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Autore: Ahimadala    23/03/2023    2 recensioni
Hermione Granger ha fatto il possibile per restituire la memoria ai suoi genitori dopo la fine della guerra.
Tuttavia, nel tentativo di combattere il suo stesso incantesimo, qualcosa é andato storto.
L' eroina del mondo magico si ritroverá con un insolito e rarissimo dono, che la costringerà a scoprire stravolgenti ed imbarazzanti verità.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dolores Umbridge. 

Hermone si sentì una stupida. Come aveva potuto non riconoscere quel verso così fastidioso? C’era stato qualcosa di familiare in esso, che le aveva fatto accapponare la pelle. Eppure era stata così presa da tutti gli altri suoi problemi…

Se la persona che c’era dietro a tutto quello era davvero Dolores Umbridge… aveva senso, in effetti. Ogni cosa aveva senso e prendeva forma, adesso. Cercò di ricordarsi cosa ne fosse effettivamente stato di lei dopo la guerra. Non ne aveva saputo nulla. La donna aveva mantenuto un basso profilo, a tal punto che la società magica si era dimenticata di lei. 

“Non è detto che sia così” riprese Draco, camminando nervosamente avanti e indietro. “Potrei sbagliarmi, ma-”

“Ma ha senso” finì per lui.

 Draco annuì. 

“Ma questo cambia qualcosa?”

“Cosa vuoi dire?”

Hermione deglutì. “Temo… non lo so. Mi sembra che ogni mia mossa sia inutile. Che qualsiasi cosa faccia, finisca per vincere lei”.

Draco si avvicinò. “Non è così. Non pensarlo neanche per un secondo. Lei si nasconde, non può neanche farsi vedere apertamente. Dobbiamo solo scovarla e dimostrare il suo legame con ciò che ti è successo”. 

Hermione strinse le sue mani, mordendosi l’interno della guancia mentre rifletteva. “Sono tutti sue pedine” iniziò. “Dai fratelli Prichett, a chiunque si trovi ai piani alti del ministero. Lei li dirige tutti da dietro le quinte” 

Draco annuì, incoraggiandola a continuare. 

“Perciò dobbiamo far crollare la piramide che ha costruito intorno a sè, un gradino dopo l’altro”


***


Pansy aveva notato che nessuno la guardava più in modo strano quando attraversava i corridoi degli uffici del ministero al fianco di David. 

Probabilmente pensavano fosse una sua cliente, e Bellini era diventato famoso per la sua tendenza ad accettare solo nobili cause. Perciò il semplice fatto che la gente pensasse che aveva accettato il suo caso, a quanto pareva, era abbastanza per redimerla agli occhi della società per degli sbagli che lei non aveva neanche direttamente commesso, ma semplicemente subito da parte della sua famiglia. 

Persino Potter non andò oltre una fugace occhiata curiosa nella sua direzione mentre tirava fuori per loro una serie di documenti. Gli aveva persino concesso di lavorare indisturbati nel suo ufficio, che comunque lui utilizzava raramente. 

"Non c’è alcuna denuncia ufficiale a carico di Hermione per questo presunto incidente” sospirò il ragazzo che è sopravvissuto. “Non so se troverete qualcosa di interessante in quei documenti”. 

“Darò solo un’occhiata veloce” continuò l'avvocato. “Non essendoci nulla di ufficiale, sarei curioso di vedere il referto medico del San Mungo. Vorrei anche capire cosa sia successo ai genitori di Hermione. Strano ciò che quella infermiera vi ha detto”. 

Harry portò una mano ai suoi capelli spettinati, poi sospirò.

 David aveva riferito a Pansy tutti i dettagli di ciò che era successo ad Hermione, o almeno quello che riteneva utile per indagare. Quando si era offerta di aiutarlo, tuttavia, non aveva ben chiaro ciò che avrebbe potuto fare. E persino adesso, comunque, continuava a non capire quale utilità avesse la sua presenza. 

“D’accordo, chiamami se ti serve qualcosa” sospirò infine l’ex grifondoro, lasciandoli da soli. 

Pansy si avvicinò alla pila di documenti. “Cosa posso fare?”

