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Autore: EleAB98    29/03/2023    4 recensioni
Amanda Benassi è appena diventata una scrittrice affermata.
Non è mai stata una ragazza particolarmente estroversa, tantomeno appariscente. Tutto d'un tratto, si ritroverà catapultata in una realtà completamente diversa da quella di un tempo, diventando oggetto delle più svariate attenzioni maschili.
Ma sarà un uomo in particolare a catturare tutta (o quasi) l'attenzione della giovane, stravolgendo a poco a poco la sua esistenza.
Emozioni contrastanti faranno da sfondo a quella vita che, pur avendo sempre sognato, si rivelerà più impegnativa del previsto, mentre le ombre di un passato mai dimenticato la travolgeranno a viva forza, spingendola ad affrontare una verità del tutto sconvolgente.
Amanda sceglierà, prima o poi, di cedere alla forza dei propri sentimenti? Chi farà mai breccia nel suo cuore?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO IX


 



Aveva trascorso buona parte della domenica a riempirsi la testa di album targati Stackridge pur di non alimentare l'eterno conflitto tra cuore e ragione; un acceso conflitto che minacciava, più di qualsiasi altra emozione, di farla uscire di senno. Stravaccata sul divano, una bottiglia semivuota di acqua tonica in mano, tornò d'improvviso ad arrovellarsi il cervello con l'ennesima, scomoda domanda: cosa avrebbe detto ad Alessandro? E a quale stratagemma sarebbe ricorsa per defilarsi a seguito della consueta presentazione e prendere il primo treno per Torino? Magari poteva rifilargli la solita scusa: una tremenda nostalgia l'aveva travolta come un fiume in piena, spingendola a rimettere piede "in patria" prima del previsto.

Scosse la testa, inorridita dai suoi stessi pensieri. Mr. Mick, il quinto album degli Stackridge, continuava nel frattempo a fare da sfondo a quelle tormentose elucubrazioni che, come al solito, minacciavano di distoglierla dai suoi buoni propositi. Perché bagnarsi la testa prima di piovere? Magari l'indomani avrebbe avuto il coraggio di rivelargli la verità, e... Scosse ancora la testa. Sei solo una vigliacca. Ecco cosa sei! si redarguì, le note dell'album suonavano sempre più lontane alle sue orecchie. Non sarebbe mai riuscita a dirglielo, o perlomeno non tanto presto. In fin dei conti, aveva visto Federico soltanto tre volte, e non le era nemmeno ben chiaro cosa provasse nei suoi confronti – tralasciando una grande curiosità e quella strana attrazione che la spingevano a scandagliare ogni suo singolo cambiamento di espressione, come ad analizzare ogni sua parola. Quindi... perché parlargliene subito?

Amanda sospirò. Alcune volte, incredibile a dirsi, quasi rimpiangeva quegli intensi pomeriggi trascorsi a studiare sui vari tomi universitari coltivando la segreta speranza di superare con successo i numerosi esami di profitto. Nessun problema, nessun retropensiero che non riguardasse in via esclusiva la materia in questione, nessun pomeriggio "vuoto". Adesso, invece... aveva a sua disposizione davvero tanto, fin troppo tempo per processare gli ultimi avvenimenti, per analizzare con estrema calma quella caterva di sentimenti che, pur avendo in larga parte accantonato durante quegli anni, non erano certo scomparsi. Per pensare a cosa dire ad Alessandro, a come comportarsi con quel Federico.

Si alzò pigramente dal divano, le mani in fronte. Era appena diventata una scrittrice affermata e tutto quello a cui riusciva a pensare era dannarsi sulla questione Alessandro e assimilati? «Ah, uomini!» esclamò, esasperata. Quei due le avrebbero mandato in pappa il cervello, prima o poi!

Trattenendo uno sbuffo, raggiunse la corposa libreria situata nell'angolo sinistro del soggiorno. Qualche settimana prima aveva modificato quasi completamente la disposizione dei vari libri su ognuno dei sei scaffali che la popolavano, come soleva fare due volte al mese. Se qualcuno avrebbe giudicato questa operazione a dir poco insolita – oltre che una faticaccia inutile –, per Amanda nascondeva un ben preciso significato. Inspirò a fondo, quindi chiuse gli occhi, entrambe le mani posate sul terzo scaffale. Fece avanti e indietro con i palmi delle dita almeno un paio di volte; poi si fermò, di scatto, puntando l'indice destro contro un libro a caso. Riaprì gli occhi.

