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Autore: Ahimadala    09/04/2023    2 recensioni
Hermione Granger ha fatto il possibile per restituire la memoria ai suoi genitori dopo la fine della guerra.
Tuttavia, nel tentativo di combattere il suo stesso incantesimo, qualcosa é andato storto.
L' eroina del mondo magico si ritroverá con un insolito e rarissimo dono, che la costringerà a scoprire stravolgenti ed imbarazzanti verità.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Hermione attese al fianco di Draco mentre gli auror facevano il loro lavoro. Draco le aveva ripetuto continuamente che lei non avrebbe dovuto fare nulla, e che era giusto lasciarsi aiutare, lasciare che fossero gli altri ad occuparsene. E, soprattutto, che non era da sola, e lei gliene era grata. Perchè adesso, finalmente, iniziava a capirlo.

Era stato come riemergere dopo essere stati sott'acqua troppo a lungo, o rivedere il sole dopo tanto tempo al buio. Ci aveva messo un po' ad adattarsi alla luce che l'aveva assalita, all'aria che le riempiva i polmoni. Ma finalmente ci era riuscita. 

Non era da sola. E doveva accettare che non avrebbe mai potuto farcela, da sola, ma solo lasciandosi aiutare. 

E così strinse la mano di Draco, concentrandosi sulla sensazione della sua pelle soffice e delle sue lunghe dita mentre osservava da lontano, uno dopo l’altro, gli auror uscire dal ministero. 

Riconobbe alcuni volti: giovani guaritori o infermieri che erano rimasti a guardare mentre le ordinavano di friggere ulteriormente il cervello dei suoi genitori. Gli auror li trascinarono all’esterno e poi si smaterializzarono. 

Harry le aveva chiesto se avrebbe voluto assistere agli interrogatori, ed era rimasta sorpresa da sè stessa quando aveva risposto di no. Quella risposta era emersa con naturalezza da qualcosa di profondo dentro di lei.

C’erano alcune battaglie che non doveva combattere per forza.

Rimase a guardare trattenendo il respiro finché  finalmente Harry non lasciò l’edificio, seguito da un dottore ammanettato. Pritchett. Anche da lontano, Hermione non ebbe alcun problema a riconoscerlo. 

David camminava poco dietro di loro, ed Hermione notò che stava spiegando qualcosa ad un gruppo di auror che trasportavano delle buste bianche, probabilmente contenenti le prove raccolte. 

Continuò a trattenere il respiro, ben consapevole che mancasse qualcuno all’appello. Non aveva visto nessuno degli auror uscire scortando l’infermiera che le era stata più vicina, quella che aveva studiato ogni suo singolo movimento, che le aveva tenuto i capelli quando vomitava e sistemato il cuscino nel letto tutte le sere. 

Hermione non mancò anche di notare, suo rammarico, che c’era anche un’altra persona che mancava all’appello.

 O forse la stessa di prima. 

Cameron. 



***


Poco più tardi, Hermione, Draco, Theo e persino Ginny, erano in attesa al Nott Manor che Harry e David rientrassero.

“Sei persone” sospirò Potter, senza neanche dare il tempo alle fiamme del caminetto di estinguersi. “Sei persone sono state arrestate”. 

David si accasciò sulla poltrona libera più vicino al caminetto, allentando il nodo alla sua cravatta. “Quella donna non era tra loro” sospirò, strofinandosi gli occhi con una mano. “Ma è comunque nella lista dei sospetti complici”.

"Indagheremo e verrà interrogata” continuò Potter. "Finché non emergeranno delle prove schiaccianti o qualcosa contro di lei”. 

Hermione si limitò ad annuire. Era una cosa positiva, continuava a ripetersi, il fatto che avessero preso Pritchett. 

Eppure sentiva che Cameron, ancora una volta, aveva trovato il modo di fregarla, e che si sarebbe ancora accanita contro di lei con ancora più rabbia dopo di questo.  

Se davvero collaborava con Dolores Umbridge… Il solo pensiero la fece rabbrividire. Draco al suo fianco lo notò, perchè avvolse un braccio intorno a lei, avvicinandola al calore del suo corpo. 

Le troveremo, Granger. Tutte e due

Voleva crederci, lo voleva davvero tanto. 

I giorni successivi a quell’arresto furono caratterizzati, per la grifona, da un costante su e giù tra il suo appartamento e casa di Theodore Nott. Era stata intervistata più di una volta, non solo da Luna Lovegood, ma anche da altri piccoli giornali locali, molti dei quali famosi all’infuori di Londra. Theo le aveva assicurato di aver condotto delle ricerche su ciascuno di essi e che si sarebbero potuti fidare. Perciò lo aveva fatto, si era fidata di lui, aveva lasciato andare la sua ansia di avere perennemente il controllo di ogni cosa e aveva accettato di delegare, di fidarsi

Draco era stato al suo fianco ogni singolo istante, e la stretta della sua mano si faceva sempre un po’ più stretta nei momenti più duri, soprattutto quando Harry e David tornavano per riportarle le evoluzioni della vicenda. 