Il giovane avvocato afferrò alcuni dei file, facendo saettare vagamente lo sguardo su di essi. “Diamo solo un’occhiata. Non credo troveremo nulla di interessante, ma…” deglutì. “Mi interessa capire se effettivamente denunce ufficiali siano mai partite dal ministero, e allo stesso tempo se qualcun’altro dei dipendenti in passato abbia mai subito diffamazione in modo simile ad Hermione. Sarebbe utile avere delle basi, dei precedenti per costruire un caso ”. 

Sebbene perplessa, Pansy afferrò i documenti che le porse, alcuni risalenti anche a diversi anni fa, fino ai tempi della prima guerra magica. “E questo potrebbe aiutare Hermione?”

David si mise seduto, invitandola a fare lo stesso dal lato opposto della scrivania di Potter. “Credo di sì. Ciò che scrivevano di lei all’inizio era già abbastanza grave, ma cadeva all’interno di quella che si potrebbe definire libertà giornalistica” arricciò le labbra alla definizione, infastidito. “Ma adesso hanno osato scrivere della sua salute mentale, citando persino un incidente su cui non ci sono né denunce ufficiali né testimoni. E’ la parola di Hermione contro quella della signora Pritchett. Credo che un caso risulterebbe vincente. Ci sono tutti gli estremi”. 

Pansy si rese conto, quando il ragazzo alzò gli occhi dal foglio che aveva davanti e li posò su di lei, che lo stava fissando con la bocca spalancata. La richiuse subito, non riuscendo tuttavia a distogliere gli occhi dai suoi. “Sei bravo nel tuo lavoro”.

Le sue labbra si incurvarono appena in un sorriso. “Così dicono”. 

Alla vista delle fossette che si formarono sulle sue guance, Pansy distolse definitivamente lo sguardo. “Bene, mettiamoci al lavoro allora”. 

Non osò guardarlo di nuovo, né fargli accidentalmente dei complimenti rischiando che le sorridesse di nuovo in quel modo. Lei non meritava quei sorrisi, soprattutto da parte sua. Nei primi minuti che trascorse su quei fascicoli che puzzavano di polvere e chiuso registrò ben poche delle parole su cui il suo sguardo continuava a saettare. 

Si concesse, solo per un secondo, di osservarlo, adesso che era totalmente immerso e concentrato su ciò che stava leggendo. La sua postura, il suo sguardo, persino la presa delle sue dita sulla carta, emanavano una dedizione ed una passione per quel lavoro che accese in lei la voglia, o meglio il bisogno, di offrire il suo contributo.

Quelle che lui combatteva, attraverso astuzia e parole, erano delle vere e proprie battaglie. Non era necessario versare sangue e sudore per essere un eroe. 

Iniziò a sfogliare i file del grande fascicolo che Potter gli aveva procurato. Erano per lo più documenti riguardanti denunce e accaduti che avevano coinvolto il San Mungo ed il Ministero negli ultimi anni. David gli aveva detto di cercare qualunque cosa riguardasse i babbani, o un certo dr. Pritchett. Tuttavia non c’era alcun accenno a storie del genere, e Pansy rabbrividiva ogni volta che leggeva titoli riguardanti crimini commessi negli anni della guerra. 

Aveva iniziato a sentire un disgustoso senso di nausea alla bocca dello stomaco quando lesse qualcosa che catturò la sua attenzione. 

L’articolo che si trovava davanti risaliva a ben diciannove anni fa, dunque nel pieno della prima guerra magica. Parlava di esperimenti condotti su pazienti che avevano subito danni cerebrali, la maggior parte combattendo in guerra. Le premesse riguardavano un recupero delle funzioni neurologiche, eppure… 

Pansy lesse la storia della donna che aveva sporto denuncia, un nome più che familiare. 

Augusta Longbottom. La nonna di Neville.

 La donna aveva denunciato le cure ricevute dal figlio e la moglie, giovanissimi, dopo che erano stati ricoverati in quel reparto. Il motivo che li aveva condotti lì era terribile, e a Pansy si accapponò la pelle solo a leggere il nome della mangiamorte che li aveva torturati fino a farli impazzire. Tuttavia si sforzò di andare avanti, per comprendere ciò che era successo dopo. 

Prestó attenzione alla data della denuncia. La guerra magica si era già conclusa e Bellatrix Lestrange era rinchiusa ad Azkaban quando Augusta Longbottom si era rivolta agli auror. 

