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Autore: 18Ginny18    28/03/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 30 – In cerca di soluzioni


 Purtroppo i problemi per la giovane Black tendevano ad aumentare con il passare dei giorni.
 La poverina sembrava non avere un attimo di pace.
 Ovunque si girasse vi erano incubi, allucinazioni e chi più ne ha più ne metta. E, incredibile ma vero, aveva anche la sensazione che la Umbridge la pedinasse; o perlomeno che la tenesse d’occhio quel tanto da farle avvertire la sua presenza ovunque andasse.
 Forse la sua era solo un’impressione, ma per lei quella rimaneva comunque “una settimana da incubo”.
 Da quando aveva saputo dell’evasione da Azkaban di Bellatrix Lestrange, non riusciva più a chiudere occhio e la sua mente le giocava brutti scherzi.
 Vedeva la Mangiamorte ovunque: per i corridoi, in classe, persino sotto la doccia. Era diventato un vero incubo.
 Odiava la sua stupida immaginazione ma, soprattutto, odiava perdere il controllo.
 Come quel pomeriggio, per esempio: lei e Hermione stavano passeggiando per i corridoi in tutta tranquillità, parlando del più e del meno, e poi ecco che una volta girato l’angolo la sua assurda immaginazione decise di scombinarle il cervello.
 Le era quasi venuto un colpo quando vide che Bellatrix era lì, di fronte a lei; con il suo sguardo folle e inquietante, tanto da darle i brividi.
 Quando Ginevra arrestò il passo Hermione la imitò, guardandola con la fronte aggrottata.
 - Stai bene? - le domandò, poggiandole una mano sulla spalla.
 Solo allora Ginevra si rese conto di aver trattenuto il respiro.
 Era successo davvero? Aveva avuto un’altra allucinazione?
 Chiuse gli occhi e scosse la testa. - Sì… tutto bene - rispose, inspirando profondamente e poi espirando.
 Continuò a camminare, fingendo che non fosse successo nulla, ma Hermione insistette. - Sei sicura? Ti direi che sembra tu abbia visto un fantasma ma…
 - Hermione – la richiamò Ginevra con voce pacata, - va tutto bene. Ho solo avuto un capogiro – la rassicurò sorridendo.
 Mentire era il suo forte e questo lo sapevano tutti, le volte in cui c’era qualcosa che riusciva a tradirla erano davvero rare. Temeva solo che proprio in quel momento Hermione potesse scoprire il suo bluff e continuare a insistere fino a farla crollare. Per sua fortuna non accadde.
 Anche se non sembrava molto convinta, la riccia annuì.
 Le aveva creduto, anche se purtroppo Ginevra non poté evitare gli sguardi sospettosi e preoccupati che le lanciava di tanto in tanto.
 Sospirò.
 Continuarono a camminare in direzione della sala comune, chiacchierando e scherzando come sempre.
 La cosa peggiore, però, era che Bellatrix aveva cominciato a seguirla per tutto il castello, ridendo di gusto e saltellando di qua e di là come una bambina per poi cominciare a canticchiare con la sua vocetta acuta: - Ho ucciso Sirius Black!
 Ginevra dovette attingere a tutto l’autocontrollo possibile per non fermarsi ed esplodere davanti ad Hermione, che era ignara di tutto ciò che stava accadendo nella testa dell’amica.
 Era stanca, sfinita, e forse sarebbe svenuta da un momento all’altro, ma era troppo testarda per ammetterlo.
 - Cavolo! - sbottò ad un certo punto la riccia. - Avevo promesso a Harry che l’avrei aiutato a preparare la lezione di oggi dell’ES. Ti dispiace se ti lascio qui? - chiese mentre rovistava nella sua borsa alla ricerca di qualcosa.
 - Oh – mormorò a quel punto Ginevra, un po’ colta alla sprovvista. - Certo… vai, tranquilla.
 Non appena le due ragazze si salutarono i pensieri di Ginevra andarono a Harry.
 Non si parlavano da quasi due mesi.
 Be’, più che altro si ignoravano; o almeno era lui ad ignorare lei. In effetti il loro rapporto era diventato un po’ complicato. L’unica volta in cui si scambiavano qualche parola era per i soliti convenevoli, qualche saluto e poi ognuno per la sua strada.
 La stava evitando deliberatamente e il motivo non era affatto un segreto per lei: Harry era arrabbiato, si sentiva messo da parte. Sapeva che Ginevra gli stava nascondendo qualcosa, qualcosa di molto importante, e non gli andava giù. Rimanere all’oscuro lo faceva imbestialire.
 Per quanto il desiderio di confessargli ogni cosa fosse forte, Ginevra non poteva ancora rivelargli nulla sulla Profezia o sulla sua premonizione della morte di Sirius. Sarebbe stato troppo.
 Era dura sopportare i suoi sguardi e il suo tono freddo ogni volta che si scambiavano qualche parola, ma doveva proteggerlo. E se per farlo doveva farsi odiare… allora avrebbe pagato quel prezzo.
 Continuò a pensare a lui fino a quando non entrò nella sala comune.
 Cercò George con lo sguardo, sperando di trarre conforto dal suo sorriso. Sentiva anche il forte bisogno di fiondarsi tra le sue braccia e stringerlo forte, inspirando il suo dolce profumo.
 Lui era l’unico che riusciva a tranquillizzarla e a svuotarle la mente.
 Lo trovò davanti al fuoco, appoggiato su uno dei braccioli del divano. Parlava con Fred in modo fitto fitto e con un sorriso malandrino stampato sulle labbra.
 Ginevra notò che indossava un maglione di lana a girocollo blu scuro, il suo preferito. Quel piccolo dettaglio riuscì a farla sorridere.
 Stava per avvicinarsi a lui per abbracciarlo, ma dal modo in cui lui e il gemello confabulavano si trovò indecisa se avvicinarsi o meno. Era da tanto tempo che non li vedeva chiacchierare in quel modo e non voleva rovinare l’atmosfera e fare la parte della fidanzata rompiboccini di turno o la terza incomodo.
 Era sul punto di desistere quando incrociò lo sguardo di George e a quel punto i suoi piedi cominciarono a muoversi da soli verso di lui.
