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Autore: dirkfelpy89    31/03/2023    0 recensioni
1998 - il il Canada–France–Hawaii Telescope osserva per la prima volta, dalla terra, il satellite di un asteroide: 45 - Eugenia. In cerca di ispirazione per dare un nome a quel piccolo satellite, a Lucienne, una ricercatrice, viene chiesto di portare il diario di sua nonna, contenente, tra tante cose, la triste storia di Eugenio Napoleone, l'unico figlio dell'ultimo imperatore francese Napoleone III.
Questa è la storia dei suoi ultimi anni.
"Un piccolo asteroide che orbita intorno a 45 Eugenia… non è possibile," sussurrò Lucienne, osservando il quaderno e cercando ancora una volta di ricacciare indietro le lacrime. "Le Petit Prince."
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Napoleonico, Età vittoriana/Inghilterra
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Capitolo 8, Scandinavia e Africa



Novembre 1878

Il battello solcava rapido le fredde acque del Baltico mentre una pioggerellina fredda tormentava il loro viaggio ormai da ore.
In lontananza gli stanchi viaggiatori avrebbero potuto notare, sulla linea dell'orizzonte, l'apparire delle bianche coste di Dover.
Avrebbero perché, in realtà, la maggior parte dei passeggeri erano riuniti all'interno, intorno al grosso camino che riscaldava il salone di prima classe. Ma Luigi Eugenio non si curava del maltempo, si era preso così tanta pioggia durante la guerra Franco-Prussiana che ormai c'era abituato e, in piedi sul ponte, stringendosi nel lungo cappotto per ripararsi dal freddo, osservò le coste dell'Inghilterra provando, come ogni altra volta, delle sensazioni che non riusciva bene a spiegare. Da una parte era felice di tornare a Camden House ma dall'altra si ricordava che quella non era davvero casa sua.
La sua vera patria si trovava da tutt'altra parte.

"Signore, gli ufficiali hanno appena comunicato che entro breve saremo arrivati. Vi suggerisco di tornare all'interno e di prepararsi."
Eric Debois, il suo assistente, che l'imperatrice Eugenia aveva appositamente scelto per accompagnare il principe in Scandinavia (Luigi Eugenio sospettava che l'avesse scelto per sorvegliarlo ed evitare che lui indugiasse troppo nel letto di qualche nobile scandinava) prontamente lo recuperò e lo convinse a tornarsene al calduccio.
Normalmente il principe si sarebbe rifiutato, e tra i due sarebbe nato l'ennesimo diverbio di quel viaggio, ma la verità era che Luigi si sentiva davvero troppo stanco per replicare e quindi, placidamente, dette ascolto alle parole dell'assistente e insieme rientrarono all'interno delle comode e calde pareti del battello.

Il resto del viaggio Luigi lo passò con un bicchiere di scotch ghiacciato in mano, seduto in disparte, osservando gli altri passeggeri di prima classe intenti a parlare di affari oppure a giocare a carte.
Nessuna delle due attività lo attirava più di tanto in quel momento.
Quel breve viaggio in Scandinavia si era rivelato molto illuminante: lo aveva messo in contatto con una cultura per certi versi diversa, si era temprato nel freddo clima svedese per la prima volta da solo, eccezion fatta per Eric.
Sua madre ne aveva approfittato, infatti, per fare un breve viaggio in Germania dove viveva una qualche cugina di non sapeva bene quale grado, e adesso lo stava aspettando, pronto per riceverlo con tutti gli onori.

Il viaggio proseguì senza nessun altro scossone e un paio di ore più tardi finalmente la nave attraccò nel porto di Dover.
Luigi ne approfittò per salutare il capitano e l'equipaggio, ringraziandoli per quel viaggio tutto sommato piacevole, e poi scese la passerella con Eric alle spalle che arrancava, portando due valigie (la sua e quella del principe). Sì, sarebbe stato nobile aiutarlo, ma vederlo sbuffare, rosso per lo sforzo, lo divertiva troppo… insomma, doveva fargliela pagare in qualche modo per quanto fosse stato antipatico, durante il loro viaggio.

Il porto come sempre brulicava di vita. Luigi vide con la coda dell'occhio numerosi lavoratori e viaggiatori che erano appena arrivati o che stavano aspettando di cominciare il loro viaggio.
Erano quasi arrivati all'uscita quando un uomo alto, in uniforme nera, si avvicinò a loro.
"Le Prince Imperiale?"
Chiese, in un perfetto francese.
"Oui. Chi siete?"
"Il mio nome è Marc Lefleur, e sono stato assunto direttamente dall'imperatrice Eugenia. Avrò l'onore di accompagnarla a Camden House con la mia carrozza, molto più veloce della concorrenza che potrete trovare fuori di qui."