 Non aveva intenzione di denunciare ciò che era successo loro prima di essere portati in ospedale, ma durante. Secondo lei, dopo il ricovero le loro condizioni non avevano fatto altro che peggiorare. Venivano sottoposti a continue sessioni di “cura”, e ai loro cari non era stato concesso di visitarli per giorni di fila, addirittura settimane. Come se stessero cercando di ottenere qualcosa…

Tuttavia, nel panico generale dei processi, delle indagini e delle denunce dopo la prima guerra magica non c’erano stati Auror a sufficienza affinché qualcuno si occupasse del caso.

 Nonostante tutto, la signora Longbottom era riuscita ad ottenere che i due venissero trasferiti in un altro reparto. Quella sezione del San Mungo, poi, era stata definitivamente chiusa. 

Pansy aprì un altro fascicolo, risalente a qualche anno più tardi, quando, dopo le varie ricostruzioni del dopoguerra, gli auror avevano finalmente preso in carico il caso della signora Longbottom. I referti medici di Alice e Frank sostenevano che purtroppo per loro non vi fosse ormai nulla da fare, e Pansy cercò di non pensare a quel peso che sentiva sullo stomaco mentre afferrava il fascicolo successivo. 

David doveva aver notato la sua aria turbata, e anche la sua concentrazione, perché senza dire una parola smise di leggere il documento che aveva tra le mani e si sporse verso il lato della scrivania su cui sedeva lei. 

Pansy lo ignoró, gli occhi fissi su ciò che aveva davanti. 

L'ala del San Mungo dove Alice e Frank erano ricoverati era stata definitivamente chiusa ed abbandonata anziché essere riassegnata ad un altro reparto. 

Termini che non capiva spiegavano le ragioni alla base di ciò. David colse la sua perplessità, e quando lei gli porse il documento affinché leggesse meglio, tutta una serie di emozioni, dalla paura allo sconcerto, solcarono il suo viso. 

“Credi che-” iniziò, non sapendo come finire. 

“Potremmo avere una pista” sospirò il ragazzo, esaminando il resto dei documenti che lei aveva letto. “Grazie”. 

Quell’ultima parola la scosse più in profondità di quanto avrebbe voluto ammettere. “Non ho fatto niente”. 

“Si invece” sospirò lui. “Perchè io avrei sorvolato su questo fascicolo di quasi vent’anni fa, credendo che riguardasse prettamente crimini di guerra, eppure non è così”. 

“Che cosa significa questo?” chiese, avvicinandosi ed indicando la parte finale della pagina, sforzandosi per far sì che le loro dita non si sfiorassero accidentalmente. “Questa parte qui?”

“E’ un modo formale per dire che quel posto potrebbe contenere magia oscura, o comunque instabile. Qualsiasi cosa sia stata fatta lì dentro, non è più sicuro per nessuno starci, soprattutto per i pazienti”. 

Pansy rabbrividì, e i suoi avambracci parzialmente scoperti ne diedero la prova.  David fisso la pelle d'oca sulle sue braccia e mosse la mano verso di lei, per accarezzarla come aveva fatto tante volte in passato. 

Ma alla fine le sue dita si chiusero a pugno. 

“So cosa dobbiamo fare” disse infine.

“Dobbiamo?”

Potè giurare di vedere l’ombra di un sorriso sul suo volto. “Avrò bisogno del tuo aiuto ancora per un po’”



***


“Non mi importa di recuperare il mio lavoro” disse Hermione, mentre camminava avanti e indietro nel salotto di casa di Theo, che era ormai diventata il loro quartier generale. La loro squadra era adesso troppo numerosa affinchè potessero lavorare comodamente a casa di Hermione, anche se Draco sentiva la mancanza delle serate trascorse solo lui e lei su quel piccolo divano. 

L’elfo di Theo aveva servito loro il thè, e aveva allestito un tavolo con così tanti tipi diversi di dolci e biscotti che Draco sapeva che il suo stomaco non sarebbe stato in grado di provarli tutti prima di andare in coma glicemico. Tuttavia, se non altro, Ginny Weasley parve apprezzare, e Draco non sentì poi così tanto la mancanza del Whisky incendiario mentre sorseggiava quell'infuso. 

“Come possiamo scovare dove si nasconde? Trovare le prove che ci sia sempre stata lei dietro tutto ciò?” chiese la rossa. 

Hermione prese posto sul divano accanto a lei, sgranocchiando un biscotto al cioccolato. “Dovrebbe essere agli arresti domiciliari, basterebbe anche solo dimostrare che li ha violati”. 