La Bottega dell'Antiquario, di Charles Dickens.

Bingo! pensò, i suoi occhi si illuminarono all'istante. In tutti gli scaffali si era divertita a posizionare qualche romanzo che non aveva ancora avuto modo di leggere, e questa volta le era andata proprio di lusso. Qualche giorno prima aveva infatti pescato Il Cavaliere Inesistente di Calvino, che però aveva già letto un paio di volte, perciò aveva pensato di ritentare la fortuna lasciando passare un'altra settimana. Sì, magari era un gioco stupido, ma a lei piaceva parecchio dilettarvisi.

Estrasse il libro di Dickens e, non appena l'aprì, vi avvicinò il viso e saggiò l'odore della carta. L'aveva sempre fatto, fin da piccola. Inutile dire che, in virtù della sua forte allergia agli acari, la madre l'aveva spesso rimproverata per quel gesto, a suo dire sconsiderato. Le sfuggì un sorriso, ma subito dopo le salirono le lacrime agli occhi. Decisa a non dar credito alle solite quisquilie, richiuse lo sportelletto della libreria, si passò una mano in viso e tornò sul suo amatissimo divano. D'altronde, quando certi pensieri si facevano troppo insistenti – se non addirittura insopportabili –, per Amanda non esisteva miglior cura che la lettura di un buon romanzo.

 

§

 

Amanda non ebbe più dubbi sul fatto che la dea bendata l'avesse assistita per ben due volte non appena Alessandro ricevette, proprio al termine dell'ennesima presentazione imbastita nel primo pomeriggio di quel lunedì, un'improvvisa telefonata che, a quanto pareva, l'avrebbe tenuto occupato per un bel po', impedendogli di indagare seduta stante sul conto della ragazza, che nel frattempo ne aveva approfittato per raggiungere l'albergo e prelevare tutto il necessario per la prossima partenza. La prima botta di fortuna aveva riguardato, invece, la scelta della location: trovandosi nei pressi del capoluogo ligure, non sarebbe stato poi troppo difficile raggiungere Torino. Certo, una parte di sé ammetteva quanto la cosa potesse risultare rischiosa. Non aveva detto a nessuno dove si sarebbe diretta, d'altra parte non conosceva nemmeno così bene Federico da potersi fidare completamente di lui. Amanda storse la bocca. Non voleva rovinarsi la giornata fustigandosi a più riprese con quelle insulse paranoie. Federico era un uomo perbene, lei l'aveva constatato al primo sguardo, e benché non potesse essere totalmente certa della sua buona fede, sentiva comunque di doversi affidare al cuore e all'istinto.

Accasciò la testa sul sedile e si preparò alla partenza. Le solite cuffiette nelle orecchie, lo sguardo fisso sullo schermo del telefonino, incantata dall'ennesima performance live dei GenesisChissà se Federico conosce questo fantastico gruppo quanto lo conosco io, si chiese, incuriosita. Un trillo improvviso la fece sussultare. Nella barra delle notifiche comparve un nuovo messaggio.

Dove sei? Un giornalista di paese avrebbe voluto intervistarti...

Rabbrividì. Si trattava di Alessandro.

Amanda digitò rapidamente un messaggio di risposta. Sono in treno.

In treno?!

Sì. Sto tornando a Torino.

Nostalgia "di casa?"

Una specie...

Amanda strinse i pugni. Non voleva più mentirgli e, suo malgrado, lo stava facendo ancora.

Beh, allora ti auguro buon viaggio. Ci vediamo più tardi... Buon proseguimento.

La ragazza lo ringraziò e frullò il cellulare nella borsa, l'aria sconsolata. Tutt'a un tratto, non aveva più nessuna voglia di ascoltare della buona musica.

