì la bocca. Negli occhi una domanda muta, rivolta a quelli screziati di blu che aveva di fronte e che non abbandonò mai mentre veniva trascinato all'indietro cercando di opporre una resistenza inutile alle braccia solide del suo aggressore.
Erano vicini eppure non riuscì a comprendere il loro linguaggio; non riuscì a leggere il disappunto, la frustrazione, la furia per l'inganno subìto. Poteva solo scorgere minuscole stille di sudore tra le ciocche rosse che li incorniciavano, più consone ad una serata estiva che non ad una notte di primavera. Lo seguirono, quegli occhi, nel tragitto forzato verso la vettura in attesa nell’ombra, e scambiarono un cenno d'intesa con quelli verdi del cocchiere, sceso dalla sua posizione a cassetta per dar manforte a colui che lo stava infilando a forza nell'abitacolo. Lo abbandonarono solo per un istante distratti, forse, da un movimento improvviso poco lontano, un rapido ondeggiare di stoffe dileguatosi dietro un muro scalcinato che l'uomo dai capelli rossi cercò di catalogare come frutto della propria immaginazione prima di affrettarsi a salire in carrozza e prendere posto sul sedile, accanto ad un ufficiale dai capelli biondi la cui calma apparente era tradita soltanto dalla stretta vigorosa con cui stava brandendo la pistola, puntata esattamente al suo cuore.

“Ma che diavolo succede! Baptiste...Alain!”- il terrore sul volto dell'uomo si dissolse come ceralacca sulla fiamma nel riconoscere i volti noti ma si rapprese di nuovo, immediatamente, in una maschera distorta, nel rendersi conto della divisa indossata da quello che aveva considerato un semplice compagno di bevute.

“Louis...”- la voce di Baptiste tremava sotto il peso delle macerie dei propri ideali feriti.

“Che storia è questa buddy? (*) Ti avevo detto di non impicciarti...”- tentò di divincolarsi, Louis, ma la presa poderosa dei due militari tra i quali sedeva, glielo impedì.

“Louis dobbiamo parlare. Forse neanche tu sai tutto...”- prese fiato, il ragazzo, per ritardare una verità che avrebbe annientato ulteriormente le proprie certezze - “...o almeno lo spero. Non è questo quello che...”

“Non è questo quello che credevi?!? E' così? Questa è una guerra, perdio! Anche se non indossiamo l'uniforme di un esercito...il popolo francese è il nostro esercito! Ma forse tu non puoi capire...in guerra la gente muore!”- la paura lo rendeva aggressivo e gli faceva toccare tasti che sapeva essere dolenti. Non servivano parole per spiegare il motivo di quell'incontro; l'amico si era prestato a fare da esca, era evidente.

“Muoiono degli innocenti!”- Baptiste, cresciuto di anni in poche ore, non si scompose di fronte alla ferocia evidente nel tono dell'altro ma alzò il timbro, sperando di scuoterlo con quella verità.

“E allora?!? I ragazzi con cui sono partito anni fa...sai quanti ne sono tornati?!? Soltanto io! E loro che colpe avevano? Se vendersi all'esercito per mangiare è una colpa, sì...erano colpevoli!”

“Ho visto quasi morire un bambino oggi e non è ancora fuori pericolo! Non ha neanche quattro anni...”- provò ad affondare il coltello, Baptiste, sperando di trovare il cuore che sapeva esistere sotto la scorza resa tenace dalle circostanze.

“Fa parte del gioco...”- ringhiò l'altro sviando lo sguardo da lui.

Parole crudeli quelle, in grado di spezzare la calma che tutti si erano imposti di mantenere, mostrandone i profili aguzzi. Di schegge nella carne André ne aveva parecchie più degli altri e l'istinto di rispondere al dolore infliggendone uno ancora più grande si appropriò della sua mano, portandola ad afferrare l'uomo per la gola, inchiodandolo contro il sedile, con il mento bloccato verso l'alto per fargli annusare l’eventualità concreta che il tettuccio rivestito di stoffa lisa fosse l’ultima cosa che avrebbe potuto sbirciare nella vita. Nonostante la presa salda attorno al calcio della pistola, la mano di Oscar tremò, scossa dall'eco di parole difficili da scordare, parole di carta.

...ogni mattina la prima cosa che faccio è scrivervi, mia Beth, per ricordarmi che è trascorso un altro giorno. Qui si perde il senso del tempo e tracciare la data su un foglio è l'unica cosa che mi permette di non perdermi e mi fa sperare possa mancare un giorno in meno al nostro prossimo incontro...” Oggi ho sparato e ucciso, Oscar. E’ la prima volta da quando sono qui. Queste erano le frasi ancora leggibili su un frammento di foglio che ho trovato nella tasca di un soldato, dilaniato da un colpo partito dal mio fucile. Ho distrutto il futuro di due ragazzi; quelli che avremmo potuto essere noi due, in un'altra vita. Pare ci si faccia l'abitudine, dicono i veterani di altre battaglie. Ma io credo non ci riuscirò mai, non voglio riuscirci...

La furia gli sbiancava le nocche, delineava i tendini e inturgidiva le vene. Per la prima volta da quando era tornato, Oscar ebbe davvero paura.