 George le sorrise e l’accolse fra le braccia, stringendola a sé con dolcezza.
 - Ehi, principessa – le sussurrò, poco prima di rubarle un bacio a fior di labbra.
 - Ehi.
 - Dov’eri finita? Stavo per venire a cercarti.
 Lei sorrise appena e fece spallucce. - Ho fatto una passeggiata con Herm.
 George aggrottò la fronte. - Va tutto bene? - le domandò, notando la sua espressione. Sembrava stremata.
 Ovviamente Ginevra non voleva che lui si preoccupasse ulteriormente, dato che solo qualche giorno prima gli aveva rivelato ogni cosa sui suoi problemi e soprattutto tutti i suoi segreti. Era un macigno già molto grande e pesante da sopportare e non voleva opprimerlo ancora di più, quindi decise di percorrere la via più breve e facile: mentire.
 - Sì, certo.
 Per quanto il sorriso e il tono che aveva usato fossero convincenti, George non si lasciò infinocchiare. La conosceva troppo bene e di certo non era così ingenuo come Hermione. Sapeva che c’era qualcosa che non andava. Inclinò il capo e la guardò dritta negli occhi, inarcando un sopracciglio.
 - Sei sicura di quello che dici? - le sussurrò, lasciandole intendere che ovviamente non le aveva creduto.
 Iniziò a stuzzicarla, strofinando il naso con il suo con tenerezza.
 Colta in flagrante, Ginevra sospirò, sussurrando appena un “dopo”. In quel momento non era molto in vena di parlare, voleva solo stare fra le sue braccia e spegnere il cervello per qualche minuto.
 George sembrò capire al volo e annuì.
 L’abbracciò e la cullò fra le sue braccia, senza più aggiungere una parola. Lei chiuse gli occhi, perdendosi in quella coccola e inspirando il dolce profumo che tanto agognava.
 A quel punto riuscì a rilassarsi e a svuotare la mente.
 Fra le braccia di George si sentiva come a casa.

 Anche per Harry quella poteva definirsi una “settimana da incubo”.
 Tra i suoi sogni su Voldemort e la Umbridge che lo tampinava infiggendogli punizioni un giorno sì e uno no, non sapeva più dove sbattere la testa.
 Poi, come ciliegina sulla torta, Hagrid era in verifica e nessuno era più turbato di lui.
 Sembrava che quella iena della Umbridge fosse determinata a ottenere il licenziamento del mezzogigante quanto prima; il suo o quello della professoressa Cooman. In ogni caso per lei sarebbe stato un successo.
 Hagrid era sempre nervoso, distratto, suscettibile e, nonostante le sue lezioni fossero diventate più tranquille del solito, (grazie a qualche suggerimento di Hermione e Regulus), non riusciva comunque a darsi pace. Perché per quanto lui provasse a cambiare e a fare una buona impressione portando a lezione soltanto unicorni, cuccioli di Crup e Puffole Pigmee, niente riusciva a sedare il desiderio di quella vecchia megera di “farlo fuori”.
 Infatti, ad ogni lezione a cui la Umbridge partecipava, soprattutto quelle di Divinazione e di Cura delle Creature Magiche, Harry notò che sembrava decisamente agguerrita mentre scriveva sul suo stupido taccuino. A volte aveva anche un sorrisetto soddisfatto stampato sulle labbra che alimentava la rabbia e il disgusto del ragazzo che è sopravvissuto.
 Insomma, per colpa sua non poteva nemmeno andare a trovare Hagrid!
 Se solo avesse potuto, Harry avrebbe fatto sparire la Umbridge dalla faccia della terra, così da risolvere tutti i suoi problemi… o almeno una parte.
 Ma, per sua fortuna, c’era l’ES a distrarlo.
 Harry si sforzava al massimo per migliorare ogni “lezione” e ogni membro del gruppo ricambiava i suoi sforzi lavorando più intensamente da quando i Mangiamorte erano in libertà, ma se c’era qualcuno di cui andare proprio fieri era Neville.
 L’evasione degli aggressori dei suoi genitori lo aveva turbato molto ma, in qualche modo, gli aveva dato anche la giusta carica che gli mancava.
 Durante gli incontri dell’ES non diceva quasi niente, ma bastava guardarlo per capire cosa gli frullava per la testa. Si dedicava anima e corpo ad ogni incantesimo e contromalezione che Harry spiegava, indifferente alle ferite e ai piccoli incidenti di percorso che si procurava, lavorando anche più degli altri. A volte si tratteneva nella Stanza delle Necessità quando gli altri andavano via, allenandosi senza sosta.
 Migliorava di giorno in giorno.
 La luce nei suoi occhi era come una fiamma che rifletteva la furia e la sete di vendetta che tanto bramava. La stessa furia che, notò George, era anche negli occhi di Ginevra.
 Durante gli incontri dell’ES lei e Neville erano i più aggressivi. Ma quella sera in particolare Ginevra aveva fatto esplodere quattro manichini in una volta, ignorando gli sguardi e i mormorii spaventati di chi la circondava.
 Sembrava sfinita. Aveva delle occhiaie spaventose che lasciavano intendere che non chiudeva occhio da giorni.
 George le stava vicino, ovviamente, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che tutta quella rabbia e le notti insonni non le facevano affatto bene. Era molto preoccupato per lei e non sapeva cosa fare per aiutarla.
 La guardò con apprensione e scosse la testa con aria abbattuta.
 Dovevano trovare una soluzione al più presto.

 A fine lezione, mentre la Stanza si stava lentamente svuotando, Neville decise di restare e continuare ad allenarsi, come capitava spesso nelle ultime settimane. Quella sera, però, l’istinto suggerì a Harry di restare con lui.
 Non voleva lasciarlo solo. Voleva aiutarlo.
 Si avvicinò a lui, iniziando a sistemare l’attrezzatura, senza dire una parola.
 Per quanto all’inizio fosse confuso, Neville lo lasciò fare e alla fine, quando Harry sguainò la bacchetta, sorrise.
 Aveva capito le intenzioni del suo amico e gliene fu molto grato.
 Mentre Ginevra e George lasciavano la Stanza delle Necessità lei guardò suo fratello Harry con nostalgia. Una parte di lei continuava a chiedersi se aveva preso la decisione giusta, decidendo di non raccontargli nulla.
