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Autore: Be_Yourself    01/04/2023    0 recensioni
NOTA: nonostante la storia sia una sorta di AU di un'altra mia fanfiction, può tranquillamente essere letta anche senza conoscere l'altra, dato che ognuna delle due storie è completamente a sé.
***
E se nell’epoca di oggi le lotte tra le nobili famiglie italiane del Rinascimento non avessero cessato di esistere, ma si fossero soltanto spostate in altri ambiti? Se il desiderio di conquista e potere avesse assunto altre forme e dato vita a battaglie meno sanguinose ma ugualmente spietate e sleali?
Lorenzo de’ Medici, rettore di una delle università più prestigiose d’Italia fondata dalla sua stessa famiglia, si ritrova a dover fronteggiare gli ignobili sotterfugi di Sisto della Rovere, rettore dell’università di Roma, che farebbe di tutto per impedire al rivale di partecipare al più importante concorso nazionale in ambito accademico, un concorso che stabilisce quali siano le migliori università d’Italia, con indubbi vantaggi per i vincitori.
Forse Leonardo da Vinci, abile artista sempre al passo con i tempi, ed Emilia Rinaldi, capace di scoprire i segreti di chiunque, potrebbero essere la sola speranza di Lorenzo per contrastare i subdoli piani di Sisto.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4


Un timido raggio di sole, sfuggito per puro caso dall'opprimente morsa delle nubi cariche di pioggia che quel giorno sovrastavano Firenze, superò le tende lasciate leggermente aperte per posarsi proprio sugli occhi della ragazza dai capelli rossi che placidamente dormiva tra candide lenzuola, disturbando il suo sonno.
Emilia, già sveglia da un po', abbandonò sul comodino gli appunti di storia del cinema che stava ripassando e si affrettò a chiudere le tende per evitare che la luce disturbasse il sonno di quella che era stata la sua compagna per quella notte, poi si diresse in bagno per fare la doccia.
Aveva conosciuto Beatrice alcune settimane prima, quando lei si era unita al laboratorio di teatro, la sera precedente si erano incontrate per puro caso in un bar in centro, avevano bevuto qualcosa e poi erano finite a letto insieme, con immenso piacere di entrambe.
Finito di lavarsi, Emilia indossò un paio di jeans grigio scuro un po' sbiaditi in alcuni punti, un maglioncino nero e gli immancabili stivaletti di pelle con le borchie, dopodiché andò in cucina per preparare la colazione, e lì Beatrice – ancora assonnata e mezza sfatta per la loro intensa attività della notte precedente – la raggiunse.
«Caffè?» domandò la padrona di casa con tono fin troppo neutro viste le circostanze.
«Si, grazie» rispose la rossa poggiandosi al tavolo rettangolare al centro della stanza «Abbiamo passato proprio una bella serata insieme. Quando mi sono svegliata pensavo che saresti stata ancora accanto a me» aggiunse vagamente timida.
Emilia si voltò verso di lei tenendo tra le labbra una fetta biscottata che addentò in fretta per poterle rispondere «Devo andare a lezione tra poco, non potevo permettermi di dormire fino a tardi».
L'altra ragazza afferrò la propria tazzina di caffè e se la rigirò tra le mani con fare incerto «Che ne dici se più tardi ci vediamo? O magari anche un altro giorno, quando hai tempo»
Emilia sospirò «Beatrice, non voglio illuderti, ma devi sapere che io non sono il tipo da relazioni serie o cose del genere. Solitamente è difficile che io passi con una persona più di una notte».
L’altra mise su un’espressione delusa, offesa e vagamente truce «Allora è vero quello che si dice di te! Che praticamente fai a gara con Giuliano de’ Medici su chi di voi due conquisti più ragazze!»
«Eh? Chi l’ha messa in giro questa voce? Io non faccio a gara proprio con nessuno».