“Non sarebbe abbastanza” si intromise Draco, gli occhi grandi di Hermione che si incastrarono nei suoi. 

Theo si accarezzava il mento, pensando. “Dobbiamo ripercorrere tutti i loro passi senza dare nell’occhio. E poi colpire quando li abbiamo in pugno, deve essere una cosa plateale”. 

“Ma loro nel frattempo continueranno ad attaccare Hermione, almeno mediaticamente. Hanno già messo in giro voci sulla sua salute mentale”. Harry Potter, sebbene apparentemente più riposato in volto rispetto a qualche giorno fa, sembrò il più realistico tra tutti loro.

La sua compagna prese un sorso dalla sua tazza di thè, poi incrociò lo sguardo dei due serpeverde. “Potrei avere un modo per distrarre abbastanza la stampa, mentre indagate”. 



***


Ginny aveva parlato con Blaise, il suo nuovo agente sportivo, della sua idea. E a differenza del vecchio bifolco che lo aveva preceduto, il giovane ex-serpeverde ne era sembrato entusiasta. Che il tutto si svolgesse in modo da aiutare Hermione nella sua battaglia contro il ministero era una fortunata coincidenza. Un po’ come prendere due bolidi con una mazza.

Luna camminava, quasi saltellando, al suo fianco mentre avanzavano lungo l’erba appena tagliata del campo. Blaise, dall’altro lato, doveva tenere sotto controllo le sue ampie falcate così da non seminare le due ragazze. 

Era riuscita a rubare Luna dal centro operativo stabilito a Nott Manor solo per un’ora, con tanto di minaccia da parte del padrone di casa di rientrare quanto prima per discutere dell’articolo prima di pubblicarlo. 

Data la fretta con cui aveva organizzato il tutto, era riuscita a pianificare questo incontro solo con due ex- giocatrici: una era Sabine Havillard, ex capitano delle Holiday Harpies nella stagione 90/91. L’altra invece era una Marina Pascoli, una giocatrice dei Cannons che aveva fatto parte della squadra di grifondoro nello stesso anno di Fred e George. 

La abbracciò non appena la vide. Era stato suo fratello a contattarla personalmente per quell’incontro. 

Luna e Blaise si presentarono alle due giocatrici e l’ex-corvonero tirò fuori il suo taccuino. 

Blaise rimase silenzioso per l’intera durata dell’intervista, tuttavia Ginny sapeva che doveva esserci un motivo particolare se aveva deciso di partecipare, dal momento che la sua presenza non era strettamente necessaria. Affari, probabilmente. Non se ne lamentò dal momento che era il miglior manager che avesse mai avuto e non pretendeva alcuna cifra dal suo attuale contratto. 

Ricchi purosangue. Quando si era offerto di lavorare per lei senza alcun compenso, si era giustificato dicendo che il suo era un ‘investimento’. Contrariamente a quanto suo fratello e persino Harry pensassero, Ginny non era così stupida da non riconoscere una buona occasione quando si presentava, né così testarda o orgogliosa da lasciarsela sfuggire per vecchi litigi scolastici. 

“Perciò non ti è stato rinnovato il contratto?” chiese Luna, che aveva messo da parte piuma e taccuino per concentrarsi esclusivamente su Sabine e su ciò che aveva da dire. 

Ginny si strinse nelle spalle mentre un brivido corse lungo la sua schiena. 

Sabine deglutì. “No. Quando sono rimasta incinta sono stata licenziata, ed il mio agente non ha provato a controbattere, ma ha dato ragione alla squadra. So che sono ormai passati quasi dieci anni, ma…”

Marina, seduta al suo fianco, aveva un espressione glaciale quando parlò. “La situazione non è affatto migliorata. Non ti rinnovano il contratto, e perciò quando arriva il momento di ricominciare a giocare…”

“Non te lo permettono” finì l’ex capitano. 

“Chi erano i vostri rispettivi agenti?”

Le due donne nominarono diverse persone, alle quali avevano affidato la loro carriera nel corso degli anni. Tutti vecchi uomini bianchi, notò Ginny. 

Blaise si avvicinò al suo orecchio per sussurarle: “non permetteremo che accada, Weasley”. 

Le sue parole la rassicurarono. 