 

§

 

Il cielo di un azzurro limpido, un fresco venticello che l'avvolgeva, il sole splendente. Quasi sembrava una giornata d'estate. Amanda si guardò intorno. Piazza Carignano pullulava di persone, l'emozione che scorreva a fiumi nelle sue vene. Guardò l'orologio. Erano appena passate le sedici, ma non le parve di vedere Federico nei dintorni, tantomeno lo trovò seduto su quella panchina in cui aveva detto che l'avrebbe aspettata. D'altronde, quella stessa panchina era adesso occupata da una coppietta sdolcinata che non sembrava volersi schiodare da lì tanto presto – un uomo sui trent'anni stava amoreggiando con la sua dolce metà con ammirevole trasporto e, di tanto in tanto, le rifilava un sorriso adorante. A quella visione, Amanda non riuscì a trattenere un sonoro sospiro. Seppur con leggera ritrosia, non poteva non ammettere quanto le mancasse abbandonarsi a quel genere di effusioni. Non che avesse mai reputato il suo Daniele come "il ragazzo più romantico del mondo", anzi. Ciononostante, alcune volte percepiva quel tipico senso di "mancanza fisica" che spesso accompagna la fine di una relazione. Pur non serbando rimpianti, anelava come l'acqua nel deserto quel genere di affetto e di carinerie, benché facesse di tutto per non darlo a vedere, per mostrarsi forte – e a tratti imperscrutabile – agli occhi degli altri.

Scostò lo sguardo da quel delizioso quadretto e tirò fuori il romanzo di Dickens dalla borsa. Voltò loro le spalle, fece qualche passo e, raggiungendo un muricciolo posto ai lati della grande piazza, vi si accostò, quindi prese ad ammazzare il tempo leggendo qualche altra riga del primo capitolo, non mancando di scostare lo sguardo di tanto in tanto per vedere se Federico sarebbe comparso. Passarono buoni cinque minuti, o forse di più. Amanda, sempre più coinvolta nella lettura, si isolò quasi del tutto dall'ambiente circostante, entrando nella sua bolla di felicità.

«Le piacciono i classici?»

Amanda alzò di scatto la testa, ma non vide nessuno davanti a sé. Si voltò allora verso la sua sinistra e incontrò quegli occhi verdi, un breve tiro di sigaretta, l'espressione concentrata. «Mi scusi tanto, la curiosità mi ha spinto a sbirciare titolo e autore, e così...» Scrollò le spalle, lo sguardo rivolto al palazzo di fronte, la sigaretta tra le dita. Amanda notò che la stava letteralmente torturando, residui di cenere mista a tabacco stavano, a poco a poco, sparpagliandosi intorno ai suoi scarponi invernali di camoscio, totalmente neri come il resto dell'abbigliamento. Lo squadrò per un breve istante. Pantaloni classici, un lungo giaccone invernale che al di sotto lasciava intravedere un maglione in cashmere. Come sempre, non poté non trovarlo affascinante. Tornò sul suo viso e notò che la stava guardando anche lui.

La ragazza richiuse il libro, mentre il suo cuore prese a battere più velocemente. Come al solito, non le riuscì di identificare quell'intenso turbinio di emozioni che si stavano scatenando dentro di lei.

«Sospettavo sarebbe arrivata prima di me...» continuò lui, la mano sinistra a grattare la sigaretta, «Purtroppo ho avuto un contrattempo in ospedale...»

«Non si preoccupi. Ho immaginato. E comunque... sì, non mi dispiacciono i classici. Ho pescato questo libro dalla mia biblioteca personale, e devo dire che mi sta piacendo molto», disse lei, riponendolo in borsa.

L'altro annuì. «Vogliamo andare?»

«Certo.» Ancora una volta, lo scrutò con la coda dell'occhio. Le labbra serrate, lo sguardo corrucciato. Non le sembrava "il solito Federico". Senza contare che, da quando era arrivato, non le aveva elargito nemmeno un sorriso. «È forse... è forse preoccupato per qualcosa?» gli chiese, titubante.

Federico si avvicinò al secchio della spazzatura più vicino e vi gettò, dopo aver fatto un ultimo tiro, la mezza sigaretta che fino a quel momento aveva quasi stritolato tra le dita.

Davvero bizzarro, pensò Amanda. Alcuni miei compagni di università avrebbero giudicato un peccato mortale sprecarne anche una sola briciola. Erano dei grandi patiti di tabacco.

«Diciamo pure che non è stata una delle mie giornate migliori. Ma d'altronde, ogni professione ha i suoi alti e bassi.»

«Me ne vuole parlare?» gli domandò, poco convinta.

«Com'è andato il suo weekend?» le chiese lui di rimando, come se Amanda non gli avesse detto nulla.