...oggi il nemico ce l'aveva con me, Oscar, o almeno così sembrava. L'aria mossa dalle pallottole dei moschetti mi ha solleticato l'orecchio destro più volte; credo di dover ringraziare la scarsa mira dell'artigliere se sono qui a scriverti nella quiete di un tramonto d'agosto. Ti piacerebbe, sai? Ora che tutto è calmo e il cielo è solcato solo dagli uccelli, mi ricorda i cieli infuocati delle estati della nostra infanzia quando tornavamo a casa stremati, sudati e felici. Chissà se riuscirò mai a guardare un tramonto con gli stessi occhi di allora...”

Ebbe paura per quello che si portava dentro e si era divorato parte del suo animo gentile, per le ombre che avrebbero sempre oscurato momenti limpidi, per ciò che sarebbe rimasto nascosto dietro gesti semplici e che non le avrebbe rivelato.

...ho passato un giorno intero insieme ad un cadavere. Lo conoscevo quell’uomo, era originario della Piccardìa. Siamo sbarcati insieme, per questo lo ha chiesto a me. Si fidava e mi ha pregato di interrompere la sua agonia, sapeva non l'avrei fatto soffrire. L'ho tenuto stretto mentre la vita lo abbandonava, mi è quasi parso di vederla allontanarsi nel suo ultimo sussulto...”

Ebbe paura per ciò che non era ancora riuscita a lenire lasciandosi solcare e stringere da quelle stesse mani che stavano mostrando il loro lato più brutale, mani a volte rudi nella ricerca del piacere, quando il desiderio si faceva eco dell'assenza e li coglieva all'improvviso, urgente, reclamando di essere soddisfatto subito, senza tenerezza, con la mera unione dei corpi già pronti ad accogliersi e ad essere rifugio, fugace e assoluto, in cui poter sfogare il dolore.

E lei, quelle mani che avevano sparato e ucciso, stava imparando a domarle volgendo la loro foga al servizio del proprio ardore, le loro asperità alla soddisfazione della propria voluttà, sciogliendo i ricordi feroci che lo scuotevano forte nell'oblio di un'estasi che aveva imparato a rendere sempre più intensa. Lo trascinava via bloccandolo contro il suo ventre con le mani e le cosce, avvolgendolo, muovendosi impudica e affamata sotto e attorno a lui finché la voce del suo desiderio non riempiva la stanza mescolandosi alla propria e il suo piacere non le scaldava le viscere.

Poi, uno nell'altra, ascoltavano i respiri quietarsi guardandosi in faccia per dirsi senza parlare che andava bene così, che era quello che volevano, che per la dolcezza ci sarebbe stata un'altra occasione.

“Come fai...come fate ad avere così poco rispetto per la vita umana?!? C'è un soldato ora, come lo sei stato tu e come lo sono stato io, che prega per la vita del figlio. Hai sentito, no? Non ha neanche quattro anni! Di cosa mai può essere colpevole un bambino così piccolo?”

L'uomo cominciò a vacillare avvertendo l'aria venire meno sotto la pressione di una rabbia di cui non avrebbe mai potuto comprendere a pieno l'origine.

“Nessun uomo...nessun padre...dovrebbe trovarsi nella situazione di non poter vedere il proprio figlio che diventa uomo a sua volta! O donna...”

Oscar comprese.
C'era lei in quella carrozza, i sorrisi spezzati ancora prima di sbocciare, le lacrime che lui non avrebbe mai potuto asciugare, le risate e i rimproveri che mai gli sarebbero usciti dalla gola.
E faceva tremendamente male.
Si scoprì a temere per la vita di quell'uomo il cui volto stava cambiando colore sotto la pressione delle mani di André che, se avesse voluto, avrebbe potuto spezzarne definitivamente il respiro.

“André...André, basta! Basta così...lascialo!”- la voce di Oscar, diamante puro, riuscì a graffiare l'aria resa coriacea dall'amalgama di troppe vite e ad arrivare a lui, temibile e spietato in quella furia inimmaginabile, calmandolo poco a poco sotto gli occhi esterrefatti degli altri, impreparati a tanta ferocia. André allentò la presa e si abbandonò contro lo schienale lasciando fosse lei a sferzare l’uomo con la sola forza delle parole, lei che quel dolore aveva avuto più tempo per imparare a domarlo.

“Devi dirci ciò che sai...”

“No! Io non...”

“Non vuoi? Non puoi?”

“Io...voglio una nuova Francia...e la voglio vedere!”

“La vedrai”

“No, quella è gente che...”

“Devi fidarti di me...”- per la prima volta da quando era stato trascinato in carrozza, l'uomo fissò lo sguardo su di lei e, oltre la durezza, vi trovò anche la purezza del diamante, quella che aveva visto poche volte sui campi di battaglia, di chi può scegliere la morte piuttosto che tradire se stesso.

Decise di lasciarsi abbagliare.

“Cosa sanno?”- chiese rivolto a Baptiste, strofinandosi il collo per togliersi di dosso la sensazione della vita che si allontana.