«Certo! Chi ci crede!» borbottando quelle parole, Beatrice poggiò con rabbia la tazzina sul tavolo, rovesciando tre quarti del caffè sulla superficie in vetro, per poi dirigersi in bagno sbattendo la porta.
Emilia si massaggiò le tempie «Forse è il caso di smetterla con tutto questo. La situazione sta diventando imbarazzante» mormorò tra sé e sé.
Quel lunedì non era certo iniziato nel migliore dei modi, il fatto stesso che fosse lunedì era motivo di lutto, inoltre c'era un tempo da cani, poi la discussione con Beatrice.
Come se tutto quello non bastasse si era anche svegliata con un tremendo mal di testa, e per lei il mal di testa era come una sorta di sesto senso: qualcosa di terribile stava per accadere.
Il suo cellulare vibrò e sullo schermo apparve il nome di Claudio, il vignettista del giornale.
 
Qualunque lezione, impegno, influenza o funerale tu abbia, dimenticatene! È successo un casino e il rettore ha convocato una riunione urgente con noi del giornale tra mezz'ora. CORRI IMMEDIATAMENTE QUI!
 
Emilia rimase a fissare il messaggio con aria interdetta per un paio di minuti, rileggendolo diverse volte. Cosa diavolo poteva essere accaduto di così grave? Questa volta lei era certa di non aver messo in circolazione nulla che non fosse stato approvato da Lorenzo in persona.
Abbandonò il cellulare sul tavolo e decise che quello era troppo, doveva sistemare almeno una questione, o alla fine di quella giornata l'avrebbero dovuta ricoverare in un ospedale psichiatrico.
Trovò Beatrice in camera da letto che finiva di indossare il cappotto, la rossa le lanciò uno sguardo torvo senza guardarla davvero negli occhi e non disse nulla, continuando a far scivolare i grossi bottoni nelle asole.
«Beatrice ascolta, mi dispiace, non era mia intenzione ferirti, mi hai solo presa un po' alla sprovvista. Io pensavo che anche per te fosse soltanto una notte di divertimento, non potevo immaginare che sperassi in qualcosa di più» le disse sinceramente dispiaciuta «E poi ti assicuro che non c’è nessuna strana gara tra me e Giuliano. Figurati se mi metto a fare gare di così cattivo gusto con quell’idiota».
Quelle parole riuscirono a far sorridere Beatrice, poi sospirò, ora più rilassata ma vagamente triste «No, devo chiederti io scusa. So chi sei e cosa cerchi, mi hanno detto che vuoi solo divertirti e solitamente non concedi più di una notte, sono stata io stupida a sperarci… e non avrei dovuto accusarti di fare a gara con Giuliano».
Da quelle parole e dal tono con cui le aveva pronunciate, Emilia si accorse che Beatrice doveva davvero essere interessata a lei.
«Senti» iniziò a dire guardandola intensamente negli occhi «è vero che solitamente non concedo più di una notte, ma non sono nemmeno una persona completamente senza cuore. Partendo dal presupposto che non posso prometterti che tra noi diventerà una cosa seria, Sono disposta a fare un’eccezione per te. Se ti fa piacere, potremmo vederci ancora».
Beatrice la guardò stupita, poi sorrise «No, va bene così. Tu sei fatta in questo modo, non voglio che ti senta costretta a comportarti in modo diverso per me» detto questo, le lasciò un rapido bacio sulle labbra, per poi andarsene.
Rimasta sola Emilia sospirò di sollievo, tutto sommato era andata bene. Certo, le dispiaceva per Beatrice, ma almeno avevano chiarito in modo pacifico.
Il sollievo durò appena un attimo, perché adesso aveva un'altra questione ben più complicata da affrontare.
 

Tutti gli studenti del laboratorio di giornalismo erano seduti attorno al tavolo ovale posto in fondo all'aula, ascoltavano in silenzio la ramanzina che Lorenzo De' Medici, fuori di sé, stava facendo a tutti loro. Solo Emilia sembrava non udire una sola parola, da ormai dieci minuti continuava a fissare con aria assente e sconvolta l'articolo in prima pagina che no, lei assolutamente non aveva mai visto, né tanto meno avrebbe mai potuto approvare.