“Sono felice che finalmente qualcuno abbia posto attenzione verso questo problema” gli occhi di Sabine brillavano di commozione e gratitudine. “Per la mia carriera è ormai tardi, ma forse per tante altre giocatrici le cose possono ancora cambiare”. 

Ginny le sorrise per incoraggiarla, portandosi istintivamente una mano all’addome. 

Blaise, per la prima volta dall’iniziò dell’incontro, parlò. “Faremo in modo che non succeda più. Solleveremo l’opinione pubblica e tutti gli avvocati della Gran Bretagna, se necessario”.

“Grazie” parlò l’ex cercatrice dei Cannon. “A tutti e tre, per ciò che state facendo”. 




 ***


Pansy continuava a pensare che la sua presenza non fosse poi così d’aiuto nell'indagine, tuttavia David insisteva che se non fosse stato per lei avrebbe impiegato il doppio del tempo a reperire informazioni utili tra le tante scartoffie che Potter aveva lasciato loro. 

E così lei era rimasta al suo fianco. Se fosse per la presenza magnetica del giovane avvocato, o per l’interesse che nutriva per quella storia contorta, non avrebbe saputo dirlo con certezza. Probabilmente si trattava di un mix di entrambe le cose. 

I due si erano smaterializzati agli estremi di un vicolo poco trafficato dietro il San Mungo, ed il ragazzo portava una piccola sacca con sé. 

Prima che potessero dirigersi verso l’ingresso dell'ospedale, David la fermò. “Devo andare solo io, adesso”. Al suo sguardo confuso, si spiegò meglio. “Parlerò con la ragazza alla reception, chiedendo i report degli ultimi ricoveri, ma se non collaborerà dovremo procedere con il piano B. Per questo mi servi qui”. 

“E quale sarebbe questo piano B?”

Il giovane indicò la sacca nelle sue mani, al che Pansy la aprì e sbirciò all’interno, nascondendo un briciolo di sorpresa per l’incantesimo estensivo irriconoscibile.

 “Non dovrebbe essere illegale?” 

“Sono un avvocato, non un poliziotto”, fu la sua unica risposta. 

Si era avvicinato, si rese conto Pansy, mentre osservava il contenuto della piccola borsa. Un cambio di vestiti?

“Te le spiegherò se sarà necessario”.

Sollevò appena la testa. Era così vicino che dovette alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi. Poi deglutì, e fece un passo indietro. 

“Aspettami qui” le ordinó. 

E così fece. 



Il piano A era fallito. E con grande sorpresa della serpeverde, il piano B prevedeva fingersi una coppia che aveva bisogno di aiuto. Un blando incantesimo deformante, un po’ di terra e qualche finto livido sul viso, e il giovane avvocato, che aveva scambiato il suo completo elegante per un outfit molto più casual, non venne riconosciuto neanche dall’infermiera all’ingresso con cui aveva parlato pochi minuti prima. 

Una squadra di guaritori lo accolse, trascinandolo lungo un affollato corridoio. 

L'infermiera alla reception rivolse la sua attenzione verso Pansy. 

“Uno schiantesimo” spiegò, come David l’aveva istruita, non mancando di aggiungere un’espressione preoccupata alla sua performance, colorandola di dettagli per il suo stesso divertimento.

Si era già assicurata, pochi momenti prima di entrare con David aggrappato alla sua spalla, che il trucco sotto i suoi occhi fosse sbavato al punto giusto. 

“La sua bacchetta si è spezzata. Gli avevo detto che avrebbe dovuto sostituirla” lasciò che la sua voce desse vita ai migliori acuti di cui fosse capace. “Ma lui non mi ha ascoltata, non mi ascolta mai”. Tirò su con il naso. 

L’infermiera era corsa dietro al bancone. “Si calmi, la prego. Suo marito starà bene”. 

Pansy fece appena finta di calmarsi. “Era ridotto male, il suo volto” singhiozzò. “Il suo naso, oh per Merlino, tutto quel sangue”.

“Si occuperanno di lui, ma nel frattempo ho bisogno di vedere i vostri documenti”. 

“Co-cosa?” singhiozzò, poi scosse la testa, fissando i suoi stessi vestiti. 

“Per registrarvi” spiegò la donna, la sua pazienza che si esauriva ad ogni secondo che passava. 