“Tutto ciò che ho potuto raccontare. Ma io non so chi ha chiesto di organizzare il trasporto dall'America e a chi tu faccia le consegne

“Chi ha chiesto di organizzare il trasporto non lo so nemmeno io con esattezza. Quelli che usano credo siano nomi di battaglia. Quando siamo rientrati dall'America, io e Robert per un po' abbiamo condiviso due stanze a Saint'Antoine; una sera il fratello e certi suoi amici sono venuti a farci visita. Abbiamo parlato della guerra, volevano sapere quali idee serpeggiano oltreoceano e tra i reduci e abbiamo finito con lo scartare il regalo di Joachin...una settimana dopo un tizio di quelli è venuto a chiederne un po' e, dopo un'altra settimana è tornato per capire se potevamo farne arrivare dell'altra dall'America. Ha detto sarebbe stata utile per costruire la nuova Francia”

“Chi è costui, come si chiama?”

“Non lo so, è un uomo bellissimo...ha lineamenti fini, da donna...come voi...”- sussurrò rivolto all'ufficiale biondo - “...e badate che a me piacciono le donne quindi non sto esagerando...” - l'ufficiale non si scompose e annuì, come se già sapesse.

“In che modo dovrebbe essere utile? Come arriva lo sappiamo già...”

L'uomo sospirò profondamente e attese un momento prima di parlare, sopraffatto dall'enormità di ciò che si era prestato a fare.

“Io la distribuisco. Alcuni fornai della città vengono pagati per vendere il loro pane a prezzi più bassi...perché deve essere venduto. In questo modo non ci perdono nulla, anzi ci guadagnano, ed evitano anche eventuali assalti ai loro negozi. Non accade spesso, ma accade. E' stato facile trovarne di compiacenti”

“Chi li paga?

“Non lo so...qualcuno per cui evidentemente il denaro non è un problema...”- una frase già udita, il fulcro della questione.

“Già, il denaro compra tutto di questi tempi, anche la morale”- biascicò Alain, adagiato mollemente al sedile, certo di non aver più nulla da temere da quell'uomo.

“Loro ignorano le conseguenze. Anch'io le ignoravo all'inizio. Credo qualcuno si assicuri...voglio dire, che sia presente durante la panificazione successiva alle mie consegne”

“Miscelano la polvere alla farina? Vendono deliberatamente il pane con dentro questa roba?!?”- Alain, incredulo, si trattenne a stento dal fargli saggiare anche le sue mani sul collo.

“Sì, il piano è questo”

“Ma cosa significa? Quale piano!?!”

“Quello di sfiancare la gente, di istigarla. Chi vede patire o morire un familiare, senza avere i mezzi per poter fare qualunque cosa, si ribella. Il malcontento popolare genera rivolte...”

Era stata Oscar a rispondere dando voce a ciò che aveva immaginato; ora il quadro era completo o quasi. Tuttavia c'erano troppi segreti, troppi buchi. Nel profondo era convinta non sarebbero mai arrivati ad avere un nome certo, un mandante designato. E se mai fosse accaduto sarebbe stato un prestanome, senza dubbio. Erano troppo alti e poco nobili gli interessi in gioco.

“...e i colpevoli, agli occhi del popolo, sono sempre coloro che hanno il potere di migliorare le cose, ovvero i sovrani, le loro colpe vengono ingigantite di fronte ad una popolazione allo stremo”

“Già, il popolo ne richiederà la destituzione sempre più alacremente...sarà solo questione di tempo. Tutti questi fuochi, più o meno evidenti finiranno per confluire in un grande incendio...”- convenne André

“Sì, vogliono la rivolta a scapito dei loro stessi concittadini. Se mai dovesse capitare, Parigi sarà la prima città a bruciare, per l'entità delle masse, per la facilità di sobillarle, di far circolare un'idea”

“Louis non è questo il modo, ti prego. Scriviamo insieme a Michel, diciamogli di interrompere tutto. Lui è lontano, nessuno lo conosce, nessuno lo cercherà. E anche tu potresti ripartire insieme a me...non ti troveranno”

L’altro scosse il capo con un sorriso amaro e disilluso, certo di un'altra verità ma anche di aver tradito il suo popolo già abbastanza.

“Sì, scriviamo a Michel. Ma ormai è tardi per il carico in arrivo tra due settimane...giorno più, giorno meno...”

“Dobbiamo intercettarlo. Domani stesso chiederò un colloquio con il generale Bouillé”- Oscar armeggiò sotto il mantello e ripose la pistola nella fondina, sicura di aver conquistato la fiducia di quell'uomo che sognava un mondo giusto però nel modo sbagliato.