 Si morse il labbro e scosse la testa, reprimendo l’istinto di andare da lui e chiarire una volta per tutte.
 No. Non doveva cedere. Lo faceva per il suo bene.
 George richiamò la sua attenzione stringendole piano la mano. - Dobbiamo andare.
 Lei annuì, seguendolo fuori dalla Stanza delle Necessità. Però non poté fare a meno di chiedersi se e quando si sarebbero sistemate le cose tra lei e Harry.

 Una volta tornati in sala comune lei e George si accoccolarono sul divano davanti al camino, il posto che occupavano ormai ogni sera.
 La sala comune era quasi deserta quindi potevano starsene lì in tutta tranquillità, ovviamente stando sempre ben attenti a quello che dicevano perché non si poteva mai sapere chi fosse in ascolto.
 La Umbridge aveva occhi e orecchie ovunque.
 Ginevra appoggiò la testa sulle gambe di George mentre lui iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli.
 All’inizio parlarono di cose banali, poi, quando anche l’ultimo ragazzo nella sala comune decise che era arrivato il momento di andare a dormire, cadde il silenzio.
 Ginevra sembrò rabbuiarsi. George inclinò la testa di lato e la guardò. - Va tutto bene? - le domandò, continuando a passare le dita tra i suoi capelli corvini.
 Lei sospirò piano e disse: - Sì - poi aggrottò la fronte, dandosi della stupida. Non c’era motivo di mentirgli. - No.
 Si mise a sedere e si passò una mano sul viso stanco. Poi portò le braccia al petto e fissò lo sguardo sul fuoco che scoppiettava allegro nel camino, chiedendosi se prima o poi tutti i suoi problemi sarebbero scoppiati sparendo in una nuvola di fumo.
 - Sento che la mia testa sta per esplodere.
 George si avvicinò a lei, accarezzandole la schiena con le dita. - Ti va di parlarne?
 Lei lo guardo.
 Era infinitamente grata che fosse al suo fianco e di non avere più nessun segreto con lui. Finalmente poteva confidarsi senza avere il timore di dover stare attenta a tutto ciò che diceva, ma una parte di lei continuava non voler torturare ancora George con i suoi problemi. Non voleva tormentarlo fino alla nausea.
 George sembrò capire che cosa stava pensando, perché le sorrise incoraggiante e disse: - Puoi dirmi tutto, lo sai. Niente più segreti. Ricordi?
 Lei annuì.
 Niente più segreti.
 Sospirò.
 - L’ho vista ancora – gli confessò. - Durante l’incontro dell’ES e anche quando ero con Hermione, nel pomeriggio.
 Per lui non fu difficile capire a chi si stava riferendo, anche perché quello era diventato il loro argomento principale nelle ultime settimane: Bellatrix Lestrange.
 George annuì piano. Era facile intuire che le visioni erano la causa dell’esplosione di quei quattro manichini, ma decise di tenerlo per sé. Era molto preoccupato per Ginevra e voleva aiutarla a distrarsi da suoi cupi pensieri, anche se trovare il modo sembrava ancora più difficile.
 L’ascoltò senza fiatare, lasciando che si sfogasse.
 Ginevra gli raccontò i suoi incubi; delle illusioni di Bellatrix che il suo cervello le mostrava sempre più spesso, del ricordo di Silente ai suoi piedi in preda al dolore che le dava il tormento e della paura che provava al solo pensiero che tutto quello che le stava accadendo non avrebbe avuto fine.
 - Finirà per farmi diventare pazza.
 George le poggiò una mano sulla spalla. - Ne hai parlato con Reg o con Felpato?
 Lei lo guardò, scosse la testa. - Non ricevo lettere da da settimane, quindi è molto probabile che la mia posta è sotto controllo. E non riesco nemmeno a comunicare con Reg. Nella mia testa c’è un silenzio di tomba. Ho solo quelle stupide visioni.
 - Magari è un effetto collaterale delle tue visioni – continuò George con tono comprensivo. - Oppure il fatto che tu l’abbia vista sul giornale l’altra volta ha reso tutto… un po’ reale. Dovresti rilassarti un po’, pensare ad altro.
 - E come? - domandò, malinconica.
 - Ignorala e basta. Pensa ad altro – disse, cogliendo la palla al balzo. - Per esempio, quando la vedi o quando senti che stai per crollare pensa subito a qualcos’altro. Al Quidditch, a una torta, un libro, un cucciolo di Snaso… Oppure inizia a canticchiare una canzone! L’importante è che svuoti la mente e non trascuri le ore di sonno. Non devi avere paura di addormentarti.
 Ginevra abbassò lo sguardo, imbarazzata. - Non ho paura… è solo che penso a così tante cose che non riesco ad addormentarmi– mormorò a mo’ di scusa.
 Per tutta risposta lui la guardò, inarcando un sopracciglio. - Ehi, guarda che ti conosco anche meglio delle mie tasche, Gin. – La sua voce iniziò a tremare. - Ricordo ancora che quando eri piccola e avevi un incubo, non riuscivi a stare tranquilla e pur di non riaddormentarti preferivi rimanere sveglia tutta la notte. Credi davvero che sia questa la soluzione? Ti stai solo facendo del male.
 Quando George la guardò dritta negli occhi vide che era molto dispiaciuta.
 In quel momento, sembrava proprio una bambina e l’istinto di stringerla fra le sue braccia era troppo forte per ignorarlo.
 L’attirò a sé e lei nascose il viso sul suo petto, stringendolo forte. - Non voglio che ti trascuri. Non fare vincere la paura, ti prego – le sussurrò.
 Ginevra annuì, piano. Ripetendo: “Mi dispiace”, e lasciando che una piccola lacrima silenziosa sfuggisse al suo controllo.
 Sapeva che George aveva ragione e voleva dargli ascolto, ma era troppo difficile. Non poteva farlo da sola.
 - Posso dormire con te? - domandò piano.
 George sorrise e le baciò i lunghi capelli neri. - Certo, amore mio.

 La mattina dopo George e Ginevra scesero a colazione stretti l’uno all’altra. Lei sembrava ancora un po’ stanca ma il consiglio di George le era servito molto. Per la prima volta dopo settimane, aveva dormito bene e quando si svegliava di soprassalto per un incubo, George era lì.
