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Autore: Orso Scrive    04/04/2023    1 recensioni
Dal 1963 a oggi, ci sono state due costanti irrinunciabili: la minaccia della guerra atomica e i Nomadi. Sulla prima non ho voce in capitolo. Ma sui Nomadi, qualcosa da dire ce l’ho pure io. Insomma, quest’anno compiono sessant’anni. Sessant’anni suonati, è proprio il caso di dirlo! Ho pensato, allora, di scrivere dei brevi racconti – in certi casi, poco più che semplici pensieri – ispirati ad alcune delle loro canzoni. È il mio personale tributo a questo gruppo musicale che, con le sue note, mi ha accompagnato in pratica da sempre.
Per dirla a modo loro, come sempre, sempre Nomadi!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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CANZONE DELLA BAMBINA PORTOGHESE

(1974)

 

 

…ma il caldo l’avvolse

si sentì svenire, e si mise a dormire.

E fu solo nel sole, come di mani future.

Restarono soltanto il mare e un bikini amaranto…

 

 

Solo lei, la sabbia e il sole.

E quel cielo immenso sopra di lei, infinito, da perdercisi dentro, privo di barriere, di confini, puro come il cristallo, incontaminato.

Il sole a lambire la sua pelle di pesca, a scaldarla di un dolce tepore, che le regala quell’amabile torpore. Lei nell’azzurra vastità, sdraiata a contemplare oltre l’infinito, la brezza a scompigliarle i bei capelli castani. E la sua mano ad accarezzarsi dolcemente il seno, celato da quel leggero costume, malinconico ricordo di un’estate ormai trascorsa, carezze lievi, non per voluttà, ma come a darsi protezione, a sentire il proprio corpo, a sentirsi se stessa in quell’immensità, per non perdersi nel nulla.

Il silenzio rotto dal fragore della risacca ed i richiami dei gabbiani a spezzare la monotonia. Non un rumore estraneo a turbare l’incanto, nulla a rovinare la quiete di quel momento di paradiso, solo i suoni della natura ed il fruscio di seta della sua pelle dolcissima.

E i suoi pensieri a fluire con l’intensità dell’oceano circostante, rapidi pensieri intenti a susseguirsi l’un l’altro, come ad inseguire un’idea, tentando di afferrarla e porla lì, di fronte allo specchio della sua anima, per capire, comprendere ogni cosa, svelare ogni singolo mistero dell’universo, del cosmo. Ma quale mistero potrebbe mai dirsi tale, se fosse svelato? Quali segreti inconfessabili potrebbero nascondersi nella roccia delle montagne, tra le onde marine, negli astri brillanti di eterna potenza? Come spiegare quei riflessi, quelle ombre di epoche che furono?

E da cosa deriva mai quel calore?

La sua mano dalle dita sottili, con la morbidezza della spuma marina, accarezza il seno dolce e delicato, si insinua quasi con timore sotto la lieve tela del costume e come vorrebbe che fosse ancora lui a farlo, come nei tempi felici, ad amarla come lei lo ha amato sin dal primo sguardo, quello sguardo rubato nel chiarore di un mezzogiorno ormai lontano. Dov’è andato? Perché non è tornato indietro? O meglio, perché lei lo ha abbandonato? Perché è stata così fatua da credere di poter resistere senza di lui, di poter amare un altro che non fosse lui, inseguendo avventure strane e inconsistenti? L’amore non è forse la forza più grande, potente ed arcana di tutto l’universo, quella che nessuna scienza potrà mai spiegare? E, allora, perché sa essere tanto doloroso?

Come vorrebbe che lui fosse ancora lì con lei, ad abbracciarla, con i respiri vicini, a lasciarsi accarezzare dal sole, ascoltando il suono del mare ed i battiti dei loro cuori palpitanti all’unisono, sotto quel cielo splendente di purezza, immenso come la vastità che ormai li separerà per sempre. Ma lei lo ha abbandonato, gli ha voltato le spalle, credendo di poter cedere alla forza dell’amore, di poter seguire altri sogni lontani, incapace di comprendere che i miraggi che ci attirano altrove non sono nulla, nulla di nulla, solo miraggi appunto, illusioni senza senso, vuote fantasie subito riempite dalla durezza della vita quotidiana.

Lei è fuggita. È fuggita convinta che lui non fosse altro che un numero, uno dei tanti, qualcuno da sostituire alla prima occasione per correre dietro a numeri diversi; una persona uguale a qualunque altra, con cui divertirsi per un po’ e poi dimenticarsene, gettarla nell’oblio del pensiero, insieme a tutti gli altri. Che errore.

Che imprudenza convincersi di poterlo rimuovere, cancellare. Lui era unico, è unico, lo sarà per sempre. Il suo ricordo scalderà per sempre il suo cuore, s’insinuerà nella sua anima nelle fredde notti d’inverno e nelle soleggiate giornate d’estate, l’accompagnerà tra i fiori profumati della primavera e tra i mille colori dell’autunno, ma sarà solamente un ricordo, perché lui non tornerà mai più indietro, non perdonerà colei che lo ha lasciato solo e afflitto così, senza una parola, senza un saluto, voltandogli le spalle, come se non fosse mai stato importante, come se non fosse mai esistito, come se tutti quegli anni trascorsi insieme non fossero stati altro che una burletta, un gioco infantile presto scartato.

E ora lì, sotto il sole, se ne rende conto, pienamente conto, e non le rimane altro che accarezzarsi il seno con le dita lievi e aggraziate, per proteggersi dal mondo, rivivendo il dolce momento in cui era lui a farlo, mentre la guardava negli occhi azzurri e felici, quando posava le labbra sulle sue, infondendole passione e sentimenti, quando insieme diventavano una cosa sola, un’unica passione. Ormai non le rimane che quello, costringendosi con forza e con molti stenti a trattenere quelle lacrime di angoscia e di dolore che tanto vorrebbero rigarle le belle guance.

Si sente sola, sola e traditrice.

E i giorni si susseguiranno l’un l’altro, lenti, monotoni e vuoti, sarà per lei una sofferenza costante, un ricordo doloroso; potrà rifarsi una vita, ma lui sarà lì per sempre, come un sospiro che non riesca ad emergere nel buio di una notte senza luna.

Mai ferire un amore, mai annientare e reprimere i sentimenti, perché il dolore dell’altro sarà il vostro dolore, per sempre, implacabile.

 

…e poi, e poi, se ti scopri a ricordare

ti accorgerai che non te importa niente.

E capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo

il qualcosa che chiamiamo esser uomini.

E poi, e poi quel vizio che ti ucciderà

non sarà fumare o bere

ma è qualcosa che ti porti dentro,

cioè vivere…

 

- - -

Nota

Ho scritto questo racconto nel 2017, dopo aver ascoltato il brano che dà il titolo a questo capitolo, che mi fu quindi di una certa ispirazione. Ho scelto di inserirlo in questa raccolta, pur essendo in verità slegato dal testo della canzone.

   
 
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