La ragazza non insisté, lo sguardo fisso sulla strada. Lei e Federico avanzavano all'unisono ai lati della stessa e, nel mentre, Amanda stava perdendosi nell'ammirare quegli splendidi scorci torinesi di cui aveva quasi dimenticato l'esistenza. Non si sentì offesa per la sua mancata risposta, ma non poteva negare che un vago senso di disagio l'avesse colta. «Non male, direi. Ho continuato ad approfondire la discografia degli Stackridge e non posso che confermare la mia impressione iniziale: sono davvero fenomenali!» esclamò, provando ad alleggerire l'atmosfera.

«E pensare che ho fatto lo stesso anch'io con Pat Metheny...» farfugliò lui, in tono leggermente più rilassato. «Certo, nei pochi ritagli di tempo che mi sono concessi.»

Anche stavolta, Amanda avrebbe tanto voluto sapere cosa gli stesse passando per la testa. Era chiaro che un qualcosa lo stesse turbando, ma le era altrettanto chiaro che non avesse intenzione di confidarsi con lei.

«Mi scusi tanto, forse oggi non sono troppo di compagnia», se ne uscì, come se le avesse letto nel pensiero. «Ma sono pronto a lasciarmi tutto alle spalle gustandomi un buon concerto di musica classica.»

«Lo ha detto lei, tutti hanno delle giornate no. Anche se... presumo che la sua non sia ancora terminata...» Scosse la testa, convinta di aver fatto un altro passo falso. «Mi scusi davvero, non volevo immischiarmi nei suoi affari», snocciolò, cercando di nuovo il suo sguardo. «È che—»

«Non deve affatto scusarsi.» L'uomo si fermò ai lati della strada, gli occhi incastonati in quelli di lei. «Anzi, sono io che...» Sospirò. «Ho iniziato col piede sbagliato, ma le assicuro che non era mia intenzione. Può... può perdonarmi?»

Amanda osservò il primo, lieve accenno di sorriso di quel pomeriggio palesarsi sul suo volto. «D'accordo. Ma a una condizione.» Incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio, gli angoli della bocca piegati all'insù.

«Sono tutt'orecchi.»

«Be', la scorsa volta... mi ha detto che lei è di qui... Però ha detto anche che è stato fuori per molti anni, e—»

«Vorrebbe sapere dove sono finito a esercitare», completò lui, un cipiglio pensieroso gli indurì i tratti del viso.

«È una lunga storia. Comunque, a ventitré anni ho deciso di partire per l'America. Mi sono sistemato a San Diego. E... e ci sono rimasto per buona parte della mia vita. Lì ho completato la mia formazione e ho provato a costruirmi una solida carriera. Qui a Torino ci tornavo giusto di tanto in tanto per venire a trovare i miei parenti.»

«Le è dispiaciuto partire per l'America?»

Federico si fermò di scatto. «Perché pensa questo?» le domandò, con un pizzico di severità nella voce.

Amanda trattenne il respiro per qualche secondo. «Non lo so... mi è sembrato, come dire... mi è sembrato di cogliere un guizzo di malinconia mentre ne parlava.»

Per tutta risposta, l'altro allungò il passo, il capo chino e le mani in tasca. La ragazza, ancora scossa per quel rinnovato quanto improvviso cambiamento di attitudine, provò imbarazzo e dispiacere insieme. Se da un lato – e fin dall'inizio – le era parso un tipo piuttosto riservato e, seppur discreto e gentile, poco incline alla manifestazione di un qualsiasi genere di sentimento, allo stesso tempo l'aveva giudicato estremamente interessante, e, in alcuni momenti, non meno simpatico e alla mano. Questa sua ambivalenza, però, stava cominciando a confonderla. Semplicemente non è ancora pronto a sbottonarsi, pensò, cercando di minimizzare la cosa. Senza contare che la sua giornata non è stata così idilliaca. E poi... tu saresti pronta a confidarti con un perfetto estraneo? In mezzo a tutti quegli interrogativi, si accorse che Federico si era fermato di colpo, lo sguardo rivolto verso l'alto. La Mole Antonelliana, monumento simbolo della città, si ergeva imponente mostrando a chiunque le si avvicinasse quell'eccentrica cupola a guglia che suscitava un senso di profonda maestosità.