 Il divano della sala comune non era molto comodo come il suo letto, ma pur di dormire insieme e aiutare la Grifondoro, George era disposto anche a farsi venire il mal di schiena.
 Grazie al suo aiuto, anche se ignorare tutte quelle stupide visioni che le davano il tormento non fu affatto facile, Ginevra era riuscita a riposare giusto un paio d’ore prima che Fred e Angelina li svegliassero.
 Mentre facevano colazione nella Sala Grande, George lanciò qualche occhiata discreta al fratello e alla Cacciatrice di Grifondoro con un piccolo sorriso. Parlavano di Quidditch, ma si tenevano per mano e sorridevano complici, come se le parole ‘Quidditch’ o ‘Pluffa’ avessero dei significati diversi. E George sapeva bene a cosa si riferivano in realtà.
 Ad un certo punto non riuscì a trattenersi e si avvicinò all’orecchio di Ginevra, sussurrando: - Sai, non riesco ancora a credere che diventeremo z-i-i – scandì eccitato. - È assurdo!
 Ginevra gli sorrise.
 Da quando Angelina aveva rivelato a Fred di essere incinta, lui era andato subito a confidarsi con il gemello.
 Dire che erano entrambi al settimo cielo era un eufemismo.
 Anzi, per dirla tutta, dal modo in cui si comportavano non era chiaro chi dei due fosse più felice. Ginevra li aveva persino sentiti confabulare tra di loro su possibili scherzi da fare con la partecipazione del piccolo Weasley in arrivo.
 “- Il bambino non è ancora nato ed è già un delinquente”, scherzò Katie quando sentì Fred e George parlarne.
 L’idea di diventare zio e di poter coccolare il nipotino entusiasmava molto George, forse anche più del fratello gemello.
 - Diventerò zio – sussurrò ancora una volta, emozionato.
 - Vacci piano, Georgie – lo rimproverò lei, ridendo piano. - Non deve saperlo nessuno.
 - Lo so – continuò lui, sempre più raggiante. - Ma non posso farci niente. Ogni volta che ci ripenso sono felice.
 Intenerita, Ginevra lo baciò sulla guancia e gli sorrise.
 Una volta finita la colazione lei e George lasciarono il tavolo di Grifondoro per raggiungere l’aula di Incantesimi, quando un manipolo di ragazze, tra cui Pansy Parkinson, passò loro accanto.
 - Black e Weasley! - squittì Pansy, accompagnata da un coro di risatine di scherno. - Sapete, ancora non ci credo che state insieme.
 - Sai che me ne frega di quello che pensi tu, Parkinson – ribatté Ginevra cercando di sorpassare lei e le sue seguaci.
 Non aveva né la voglia né la forza di battibeccare con lei.
 La Serpeverde le bloccò il passaggio e la guardò con disgusto. - Bleah, hai una faccia orribile! Oggi fai più schifo del solito.
 - Sta parlando miss Universo – esclamò Angelina affiancando Ginevra, pronta a darle man forte.
 Fred, dal canto suo, era al fianco della Cacciatrice di Grifondoro, mano nella mano. Restò in silenzio mentre i suoi occhi fissavano con astio l’irritante Serpeverde. Aveva sempre odiato quella ragazza ed erano anni che voleva fargliela pagare e toglierle quel sorrisetto dalla faccia una volta per tutte. Aspettava solo il segnale del suo gemello per attaccare.
 Pansy li ignorò. La sua concentrazione era solo sulla giovane Black. - Be’, Diggory lo aveva capito subito che facevi schifo – disse. - Ancora oggi penso che mollarti per Cho Chang sia stata la cosa più sensata che potesse fare. Lei sì che è una bella ragazza!
 - Allora perché non te la sposi? - esclamò Fred, ironico. - Forse è proprio il tuo tipo!
 Era la prima volta che difendeva l’amica dopo tanto tempo.
 Proprio come tra lei e Harry, con Fred c’era un rapporto teso, pieno di convenevoli seguiti da lunghi silenzi.
 Ma Ginevra non prestò molta attenzione a ciò che le stava succedendo intorno. Da quando Pansy aveva nominato Cedric il suo cervello era andato in tilt.
 “Cosa c’entra Cedric Diggory?”, pensò, sempre più confusa.
 Poi provò a ricordare come era il volto del povero Tassorosso, ma non ci riuscì.
 Com’era fatto? Lo aveva dimenticato? No, impossibile. Era suo amico. Uno dei suoi primi amici a Hogwarts!
 Le aveva insegnato ad evocare un Patronus… il suo era un panda. Questo lo ricordava. Ma allora perché non riusciva a ricordare il suo aspetto o il suo sorriso?Cedric aveva mai sorriso insieme a lei?
 Mentre lei continuava a cercare di richiamare alla memoria il volto dell’amico perduto, Pansy continuò a straparlare.
 - Sarà meglio che apri gli occhi anche tu, Weasley. Meriti di meglio!
 - Chiudi quella fogna, faccia da carlino – ribatté George.
 Pansy fece spallucce, per niente toccata dagli insulti che continuava a ricevere. - Ognuno ha i suoi gusti – disse, poi lei e le altre ragazze passarono oltre, parlando e strillando in modo allusivo, lanciando occhiate spudorate a George e Ginevra, lasciandosi dietro un silenzio lugubre che il ragazzo decise di rompere subito.
 Alzò gli occhi al cielo e sbuffò infastidito. - Quella serpe non è mai contenta se non spara un po’ di veleno.
 - Vorrei tanto far sparire quello stupido sorriso dalla sua faccia una volta tanto – borbottò Angelina, nervosa.
 - Non sei l’unica, Angie – disse Fred, poi abbassò la voce in modo che solo lei potesse sentire. - Non sono un esperto, ma non dovresti strapazzarti troppo. E non credo che questi attacchi di nervosismo ti facciano bene.
 - Io sto benissimo, ma quella merita una bella lezione – esclamò Angelina, sempre più nervosa. - Ma come si è permessa? La detesto! - Poi guardò Ginevra e la sua espressione si addolcì. - Mi dispiace tanto, tesoro.