E così, senza dire un'altra parola o aspettare una risposta, prese le due valigie dalle mani di Eric e senza alcuno sforzo apparente si avviò verso l'uscita.
"Vostra madre è davvero una santa, l'ho sempre detto," esalò l'assistente, massaggiandosi le mani indolenzite.
Il principe fece per rispondergli, ma una voce a lui nota lo distrasse completamente.
"Luigi! Luigi!"

Si voltò e con sua somma sorpresa vide Philip Gambrin, un suo vecchio compagno di accademia.
Non era cambiato di una virgola dall'ultima volta che lo aveva visto: i corti capelli biondi erano gli stessi, così come gli occhi azzurri e il viso paffutello. Indossava con cura, e un pizzico di orgoglio, l'uniforme rossa dell'esercito britannico.
I due si strinsero calorosamente la mano, del resto non si vedevano da alcuni anni anche se non mancavano di scriversi diverse lettere per le festività.
"Sergente Gambrin, che piacere rivederti," esclamò Luigi, notando i gradi presenti sulla giubba dell'amico.
"Il piacere è il mio. Sì, sono fresco di nomina, anche se non comando i nostri vecchi compagni, mi hanno trasferito in un nuovo corpo circa tre mesi fa," rispose Philip, orgoglioso. "Abbiamo appena terminato un periodo di congedo e siamo pronti a ripartire, quasi sicuramente diretti verso il nostro battesimo del fuoco!"
A quelle parole Luigi si accigliò.
"Dove siete diretti? Che battesimo del fuoco?" Chiese, curioso suo malgrado.
Philip sorrise e disse, abbassando la voce, "non è ancora una cosa ufficiale ma pare che bolla qualcosa in pentola nel Sudafrica, contro il regno degli Zulu. Il Maggiore dice che entro breve ci sarà la guerra, anche se il governo appare titubante."

Era vero, sapeva che la situazione tra l'Inghilterra, in particolar modo tra l'alto commissario Frere e il belligerante regno degli Zulu era molto tesa, ma sarebbe davvero scoppiata una guerra? Chissà come l'avrebbe presa il governo inglese…
"Principe, la carrozza ci aspetta, " Eric lo chiamò.
"Vai pure, anzi mi dispiace se ti ho disturbato ma ti volevo proprio salutare," Philip esclamò, stringendo un'altra volta la mano al vecchio amico. "Non so se coinvolgeranno anche i nostri compagni di Woolwich, ma, insomma, sarebbe stato bello combattere con te. Capisco però che hai altri obiettivi, adesso."
"Sì, a quanto pare sono diventato un politico," sorrise Luigi, congedandosi dall'amico. "Voglio avere tue notizie, mi raccomando!"

L'altro rispose con un cenno del capo e poi tornò dai suoi commilitoni mentre il principe, con Eric alle calcagna, uscì dal porto, diretto alla sua carrozza.

/ / / / / / /



Isandlwana, 22 Gennaio 1879

"Caro Luigi,
Ti scrivo da un luogo sconosciuto nel regno degli Zulu. Il nostro battaglione si sta muovendo ma adesso ci siamo fermati, abbiamo messo su un accampamento, e quindi ne approfitto per scriverti.

La situazione non è male, lord Chelmsford è partito alla ricerca dell'armata Zulu qualche giorno fa e noi siamo rimasti qui, con l'ordine di tenere occhi e orecchie aperte.
Al comando è stato messo Henry Pulleine, tipo a posto, non ha molta esperienza sul campo ma ci tratta con rispetto e questo basta alla truppa.
So che Durnford è partito con la cavalleria ma non so bene dove, ha discusso molto a lungo con Pulleine, ieri sera.

Comunque, non ho avuto occasione di dirtelo nel nostro breve ma piacevole incontro, Margaret sta aspettando il nostro primo bambino, non so se quando riceverai questa lettera lui sarà già nato, ma in ogni caso ti chiedo di darle una mano se le dovesse servire qualcosa, sarà mia premura poi contraccambiare questo grande favore che mi fai.
Mia madre…"


Spari. Grida. Tumulto.
Philip non riuscì a terminare la lettera, l'improvvisa confusione che percepì fuori dalla sua tenda glielo impediva.
Si alzò e corse fuori per capire che cosa stesse accadendo.