«Era da tanto tempo che non passavo da queste parti», mormorò lui, notando che Amanda gli si era avvicinata quel tanto che bastava ad ammirare la Mole. «Di solito mi concedo sempre un giretto in moto a tarda sera, ma difficilmente degno questa bellissima città dell'attenzione che merita.»

Amanda avrebbe tanto voluto chiedergli il motivo, ma s'impose di tenere a freno la lingua. L'espressione dell'uomo si era fatta ancora più severa; a tratti malinconica.

«Sono tanti i ricordi che mi legano a questa città», continuò, un sospiro impercettibile riverberò nell'aria. «Ed essendo tornato qui da poco tempo, be'...» Scrollò le spalle. «Lei, invece? Conserva altrettanti bei ricordi di questo posto?» le chiese, guardandola di sottecchi.

Chissà cosa l'ha spinto a ritornare su questi lidi, si chiese Amanda, le sue parole ancora a vorticarle in testa.

Altrettanti bei ricordi. Sorrise appena. Federico le aveva fornito un indizio sottile senza neanche accorgersene. «Sì», gli rispose. «Dopo che i miei si sono trasferiti, siamo tornati qua a Torino molto raramente. Però... tutte le volte che papà mi riportava qui affinché stessi dai nonni per un po'... era sempre una festa», sussurrò, il cuore in gola.

«Posso immaginare. Ma... dalla sua biografia mi pare di aver letto che è nata e cresciuta nella città di Monferrato. Quindi... perché questo profondo attaccamento verso Torino?»

Amanda spalancò gli occhi. Non si aspettava che lui ricordasse un simile particolare, tra l'altro nemmeno riportato su tutte le quarte di copertina dei suoi romanzi. E di certo, non si aspettava una simile domanda. Arricciò le labbra. «Me lo sono sempre chiesta anch'io, sa? E ammetto di non sapermi spiegare del tutto quello che provo nelle rare occasioni che mi capita di fare un salto qui. È come se...» Increspò la fronte. «È come se ogni volta stessi tentando di afferrare un qualcosa che non ho mai sentito davvero mio. Mi sento come un cercatore d'oro. Forse qualcuno direbbe che sono costantemente À La Recherche Du Temps Perdu. Sì, magari si tratta soltanto di questo.»

«E così è anche una fanatica di Proust», osservò lui, con uno strano sorriso.

Ad Amanda quasi scappò da ridere. «Oh, non proprio in realtà. Ho letto solo i primi due libri del grande Marcel. Tanto tempo fa li ho scovati nella casa dei nonni, nella vecchia soffitta. Li ho praticamente divorati.»

«E non le è venuta la curiosità di cibarsi degli altri cinque?»

«Lei... lei li ha letti tutti

Federico riprese a camminare, un leggero cenno del capo rivolto ad Amanda affinché lo seguisse. «Forse ne resterà delusa, ma no. Non ho letto neanche mezza parola di quell'opera», ammise candidamente.

Il modo in cui lo disse scatenò in lei una risata divertita.

«La mia poca costanza mi spingerebbe prima di subito ad abbandonare l'impresa», sogghignò, tra il serio e l'ironico.

«Come lo conosce? Proust, intendo.»

«Alle magistrali ho studiato francese. Ai miei tempi, l'inglese non era contemplato.»

Amanda rifletté un momento. Cavoli, allora è proprio così! Ha più o meno l'età di mio padre! «Però conosce anche Dickens», gli rispose, mentre nella sua testa cercava di scacciare la figura del genitore.

L'uomo fece spallucce. «Andiamo... Chi non ha mai visto Il Canto di Natale in televisione?»

Amanda abbassò lo sguardo, un'improvvisa, feroce morsa alla bocca dello stomaco. Si fermò di scatto, un profondo respiro per cercare di placare quello stato di terribile agitazione che l'aveva appena colta in fallo.

«Si sente bene?» domandò Federico con viva apprensione.

«Sì», farfugliò lei, lo sguardo vacuo e il respiro sempre più affannoso.

«No che non sta bene. Ha una pessima cera.» Le tastò la fronte con il palmo e scosse la testa. Le si avvicinò leggermente, quindi la sostenne con dolcezza per le spalle. «Cerchi di mantenere la calma, respiri a fondo. Sente qualche dolore, una qualche—»

«La prego, non si preoccupi», reiterò Amanda, mentre una lacrima sfuggì al suo controllo. Gli voltò le spalle giusto in tempo, il respiro ancora leggermente irregolare. Non agitarti, continuava a ripetersi. Non agitarti.

