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Autore: Jeremymarsh    29/03/2023    6 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XX: Mettersi in gioco


 

“Long, as you run
I couldn't give you up
Forever run
I couldn't give you up “

A.M. Radio, The Lumineers


 

Sesshomaru non impiegò molto tempo a trovare Naraku. D’altronde, la sua aura e il suo odore non erano mai stati così facili da seguire, ma nemmeno per un secondo pensò che, forse, l’obiettivo del demone era proprio farsi trovare.

Ci sarebbe arrivato in qualsiasi altro momento – era lampante –, ma era ancora scosso dalla sua ultima discussione con il padre, da un cambiamento che gli era difficile accettare e soprattutto dalla scoperta che Rin, la persona da cui era scappato finora, si trovava in pericolo – e lui ne era in parte colpevole.

Era oltraggiato, tra le tante cose, perché un essere viscido e codardo aveva osato minacciarlo in quel modo, e la rabbia prendeva per un attimo il sopravvento su tutti gli altri sentimenti, annebbiando la sua mente e impedendogli di essere lucido come il padre gli aveva insegnato a fare tanto tempo prima.

Lo trovò infine davanti a un castello abbandonato, al centro di uno spiazzo, circondato da una cortina di miasma che però su Sesshomaru non aveva alcun effetto e da tanti piccoli demoni inferiori che per lui erano solo vermi.

Non si sarebbe nemmeno degnato di ucciderli.

“Ti sei dato tanto da fare, Naraku,” lo apostrofò con voce neutra, nascondendo alla perfezione la rabbia che covava dentro di sé.

“Volevo che il mio ospite fosse ben accolto,” rispose quello ridendo. Non era tanto stupito che fosse Sesshomaru il primo a raggiungerlo, grazie a ciò che aveva imparato osservandolo e a quello che le sue api gli avevano rivelato. “E avere il tempo per chiacchierare.”

Sesshomaru sentì l’impulso di alzare gli occhi al cielo, ma rimase impassibile. “Credi davvero che mi interessi parlare con te?”

“Beh, sei qui,” ribatté Naraku. “Vale la pena occupare il nostro tempo. O preferisci che vada dritto al sodo? Portami la sacerdotessa e nessuno si farà del male.”

In tutta risposta Sesshomaru sorrise. “Non ti conosco, Naraku, ma ne so già abbastanza per capire che sei troppo pieno di te. Ti sei impegnato tanto, mi hai spiato, hai minacciato mio padre, e per cosa? Per questa insulsa minaccia?”

“Oh, hai ragione.” Anche Naraku rise. “Il nobile Sesshomaru non segue gli ordini di nessuno né ha a cuore il destino di una debole ragazza umana. Non è così?”

Il dai-youkai sibilò piano tra i denti. “L’unico motivo per cui sono venuto qui stasera è per liberarmi di un essere immondo come te che non raggiungerà mai davvero lo status di demone; non sei nemmeno all’altezza di questi vermi di cui ti circondi. Perché non ti mostri per quel che sei veramente?” gli chiese poi e, senza aspettare una sua risposta, alzò la spada con un movimento aggraziato del polso e lo colpì dritto al petto.

Naraku non si mosse né fece per evitare l’attacco. La ferita aperta rivelò un ammasso di tentacoli e spine che si contorcevano e ostacolavano a vicenda, ma Sesshomaru ebbe poco tempo per osservarli – anche se non ne servivano di più – perché subito uno sciame di api arrivò a chiudere la ferita mentre i resti del corpo ormai tranciati e abbandonati restavano a terra a sguazzare come pesci senz’acqua.

Questa volta Sesshomaru non cercò nemmeno di nascondere il moto di disgusto. “È per questo che tanto di dai arie? Di essere un agglomerato di demoni inferiori? Tu oseresti pensarti superiore all’Inu-no-Taisho?” Con un secondo colpo di spada scacciò via quei resti viscidi che tentavano di avvicinarsi e toccarlo.

“Non mi illudo che tu possa capire la grandezza di questo corpo, Sesshomaru; di certo, non sei all’altezza di tuo padre né della sua intelligenza,” lo sbeffeggiò. “Ma non per questo ti rifiuterò. Hai ragione, infatti, non sono all’altezza di tuo padre, ma se tu… invece… ti lascerai assorbire senza fare tante storie, vedrai che insieme riusciremo finalmente a sconfiggerlo. Non desideri con tanto ardore superarlo?” La risata che seguì quel discorso infiammò ancora di più Sesshomaru che nel sentirsi preso in giro rischiò di perdere quel poco di lucidità che gli rimaneva.