***

Giocare d’anticipo era fondamentale, perciò la partenza era stata fissata in modo da arrivare a destinazione un giorno prima di quello previsto per l’attracco del veliero, per garantirsi la possibilità di intercettarlo senza inconvenienti. L'incarico era stato affidato ad Oscar con piena libertà su quanti e quali uomini portare con sé. Bouillé l'aveva ascoltata in silenzio dietro la stessa scrivania dalla quale era partito l'ordine che, accidentalmente, aveva scoperchiato quel vaso di Pandora al cui interno potevano venire risucchiati la Corte, Parigi e la Francia intera e, come allora, aveva richiesto di mantenere il più assoluto riserbo sulla vicenda.
Ciò avrebbe dovuto imporre di coinvolgere gli uomini che già ne erano a conoscenza ma dopo la macabra scoperta fatta qualche sera prima, nel bel mezzo di una ronda di pattuglia ordinaria, Oscar aveva ritenuto opportuno coinvolgere anche altri soldati della brigata cui aveva fornito informazioni sommarie e promesso una paga più alta. Non fosse riuscita ad ottenerla dall'esercito, ci avrebbe pensato di tasca propria.
Tra loro c'era anche Jules Duval al quale non era stato necessario spiegare nulla; era tanta la rabbia quanto il sollievo per il pericolo scampato dal figlio, che avrebbe marciato a piedi fino in Egitto e senza compenso - così aveva detto al suo comandante - pur di fermare quei dannati bastardi. Lui in particolare, oltre la collera che avrebbe fatto da traino, era stato scelto per la mira impeccabile; gli altri per l’abilità con le armi da fuoco, valido supporto alla destrezza, sua e dei suoi due uomini migliori, nell’utilizzo dell’arma bianca.
Insieme agli uomini della compagnia B avrebbero viaggiato anche Tim Simmons e il nipote per raggiungere una locanda sulla costa dove avrebbero soggiornato fino al giorno in cui quello stesso veliero sarebbe ripartito in direzione opposta e li avrebbe riportati in America.
La mattina designata per la partenza non era ancora spuntato il sole che Oscar, seduta sul bordo del letto, stava già terminando di infilare gli stivali puntandone il tacco sul pavimento per far scorrere meglio le gambe avvolte nelle calze di seta.

“Non hai ancora detto niente a Baptiste?”

“No, non ho ancora trovato le parole per dirgli che Louis è morto...quando tutto sarà finito, allora...”

Lei annuì. Ricordò il suo viso stravolto e stanco quando l'aveva raggiunta a casa, in quella che entrambi chiamavano casa, la sera in cui avevano trovato l'uomo sgozzato in un vicolo dove, scuri sgangherati che normalmente lasciavano filtrare ogni tipo di spiffero, parevano essere diventati uno scudo impenetrabile a qualsiasi rumore di strada. Nessuno aveva udito nulla. Si era buttato di peso sul letto, scuotendo il capo, ad occhi chiusi con la bocca impastata di sgomento e timore. Lei gli si era avvicinata piano, colpita e allarmata dal suo silenzio e gli si era seduta accanto, sfiorandolo appena con il movimento del corpo. Solo allora lui aveva aperto gli occhi e, allungando una mano per carezzarle il volto, le aveva raccontato tutto.

“Lo sai che questo potrebbe significare che qualcuno è a conoscenza del nostro viaggio...e di chiunque si tratti, è gente senza alcuno scrupolo...dobbiamo cercare di proteggere almeno l'altro...è l’unico che può dirci qualcosa di utile”

“Sì, ne abbiamo già parlato...”- la guardò, André, seguendone i movimenti precisi mentre toglieva la giubba dall'appendiabiti

“Oscar...”- le si portò alle spalle, colmando in pochi passi lo spazio che li divideva, le afferrò piano le braccia e la fece voltare perché era importante dirglielo in faccia.

“...so che fa parte del ruolo, so che forse non dovrei dirtelo...ma lo farò solo una volta, qui, davanti al nostro letto perché adesso non è il soldato che parla. Fai attenzione, ti prego...”

“Anche tu...e vale anche per me...non è il soldato che parla”- si alzò sulle punte dei piedi e gli sfiorò le labbra in una promessa silenziosa desiderando fosse già tutto finito, che quel bacio avvenisse un giorno dei seguenti quando ad attenderli ci sarebbero state soltanto le beghe quotidiane della caserma. Lui sorrise amaro ché certe cose non le avrebbe mai scordate.

“Avrei voluto baciarti anche quella mattina, quando sei uscita per andare a sfidare il Duca di Germain. Era ancora buio, come adesso, e io desideravo ardentemente che qualcuno spalancasse la porta e gridasse a squarciagola che il duello era stato annullato...”

Lei avvertì lo sguardo farsi liquido. Ricordò i suoi occhi cerchiati, nemmeno lui aveva dormito quella notte, e la colazione intatta sul tavolo dove Marie l'aveva approntata con ogni cura, come fosse una mattina qualunque. E ricordò anche un vuoto allo stomaco, lo stesso desiderio di ritrovarsi dopo in quella cucina, insieme, a svuotare il piatto dai biscotti profumati e burrosi.

“Forse l'avrei voluto anch'io, anche se allora non lo sapevo...”

Poi lo baciò ancora, anche per quella mattina, finché i colpi insistenti al portone di sotto non arrivarono a sfondare l'ovatta di quell'alcova al primo piano di una dimora qualsiasi, nel cuore di una città che si stava svegliando.

“Sarà qualcuno dei soldati?”- mormorò lei, mettendo fine a quel contatto senza troppa convinzione.

“Spero di no...significherebbe che ci sono problemi. Scendo a vedere e ti aspetto giù”

Oltre la rampa di scale, colmata in brevi istanti, qualcuno continuava a battere sul portone che André si precipitò ad aprire.

“André! Quanto ci impieghi ad aprire la porta!”

“Signore...”

“Padre!”

Il volto severo e accaldato per la fretta e l'apprensione seguì il richiamo della voce della figlia, già sull'ultimo gradino, impeccabile ed elegante come le aveva insegnato ad essere.