Il giornale dell'università era una via di mezzo tra qualcosa di serio – visto il numero di articoli su eventi o argomenti di rilevanza artistica e letteraria, avvisi dei docenti, date d'esame – e una frivola rivista di gossip, ma quello era troppo anche per loro.
Il titolo a caratteri cubitali diceva: “LA VITA SEGRETA DI UN ARTISTA APPAENTEMENTE PROMETTENTE. SVELATA LA RELAZIONE TRA LEONARDO DA VINCI E JACOPO SALTARELLI”
Nell'articolo era scritto che il talentuoso Leonardo da Vinci, candidato al concorso nazionale, aveva più volte intrattenuto rapporti sessuali con il suddetto Jacopo, uno studente con la fama di prostituto, proprio tra le mura della prestigiosa università, usando il laboratorio di pittura, in cui si intratteneva spesso fino a sera, come luogo del misfatto. L'articolo induceva anche ad una riflessione riguardante l'università stessa: se fosse normale e tollerabile che un’istituzione di tale prestigio permettesse tali oscenità proprio all'interno delle stesse aule dedicate all’apprendimento e alla cultura, e se il livello dell'insegnamento fosse davvero adeguato visti gli eventi che si verificavano tra quelle mura.
Emilia non sapeva cosa dire, cosa fare o cosa pensare, nella sua mente si affollavano tanti diversi scenari possibili, troppi perché riuscisse a metterne davvero a fuoco qualcuno in modo razionale. Una sola cosa era certa: lei non aveva fatto nulla, ma era nei guai. Lei e l'intero laboratorio di giornalismo.
«Mi sta ascoltando, signorina Rinaldi?» la voce del rettore era furiosa e spazientita.
Emilia alzò pigramente gli occhi dalla copia del giornale per puntarli in quelli dell'uomo in piedi dalla parte opposta del tavolo e scosse quasi impercettibilmente la testa, troppo sconvolta per riuscire a parlare.
Lorenzo si passò una mano sugli occhi in un gesto esasperato «Mi sa spiegare cosa significa questo articolo? Ha forse deciso di mandare in rovina questa università?»
«Io non c'entro nulla con questo!» sibilò, assottigliando lo sguardo. Non tollerava l'idea che qualcuno potesse, anche solo per ipotesi, ritenerla in grado di ferire in quel modo Leonardo, il suo migliore amico.
«Allora mi spieghi come è finito quell'articolo in prima pagina!» urlò Lorenzo perdendo del tutto le staffe.
La ragazza sostenne lo sguardo dell'uomo in modo sicuro «Non avrei mai potuto fare una cosa del genere, tengo a questa università, e se non vuole credere a questo creda almeno al fatto che non avrei mai potuto fare una cosa del genere al mio più caro amico» disse senza il minimo tentennamento nella voce, per poi rilassarsi un po' contro lo schienale della sedia e riprendere a parlare «Inoltre lo stile di scrittura non è di qualcuno di questo laboratorio, ma piuttosto di qualcuno che non ha la minima idea su come si scriva un articolo di giornale, e qui nessuno è così incapace».
Il rettore si sedette, le mani giunte davanti al volto. In effetti si era accorto anche lui di quello. Prima dell'arrivo di quella ragazza il giornale dell'ateneo era praticamente privo di importanza, ma Emilia era riuscita a dare nuova vita a quello che era un decadente quanto anonimo laboratorio, facendo guadagnare qualità – sia nell'ambito dei contenuti sia in quello dello stile – ad un giornale prima ignorato dalla maggior parte degli studenti. Quel fastidioso articolo non rispecchiava minimamente il salto di qualità fatto nell'ultimo anno, né per contenuti, né per stile.