“Sei giunto qui solo per questo, Sesshomaru – non per uccidermi; non ci riusciresti. La ragazza che cerchi non è qui, ma nelle mani del demone creato con i resti di mio figlio che tu stesso hai ucciso, e non posso garantire per la sua sicurezza. Non che ti importi poi tanto, vero? A Sesshomaru non importa degli esseri inferiori,” lo provocò, ottenendo infine l’effetto desiderato.

Con un sorriso ancora più malefico sulle labbra, Naraku osservò il bianco dei suoi occhi diventare rosso, la sua pelle cambiare tonalità fino a raggiungere un bianco puro, i suoi contorni allungarsi e ingrandirsi fino a prendere la forma di una maestosa bestia dal pelo argentato.

Era gigantesco, pensò osservandolo con occhi calcolatori, proprio come aveva immaginato; nemmeno nei suoi sogni più reconditi avrebbe potuto vedere un demone tanto feroce e potente. Le sue grandi zampe avrebbe potuto calpestare villaggi interi, le zanne dilaniare antichi draghi senza alcuno sforzo, anche solo la saliva che gli cadeva copiosa dalla bocca era più pericoloso del miasma che lui aveva imparato a controllare, mentre gli occhi iniettati di sangue contribuivano a dargli un’immagine bestiale anche se non erano letali come i lunghi artigli che decoravano le suddette zampe. Ma più di tutto, considerò Naraku, quello che lo lasciò senza fiato fu l’incremento della sua aura, tanto potente da metterlo in ginocchio e farlo tremare se non avesse reagito prontamente, se non stesse tenendo una presa ferma sul proprio io.

Cominciò a ridere ancora più forte in quei secondi in cui, per la prima volta, guardava quel demone tanto micidiale. Il suo piano avrebbe funzionato; avrebbe inglobato tale essere. E allora nessuno avrebbe potuto arrestare i suoi piani di conquista e i Taisho si sarebbero pentiti di essersi messi sul suo cammino.

Eppure, non era l’unico ad essersi reso conto della trasformazione di Sesshomaru. Un cambiamento del genere, un’aura tanto potente, era stata registrata per chilometri e chilometri e il primo fu proprio Toga, che era sul punto di raggiungerli ormai. Volò ancora più veloce percependo il figlio abbandonarsi alla sua forma originaria, sentendo che non c’era più tempo da perdere.

Il suo arrivo fu fortuito.

Naraku, che aveva creduto che Toga sarebbe rimasto a difesa della compagna, rimase sorpreso nel vederlo arrivare e affiancare il suo primogenito, abbastanza da distrarsi. Sesshomaru ne approfittò per lanciarsi contro di lui e afferrare il suo minuscolo corpo nella sua gigantesca mascella. Dal corpo del primo, allora, rapidi, fuoriuscirono altri tentacoli che si avvinghiarono stretti alla mole del demone cane, fino e a costringerlo a lasciare la presa.

Sesshomaru guaì sentendosi costretto e soffocato e sputò il corpo estraneo che stava masticando insieme a una quantità di saliva velenosa nel tentativo di liberarsi del sapore disgustoso che il conglomerato di demoni che Naraku era gli aveva lasciato in bocca. Tra quello e il dolore dato dai tentacoli spinati, Sesshomaru cominciò a dimenarsi e Toga, più veloce che mai, estrasse la spada dal fodero che portava sulle scapole e li tranciò uno a uno, spezzando così anche gli ultimi fili che ancora univano il figlio a Naraku, dando a quest’ultimo l’opportunità di scappare da un attacco che, nella sua sfrontatezza, non aveva preventivato.

Gli sciami di vespe non furono abbastanza per ricomporlo, però, e anche Toga vide con chiarezza ciò di cui era composto il suo corpo, arrivando finalmente a una risposta sulla sua nascita.

Anche ansimando, però, Naraku trovò quel poco di respiro che gli servì per parlare e provocare Sesshomaru quando vide quest’ultimo pronto a rilanciarsi contro di lui.