“Oscar...ti ho cercata a Palazzo ma mi hanno detto che non torni quasi mai. E in caserma non c'eri. E' inconcepibile che io venga a sapere dove trovarti da un soldato qualunque!”- entrambi abbassarono gli occhi per nascondere il guizzo divertito suscitato dall'immagine di Alain che buttava lì, quasi per caso, un indirizzo sconosciuto all'illustre superiore.

Il Generale si guardò attorno, scivolando rapidamente sui dettagli della stanza e cercando parole adatte ad una situazione che non poteva essere più chiara.

“Allora è qui che...dormi...adesso”- due tricorni vicini, due mantelli accostati; le spade le avevano già allacciate in vita altrimenti era certo le avrebbe viste poggiate insieme, forse sulla cassapanca alla sua destra o sorrette da quella poltrona che occupava l'angolo in fondo o forse...alzò lo sguardo sulla scala che portava al primo piano e sospirò.

Lei annuì e si portò al fianco di André sfiorandogli impercettibilmente la mano in quel gesto che gli chiedeva di poter entrare tra le dita per afferrarle saldamente.

“Aver lasciato la guardia reale non implica tu debba lasciare anche casa tua”

“Signore io...”

“Non è il momento André. State per partire. Volevo solo assicurarmi che tutto fosse organizzato al meglio, Bouillé mi ha ragguagliato su ogni cosa e...mi raccomando...André...”

Mosse impercettibilmente il capo, André, come allora, quando sopraffatto dall'enormità della richiesta, non era riuscito a proferire parola. Solo a fissare lo sguardo profondo, troppo per i suoi quindici anni, nell'altro, azzurro e così simile a quello che già amava, altrettanto denso ma pieno di speranze, il giorno in cui lei aveva scelto il suo destino. Gliel'aveva affidata, quel giorno, con la stessa frase.
Con il piede destro già sul predellino della carrozza che lo attendeva in strada, tre gradini più in basso del portone, il Generale si voltò, quasi avesse rammentato di aver tralasciato qualcosa di importante e, con il solito fare sbrigativo, si rivolse ad André senza nemmeno chiamarlo per nome. Sembrò improvvisamente più vecchio o forse erano solo quelle due rughe sulla fronte, aggrottata da un passato che non aveva potuto impedire.

“Non c'è bisogno tu mi chieda niente. Io c'ero quando tu non c'eri...poi avremo tutto il tempo...”

Devi essere i suoi occhi e le sue orecchie, fiutare il pericolo che a Corte si manifesta anche e soprattutto in pettegolezzi e maldicenze.
E' forte, è addestrata, è coraggiosa; se la saprà cavare egregiamente. Devi essere il suo scudo senza ne debba portare il peso, una roccia cui poggiarsi senza debba sapere che è stata messa apposta per lei, un'ombra discreta che non ne oscura la luce. So che ne sei in grado. Te l'affido.
Mi raccomando, André

***

La costa atlantica li accolse avvolgendoli in una bellezza struggente, un susseguirsi di acqua, rocce, aria e sabbia da perderci la vista e il fiato.
Oscar, in piedi sulla riva, lontano dalle onde quel tanto che bastava per non bagnare gli stivali, inspirò profondamente trattenendo l'odore del mare e la serenità calma che da sempre le suscitava.
Lo sguardo, azzurro come la tavola liscia e sconfinata che le si stendeva davanti, si soffermò sulla linea netta dell’orizzonte, scintillante nel riflesso del sole di mezzogiorno e ancora più evidente nel contrasto con le nuvole basse e grigie sospinte dalle correnti oceaniche.

“Magari resteranno al largo, si spostano veloci. Non è detto portino tempesta”- André aveva lasciato i soldati a riempirsi le mani di sabbia e conchiglie, le orecchie del garrito dei gabbiani e gli occhi di quello spettacolo inedito per chi, quasi, non era mai stato sull'altra sponda della Senna e le si era portato accanto cercando di rassicurarla con quelle nozioni acquisite nei mesi di navigazione su di un aspetto che avrebbe reso la loro missione indubbiamente più difficoltosa. Lei annuì, silenziosa, e rabbrividì. Il tocco della brezza lieve e profumata di sale, le arrivò gelido dopo la lunga carezza del sole d'aprile, insolitamente caldo quell'anno, che li aveva accompagnati fin da Parigi. Continuò a guardarsi intorno mandando a mente elementi che sarebbero potuti tornare utili e cercando di ignorare il mormorio della risacca. Le parlava di un’altra spiaggia, di giorni lieti ma anche tormentati, di luoghi familiari e di un cavallo bianco che correva in solitudine sulla rena alzando schizzi di spuma liberi di ricadere sui capelli. E di un desiderio dimenticato.

“Non l’abbiamo mai fatto”

“Cosa?”

“Cavalcare insieme sullo stesso cavallo...sulla spiaggia”

Lui non disse nulla ma sorrise di un desiderio identico con uno sfondo diverso.