Panico. Urla.
Decine e decine di giubbe rosse che correvano alla rinfusa.
"Sergente! Sergente!"
Era il Caporale Fulltram, lo riconobbe dai capelli rossi.
"Che sta succedendo?" Urlò sopra il trambusto. Aveva bisogno di informazioni, di capire che cosa diavolo stesse succedendo.
"Gli Zulu! Ci stanno attaccando," rispose l'altro. "Pulleine ha dato l'ordine di rispondere al fuoco, il Maggiore la sta cercando!"

Bestemmiando, Philip tornò all'interno della tenda, prese l'elmetto e la rivoltella, poi tornò nel caos dell'accampamento. Trovò il Maggiore della sua compagnia già intento a disporre gli uomini per la battaglia.
"Disponetevi su due file, le squadre ben distanziate, caricate i vostri fucili e fate vedere a quelli indigeni perché il nostro esercito è il migliore del mondo," sbraitò, indicando con la sciabola un polverone che lentamente si stava avvicinando alla loro posizione.

Philip obbedì e immediatamente si sistemò accanto alla squadra che comandava, occhieggiando preoccupato le altre compagnie del battaglione che prendevano posizione accanto alla loro, formando un semicerchio in protezione dell'accampamento.
Erano troppo pochi e non avevano nessun tipo di protezione per fermare i nemici.
La sera precedente in diversi avevano chiesto di fortificare il campo ma gli ufficiali si erano rifiutati: era un accampamento provvisorio, non avevo alcuna intenzione di combattere gli Zulu in quella zona.

I rinforzi e la colonna principale dell'esercito si trovavano da tutt'altra parte, le premesse non erano certo delle migliori.
Ma erano pur sempre inglesi, doveva cercare di infondere coraggio nei suoi uomini in qualche modo, non rimanere fermo come uno stoccafisso.
"Saranno armati di lancia e scudo, appena si prenderanno qualche fucilata se la faranno addosso e andranno via, vedrete che sarà così," esclamò ai suoi uomini.
Mentiva, sapeva che gli Zulu non si arrendevano tanto facilmente ma doveva pur dire qualcosa e i discorsi motivazionali non erano il suo forte.
Nonostante la loro situazione fosse difficile però non provava paura: la sua mente era completamente concentrata sul presente, sulla loro posizione, non c'era spazio per pensare al futuro.
A Margaret.
Alla sua vita.

Il polverone si avvicinò ulteriormente e gli inglesi poterono finalmente intravedere i loro nemici.
Erano praticamente nudi, armati di lancia e scudo, ma erano tantissimi, un'enormità, paragonati a loro.
"Non sprecate munizioni. Prendete la mira su un bersaglio e non mollatelo, vedrete che ne usciremo vivi, ragazzi, ci vuole ben altro per batterci," esclamò Fulltram.

La terra iniziò a vibrare, udirono le urla selvagge degli Zulu.
"Usuthu!"
Il loro grido di battaglia.
Poteva scorgere i volti di quelli in prima fila e non vedeva alcun tipo di paura.

"Caricate!"
Urlò il Maggiore, facendo roteare la sciabola. Philip ripeté e tutti caricarono il loro fidato fucile Martini - Henry.
"Puntate!"
Non ci fu bisogno di ripetere il messaggio, più di millecinquecento fucili erano già diretti verso i loro bersagli.
Il terreno continuò a vibrare, sembrava quasi un terremoto. Il polverone ormai si era alzato, potevano chiaramente distinguere i loro avversari mortali.
Si trovavano ormai vicini, a 500 metri.
"Tenete il calcio del fucile contro la spalla, diminuirà il rinculo," suggerì Philip ai suoi uomini che prontamente obbedirono.
Non c'erano altre istruzioni possibili da impartire, sentì il cuore battere praticamente vicino al pomo d'Adamo.
Estrasse la rivoltella ma non la puntò: era fin troppo lontano.

"Fuoco!"
Sbraitò il Maggiore.
"Fuoco!"
Urlò Philip.

Il fracasso provocato dagli spari risuonò per la vallata mentre numerosi Zulu nelle prime file caddero per terra, morti. Ma, contrariamente alle speranze degli inglesi, questo non bastò a spaventarli, anzi, i loro nemici corsero ancora più velocemente e rabbiosamente verso di loro.

"Fuoco a volontà!"
"Fuoco a volontà!"
I soldati obbedirono, altre decine di Zulu caddero per terra, ma ancora questo non bastava a rallentarli o impaurirli. Ogni volta che uno di loro veniva colpito, infatti, subito un altro riempiva il vuoto lasciato dal compagno.
Con il cuore in gola, Philip iniziò a comprendere come il loro destino fosse segnato.