«Quindi lei mi sta dicendo che probabilmente qualcuno è entrato nei nostri sistemi informatici ed ha inserito quell'articolo prima dell'invio in stampa?». Non gli era difficile crederlo, e capiva anche chi potesse essere stato a farlo, ma non osò palesare quei sospetti, perché era meglio che gli studenti non sapessero degli attriti che aveva avuto con il rettore dell’università di Roma.
«Non so esattamente come, ma probabilmente è successa una cosa del genere» fu la risposta di Emilia.
Però lo scoprirò! Altroché se lo scoprirò, e poi farò a pezzi quel vile bastardo che ha osato fare una cosa del genere.
Pensò poi.
Il silenzio calò nell'aula, il rettore si accarezzava il mento mentre rifletteva sul da farsi, Emilia tornò a fissare il vuoto, arrabbiata per quanto accaduto, ma anche preoccupata per Leonardo.
«In ogni caso siamo in un bel guaio» disse ad un certo punto Lorenzo «I coniugi Ferdinando e Isabella, rettore e vicerettrice dell'università aragonese, verranno presto a farci visita, sembra vogliano fare un gemellaggio con noi nel caso vincessimo il concorso nazionale e accedessimo a quello internazionale, pertanto ci finanzieranno. Il problema è che la loro è un'università di stampo cattolico, basata su ferrei principi morali, se venissero a conoscenza delle cose scritte in questo articolo – non mi interessa se sono vere o false – potremmo dire addio ai loro cospicui finanziamenti. Perciò mi ascolti bene signorina Rinaldi, lei per prima cosa farà sparire ogni singola copia di questa maledettissima edizione del giornale, inoltre troverà il colpevole di tutto questo disastro. Se non lo farà le assicuro che il laboratorio di giornalismo cesserà di esistere. Sono stato chiaro?».
«Cristallino!» rispose Emilia. In ogni caso avrebbe trovato un modo per smascherare il colpevole e fargliela pagare, non erano neppure necessarie le minacce da parte del rettore.
La riunione fu sciolta, ma per i membri del laboratorio i problemi erano appena cominciati e lo sapevano tutti, infatti rimasero immobili attorno al tavolo, in attesa delle disposizioni da parte della loro direttrice. Emilia si prese un lungo momento per pensare, poi li guardò uno ad uno per fermarsi infine su un ragazzo mingherlino con indosso un paio di occhiali quasi più grandi della sua stessa faccia.
«Giorgio!» tuonò improvvisamente, facendo sobbalzare l'interessato «Tu ti intendi di informatica, non è vero? Potresti facilmente tirare fuori qualunque cosa da un computer»
Il ragazzo annuì, ma un po’ sulla difensiva «Sì. Ma non sono stato io, se è questo che stai pensando».
Emilia alzò gli occhi al cielo «Lo so perfettamente! Potrete anche impegnarvi a scrivere in modo diverso, ma so riconoscere ognuno di voi anche da come mettete le virgole, e so che nessuno dei presenti ha scritto quell'articolo» ribatté «Quello che voglio è che tu ti metta in cerca di una traccia, una qualsiasi, di questo fantomatico hacker – o quel che è – che ci ha messi nei guai».
Detto ciò, spostò l'attenzione su altri membri del laboratorio, dando disposizioni perché facessero sparire copie cartacee e digitali di quel numero del giornale e distribuissero quelle corrette.
Non appena tutti si furono messi a lavoro secondo le sue disposizioni, Emilia si apprestò ad uscire dall'aula, ma quando andò per prendere la propria giacca, che aveva lasciato in tutta fretta sulla postazione che lei usava solitamente, si accorse di una pendrive nera su cui erano state scritte con un pennarello bianco le iniziali G.R. Domandò ai presenti se appartenesse a qualcuno di loro, ma nessuno di loro ne sapeva nulla, così se la mise in tasca, ripromettendosi di mettere un annuncio sulla bacheca degli oggetti scomparsi.