Richiamata dal vociare allegro dei soldati, annuì di approvazione notando che gli abiti indossati fin dalla partenza avrebbero potuto essere scambiati per quelli di due pescatori poco distanti, intenti a ripiegare le reti e a fiutare l'aria cercando di capire se potevano fidarsi davvero dell'oceano così stranamente calmo per quella stagione o se si trattasse soltanto della quiete prima della tempesta.
Ci aveva pensato lei a procurare i vestiti spiegando ai soldati che avrebbero dovuto passare inosservati. Il piano era chiaro. Baptiste avrebbe avvicinato l'amico Robert Pierrault quella sera stessa, con la scusa di salutarlo in vista della partenza imminente e Alain che già lo conosceva, lo avrebbe tenuto d'occhio da lontano fino al giorno seguente. La logica suggeriva che avrebbe raggiunto l'Île d’Yeu all'alba per essere certo di non perdersi l'attracco del veliero, previsto in giornata ma, essendo le navi in balia dei venti oceanici, non era possibile stabilirne il momento esatto. Fingendosi pescatori, si sarebbero mossi in modo analogo, certi di non dare nell'occhio nel momento in cui, all’inizio del giorno, le imbarcazioni sarebbero uscite per la pesca.

“Vado a contrattare per la barca. Ci vediamo dopo alla locanda”- avevano stabilito quel ruolo toccasse ad André, più affabile e avvezzo a trattare con i suoi pari, come ancora li considerava, titolo nobiliare o meno. Con un cenno chiamò a sé Jules Duval che gli avrebbe fatto da spalla fingendo una cultura del mare molto più ampia di quella carpita non ancora adolescente dal padre, barcaiolo per necessità; un poveraccio che per sbarcare il lunario trascorreva le giornate a trasportare a riva cadaveri di ogni sorta ripescati quotidianamente dalle acque della Senna, servendosi di una sorta di bagnarola che scivolava lenta lungo le acque del fiume.
Gli altri avrebbero messo a disposizione braccia robuste e fiato per remare se mai ce ne fosse stato bisogno.
Quella notte, dopo che tutti si furono ritirati e l'unico brusìo udibile rimase l'eterno dialogo tra gli scogli e le onde, lei lasciò la propria stanza per infilarsi in quella di André.

“Cosa succede?”- lui scattò dal letto uscendo in un balzo dal sonno divenuto da tempo troppo leggero.

“Niente, non succede niente...”- gli riservò le sue stesse parole, quelle usate in un vicolo di Parigi, prima di spogliarsi rapidamente e stringerglisi addosso nella nicchia tra il petto e la spalla, dove il ritmo del suo cuore aveva il potere di calmare anche il proprio.

“...prima del duello con il Duca di Germain ho dormito da sola...”

 

L'Île d’Yeu si svelò ai loro occhi poco a poco. Più si avvicinavano, più i suoi colori risultavano vivi. Macchie verdi di salici e pini spruzzate del rosso delle tegole di pochi tetti spiccavano contro l’azzurro del cielo. All'orizzonte gravavano ancora nuvole grigie ma il profumo del sale, la carezza del vento e la vastità dell'oceano silenzioso e brillante le rendeva irrilevanti nell'immensità del cielo, basso, denso, da pensare di poterlo quasi toccare. Avevano costeggiato la scogliera ed erano approdati sull'isola nel punto che Robert Pierrault, ignaro e certo quelle chiacchiere non avrebbero avuto conseguenze, aveva indicato a Baptiste come il più adatto, solo alcune settimane prima. Avevano perlustrato sentieri e valutato vie di fuga, accordandosi con cenni del capo e gesti allusivi.
Ora, nascosti tra i massi di granito arrossati dagli ultimi raggi del sole, attendevano la notte osservando il veliero avvicinarsi all'isola, in silenzio, avvolti soltanto dal frastuono delle onde che si infrangevano sulla roccia. Quando Jules Duval, steso prono su un masso a picco sulle onde vide il gatto (**) avanzare piano, rasentando la costa, la luna, piena e luminosa, aveva già compiuto oltre mezzo arco nel cielo rivelandosi una complice insperata grazie alla lunga scia che aveva srotolato sull'acqua.
Nel suo chiarore il soldato vide nettamente il timone anche se non avrebbe saputo dire se fosse montato a prua o a poppa ma i pochi rudimenti di navigazione in suo possesso gli furono sufficienti a comprendere che la possibilità di fissare il timone ad entrambe le estremità, permetteva all'imbarcazione di manovrare più facilmente. L'ideale per caricare e scaricare velocemente e fuggire dal gabello. Strisciò lentamente all'indietro e diede il segnale convenuto lanciando un sasso oltre i massi dove i compagni attendevano appostati in una caletta nascosta, poi li raggiunse per percorrere insieme a loro il sentiero tra gli scogli individuato nel pomeriggio ed arrivare a nascondersi ai margini della spiaggia incastonata tra le rocce dove Robert Pierrault attendeva il carico.
Udirono lo sciabordio delle onde farsi tanto più intenso contro la carena quanto più il gatto si avvicinava alla costa e l’acqua schiaffeggiata dagli stivali quando un uomo scese dall'imbarcazione per aiutare il ragazzo a scaricare la cassa sulla sabbia. Da quella distanza non riuscirono ad udire le parole ma la gestualità lasciava supporre rassicurazioni sul fatto di riuscire a caricare sull'altra barca. Quando sulla spiaggia rimasero soltanto i passi smorzati del ragazzo, Oscar uscì allo scoperto e gli si avvicinò insieme ad Alain e a Jules Duval, scelti appositamente per convincerlo all'unica scelta ammissibile. La sabbia attutiva i suoni e Robert si rese conto di essere accerchiato troppo tardi, troppo distante dalla propria imbarcazione e anche per pensare di mettersi a correre.