 Ginevra annuì distrattamente.
 Aveva lo sguardo basso e la fronte aggrottata. George le circondò le spalle con un braccio e l’avvicinò a sé, dandole un bacio sulla testa. - Stai bene? - le sussurrò.
 - Sì – rispose lei, corrucciata. - Ma cosa diavolo voleva dire?
 - Che intendi? Sai che a quella scema piace sempre rompere i boccini.
 - Lo so… Ma… – borbottò.
 “Perché ha detto quella cosa su Cedric?”, si domandò, sempre più confusa. “Insomma… Io e Cedric insieme?”.
 L’entità Oscura, ascoltando i pensieri della sua ospite, decise di intervenire. “Forse voleva solo mettere un po’ di zizzania tra te e il tuo ragazzo”, disse, ma neanche lei sembrava molto convinta delle sue stesse parole.
 “Non credi che ci sfugge qualcosa?”, le domandò Ginevra.
 L’entità ci pensò un attimo, ma alla fine confermò la sua teoria. “Non ricordo molto di questo Cedric di cui tutti continuano a parlare”, disse. “Ricordo solo che lo conoscevamo”.
 “Già”, sospirò Ginevra. “Io ricordo soltanto che eravamo amici, che passavamo del tempo insieme… ma se ci penso non mi viene in mente nient’altro. Ricordo che quando è morto…”.
 A quel punto provò una strana fitta allo stomaco e, pian piano, le si annebbiò la mente.
 “Ricordo che ho pianto”, disse. “Era un mio caro amico”.
 “Già”, le fece eco l’altra voce. “Era un caro amico. Un bravo ragazzo”.
 Ginevra continuò a domandarsi perché entrambe non riuscissero a ricordarsi di Cedric Diggory. C’era qualcosa che non andava. Ma cosa?
 Scosse la testa e sospirò.
 “Probabilmente mi faccio problemi per nulla e la Parkinson voleva solo farmi litigare con George, dopotutto è nel suo stile”.
 “Sicuramente”, ripeté l’ospite. “Quella ci odia! E poi ha davvero una fervida immaginazione”.
 Ginevra si ritrovò a sorridere, divertita. “Decisamente. Cioè è assurdo anche solo pensare che io e Cedric fossimo una coppia, no?”.
 Avvolse il braccio attorno alla vita di George e gli sorrise. - Non importa cosa pensa o dice quella vipera. Tu sei solo mio – sussurrò prima di alzarsi sulle punte e baciarlo sulle labbra.
 Un po’ sorpreso, George ricambio il bacio e le sorrise con dolcezza.
 All’inizio sembrava che le parole della Serpeverde l’avessero ferita e che parlare di Cedric sarebbe stato troppo da sopportare ma Ginevra, pensò lui, era troppo forte per lasciarsi abbattere.
 “Ma, ora che ci penso, non abbiamo ancora parlato di Cedric. Di quello che c’è stato tra loro, di come si sente a riguardo...”, si disse, un po’ preoccupato.
 Avrebbe dovuto parlarne lui per primo? Doveva permetterle di confidarsi?
 No, probabilmente no.
 “Quando sarà il momento, ne parleremo”.

 Quel pomeriggio, a lezione di Pozioni, il professor Piton tenne d’occhio la giovane Black per tutto il tempo. Vedere il suo volto emaciato e stanco lo preoccupò molto.
 Cominciò a domandarsi se il demone dentro di lei la stesse prosciugando pian piano o se, per qualche assurdo e agghiacciante motivo, fosse proprio Silente l’artefice del suo stato. Dopotutto la cosa non lo avrebbe sorpreso più di tanto dato che le aveva somministrato per anni una pozione anti-crescita senza che lei se ne accorgesse. Cose gli impediva di prendersi gioco di lei ancora una volta senza destare sospetti?
 Doveva indagare.
 Mentre passava tra i banchi degli studenti di Grifondoro e Tassorosso del settimo anno, Severus cominciò a pensare all’approcciò migliore da usare per parlare con la ragazza senza attirare troppo l’attenzione.
 Magari con una scusa. Ma qualunque tattica decidesse di adottare, l’importante era darle il messaggio.
 Voleva parlare da settimane ma non ne aveva mai avuto l’occasione, soprattutto a causa delle restrizione imposte dalla Umbridge.
 Quell’ennesimo e stupido decreto vietava agli alunni di parlare con gli insegnanti se non su argomenti inerenti alle lezioni. Poi, per rendere tutto più semplice, Regulus era tornato a Grimmauld Place per aggiornare Sirius sugli ultimi sviluppi, affidando la ragazza alle cure di Severus e, di conseguenza, consegnarle il messaggio.
 - Devi aggiungere i semi di papavero, non di girasole – sbottò acido quando passò accanto a Lee Jordan.
 - Sai che differenza – borbottò il ragazzo in risposta. Ma non appena il professore si voltò di scatto e lo guardò con aria truce, facendolo pietrificare per il terrore, se ne pentì amaramente. Iniziò a temere che l’avrebbe scorticato vivo o che lo trasformasse in insetto da poter schiacciare. Per sua fortuna non accadde nulla di tutto ciò.
 Alla fine il professore sospirò un “idiota” e continuò il suo giro.
 Era inutile negare quanto Severus si divertisse a far tremare i suoi studenti. In realtà era uno dei suoi passatempi preferiti. Un modo come un altro per ammazzare il tempo.
 A fine lezione Severus poté finalmente agire.
 L’aula iniziò a svuotarsi. Ginevra stava raccogliendo le sue cose mettendole alla rinfusa nella sua borsa.
 Non era mai stata un tipo molto ordinato, al contrario di sua madre Lily.
 Guardandola Severus non poté fare a meno di pensarci. Ricordando persino la “mania” che la sua vecchia amica aveva nel disporre tutto per colore, grandezza o ordine alfabetico; che fossero libri o calzini non aveva alcuna importanza. Era una cosa che trovava adorabile. Tutto in lei era impeccabile.
 Gli mancava ogni cosa di quella donna, pregi e difetti.
 Dopotutto era il suo primo amore e unica amica.
 A quel pensiero si lasciò sfuggire un sospiro. Poi tornò alla realtà.