“S-si, certo" annuì tirando ancora su con il naso e guardandosi intorno con aria smarrita. “E’ solo che non li ho più con me. Mentre venivamo qui, e-”

Prese un respiro, poi un’altro, finchè non sembrò che l’aria facesse fatica a farsi strada nelle sue vie aeree e stesse andando in iperventilazione. “Ok, aspetti. Non dobbiamo farlo adesso, si sieda”. 

La donna la accompagnò su una di quelle rigide e scomode sedie in sala d’attesa, insieme ad un mucchio di persone ben più stravolte di quanto lei fingeva di essere. Le portarono persino un bicchiere d’acqua. “Si riprenda, e quando si sentirà meglio venga da me per permetterci di registrarvi”. 

Annuì senza aggiungere altro, e rimase immobile a sorseggiare quel bicchiere d’acqua con aria sconvolta finchè la donna non fu fuori dal suo campo visivo. Poi, lentamente, nel caos che regnava nel pronto soccorso del San Mungo, si alzò e fece saettare lo sguardo verso il lungo corridoio lungo il quale David era stato portato.

 Non era stata convinta dal suo piano quando glielo aveva esposto fuori, e ne era sempre meno convinta adesso, mentre, un piede dopo l’altro, si trascinava per quel corridoio frenetico. 

Sbirció all'interno di ogni stanza che superava, sperando di trovarlo all'interno di una di quelle più vicine. 

Alla terza porta che oltrepassó, lo trovò lì, steso sul letto con un guaritore davanti a lui. 

“Signorina, non può stare qui”. 

Pansy piegò le labbra verso l’uomo, e ignorandolo camminò fino letto. “Mio marito” pianse, stringendogli una mano con fare teatrale. Dio, questo piano era ridicolo. “Starà bene?”  

L’uomo sospirò, ma distolse lo sguardo da loro due. Le effusioni amorose in pubblico mettevano la gente a disagio, David lo sapeva. Ecco perché aveva preteso che fingessero di essere una coppia appena sposata.

“Starà bene, probabilmente si tratta solo di una commozione cerebrale. Non dovrete passare la notte qui”.

“G-grazie” annuì, sebbene dal modo in cui David si irrigidì al suo fianco, capì che passare la notte lì era proprio parte del loro piano. 

Avrebbero dovuto inventarsi qualcos'altro.

Il dottore lasciò la stanza, come a lasciar loro un po ' di privacy. Tuttavia, la porta che dava sul corridoio rimase aperta. 

David non lasciò andare la sua mano, mantenendo la recita della coppietta sconvolta. 

  Fece cenno a Pansy di avvicinarsi, al punto che le sue parole furono poco più di un respiro nel suo orecchio. “La borsa” disse, fingendo un colpo di tosse. “C’è una piccola scatola di pasticche vomitose”. 

Pansy cercò i suoi occhi, e sebbene sapesse che non sarebbe stato saggio esprimere la sua opinione ad alta voce, cercò di farglielo comprendere con lo sguardo. 

Lui si limitò semplicemente ad alzare le spalle, come a dire ‘se hai un’idea migliore’. 

Fece come gli aveva indicato. 



Un'ora dopo Pansy era di nuovo seduta nella sala d’attesa, mentre una squadra di infermieri e guaritori si prendeva cura del suo povero finto marito. 

Pur di far funzionare il loro piano, David aveva ingerito una quantità sovrumana di quelle pasticche. Pansy non vedeva così tanto vomito da quando i gemelli Weasley avevano diffuso le pasticche tra i ragazzi del quinto anno per fargli saltare gli esami. 

La sala d’attesa si svuotò lentamente man mano che il sole calava, e Pansy fu abbastanza attenta a far su e giù tra la stanza in cui giaceva il suo marito malato ed il bagno, finchè l’infermiera che avrebbe dovuto registrarli non si dimenticò di lei e andò a casa per la fine del turno.

 La notte calò nell’ospedale.

C’era apparentemente un’ala dell’ospedale ‘segreta’, dove era probabile che Hermione fosse stata trattenuta, ma come potevano trovarla? Da dove avrebbe dovuto cominciare a cercare?

Attese in silenzio ancora per qualche ora mentre il via vai frenetico si calmava.  David fingeva di dormire così bene che Pansy iniziò quasi a pensare si fosse addormentato davvero. 

"Pss" la chiamó finalmente, dopo ore di quella farsa. 