“Resterai qui a uccidermi come avevi promesso o, piuttosto, accorrerai in aiuto della tua Rin prima che quel che è rimasto di mio figlio metta le mani su di lei? Potresti essere ancora in tempo… forse.” E così dicendo, tentò di librarsi in aria e scappare, ma nemmeno la fuga andò come previsto. Vide Toga pronto a colpirlo ancora e capì che avrebbe dovuto reagire subito se voleva sopravvivere. Dopo tutto, sapeva di non poter reggere ancora uno scontro con lui, non dopo essere stato così ferito.

“È meglio se ti occupi di tuo figlio, Generale, perché non mi pare molto lucido,” lo schernì. “E perdere la sua anima gemella, proprio ora che l’ha incontrata, sarebbe un colpo ancora più duro per il suo ego già ferito.” Così, approfittando dell’attimo di esitazione, scappò definitivamente, cercando un luogo che potesse nasconderlo il tempo necessario a leccarsi le ferite e grato di essere stato tanto intelligente da rapire in anticipo la ragazzina e usarla come diversivo.

Dopo ciò che era accaduto quella sera, dopo anche questo secondo fallimento, Naraku sentiva la sua rabbia accrescere sempre di più, e giurò che avrebbe fatto di tutto per sterminare la discendenza di quei cani e far patire loro le sofferenze più atroci mentre lui, finalmente, avrebbe potuto riavere colei che gli era stata strappata dalle braccia.

 

*
 

Inuyasha e Kagome, insieme alla madre di lui e alcuni soldati scelti, furono sorpresi di arrivare al villaggio degli sterminatori e trovare la maggior parte degli abitanti in tenuta da combattimento anche se non vi era alcuna battaglia.

Il mezzo demone non aveva ancora messo piede a terra quando vide arrivare Miroku e il capo villaggio a passo accelerato verso di lui. “Inuyasha,” lo apostrofò il monaco, “mi chiedevo quanto ancora ci avresti messo ad arrivare.”

Lui arcuò un sopracciglio, non contento di quel saluto, quindi lo ignorò e si rivolse a Koji. “Siete già stati attaccati?”

L’uomo scosse la testa. “No, ma Miroku ha percepito qualcosa e ci ha avvertiti. Preferiamo essere preparati. Il tuo arrivo qui non fa che confermare i nostri sospetti.”

“Keh, è la prima volta che la tua nube di sventura si rivela corretta,” commentò diretto all’amico che, in risposta, sorrise sghembo.

“Speriamo che tu non abbia attirato l’ira di qualche Dio con tutte quelle chiacchiere in questi anni,” si intromise la moglie, lì accanto in prima fila. Kagome notò la sua tuta da sterminatrice, l’aria sicura e l’enorme arma che portava sulle spalle con una facilità che lei avrebbe creduto impossibile e ne fu impressionata. Soprattutto, vide come tutti attorno a lei sembravano pendere dalle sue labbra o aspettare qualche sua direttiva, anche più che dal capo, e si trovò a fare un confronto con gli abitanti del suo vecchio villaggio – anche se gli aspetti di quella vita li aveva quasi del tutto lasciati alle spalle. Ciononostante, non provò invidia perché non si sentiva più sottovalutata da quando era giunta al castello.

Miroku ridacchiò, nervoso. “Ma che dici, mia dolce Sango.”

“Sicuramente,” concordò Inuyasha, prima di rivelare il vero motivo per cui erano giunti, “ma non è oggi che la loro ira si abbatterà su Miroku. Il motivo per cui siamo giunti qui è un altro.” Abbassò lo sguardo su Kagome, che annuì in segno di incoraggiamento. Avrebbe voluto parlare in una sede più privata e senza gli occhi dell’intero villaggio addosso, ma sapeva che potevano essere attaccati da un momento all’altro e doveva sbrigarsi. Allora, come compromesso, decise che non avrebbe rivelato tutta la verità dietro gli attacchi di Naraku – sebbene conoscesse bene quella gente, sapeva anche che alcune persone, in momenti di pericolo, non si facevano scrupoli e diventavano egoisti. Avrebbe omesso alcuni dettagli per poi comunicarli solo alla famiglia del capo. Inoltre, era la prima volta che si trovava a fare da oratore o a gestire una situazione del genere; nei suoi due secoli di vita aveva partecipato a poche missioni e nessuna di quelle avrebbe retto il confronto.