 - Signorina Black – la chiamò Severus. - Vorrei scambiare due parole con lei, se è possibile.
 - A che proposito, professore? - domandò lei, gentile come sempre.
 - Riguarda il compito di ieri – rispose prontamente il professore. - Non ci metteremo molto.
 George Weasley, che era ancora al fianco della ragazza, le lanciò un’occhiata che lei ricambiò con un tacito consenso e lasciò l’aula, chiudendo la porta dietro di sé.
 Erano rimasti soli.
 - Di cosa voleva parlarmi, professore? - domandò Ginevra, un po’ esitante.
 L’ultima volta che si erano parlati lei era in lacrime e si era confidata con lui.
 Il solo ricordo di quel giorno le metteva ancora i brividi e ogni volta non pensava a nient’altro che a Silente piegato in due dal dolore davanti ai suoi piedi.
 Sospirò.
 “Ricorda cosa ha detto George”, si disse. “Pensa ad altro”.
 Si concentrò sulle pieghe del mantello del professore, ripensando a quanto fosse divertente quando lo vedeva svolazzare per i corridoi. Sembrava un pipistrello. Poi la sua mente la portò a pensare ai pipistrelli; piccoli, neri e pelosi. Erano carini in un certo senso, con quegli occhioni acquosi... almeno per quanto riguardava i cuccioli.
 Alla fine, mentre il professore parlava del risultato del compito del giorno prima, si trovò a pensare a Batman, il personaggio del fumetto preferito di sua cugina Nymphadora.
 Nessuno poteva toccare i suoi fumetti babbani. Guai a chi osava farlo!
 Inevitabilmente una strofa della sigla del cartone animato che avevano guardato insieme davanti a quel macchinario babbano chiamato televisione qualche anno prima le tornò in mente come un tormentone.
 “Wow, funziona!”, pensò entusiasta.
 Quando la vide sorridere il professor Piton inarcò un sopracciglio, confuso.
 Perché sorrideva? Lo stava prendendo in giro? Aveva qualcosa fuori posto?
 Scosse la testa e decise di non farci caso.
 - Come dicevo, il suo compito è stato un disastro – disse, imperturbabile. - Ha fatto degli errori davvero stupidi. Non me lo sarei mai aspettato da lei, signorina Black. Una delle migliori studentesse del mio corso...
 Ginevra aggrottò la fronte, confusa.
 Era più che certa di aver fatto un compito impeccabile. Aveva studiato molto ed era strano che il professore sostenesse il contrario. Ogni volta che durante la lezione avevano trattato i vari argomenti citati nel compito lei era sempre stata la prima a rispondere correttamente, guadagnando persino molti punti per Grifondoro.
 Quando provò a chiedere spiegazioni il professore si portò un dito alle labbra facendole segno di fare silenzio.
 - Sarò costretto a metterle un’insufficienza - continuò il professor Piton. - Spero che questo non accada una seconda volta altrimenti verrà bocciata nella mia materia.
 Le passò una busta bianca intimandole con gesti discreti di nasconderla e lei capì il perché di tanta segretezza.
 “I muri hanno orecchie”, le fece eco l’entità Oscura dando voce ai suoi pensieri.
 Prese la busta e la nascose immediatamente.
 Lanciò un’occhiata verso la porta e notò un’ombra. Anche il professore sembrò notarlo; qualcuno stava ascoltando la loro conversazione.
 - Ha ragione, professore. – La voce della ragazza iniziò a tremare. - Ho… ho perso la concentrazione. Ma non accadrà più… lo prometto – disse tra un finto singhiozzo e l’altro. - La prego… non mi bocci!
 Severus la guardò con tanto d’occhi, all’inizio confuso poi sinceramente stupito dalla bravura della ragazza nel recitare. Lui si aspettava una reazione impassibile, neutra, ma sicuramente non delle lacrime.
 Si trovò spaesato, incapace di reagire in quella situazione.
 Poi la ragazza gli sorrise destabilizzandolo completamente.
 Qualcuno aprì la porta e Ginevra si portò le mani sul viso, nascondendolo.
 Severus si voltò e vide che Dolores Umbridge era sulla soglia, vestita con la sua solita tenuta rosa che gli dava la nausea. L’orribile sorriso che mostrava accresceva la sua somiglianza con un grosso rospo.
 Anche se disgustato, la salutò con un cenno del capo. - Professoressa Umbridge – disse, atono. - Posso esserle d’aiuto?
 Il sorriso della donna si ampliò ancora di più quando vide la giovane Black piangere, ignorando che in realtà stesse fingendo.
 - Le chiedo scusa, professor Piton, ma passavo di qua e non ho potuto fare a meno di sentire ciò che vi siete detti – disse, con il suo tono dolce e irritante.
 Severus immaginava che quell’orribile donna sarebbe spuntata all’improvviso dato che sembrava ossessionata dalla giovane Black. Credeva di passare inosservata, ma l’intero corpo insegnanti sapeva che lei seguiva la ragazza come un’ombra ovunque andasse da settimane, cercando di assegnarle punizioni su punizioni anche per i motivi più insensati solo per tenerla sott’occhio tutto il tempo.
 Per sua fortuna, pensò Severus, quella donna era tanto sciocca quanto orribile e ingannarla diventava sempre più facile.
 Infatti, fingendo di non aver sentito entrare la Umbridge, Ginevra simulò un’altra scossa di singhiozzi, lasciando scorrere anche qualche lacrima per accrescere la credibilità.
 Forse le lacrime erano un po’ eccessive, ma l’aria soddisfatta della Umbridge indicava che ci era cascata.
 Dal modo in cui la vedeva avanzare verso la ragazza, Severus notò che il suo passo diventava sempre più frizzante ed energico. Evidentemente era di ottimo umore.
 - Hem, hem – gracidò, richiamando l’attenzione della ragazza. - Se fossi in lei, signorina, prenderei molto sul serio le parole del professore. Anche perché… questa non è l’unica materia in cui lei è rischio – disse con un sorriso che andava ad ampliarsi man mano che parlava. - Ma se devo essere sincera spero proprio di prendere provvedimenti quanto prima.
 Ridacchiò.
 Ginevra la guardò, boccheggiando spaventata. Ovviamente non lo era davvero, ma prendere per i fondelli la vecchia megera cominciava a piacerle.