"Formate il quadrato!"
A urlare questa volta non fu il Maggiore, ma direttamente Pulleine, giunto in prima linea.
Una decisione saggia, quando si era in difficoltà come in quel caso, ma ormai era troppo tardi: le varie compagnie iniziarono a muoversi, cercando al contempo di sparare, per creare una formazione difensiva ma già gli Zulu gli erano addosso.
La manovra fallì e ben presto le varie squadre si ritrovarono isolate, fuori posizione; soverchiate e circondate dall'avanzata nemica.
"Al diavolo, tornate all'accampamento. Ritirata, tornate all'accampamento!" Urlò Philip, ma già diverse decine di Zulu stavano attaccando la sua posizione.

Sparò e colpì un nemico sulla fronte.
"Baionette in canna, ritiratevi ma rimanete uniti!"
Ma in quella battaglia era impossibile e ben presto la squadra di Philip si disunì.
Il sergente sparò più volte con la rivoltella, colpendo tre Zulu, cercando di proteggere i suoi compagni dalla ferocia nemica, ma alla fine i proiettili terminarono e con sommo orrore assistette al macello dei suoi uomini.
Milligan, Torpe, Fulltram e tanti altri caddero trafitti dalle lance nemiche così come il Maggiore, il quale perì, ucciso da tre Zulu.

La battaglia si trasformò in una mischia, giubbe rosse e corpi neri si unirono in un feroce e drammatico tutt'uno.
Philip fu sul punto di mollare ma alla fine l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, il sergente riuscì ad afferrare un fucile caduto per terra, sparò alla cieca e corse via, schivando colpi di lancia, spari e corpi che cadevano per terra, morti o feriti.
Gli urli degli Zulu aumentarono di volume: erano riusciti a ricacciare indietro gli inglesi e attaccare le prime tende dell'accampamento, ormai privo di difese.
Dopo una breve e folle corsa Philip riuscì a ripararsi dietro a un carro di munizioni; Pulleine era lì dietro, insieme ad altri ufficiali.

"Che cosa dobbiamo fare? La mia compagnia è stata letteralmente spazzata via," urlò, piegato in due dalla fatica. Non riuscì a nascondere la rabbia perché per giorni quell'uomo e i suoi sottoposti avevano ridicolizzato la potenza degli avversari e invece eccoli lì, sconfitti e tremanti.
Ma il suo comandante sembrava spaesato, incapace di reagire.
"Durnford è caduto, l'ala destra compromessa," aggiunse un tenente, “ci stanno accerchiando!”
"Gli uomini si ritirano, ci sono già addosso!"
"Melville! Coghill!" Urlò Pulleine, in risposta, e due ufficiali prontamente si avvicinarono.
"Prendete la bandiera del reggimento e portatela in salvo," ordinò. “Ormai possiamo solo salvare il nostro onore.”
Nient'altro. Nessuna soluzione, qualche idea dell'ultimo momento per salvarli.
Era finita.

Pulleine volse loro le spalle e lentamente si diresse verso la sua tenda mentre ormai gli Zulu erano a pochi passi da loro.

Margaret.
Il loro bambino.
Luigi Eugenio.
La guerra.

Tutto finito.

Si rialzò e vide una colonna di Zulu attaccare i cuochi indifesi.
Se doveva morire, se quella era la sua fine… meglio morire in quel modo.
Non avrebbe fatto la figura del codardo, scappato di fronte a lancia e scudo. Caricò un ultima volta la fidata rivoltella, respirando l'aria carica di sangue, sudore e sabbia.
"Carica!" Urlò, correndo verso il nemico, copiose lacrime che cadevano dalle guance.

/ / / / / / /



Nella battaglia di Isandlwana più di 1300 inglesi e 1000 Zulu persero la vita. Questa dura sconfitta riuscì a rinvigorire il regno Zulu e a bloccare momentaneamente i piani di aggressione dei Britannici.

/ / / / / / /



Capitolo un po' particolare perché a questo punto penso fosse giusto introdurre la guerra tra Inglesi e Zulu che accompagnerà gli ultimi capitoli di questa storia. Il sergente Philip è un personaggio di invenzione ma per il resto la battaglia e la sua ricostruzione sono quanto più possibilmente reali.
Spero vi sia piaciuta, vedremo come questa morte e questa sconfitta inglese impatterà il principe Luigi Eugenio.

  
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