Questa volta aveva qualcuno per cui combattere; questa volta in gioco c’era la sua stessa vita; questa volta gli era stato chiesto di essere a sua volta condottiero, abbastanza forte da mettere da parte le sue ansie e paure e prendere in carico quelle degli altri per poterli guidare. E anche se sapeva di essere ancora molto giovane, che non avrebbe mai potuto eguagliare la figura paterna, era deciso a non sbagliare. Non avrebbe ammesso sconfitte. Quel villaggio, per lui, era come una seconda casa, la prima che aveva conosciuto al di fuori dello stretto nucleo familiare, e non poteva permettere che pagassero per il legame che avevano con lui. Non avrebbe permesso a Naraku di giocare con loro.

“Recentemente abbiamo subito attacchi da un mezzo demone particolare, qualcuno che un tempo era umano e che si sta impegnando particolare per disseminare il suo odio e la sua cattiveria sulle terre del nostro paese; che siano umani o demoni non ha importanza. Il suo obiettivo è anche seminare discordia e annullare quanto fatto da mio padre negli ultimi secoli.” Molti sussultarono, altri sbuffarono, gridarono quanto fosse impossibile un’eventualità del genere, altri ancora chiesero dove fosse allora il Generale, e le sue orecchie cominciarono a fischiare di conseguenza, prima che Koji richiedesse il silenzio. “Mentre mio padre è impegnato a spegnere altre rivolte, io con la mia famiglia sono venuto qui a combattere al vostro fianco. Purtroppo, c’è da temere che presto qualcuno giunga ad attaccare anche voi.” Chiuse gli occhi per un secondo, inspirò e poi il suo sguardo cadde su tutti gli sterminatori che lo stavano fissando con tante differenti espressioni. “Abbiamo già combattuto insieme in passato, mi avete affiancato come altri non avrebbe avuto il coraggio di fare e siete stati miei amici – siete mie amici. Oggi vi dimostrerò che non avete riposto la vostra fiducia in me invano.”

Grida di incoraggiamento si sentirono in risposta, mentre Kagome gli stringeva la mano e poi incrociava le loro dita. Percepiva il nervosismo che ancora proveniva a ondate da lui e voleva fargli capire, anche solo con un gesto, quanto fosse fiera di lui, condividere quel peso.

“Bene, lo avete sentito. Dobbiamo essere pronti a tutto. Vi pregherei di finire gli ultimi preparativi il prima possibile,” dichiarò a gran voce Koji, mentre Miroku prendeva da parte il mezzo demone e Sango conduceva le due donne verso casa.

Quando si furono riuniti, assicuratosi che nessun altro era lì fuori, Miroku cominciò: “E ora dicci ciò che hai tenuto nascosto a tutti gli altri.”

Inuyasha sbuffò, avendo immaginato già che era impossibile nascondere nulla all’amico, mentre la mancanza di reazioni di Sango e del padre gli confermò che anche loro non erano stati imbrogliati dal suo discorso formale. Prima che potesse parlare, però, Kagome si intromise.

“Vorrei, se non fosse un problema, che questa cosa rimanesse tra noi. E con questo intendo che quanto diremo non fosse rivelato alla mia famiglia.” L’ultima cosa che desiderava era dar loro altre preoccupazioni, soprattutto se era destino che fossero attaccati anche in quel villaggio.

Tutta la guardarono con sguardi preoccupati e inquisitori, ma alla fine annuirono e solo allora Inuyasha si sentì liberò di continuare.

“Non avrei voluto mentire,” cominciò, “non dopo tutto quello che voi avete fatto per me, ma dopo essermi spiegato forse capirete la mia reticenza a svelare alcuni dettagli davanti all’intero villaggio.” Non ricevendo alcuna obiezione o sguardo contrariato, andò avanti. “Il mezzo demone che ci ha attaccato è lo stesso uomo da cui Kagome è scappata.”

Sango tirò il fiato, mentre accanto a lei padre e marito indurivano lo sguardo.

“Immagino che non sai dirci com’è avvenuta la trasformazione.”

Lui scosse il capo. “Non credevo nemmeno fosse possibile, ma…”

“Ma io l’ho incontrato,” continuò Kagome per lui. “E posso dirvi che il cambiamento c’è stato.”

