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Autore: were_all_dead_now    06/04/2023    0 recensioni
Quando vai a scuola, nessuno ti insegna a vivere.
Io avrei saputo risolvere un logaritmo in pochi secondi, ma avevo paura di chiudere gli occhi e restare da solo con me stesso.
[...]
Mi chiamo Frank. Questa è la mia storia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo arrivati alla fine di questa storia che per me è stata un'amica, un confidente, uno specchio, un cuscino su cui riposare, l'unico modo - per tanti anni - di portare fuori da me quello che sentivo. Quasi sette anni fa scrivevo tra le note del telefono 'non c'è modo di tornare a essere chi eravamo'. Non sapevo ancora quanto queste parole sarebbero risultate vere. 
Non sono più chi ero ma mi basta leggere queste pagine per ricordarlo. Mi basta ascoltare le canzoni che ho scelto per ogni capitolo per tornare alla mia adolescenza. 

Questo capitolo l'ho scritto nell'estate del 2016, e già allora sapevo che avrebbe rappresentato una fine. Non sapevo soltanto che mi ci sarebbero voluti anni per raggiungere questo momento. 

Ringrazio tutti. Ringrazio le duemila persone che hanno letto questa storia dal 2014 a oggi, chi ha lasciato una recensione, chi mi ha scritto in privato, chi ha letto in silenzio. Ringrazio anche chi verrà, chi leggerà le mie parole riportandomi in vita. 

Ringrazio i personaggi di questa storia per avermi permesso di parlare, di raccontare, di piangere, di sentirmi migliore, più piena. 
Ho fatto tanti errori nella vita, ma sono fiera di aver portato a termine questa long. Di essermi concessa una possibilità. 

Il capitolo che segue è la risposta di Frank a Gerard, una lettera scritta poco dopo la sua morte. 
Dedico questo finale a me stessa. 

 


CAPITOLO VENTUNESIMO 

 

 So many stars in the sky and I don't know why they always have to fall on me.
Maybe I'm blind to all of the signs that the world never wanted me.

(.Guilt Tripping.)



Infiniti modi, hai detto. Ma l'infinito non è reale. 
E tu dovresti saperlo bene. 

Quindi in queste settimane ho provato a calcolare, quantificare, anche se non so bene cosa.

Ho sottratto e moltiplicato attimi e ricordi per provare a raggiungere un risultato, ma quando ero a un passo dal farlo veniva sempre a galla un numero che non avrebbe dovuto essere lì. Un numero che rovinava tanto lavoro, tanto dolore, tanto impegno. Tutto. 

Avevi ragione quando hai detto che tu non hai scelto di morire, hai solo scelto come. E avevi ragione quando hai realizzato di avermi ucciso nei mesi. L'hai fatto lentamente, con discrezione. Ma oggi sono vuoto. Perché avevi ragione anche quando hai scritto che che non importa quale modo scegliamo per morire, da uno a infinito: si arriva sempre allo stesso risultato.

Ma c'è una cosa che mi tormenta. Forse anche più di una, ma una in particolare. Ed è sempre quel numero. Il mio numero. 
Lo stesso che non mi lascia dormire, mangiare, uscire con i miei amici, smettere di ignorare mia madre, rispondere alle chiamate di Mikey. Un numero che vedo e che sento ovunque, anche dentro di me, tra una costola e l'altra. 

È il numero più vicino a infinito che possa esistere in questo modo irreale. 

Zero. 

C'è uno zero non solo nei i miei calcoli ma ovunque. 
Uno zero tra i fogli della tua scrivania, sulla tua sedia, dentro la tua dispensa, nella tua cucina. Più dolorosamente anche tra le lenzuola, sul tuo cuscino, nella doccia, nel mio letto e sulla mia pelle: tutti posti che una volta era nostri. Non solo tuoi. Nostri. 

Sai cosa succede quando aggiungi uno zero in un'addizione? Niente. 
E quando lo sottrai? Niente. 
Ma quando lo moltiplichi fa tutto zero. Tutto, Gerard. 

E non sai quanto fa male. Quanto sia doloroso sapere che nei posti in cui esistevi adesso c'è il nulla. Nelle tue canzoni preferite che non ascolterai più, nei cibi che non compro più da quando sei morto, nelle parole che non ho più detto a nessuno, nei suoni che nessuno ha più tirato via dalla mia gola e in quei centimetri di pelle che nemmeno io ho più il coraggio di sfiorare. 

I modi per morire possono anche essere mille, ma diventano zero quando muori. 

E tu hai chiesto di essere per me un quadro. Mai. 
Di passarti davanti ogni giorno della mia vita senza notarti. Mai, Gerard, mai. 
Come puoi pretendere di essere un quadro quando tu sei invece tutta l'arte? 

Se moltiplichi zero per infinito la matematica cade. Crolla su sè stessa. E lo sai perché? 

Perché non esistono. Non sono veri. 

Tu eri invece una delle persone più vere che io abbia mai incontrato e che probabilmente mai incontrerò in questi anni senza di te. E il tuo essere così reale ha fatto sentire un po' più reale anche me. 

Tu sei stato per me un viaggio, ma anche una casa in cui tornare. Un luogo a cui appartenevo e mi sentivo di appartenere. 

Anche un quadro, se ti rende felice, ma anche tutti gli altri. E le statue, e gli affreschi, e l'alba alle 5 e 40 di mattina, i segreti che hai provato a tenere lontano da me. 
Perché lo so che hai provato a non farmi del male. E io non voglio perdonarti, perché non mi devi scuse come non mi devi addii. 

Tu sei stato per me tanto, forse tutto. Ma non eri per sempre. 
E non avresti potuto esserlo. 

Se oggi potessi darti un valore, trovato tra le parentesi quadre di questi mesi passati insieme, tu saresti per me un infinito meno uno. 

Ed è il numero più lontano dallo zero che io riesca a immaginare. 

-

Mi chiamo Frank. Questa è stata la mia storia. 

 

 


 

  
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