 Severus ne rimase piacevolmente colpito.
 Se lei era tanto brava a fingere in quel frangente, non osava immaginare di cosa sarebbe stata capace se fosse stata una spia sotto copertura.
 No, probabilmente la stava sopravvalutando un po’ troppo.
 “E poi”, pensò Severus, “non augurerei a nessuno il mio stesso destino”.
 - Adesso ci lasci – disse la Umbridge alla ragazza. - Devo parlare con il professor Piton in privato.
 Ginevra non se lo lasciò ripetere due volte e, simulando un’altra serie di singhiozzi, abbandonò la stanza per raggiungere George nella sala comune.
 Una volta rimasti soli, Severus si azzardò a dar voce a un pensiero che aveva iniziato a vorticargli nella testa. - Cosa intendeva con “Prendere provvedimenti”? - domandò con sospetto. I suoi occhi puntanti sulla donna si erano ridotti a due fessure.
 La Umbridge si voltò verso di lui, sempre con il sorriso gioviale stampato sulle sue labbra da rospo. - Oh, intendo proprio quello che lei sta pensando, professore. Ho intenzione di sbattere fuori quella ragazza. Il Ministro in persona mi ha incaricato di estirpare da questa scuola tutte le “erbacce”. Perché, come penso lei saprà, noi non possiamo permettere che soggetti di questo genere, pericolosi per la nostra comunità, vengano elogiati o che persino venga data loro la speranza di poter far parte del comando del nostro governo – ridacchiò, come se per lei il solo pensiero fosse a dir poco ridicolo. - Dobbiamo salvaguardare la selezione dei maghi di domani. Non è d’accordo?
 Severus non rispose subito. Era troppo allibito da quelle agghiaccianti parole.
 - Ma certo – disse poi, con un sorriso tirato.
 La Umbridge ne sembrò deliziata. Si avvicinò a lui, sfoggiando un sorrisetto più inquietante del solito, e disse: - Ed ecco perché sono molto fiera di lei, professor Piton. Nonostante la signorina Black fosse una delle sue studentesse predilette, lei non si è fatto alcuno scrupolo e le ha assegnato un pessimo voto pur di farle capire che non è affatto una studentessa privilegiata. Quando la boccerà avrà tutto il mio appoggio.
 Quando.
 Non aveva detto se.
 Severus cercò di trattenere il suo disgusto mascherandolo con un piccolo sorriso. - La ringrazio per le sue gentili parole – disse con tono puramente ironico.
 Lei lo ignorò e cominciò a passeggiare tra i banchi, con un’espressione amareggiata. - Ma devo essere sincera con lei, professor Piton – disse. - Fino a qualche tempo fa temevo che tra lei e la signorina Black ci fosse un legame un po’ strano. Uno di quelli non dovrebbe nemmeno esistere tra un’insegnante e un’alunna. Il che è a dir poco sconveniente. Lei mi capisce, vero?
 Al solo sentire quelle parole, il professore iniziò ad avvertire un gran caldo. Sul suo volto apparve un’espressione di pura sorpresa, subito sostituita da confusione e rabbia. - Perché mai dovrebbe insinuare una cosa del genere?
 La Umbridge fissò i suoi occhietti acquosi sull’arcigno professore, mal celando la soddisfazione sul suo volto.
 - Be’, mi è stato riferito che la signorina Black a volte si sia intrattenuta nella sua camera privata, professore, soprattutto durante la notte. Sa… le voci… non è mai un bene – cinguettò allusiva. - E poi, se devo essere sincera, ho sempre avuto dei piccoli sospetti sul suo rapporto con questa alunna. E credo sia inutile ricordarle che avere una relazione intima con uno studente è contro la legge, oltre che disdicevole e disgustoso.
 - Non credo sia necessario continuare questo discorso – la interruppe Severus, ormai rosso in viso per l’imbarazzo e per la rabbia. - Non permetto che ci siano simili insinuazioni sul mio conto. Tra me e la signorina Black non c’è alcun rapporto. È solo una mia studentessa e io sono il suo professore. Spero che lei non intenda continuare a sollevare la questione.
 Certo, era inutile negare a sé stesso che provava qualcosa per la giovane Black, ma non poteva permettere che quell’ameba insinuasse cose di quel genere.
 “Ho appena compiuto trentasei anni, per Diana!”, imprecò in silenzio. “Non mi metterò di certo a sbavare dietro la gonnella di una mia studentessa!”.
 Avrebbe tanto voluto urlare quelle parole in faccia alla Umbridge, ma preferì tacere.
 - Ha ragione, professor Piton. - La Umbridge s’imbronciò, nonostante cercasse di nascondere la soddisfazione. - Sono stata una stupida pettegola. È ovvio che lei non ha alcun interesse per quella giovane.
 Man mano che parlava cominciò ad avvicinarsi al suo collega con passo lento e un sorriso malizioso. Mentre la guardava Severus avvertì dei brividi di repulsione percorrergli tutto il corpo.
 “Che hai in mente questa pazza?”, pensò, sconcertato, cominciando ad avvertire un pizzico di paura.
 - Scommetto che lei è interessato a donne più mature… più forti – gracchiò cercando di risultare suadente.
 A quel punto Severus capì le sue intenzioni e il terrore si impossessò di lui.
 - Oh, merda – sibilò piano, arretrando mentre lei continuava ad avanzare.
 La donna gli sorrise. - Capisco quello che prova.
 - Ne dubito fortemente – sospirò lui, cercando una via di fuga.
 Nonostante l’evidente differenza di altezza tra di loro, la Umbridge si alzò sulla punta dei piedi, alitandogli sul viso e provocandogli ulteriore disgusto. Era pericolosamente vicina al suo viso, pronta a fare chissà che cosa.
 - Io provo esattamente la stessa cosa – insistette. - Ho provato a reprimere i miei istinti, ma non ci sono riuscita. Io e lei siamo uguali… Severus.