Con delicatezza estrema, Federico si riavvicinò alla ragazza e, nuovamente, posò entrambe le mani sulle sue spalle, avvolte da un caldo giaccone di lana. «Stia tranquilla», le sussurrò. «Faccia dei respiri profondi e cerchi di pensare a qualcosa di bello.»

Amanda tentò di concentrarsi sulle sue parole. Qualcosa di bello. Aver rivisto Federico era stata senz'altro una piacevole emozione, per lei. Inspirò a fondo, le mani a stringere la borsa. A poco a poco, anche il solito mal di pancia che la coglieva nei momenti più ansiogeni cessò.

«Brava. Così.»

La ragazza permise che il confortante suono della sua voce, parimenti a quel tocco tanto impercettibile quanto solido, la avvolgesse come la più sublime delle carezze.

«La ringrazio», riuscì a dirgli, gli occhi lucidi.

«Le succede spesso?» Federico si scostò da lei, ma alcuni tratti del suo viso tradivano ancora una forte preoccupazione.

Amanda scosse la testa, quindi represse l'impulso di piangere. «No. Cioè... non ho mai sofferto di attacchi di panico, ma alcune volte mi assale una terribile ansia. Era da mesi, però, che non ricapitava.»

«Spero di non essere stato io a turbarla. Forse ho detto qualcosa che—»

«Ma no, non lo pensi nemmeno.» La ragazza sorrise debolmente. «A volte mi coglie di sorpresa, tutto qui. Lei non c'entra niente.» Solo... un ricordo piuttosto sgradito, appurò, la sofferenza che lo stesso le provocava non le permise di buttarlo fuori.

«Se non se la sente più di venire al concerto, posso riaccompagnarla in stazione immediatamente.»

«Non è necessario. Dico davvero, mi sento già molto meglio. Proseguiamo pure.»

«Ne è sicura?»

«Quanto è vero che mi chiamo Amanda Benassi!» esclamò lei, rassicurandolo con lo sguardo. Non voleva più pensare a ciò che era stato.

Federico sorrise. «D'accordo. Però veda di non farmi più scherzi del genere, eh!»

«Ah, questo non glielo posso garantire, ma... ma d'altra parte devo confessarle di non aver mai visto Il Canto di Natale in televisione.»

Federico spalancò gli occhi. «Spero vivamente che lei stia scherzando.»

«No. Purtroppo non scherzo affatto.» Amanda cercò di pronunciare quella frase con tutta la naturalezza possibile. Senza contare che il cipiglio sorpreso di Federico – fino a quel momento sconosciuto – l'avrebbe indotta, in circostanze normali, a sbellicarsi dalle risate.

«Be', mi permetta di dirle che deve assolutamente rimediare», rispose lui. «Senta... lo so che magari la proposta che sto per farle le sembrerà un po' insolita. Ma...» Federico analizzò a fondo la sua espressione. «Non so, se io la invitassi a guardare questo film insieme, magari un sabato pomeriggio, cosicché possa tornare subito ai suoi impegni... potrebbe farle piacere?»

Amanda rimase senza parole. Se da una parte quella proposta l'aveva spiazzata, dall'altra si chiedeva se potesse riuscirle una simile impresa. Perché per lei, a tutti gli effetti, non poteva trattarsi d'altro. Sarebbe stata una impresa da Dio ritrovarsi faccia a faccia – e di punto in bianco – con un passato le cui tracce aveva tentato, in bilico tra l'amarezza e la speranza più fervida, di cancellare con tutte le sue forze. Sarebbe stata una sfida che avrebbe potuto anche perdere. Ma chissà che la vicinanza di Federico non avrebbe potuto mitigare quel sentimento così malevolo e avvilente. Amanda ripensò al tocco delicato di Federico. Si era sentita protetta, in quel momento. Quasi come se, dopo aver vissuto per anni in mezzo alla tempesta, avesse attraccato in quel porto sicuro che anelava da tanto, troppo tempo. Federico riusciva a trasmetterle una calma e, a tratti, una spensieratezza impressionanti. In barba al fatto che avesse anche lui i suoi momenti. E in barba al suo carattere che, per alcuni versi, le sembrava abbastanza spigoloso. «Posso... posso pensarci un attimo?»