Pansy scattò per raggiungerlo, ma lui le fece cenno di rimanere sulla poltrona accanto al letto, fingendo di essersi appisolata. 

“Come stai?” fu l’unica cosa che venne in mente alla serpeverde di chiedere. 

David sbirciò con la coda dell’occhio che nessuno passasse fuori dalla porta della loro stanza, poi mise a sedere. “Sto bene, George Weasley ha migliorato la formula. Devo solo reidratarmi”

Mandó giú due bicchieri d'acqua uno dopo l'altro. 

“Mi domando quante volte tu abbia fatto questo”. 

Il ragazzo si alzò dal letto e lei lo seguí. “Ti stupiresti”. 

Pansy indietreggiò istintivamente quando alzò un braccio per avvolgerlo intorno alle sue spalle. 

David strinse le labbra. “Devo sembrare un marito malato che si aggrappa a sua moglie” disse, “se mai dovessimo incontrare qualcuno”. 

La serpeverde si avvicinò di nuovo, lasciando che appoggiasse il braccio sulla sua spalla, e avvolgendo il proprio intorno al suo addome. L’odore della sua acqua di colonia, così vicino, invase le sue narici, nonostante le ore passate a vomitare. 

“E se ci chiedessero dove stiamo andando?”

Raggiunsero il corridoio, dove pochi infermieri si occupavano dei pazienti ancora svegli o appena arrivati. 

“Devo prendere un po’ d’aria, per la nausea. Lascia parlare me”. 

“Me la cavo anche io con le parole” borbottò la ragazza.

“L’ho sempre saputo questo”. 

Iniziarono a camminare verso le scale di emergenza, dalle quali avrebbero poi dovuto scendere e scendere, fino a raggiungere la fantomatica ' ala chiusa' del San Mungo. Questa teoria era folle, e le probabilità che avessero ragione erano sempre di meno. Pansy si sentì quasi stupida ad avere acconsentito a questo piano.

“Non è un lavoro che dovrebbe svolgere un auror?” chiese, dando voce ai pensieri che le passavano per la mente. “Non siamo qualificati, e sono sicura che tutto questo sia anche illegale”. 

“Ti stupiresti di quante volte la legge venga aggirata. Almeno io lo faccio a fin di bene”. 

“Granger è davvero fortunata, suppongo”. 

Il suo respiro, così vicino alle orecchie di Pansy, si fece più pesante. “Lei è mia amica, ma lo faccio anche perché condivido ciò per cui lei combatte. Ogni singola cosa”. 

“E’ per questo che hai scelto questo lavoro, di fare l’avvocato?”

“Vorrei aiutare chi ne ha bisogno. Con Hermione ci siamo riusciti, sebbene solo qualche volta”. Avevano raggiunto un punto deserto del corridoio, eppure nessuno dei due si mosse per separarsi, per rompere quel contatto. 

“Mi dispiace per lei” disse infine. “Per quello che le stanno facendo”. 

“La pagheranno” sussurrò David quando raggiunsero la porta che li avrebbe condotti alle scale di emergenza, che sperava sarebbero state deserte. 

“Si” aggiunse Pansy. “Spero proprio di si”. 


***


Nonostante fosse ormai notte fonda, nessuno dei suoi amici aveva fatto cenno di volersene andare, neanche Harry e Ginny. E seduti sui comodi divani del Nott Manor, Hermione non sapeva neanche definire il momento preciso in cui avevano smesso di parlare di politica, giornali, e della sua condizione, e avevano iniziato a raccontare le loro avventure tra le pareti di Hogwarts.

Sapeva solo che i suoi addominali facevano male per quanto aveva riso, e non riusciva a fermare le sue risate abbastanza a lungo da mettere a fuoco il libro di incantesimi che Theo le  stava mostrando, aperto su una pagina che secondo lui sarebbe stata in grado di replicare l’incantesimo della mappa del malandrino. 

Quando si rese conto che da Hermione non avrebbe ottenuto nulla, Theo si rivolse ad Harry. “Ti prego, devo vederla”. 

“La prossima volta mi ricorderò di portarla” sorrise il ragazzo. 

In quell’istante, le fiamme del caminetto si accesero. 

La sorpresa sul volto di Pansy Parkinson non era neanche paragonabile a quella sul volto dei suoi amici. 

La serpeverde uscì dal caminetto, ed Hermione non poté far a meno di notare il fatto che avesse i capelli spettinati e i vestiti stropicciati. Non l’aveva mai vista così… umana.  