“Fermati!”- l'ordine secco di Oscar, rimbalzando sulle scogliere, si spanse nell'insenatura risultando ancora più minaccioso

“Chi siete? Cosa volete?”- il ragazzo stringeva forte la cassa quasi le doghe di legno potessero rappresentare il più sicuro dei rifugi.

“Solo parlarti e pregarti di consegnarci quella merce”

“Chi siete?”

“Soldati della guardia metropolitana di Parigi”

“Parigi? Ma come avete fatto...?”- tra le innumerevoli domande che gli si affastellavano nella mente, il ragazzo non riusciva a capacitarsi di quale fosse la più importante, la prima da porre.

“Così!”- Alain rispose richiamando l'attenzione su di sé e facendosi riconoscere alla luce diafana della luna.

“Alain!?! Ma io non ti ho mai detto niente...come...”- poi Robert sgranò gli occhi - “Baptiste!

“Sì...”

“Ma perché?”

“Perché ha capito! Ha capito tutto!- intervenne Jules Duval con un grido - mio figlio è quasi morto per quella roba!”

“Non capisco...”

“Tu sai cosa viene fatto del contenuto di quella cassa?”- Oscar riprese la parola, lucida e decisa. Gli animi andavano calmati per ottenere il risultato sperato.

“Io mi limito a consegnarla”

“Allora te lo dico io!” - la furia del soldato Duval era tangibile; la disciplina, in quell'occasione, sapeva lui dove metterla - “La mescolano al pane...è veleno per chi la mangia ignaro!”

Il ragazzo scosse il capo incredulo di ogni cosa, delle parole del soldato, di ciò che gli chiedevano di fare, di ciò che non avrebbe potuto eseguire.

“Ma io non posso...se non consegno mi uccideranno...e Louis...”- balbettava, il ragazzo, in preda all'agitazione, all'incapacità, in quel momento, di prendere qualsiasi decisione.

“Lui è già morto...questo dovrebbe facilitarti la scelta”- intervenne, brusco, Alain.

Robert cadde in ginocchio sulla sabbia gemendo e biascicando pensieri ad alta voce

“No, no...non è possibile...non si può...”

“A chi la consegni?”- di nuovo Oscar, imperiosa ed impaziente.

“Io...”

Fu allora che si udì il sibilo sordo di uno sparo. Il proiettile rimbalzò sulla roccia, sollevando schegge di granito.

“A terra! Oscar, state giù!”- André e i soldati rimasti in attesa dietro alcuni scogli, pronti a coprire le spalle ai compagni, si scagliarono contro gli uomini che, dal sentiero alle loro spalle, accorrevano agguerriti verso la spiaggia.

“Robert stai giù, pancia a terra, non ti muovere!”- il tono di Oscar non ammetteva repliche, i suoi gesti nemmeno. Con la mano sinistra calò sulla testa del ragazzo per obbligarlo ad ubbidire al suo ordine poi, con la destra, estrasse la spada dal fodero e si unì ai suoi soldati. Il clangore delle spade soverchiò il silenzio armonioso della spiaggia, il cozzare di lame rilucenti nel bagliore lunare ma sempre più sporche ad ogni affondo, spezzò la quiete della notte. Gemiti di dolore e tonfi sordi di corpi che cadevano soffocarono il suono dolce dell’acqua. La destrezza e la tecnica degli ufficiali che si muovevano di concerto come se ciascuno conoscesse in anticipo i movimenti dell'altro, unite ai metodi poco eleganti ma estremamente efficaci di Alain fu fatale agli aggressori, forse impreparati ad una difesa tanto strenua.
L'ultimo crollò mentre il cielo, ad est, iniziava a schiarire. Il silenzio della notte calò nuovamente sulla spiaggia sfumando pian piano nelle strida dei gabbiani che si alzavano in volo, indifferenti ai corpi rimasti inerti sulla sabbia. Il mare aveva ripreso a scandire il tempo degli uomini, in lontananza si vedevano già le prime barche di pescatori lasciare le rive, il fortunale che aveva interrotto la calma imperitura di quel luogo sembrava passato.

Il ragazzo abbandonò la sua posizione accucciata dietro lo scoglio dove era rimasto per tutto il tempo coprendosi la testa e le orecchie con le mani per impedirsi di sentire, per impedirsi di pensare. Trovò il coraggio di alzarsi per andare incontro ai soldati che lo avevano salvato da morte certa ma, mentre barcollava per dar tempo agli arti rattrappiti di riprendere la loro abituale agilità e osservava gli uomini riporre le spade nei foderi e i loro petti che si alzavano e abbassavano al ritmo di respiri sempre più regolari, accadde di nuovo.
Un altro sibilo.
L'aria venne trafitta da un altro sparo che andò a conficcarsi nella sabbia, poco distante da lui, cancellando ogni dubbio su chi potesse essere il bersaglio designato, quello da mettere a tacere.
Ma la sua era una voce troppo importante da ascoltare, lui doveva parlare. Il suo racconto avrebbe anche potuto non identificare nessuno in particolare ma meritava di essere ascoltato.
Un altro sparo.
Si immobilizzò, perduto.
Negli occhi i sogni e le colpe che cozzavano e si infrangevano gli uni sugli altri.