Quando uscì in cortile delle sottili gocce di pioggia le bagnarono i capelli, ma non ci fece troppo caso, impegnata com'era a cercare Leonardo tra le poche persone presenti. Sapeva che probabilmente avrebbe dovuto affrettarsi a raggiungere l'aula della prossima lezione per evitare di mandare al diavolo l'intera giornata di corsi, visto che già aveva saltato storia contemporanea a causa della riunione imprevista, ma in quel momento cercare l'amico le sembrava la priorità assoluta.
In lontananza, sotto i porticati ben al riparo dalla pioggia, vide Nico e Zoroastro intenti a parlare. << «Ciao ragazzi, avete visto Leonardo?».
Non capì l'occhiataccia che Nico le lanciò finché Zoroastro non si decise a parlare.
«È tornato a casa. Complimenti, Emilia, bella mossa quella dell'articolo su Leonardo, peccato che mi sarei aspettato qualcosa di positivo» non aveva tentato nemmeno lontanamente di nascondere l'astio e il disgusto che trapelavano senza veli dal suo tono di voce.
Per la ragazza fu come un pugno nello stomaco «Zoroasto, cosa…?» sussurrò incredula «Davvero credi che sarei capace di pubblicare un articolo del genere su Leonardo?».
Il ragazzo si umettò le labbra in un gesto nervoso «È un articolo del giornale che tu dirigi, che cosa dovrei pensare?».
Emilia aprì la bocca per parlare, ma venne interrotta dalla voce di qualcuno a pochi passi da loro.
«E quindi lei è la studentessa che dirige il giornale. I miei complimenti».
Quando Emilia si voltò, trovò un paio di occhi scuri ad osservarla con un'espressione a metà tra il canzonatorio e il trionfante. Lo riconobbe immediatamente, era l’uomo che aveva visto venerdì sera, quando aveva dimenticato la giacca nell’aula del laboratorio, quello con cui si era scontrata.
«Articolo interessante quello in prima pagina» continuò lo sconosciuto senza attendere una risposta «lo studente più promettente dell'intera università si rivela essere in realtà un depravato senza pudore. Che vergogna! Deve essere sicuramente imbarazzante sapere di condividere l'ambiente di studio con simile gentaglia».
Ciò che accadde dopo fu un susseguirsi così rapido di azioni che sarebbe stato difficile stabilirne l'esatta cronologia. Zoroastro era già pronto a scattare per assestare un pugno a quel bastardo, chiunque fosse; Nico, intercettate le intenzioni dell'amico, lo fermò e gli lanciò un'occhiata eloquente, come a dirgli che non ne valeva la pena.
La persona che il biondino non aveva messo in conto di dover fermare, invece, era Emilia, e si accorse di ciò che stava accadendo quando era ormai troppo tardi.
Incurante della pioggia che aveva cominciato a cadere con più prepotenza e che le inzuppava i vestiti, la ragazza teneva bloccato sotto di sé lo sconosciuto, con una forza che non si sarebbe mai attribuita ad una donna così esile.
«Non osare mai più parlare in questo modo di Leonardo!» urlò lasciando che le parole raschiassero una contro la gola, dando vita ad un suono gutturale simile al ringhio di un animale feroce, per poi sferrare un ennesimo pugno al volto del ragazzo.
Ad un tratto sotto la sua schiena c'erano l'erba umida e il terriccio fangoso, le posizioni si erano invertite. Lo sconosciuto, con i capelli fradici appiccicati alla fronte, il labbro spaccato e una guancia rossa su cui probabilmente si sarebbe formato un bel livido, la sovrastava e cercava di tenerle le braccia ferme ai lati della testa, ma senza successo, infatti poco dopo si ritrovò nuovamente schiena a terra.
Questa volta a fermare Emilia furono altre braccia, quattro per la precisione, e riuscirono con difficoltà a trascinarla via scalciante e ringhiante di rabbia.
«Sei stato tu!» urlò furiosa «Ti faccio a pezzi».