“Cosa significa che lo hai incontrato?” Sango lanciò dardi a Inuyasha.

“Perché non rimandiamo le domande a un’altra volta? Ho ancora qualcosa di importante da dirvi,” ringhiò Inuyasha, che non aveva apprezzato la critica poco velata dell’amica; bastava lui a incolparsi per ciò che era accaduto a Kagome. Quest’ultima gli strinse di nuovo la mano, come a dirgli che non doveva, e lui le sorrise prima di riprendere. “Quest’essere – Naraku si fa chiamare – ci ha minacciato apertamente, intimando di consegnargli Kagome, altrimenti mia madre e la compagna di Sesshomaru-” Miroku fece per interromperlo, ma lui strinse gli occhi e lo fulminò con lo sguardo, ammutolendolo, “faranno una brutta fine. Loro due e, mi dispiace, anche tutti voi.” Abbassò il capo a quel punto, non vedendo come avrebbero potuto perdonarlo ora che aveva confessato di essere il motivo per cui la loro casa sarebbe stata presto invasa.

Fu Sango ad avvicinarsi per prima e a mettergli una mano sulla spalla in modo confortante. “Non vorrai mica fare il sentimentale ora, vero, Inuyasha? Sai bene che non è una minaccia a spaventarci né siamo poco allenati.”

“Infatti,” concordò il padre. “Questa sarà l’occasione per dimostrare quanto valiamo come sterminatori.”

“Non possiamo prevedere come andrà lo scontro, possiamo solo dirvi che finora si è comportato in maniera subdola e ha fatto uso di inganni. Inoltre, è probabile che non sarà lui a venire da voi, ma un suo fantoccio,” spiegò ancora.

“Codardo il tipo, eh?” commentò Miroku grattandosi il mento. Il mezzo demone non poté essere più che d’accordo. “Ciononostante, si capisce perché tu non abbia rivelato che è Kagome il suo obiettivo. Il panico e la paura cambiano anche le persone migliori.” Annuirono tutti, d’accordo.

“Non te ne facciamo una colpa, Inuyasha,” lo rassicurò Sango, stringendogli ancora la spalla. Poi si allungò verso Kagome, incrociando il suo sguardo. “E nessuno vorrebbe che accadesse qualcosa di brutto a tutti voi.”

“Ed è per questo,” riprese Miroku, “che prima dell’inizio della battaglia sia Kagome che Izayoi dovrebbero rimanere nascoste. Potremmo portarle accanto alla fucina. Lì, oltre ad essere al sicuro, potranno aiutare coloro che stanno dietro le quinte.”

Inuyasha si irrigidì sentendo quella proposta e, pur sapendo che l’amico l’aveva fatta con buone intenzioni, immaginava già la risposta che avrebbe ottenuto.

Il no secco da parte di Kagome non si fece attendere. “Con tutto il rispetto per voi, per coloro che hanno deciso di combattere e per la stessa Izayoi, io non resterò nascosta lasciando che qualcun altro rischi la vita per me.”

Miroku la guardò a bocca aperta, poi si voltò verso Inuyasha come per chiedere a lui spiegazioni, ma quest’ultimo scosse con veemenza la testa per dirgli che stava procedendo nel modo sbagliato. Kagome, infatti, che aveva ugualmente notato il gesto, si infuriò ancora di più. “Non ho bisogno di Inuyasha per decidere cosa fare né che qualcun altro mi tratti come un fiore delicato.”

“Non era mia intenzione, Kagome-sama.”

“Sì, invece,” ribatté lei. “Avrei pensato che, avendo una moglie combattente, potessi capire. E non sei stato tu, durante il nostro primo incontro, a commentare il mio potere spirituale? Quindi, dimmi, perché ora dovrei farmi da parte?”

“Cerca di ragionare. L’obiettivo qui sei tu e Inuyasha è il mio migliore amico. Tengo a entrambi e voglio assicurarmi che non ti accada nulla,” cercò di rabbonirla Miroku, senza risultato. Il massimo che stava ottenendo era maggiore rabbia.