 Il modo in cui sussurrò il suo nome gli provocò un coniato di vomito che riuscì a frenare appena in tempo, allontanandosi immediatamente. - Mi creda, professoressa – disse. - Io non ho alcuna interesse di intraprendere una relazione. Di qualunque genere essa sia. Per me esiste solo il mio lavoro. Ora, se permette devo prepararmi per la prossima lezione. Gli studenti saranno qui a breve – e nel dirlo aprì la porta, invitandola a uscire senza troppe cerimonie.
 Dopo un attimo di esitazione, la Umbridge si avvicinò alla porta. - Ne sei proprio sicuro?
 Severus non si scompose, aprì la porta ancora di più accompagnando le parole al gesto secco. - Sicurissimo. Buona giornata.
 Senza nascondere il risentimento, la Umbridge lasciò l’aula facendo ticchettare i suoi insopportabili tacchi.
 Mentre tornava alla cattedra Severus rabbrividì. Sperava di essere in un incubo. Un incubo orribile dal quale si sarebbe svegliato presto.
 - Che schifo – sibilò, sempre più disgustato mentre si passava una mano sul volto.
 “Quell’orribile rospo stava per baciarmi? Bleh!”.

 Una volta raggiunto George nella sala comune, Ginevra gli sussurrò che doveva parlargli in privato. Allora raggiunsero il dormitorio maschile e si chiusero dentro la stanza che lui condivideva con Fred e Lee, applicando i vari incantesimi per rendere quelle quattro mura insonorizzate.
 Ginevra prese posto sul letto del ragazzo, sedendosi a gambe incrociate. Quando George le fu accanto prese la lettera che le aveva consegnato il professor Piton e gliela mostrò, raccontandogli la riservatezza del professore e anche dell’arrivo della Umbridge.
 - Ti ha praticamente minacciata!
 Ginevra fece un breve cenno affermativo. - Già. Sembra stia cercando in tutti i modi di “farmi fuori” – disse, sottolineando le virgolette con le dita. Ma la questione non la turbava più di tanto. Aveva altro a cui pensare. Come alla lettera che aveva in mano. - La leggiamo insieme? - domandò, sventolandola.
 - Va bene – George si avvicinò a lei ancora di più, in modo da poter leggere il contenuto della lettera.
 Quando tirò fuori il foglio dalla busta Ginevra riconobbe la calligrafia di Regulus. Era sempre piccola ed elegante e non vi era nemmeno una sbavatura o una sola macchia d’inchiostro a contaminare il foglio di pergamena.
 Tutto il contrario della sua calligrafia, purtroppo. Era sempre stata una gran pasticciona e invidiava molto Regulus proprio per quel motivo.
 Dopo il breve attimo di autocommiserazione, cominciò a leggere la lettera.


 Cara Ginevra,
 Mi dispiace di essermene andato senza dirti una parola. Purtroppo sono venute a galla molte questioni importanti con l’evasione dei Mangiamorte e l’Ordine ha ritenuto che la mia presenza fosse essenziale per scovare i nascondigli di cui sono a conoscenza, con la speranza di sorprenderli prima che si ricongiungano a Voldemort… sempre che non sia già successo.
 Ho provato a contattarti telepaticamente ma non ci sono riuscito, quindi sono stato costretto a scriverti questa lettera.
 Ad ogni modo, volevo mettere te e Harry in guardia: non fidatevi di Silente, qualunque cosa accada. Lui vuole il demone che è dentro di te per poterlo sfruttare a suo vantaggio. Non gli è mai importato nulla di te o di Harry. Siete solo delle pedine sulla sua scacchiera. Prima o poi troverà anche il modo per usare anche tuo fratello, ma tu non lasciare che questo accada.
 Non lasciare che vi manipoli.
 Io e Severus stiamo cercando un modo aiutarti e tenerlo lontano, ma tu devi cercare di tenere a bada il demone prima che Silente ne approfitti in qualche modo.
 Ricorda: lui è un mago molto potente e non rinuncerà facilmente a ciò che desidera. Vuole usarti. Non permetterglielo.
 Nel frattempo io e Felpato stiamo consultando vari testi per trovare una soluzione al tuo problema. Purtroppo non abbiamo trovato molto, ma contiamo sul fatto che presto troveremo una soluzione.
 A questo proposito, Felpato dice che gli manchi tanto e che vorrebbe abbracciarti. Ti manda un bacio.
 So che non è molto, ma presto potrò dirti di più.
 Fidati di Severus. È un buon alleato.
 Fidati di me.
 Tornerò presto e spero di portare buone notizie.
 Con affetto,
 R.A.B.


 Dopo aver letto lettera, Ginevra alzò lo sguardo per incontrare quello di George. - Non mi faccio mancare niente, eh?
 Lui abbozzò un mezzo sorriso. - Be’, altrimenti sarebbe troppo facile, non credi?
 Stranamente entrambi avevano preso la notizia molto bene. Quasi come se si aspettassero le vere intenzioni di Silente.
 Anzi, lei si diede della stupida per non averci pensato prima.
 - È una situazione sempre più stressante – sussurrò Ginevra. - Ci sono troppi problemi. Troppe cose da affrontare…
 Si passò una mano tra i lunghi capelli corvini, ravvivandoli. Poi scosse la testa, mordendosi il labbro fino a che George non la strinse tra le braccia. - Non preoccuparti – disse. - Ci sono io.
 Le scoccò un bacio sulla testa e lei emise un sospiro, sdraiandosi accanto a lui nel letto.
 Cullata dal caldo abbraccio di George, pian piano le si appannò la vista e i pensieri sprofondarono in una pozza di oscurità.





 ANGOLO AUTRICE:
 Salve a tutti e grazie per aver letto questo capitolo!
 Lo so: è un po' "Meh", ma mi serviva per introdurre ciò che accadrà in seguito. 
 Che ne pensate della scena della Umbrige che ci prova con Piton? Vi ha fatto ridere? Inorridire? 
 Se vi va fatemelo sapere qui sotto nei commenti ;) Sono molto curiosa ahahah
 Come sempre vi chiedo scusa per il ritardo, ma ultimamente ho poco tempo per scrivere, ma sto cercando di recuperare, scrivendo più capitoli in una volta, così da poter pubblicare più spesso. 
 Con la speranza di aggiornare al più presto, vi mando un bacio e un abbraccio.
 Saluti dalla vostra ritardataria,
18Ginny18

 
  
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