«Ma certamente. Non mi deve rispondere subito, ci mancherebbe.» Federico inarcò un sopracciglio e si morse di sfuggita labbra. «Avrei una richiesta da farle, però.»

«Quale?»

«Me lo fa un sorriso? E, badi bene, questa è l'unica condizione che le impongo per poter procedere spediti verso la meta.»

Amanda si lasciò sfuggire una risatina sommessa. Spigoloso un corno, pensò, sbigottita. «Mi dica un po'... si sta vendicando per prima?»

«Chissà... forse», decretò lui, sorridendo sotto i baffi. «Ma almeno sono riuscito nel mio intento.»

La ragazza apprezzò molto il suo tentativo. Tra l'altro, Federico non sembrava più avvolto da tutta quell'aura di fredda riservatezza che aveva ostentato fino a qualche minuto prima. Avanzando più speditamente, di tanto in tanto continuavano a concedersi la tacita, appassionata visione di alcuni dei più suggestivi angoli della città. «Comunque, tornando a Proust...» fece Amanda a un certo punto, «Mi ero proposta, in effetti, di continuare a leggere La Recherche, ma ora per un motivo ora per un altro non ne ho mai trovato il tempo... Penso che prenderò in prestito i romanzi successivi in biblioteca... Magari ci riuscirò prima del prossimo Natale», sogghignò.

«Glielo auguro. Posso chiederle quando le è frullata per la testa l'idea di scrivere un romanzo?»

Ad Amanda piacque molto quella domanda. D'altronde, la scrittura sarebbe sempre stata il suo oggetto di discussione preferito. Soprattutto perché le permetteva di fuggire, per un qualche momento, dalla realtà. «Ho sempre scritto. Sin dalle scuole elementari, le maestre mi dicevano che avevo una fantasia davvero fervida. Il mio primo, vero tentativo risale, però, a quando ho compiuto sedici anni. Avrei voluto scrivere una storia d'avventura, ma presto ho capito che la mia vocazione erano i gialli. Soltanto che mi ci sono voluti un po' di anni per scriverne di decenti.»

«Be', direi che la serie sul commissario Beltrand ha ottenuto un gran successo.»

«A quanto pare sì. In tutti i miei libri ho inserito un pezzo di me. Quel commissario mi assomiglia parecchio», rivelò.

«Credo sia inevitabile inserire qualcosa di sé quando si scrive. È come se questo ci aiutasse a esorcizzare determinate questioni.»

Amanda corrugò la fronte. «Anche lei scrive?»

«Scrivere è una parola grossa. Diciamo che di tanto in tanto mi diletto a scribacchiare, questo sì. Però non sono certo bravo quanto lei.» Rise appena. «Certe volte l'ispirazione mi spinge a farlo persino di notte.»

«Pensi che io scrivo quasi sempre di notte! Comunque... le confesso che mi piacerebbe un sacco leggere qualcosa di suo.»

L'altro fece una smorfia. «Gliel'assicuro, i miei scritti la annoierebbero a morte.»

«Caspita... ha un'opinione così alta di se stesso?» ironizzò Amanda, pensando a quanto, nella veste di uomo timido, apparisse decisamente più dolce di quanto non fosse in realtà.

«Di me sicuramente no. Ma del bellissimo teatro qui di fronte ho un'opinione più che lusinghiera. Siamo arrivati giusto in tempo», sentenziò lui, guardando l'orologio.

«Allora sarà meglio affrettarsi», completò Amanda mentre si avvicinava, a grandi passi, all'entrata del celebre Teatro Erba.

 

§

 

Il concerto l'aveva lasciata senza fiato. Il musicista che avevano ingaggiato possedeva un talento unico e raro. Pur non essendo una patita di musica classica, Amanda si era lasciata catturare fin da subito dalle sublimi note di Chopin e Mozart, e Federico non era stato da meno. Raramente le aveva lanciato qualche sguardo, tra l'altro l'aveva fatto soltanto per assicurarsi che lei si stesse godendo lo spettacolo, o perlomeno la sua espressione le aveva suggerito questo. Non aveva tentato alcun approccio differente dal semplice – e flebile – sorriso che già raramente si concedeva, ma d'altra parte Amanda non si era sentita per nulla a disagio.