“Miroku, potrei andare avanti raccontandoti tutte le volte in cui altri uomini, con buone scuse, hanno cercato di mettermi da parte nonostante io mi sia allenata tutta la vita per diventare una guerriera – proprio come tua moglie –, ma non abbiamo il tempo. Non avrei, invece, nulla da dirti se dovessi parlare di quanto ho fatto da quando ho incontrato Inuyasha. Sono stata salvata, in tanti modi diversi, non so quante volte e questo non ha fatto che peggiorare il mio stato d’animo già provato. Ora mi sono stufata di nascondermi o di persone che tentano di nascondermi, qualunque esso sia il motivo, giusto o falso, buono o cattivo. Mi sono allenata per anni, mi sono allenata per settimane con Kaede-sama, ora voglio combattere. Non avrò l’esperienza di Sango o di tutte le altre sterminatrici, ma per la prima volta voglio davvero mettere in pratica il potere per cui sono sempre stata lodata; non me ne faccio niente altrimenti.” Quando ebbe finito, non staccò lo sguardo dal monaco mentre, accanto lei, tutti gli altri la guardavano con sorrisi fieri e cenni d’assenso.

Sango fu la prima a interrompere quel quadro, mollando uno schiaffo dietro la nuca del marito. “Così impari a sottovalutare la gente.”

“Ma, mia cara Sango, io l’ho fatto a fin di bene.”

“Miroku, nemmeno a me fa piacere sapere che scendendo in campo Kagome possa essere più vulnerabile a qualsiasi piano di Naraku. Tuttavia, dall’altro lato capisco benissimo il bisogno di fare la sua parte, l’ammiro per questo e, non per ultimo, mi rassicura anche sapere che non è poi troppo lontana da me. Saperla nascosta mi avrebbe procurato, probabilmente, più ansia.” Il sorriso che scambiò subito dopo con l’amata sembrò illuminare l’intera capanna e tutti i presenti furono consapevoli del grande cambiamento che era avvenuto in loro, nella relazione, dall’ultima volta che si erano visti.

“E sia,” accettò Koji, che aveva sempre ammirato chiunque volesse mettersi in gioco al di là del sesso, “l’importante è che la presenza reciproca non vi distragga nel mezzo della battaglia. Penso che non ci sia bisogno di aggiungere quanto sarebbe pericoloso fare una cosa del genere.” Entrambi annuirono. “Però, vorrei fare una mia proposta che credo possa essere più ragionevole di quella del mio genero qui presente.”

Miroku fece per protestare ancora, ma Sango lo ammutolì con uno sguardo.

“Anche se hai parlato della possibilità che possa presentarsi un fantoccio e non il vero Naraku, sarebbe troppo pericoloso mandarti in prima linea, Kagome,” cominciò rivolgendosi direttamente a lei, evitando lo sciocco errore di Miroku. “Quindi proporrei di tenerti lontana da lì. In questo modo combatteresti e faresti la tua parte, ma Naraku – o chiunque al posto suo – non potrebbe trovarti con tanta facilità.”

I due fidanzati si scambiarono uno sguardo. “Non sappiamo quali spie abbia al suo servizio,” riprese Inuyasha, “ma è possibile che siamo stati seguiti fin qui senza rendercene conto.” Aveva già riflettuto su questa possibilità, considerando che lo stesso Sesshomaru era stato spiato senza che se ne accorgesse. E per quanto avesse fatto attenzione mentre giungevano al villaggio, non poteva ignorare l’eventualità. “Quindi non possiamo sapere con certezza se qualcuno sappia dove stiamo o se, venendo qui, si aspettino di trovare Kagome. Per questo, credo che essere incauti non sia il modo giusto di procedere.”

“E io non sono così stupida,” aggiunse Kagome. “Voler combattere non significa buttarmi nella mischia senza alcuna cautela. È un buon compromesso.”

Koji sorrise loro, contento di come stessero gestendo la situazione ma anche del loro affiatamento.

“È deciso, allora. Kohaku scorterà Izayoi al sicuro: lì potrà aiutare con i rifornimenti o con i feriti che vi saranno mandati nel mezzo della battaglia. Tutti noi combatteremo al meglio delle nostre capacità.” Il suo sguardo si posò su ognuno di loro. “Non deludetemi.”


 


N/A: Scusate il ritardo, ma l'importante è che il capitolo ora ci sia, no 😉? Anche il prossimo arriverà un po' più tardi del solito, ma non troppo, quindi spero di trovarvi sempre qui a leggerlo. 
Per qualsiasi informazioni, domanda, commento, mi trovate sempre disponibile. Un abbraccio a tutti!

 

   
 
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