La ragazza fece saettare gli occhi su di loro. Aveva il fiato pesante, come se avesse corso fino a qui. “Bene, direi che una cosa positiva che siate tutti qui. Ci farà risparmiare tempo”. Poi guardò verso di Theo, facendo un altro passo lontano dal caminetto. “Non sono da sola”. 

In quello stesso istante, le fiamme verdi illuminarono di nuovo la stanza. 

E se Pansy era  sembrata in disordine, con i capelli spettinati e gli abiti stropicciati, David… sembrava avesse combattuto contro un orso. 

E perso. 

Hermione guardò verso Draco, rivolgendogli un mezzo sorriso che lui ricambiò. 

L’avvocato, ancora prima di salutare chiunque di loro, prese una tazza e si versò da bere, mandando giù il thè in un solo sorso. 

“Billy” chiamò Theo. Il piccolo elfo andò e tornò con dell’acqua, e David continuò a bere, pallido in viso. 

“Direi che quella formula andrebbe rivista ancora” fece la serpeverde, sotto gli occhi confusi di tutti i presenti. 

Lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo. “Parla tu, per favore”. 

Quando si rivolse di nuovo a loro, Pansy sembrò farsi piccola sotto i loro sguardi, ed Hermione si sentì ancora più confusa. Non ricordava neanche che David e Pansy si conoscessero, e lui non le aveva mai parlato di lei. 

“Siamo stati al San Mungo”. 

Hermione trattenne il respiro, ed ebbe l’impressione che anche Draco al suo fianco avesse smesso di respirare. Theo ed Harry impallidirono e Ginny parve sul punto di vomitare, di nuovo. 

 Pansy si rivolse ad Harry. “Nei file che ci hai dato c’erano delle denunce passate, risalenti a diciannove anni fa, riguardo degli esperimenti condotti su pazienti psichiatrici”. Cercò gli occhi di David, che ancora pallido in volto le fece un cenno del capo per incoraggiarla a continuare. “Venivano condotti con la magia oscura in un'ala del San Mungo che poi è stata chiusa”.

Harry annuì. “E credete che centri con Hermione?”

“Non lo crediamo” sospirò Pansy. “Ne siamo certi. Siamo stati lì. Non è abbandonata, tutt’altro. C’è ancora gente, e-”

Potter si alzò in piedi. “Voi siete stati lì?”

“Nessuno ci ha visti” rispose David prima  che Harry desse di matto, come sembrava sul punto di fare. “Volevo esserne certo prima di far perdere tempo a tutti voi. Ma l’idea in realtà è stata di Pansy”. 

Hermione guardò verso la serpeverde, che tuttavia mantenne lo sguardo su pavimento. Potè persino giurare di vedere le sue guance, per una rara volta struccate, arrossire.

“Dovete andare subito” disse David. “Voi auror, con un mandato. Se avessi avuto un distintivo ci sarei andato io stesso. C'è qualcuno là sotto, potete prenderli con le mani nel sacco”. 

Harry strinse le dita intorno alla sua bacchetta, che aveva tolto dalla tasca dei pantaloni. “Non posso farlo senza una denuncia ufficiale prima, ed Hermione non li ha mai denunciati ufficialmente per quello che le hanno fatto”.

Hermione sentì un peso abbatterle lo stomaco. 

Era la verità. Non aveva mai ufficialmente denunciato ciò che le era successo, per quanto terribile fosse stato. Forse perchè era arrivata ormai a perdere completamente la fiducia nel sistema. Eppure, adesso che si presentava l' occasione… 

 Ce l’avevano quasi fatta, grazie a ciò che David e Pansy avevano fatto per lei. 

“Lo so, ci ho pensato io”. 

Tutti alzarono lo sguardo verso l’avvocato.

“Hermione, sapevo che eri sconvolta, e quando mi è venuto in mente questo piano…" deglutí. "Sono il tuo avvocato, nessuno all’ufficio ha fatto domande quando ho presentato la denuncia a nome tuo. Non credo l’abbiano neanche letta” guardò verso Harry. “Ma il fatto che sia stata presentata vi autorizza legalmente a fare irruzione. A chiunque abbia un distintivo da auror”. 

La determinazione illuminò gli occhi verdi di Harry.  “Andiamo”. 

   
 
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