Poi l’indole alla battaglia, lo spazio tra i colpi scandito a mente, il sentore di un altro sibilo udito solo con l'istinto prima potesse intaccare di nuovo il silenzio. Oscar balzò in avanti, si gettò addosso al ragazzo per buttarlo a terra, rapidissima ma non quanto l'ennesimo sparo che riecheggiò nell'alba rosata.
André, a pochi passi, la vide sgranare gli occhi per la sorpresa, guardare in basso per sincerarsi fosse davvero suo il sangue che stava scurendo la stoffa, portarsi una mano a stringere la giacca ruvida come potesse servire a sopportare meglio il dolore ed iniziare ad ondeggiare pericolosamente.
Allora gridò.
Uno strillo acuto e profondo insieme, capace di squarciare l'aria, il grido di un'anima ferita a morte.
Un grido di battaglia cui rispose Jules Duval con il suo carico di rabbia non ancora sopita e un colpo mirato alla figura ritta sulla bassa scogliera, ora ben visibile negli abiti scuri stagliati contro i colori tenui del cielo. Jules Duval aveva una mira infallibile, lo sapevano tutti in caserma e la sagoma barcollò, inclinandosi sotto il peso del dolore alla spalla destra, lasciando libero il braccio di penzolare inerte e la mano di gettare la pistola. Nell'istante di immobilità e smarrimento che ne seguì, Alain si mise a correre per raggiungere lo sconosciuto ma quello, più agile, come un animale braccato nella forza della disperazione, scomparve oltre la scogliera, balzando sugli scogli fino ad un piccolo natante nascosto oltre i massi. Alain, con una mano sulla fronte a schermare gli occhi dal sole nascente, non poté far altro che fissare lo sconosciuto che veniva issato a bordo e raccogliere la pistola abbandonata a terra.
Sul calcio spiccavano alcune lettere; gli veniva da ridere di quell’abitudine ad incidere le iniziali sulle armi, di quel volersi presentare, con tanto di credenziali, come angeli della morte. Come se una pallottola in mezzo agli occhi non fosse comunque letale se partita da un'arma che non appartenesse a quel LSJ.
Chissà se mai se lo sarebbe ritrovato ancora di fronte quell'uomo, ora facile da riconoscere dopo che la luce del giorno ne aveva svelato la figura snella e i lineamenti fini, da donna.
E nello stesso istante André afferrò Oscar prima potesse rovinare al suolo, accompagnandola dolcemente a terra tra le sue braccia e sulle sue ginocchia che affondarono nella sabbia umida.

“Mi dispiace André...”- il tono era flebile, talmente in contrasto con la voce tonante di poco prima da lasciare straniti.

“Non parlare, risparmia le forze”- un sorriso sereno spingeva indietro lacrime amare e una mano si perdeva tra le ciocche bionde, in carezze lievi.

“...ti avevo promesso...”- il respiro divenne affannoso mentre il viso le si torceva in una smorfia di dolore.

“Non parlare, non parlare, perdio! Andrà tutto bene...”- il tono divenne sussurrato, caldo e intimo mentre cercava di soffocare i singhiozzi, André, annegandoli in un'altra preghiera a non affaticarsi, a respirare piano.

Ad ovest, al largo, si udì un mormorio sommesso, un tuono in lontananza tra le nubi grigie che non avevano abbandonato l’orizzonte.

Lei gli sorrise con dolcezza e disincanto e, con la punta delle dita, gli sfiorò una guancia.

“Avrei voluto...”- un desiderio, quello che entrambi non avevano ancora fatto salire alle labbra ma che non era nemmeno necessario pronunciare.

“Lo sei sempre stata...sei tu...”- una certezza granitica tradita dagli occhi umidi nei quali si specchiava la paura di perderla, stavolta per sempre.

“E se vorrai...”- la strinse più forte perché capisse che in ogni dove, nel buio e nella luce, avrebbe trovato il suo respiro sul viso, le sue mani tra i capelli, il calore del suo abbraccio.
Deglutì terrore e lacrime notando le palpebre, così vicine, farsi sempre più pesanti e lei che si preparava a lasciarsi andare.
Abbiamo tutto il tempo...
No, forse non era vero. Forse la fiducia incrollabile nell'esistenza di un posto per loro, insieme, nel mondo, era solo una fantasia bugiarda, un modo per convincersi che tutto quel dolore, in fondo, non era stato inutile.
Un lampo silenzioso squarciò le nubi, in fondo, tra cielo e mare.
Lei respirò forte e prima di cedere all'oblio, nell'incoerenza dei pensieri, vide la bambina che era stata saltare tra due corde bianche e lucide, quasi vitree, che correvano parallele, si annodavano e tornavano a dipanarsi una accanto all'altra per poi sparire senza dare alcun sentore di quale potesse essere la loro direzione, lasciando, però, lo spazio per precipitare.
La strinse più forte quando lo escluse dal suo sguardo.
Il nuovo giorno nasceva e lei chiudeva gli occhi.
Quel loro tempo finiva. L'amore, invece, non lo avrebbe fatto mai.

 

(*) Amico in slang

(**) barca a tre alberi lunga circa 12 metri, senza prua né poppa che veniva utilizzata per caricare e scaricare velocemente e fuggire dai doganieri.

 

   
 
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