«La ringrazio ancora per avermi accompagnato», le disse lui, appena usciti dal teatro. «Spero che le sia venuta voglia di prendere lezioni, adesso che ha sentito suonare quel bravissimo pianista.»

«Bravo davvero!» concordò Amanda. «Non c'è di che, comunque. Mi ha fatto molto piacere venire. E devo dire che sì, ora come ora mi metterei a strimpellare il piano come se non ci fosse un domani!»

«Lo faccia, allora. D'altronde, cosa glielo impedisce?»

Amanda sorrise. In effetti, non ci sarebbe stato niente che gliel'avrebbe impedito. «Al termine del tour promozionale lo farò sicuramente.»

Federico strabuzzò gli occhi per un momento. «Ops, che sbadato! Non le ho nemmeno chiesto com'è andata oggi...»

«Oh, non si preoccupi. È andato tutto come al solito, anche se...» Non terminò la frase, ammonendosi mentalmente.

«Anche se?» la incalzò lui, un sopracciglio inarcato e le mani in tasca.

«Niente, solo che...» Amanda lo guardò a malapena. «La sua mancanza l'ho percepita», sparò, tutto d'un fiato. Poco dopo aver detto quelle parole, la ragazza avrebbe voluto sprofondare. Con quale coraggio le aveva pronunciate? Lei, che aveva sempre fatto fatica ad esprimere i suoi veri sentimenti, si era appena affidata al primigenio istinto di confidare un qualcosa di così personale a un uomo che conosceva appena. Devo essere impazzita, pensò, cercando di capire cosa l'avesse spinta a un passo del genere.

Amanda si decise a rialzare lo sguardo. Federico aveva abbozzato il solito sorriso, poi la serietà si era di nuovo impadronita della sua persona. No, non era affatto imbarazzato, ma forse la sua ammissione l'aveva un po' stordito. «Spero di rivederti presto», rispose lui, il suo tono sostenuto contrastava col barlume di speranza che per qualche istante gli illuminò il viso. «Non ti dispiace se ci diamo del tu, vero?»

«Certo che no», lo rassicurò Amanda, tornando a respirare. Sulle prime, aveva quasi creduto che lui si sarebbe nuovamente chiuso a riccio, e che magari l'avrebbe lasciata lì davanti a quel teatro, salutandola in modo scostante e frettoloso.

«Be', allora... alla prossima.» Federico frugò nella tasca della giacca ed estrasse un bigliettino. «Tieni. Così, se ti va, potrai farmi sapere cosa hai deciso», le disse, alludendo alla proposta che le aveva fatto qualche ora prima.

Amanda allungò il braccio e prese quel foglio stropicciato, su di esso un numero di cellulare. Quasi le uscì il cuore dal petto. «Grazie mille. Le farò...» Scosse la testa. «Ti farò sapere senz'altro.»

«Benissimo. Allora a presto.» Si avvicinò e le strinse la spalla a mo' di saluto, quindi si ritrasse subito dopo.

«A presto, Federico.» Gli rivolse un ultimo sorriso e si girò, la punta delle dita a ricalcare le dieci cifre impresse sul foglietto.

«Amanda?» la richiamò lui, causando nella giovane un lieve sobbalzo. Quando si voltò, non le sfuggì il particolare che si stesse rigirando un'altra sigaretta – questa volta spenta – nella mano destra. «Conto di tornare quanto prima a vedere qualche altra tua presentazione, impegni permettendo», le assicurò, guardandola intensamente.

Amanda si limitò a sorridergli ancora, trattenendo un moto di profondo stupore. Nella sua vita c'erano state sin troppe persone che l'avevano illusa con delle promesse che poi erano finite nel dimenticatoio. Eppure, malgrado la razionalità continuasse a dirle di non fidarsi più delle parole altrui, il suo cuore aveva già deciso. Il suo cuore pretendeva che lei confidasse in Federico, in quegli occhi penetranti dall'aria sfuggente ma, a tratti, rassicurante. «Allora ti aspetto, e... e grazie ancora per questa giornata», gli rispose, quindi prese a incamminarsi in direzione della stazione. Dopo qualche secondo, però, non resistette all'impulso di girarsi di nuovo. Anche stavolta, vide Federico compiere quel rito che per lui doveva essere quotidiano: accesa la sigaretta, ne aspirò infatti la solita, lunga boccata e, a poco a poco, scomparve tra la folla.

   
 
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