 

Una piccola folla di curiosi si era radunata poco distante da lì, ma a nessuno di loro sembrava importare più di tanto. Zoroastro e Nico, ancora intenti a trattene Emilia si scambiarono un'occhiata sconvolta in cui però si poteva leggere una chiara consapevolezza: non era stata lei a pubblicare quell'articolo su Leonardo.
«Però! Hai un bel caratterino» mormorò lo sconosciuto, rimettendosi in piedi. Non aveva perso il suo irritante sorriso spavaldo e la sua aria di superiorità, nonostante le avesse appena prese di santa ragione da una donna e avesse gli abiti zuppi e sporchi di fango.
Dal canto suo Emilia non accennava minimamente a calmarsi, continuando ad urlare minacce e insulti.
«Ora basta, Emilia» le sussurrò ad un tratto Nico «Quello è Girolamo Riario, il nipote di Sisto della Rovere, rischi sul serio di metterti nei guai se non ti dai una calmata».
La ragazza smise improvvisamente di agitarsi, ma la sua mente cominciò a lavorare in fretta.
Il nipote di Sisto della Rovere.
Girolamo Riario.
G.R.
Con uno strattone si liberò dalla presa degli amici e puntò i suoi occhi scuri in quelli altrettanto scuri dell’altro «Sappi che non finisce qui, ti pentirai di quello che hai fatto» senza attendere una risposta, afferrò lo zaino che aveva abbandonato a terra e si diresse all'interno della struttura, seguita da Nico e Zoroastro. Era zuppa dalla testa ai piedi e sporca di fango, inoltre le facevano male le braccia laddove Girolamo l'aveva stretta per tentare di scrollarsela di dosso, ma non le importava nulla di tutto quello.
«Emilia fermati! Dove stai andando conciata così? Ti verrà una polmonite» disse Zoroastro afferrandola per una spalla e costringendola a voltarsi. Era sinceramente preoccupato e si sentiva in colpa per aver dubitato di lei.
«Quel bastardo di Riario… è stato lui a mettere quel maledettissimo articolo sul giornale, e io devo dirlo al rettore» non ci aveva messo molto a collegare i pezzi sparsi: Riario era il nipote del rettore dell'università di Roma, l'università di Roma voleva distruggere quella di Firenze, Emilia aveva già visto Riario circolare in modo sospetto nei pressi dell'aula di giornalismo il venerdì precedente, inoltre aveva trovato una pendrive che, ci avrebbe scommesso anche l'anima, era la sua e conteneva sicuramente qualcosa che potesse incastrarlo.
«D'accordo» sussurrò il moro in maniera cauta, spaventato da una possibile reazione dell’altra. Diamine, l’aveva appena vista fare a botte senza troppe difficoltà con l’inquietante e pericoloso Girolamo Riario! Certo, per quel po' che la conosceva aveva capito che Emilia non fosse un tipo docile, ma vederla in quella situazione, vedere la furia distruttiva che si celava dietro quei graziosi lineamenti, lo aveva davvero sconvolto.
«Adesso però ascoltami» continuò «non puoi andarci conciata in questo modo, inoltre devi avere delle prove certe prima di accusare qualcuno, o rischi solo di metterti nei guai».
La ragazza sospirò in segno di rassegnazione. In effetti cominciava a sentire il freddo, e Zoroastro aveva ragione, doveva raccogliere delle prove che fossero certe – non due iniziali scarabocchiate su una pendrive – prima di parlare con il rettore.
 
 



Piccole curiosità per i miei lettori che stanno seguendo anche l’altra fanfiction Icarus and the Sun:
  1. Il personaggio di Beatrice (così come Emilia) è nato per questa storia, e poi ho deciso di inserirlo anche nell’altra fanfiction.
  2. La scena del processo (in Icarus and the Sun) in cui Emilia picchia Francesco Pazzi esiste in onore alla scena di questo capitolo in cui Emilia prende a pugi Girolamo.
 
  
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