Pritchett sarebbe stato portato ad Azkaban, le avevano comunicato solo quella mattina, ed Hermione si era sentita come se un macigno fosse stato sollevato dal suo petto. 

Cameron, invece, non aveva risposto al primo appello degli auror affinchè si presentasse agli uffici per farsi interrogare. 

“Ne può ricevere altri due ancora” disse Harry. “Ma se non risponderà dopo il terzo, andremo noi a prenderla”. 

Deglutì. “Avete trovato delle prove contro di lei?”

Lo sguardo di Harry si indurì, ma fu l’avvocato a rispondere. “Faremo valere la tua testimonianza”. 

Hermione era sveglia abbastanza da riuscire a cogliere la risposta non data dietro quelle parole.

 No

Draco le strinse la mano, la sua voce calda e rassicurante come sempre. 

Non ancora. 


***


Cercare di incastrare quella donna si stava rivelando più difficile di quanto David avesse previsto. Per il fratello era stato fin troppo facile: era stato ingenuo e sbadato, lasciandosi dietro più prove di quanto ne sarebbero servite per arrestarlo.

 L’interrogatorio era durato meno di quanto gli auror si sarebbero aspettati, e dopo la sua confessione erano stati tutti ben felici di rientrare a casa in tempo per l’ora di cena. 

Eppure, per quanto avessero provato ad estorcergli informazioni, non aveva fatto trapelare nulla riguardo la sorella. E a parte Potter, che dopo un po’ aveva ceduto, nessuno aveva insistito oltre. Le accuse verso Cameron non avevano alcun fondamento, legalmente, perciò erano stati tutti ben contenti di raccogliere la sua confessione e condannarlo. Non c’era bisogno di sapere altro. 

Quel reparto del San Mungo, che avrebbe già dovuto essere sigillato, era stato chiuso di nuovo, e degli specialisti di incantesimi già in viaggio da tutta Europa si sarebbero assicurati che non venisse più riaperto. 

Continuava a ripetersi che ciò che aveva ottenuto era ottimo e tutti continuavano a dirgli lo stesso. Lui sapeva bene che aveva Pansy da ringraziare questa vittoria, per la quale tuttavia non riusciva ancora a gioire. 

Era incompleta. 

Afferrò il suo calice di vino prendendone un altro sorso. II cameriere in fondo alla sala continuava a fissarlo.

 David aveva già mandato via tre volte, dicendo che stava aspettando una persona. Tuttavia adesso anche lui, come il cameriere, iniziava a pensare che lei non sarebbe arrivata. 

Aveva creduto che tutte le cose successe negli ultimi giorni fossero un segnale positivo. Sapeva che Pansy, in qualche parte nel profondo, provava ancora qualcosa per lui. Che quei sentimenti erano riemersi nel momento in cui si erano rivisti, dopo oltre un anno…

Ne era certo perchè lui aveva sentito la stessa cosa. 

 Infilò la mano in tasca ed estrasse il suo portafoglio per pagare la bottiglia che aveva ordinato e andarsene. Non aveva senso aspettare ancora. 

Si alzò e afferrò la sua giacca. 

“Vai da qualche parte?”

Prima di voltarsi verso la persona che aveva ormai perso le speranze di vedere, prese un profondo respiro. 

“Pensavo ad un altro appuntamento”. 

Pansy strinse le labbra, come faceva sempre quando non aveva immediatamente la risposta pronta, e lui si prese un momento per assorbire ogni centimetro di lei, da quel vestito nero e corto, che le lasciava le spalle scoperte e scendeva delicatamente lungo i suoi fianchi, al suo rossetto rosso ed al trucco impeccabile in ogni centimetro del suo viso, che faceva emergere i suoi occhi scuri in un modo capace di togliergli il fiato e che probabilmente era anche il motivo del suo ritardo. 

Rimise la giacca contro il bordo della sedia, poi fece il giro del tavolo e la raggiunse. Trattennero entrambi il respiro quando spostò la sua sedia in modo da farla accomodare. 

Quando si sedette di fronte a lei poté vedere l’ombra di un sorriso sulle sue labbra rosse. 

“Pensavi che non sarei venuta?” gli domandò con un sopracciglio alzato. 

“Dal momento che sembri fare tutto ciò che è in tuo potere per evitarmi, nutrivo davvero poche speranze che accettassi l’invito”. 

“Eppure eri qui ad aspettare”. 

“Eppure ero qui ad aspettare, si” replicò, non staccando gli occhi dai suoi. 

Pansy deglutì, mentre il cameriere si avvicinava per porgergli un menù, lasciando cadere lo sguardo in maniera non troppo discreta sulla scollatura della ragazza. 

David finse qualche colpo di tosse.

Pansy aveva gli occhi fissi sulla carta elegante quando parlò, eppure David ebbe l’impressione che non stesse affatto leggendo. “Non sono mai stata in un ristorante babbano”. 

“Era il preferito di mia madre”. 

La ragazza richiuse il menù, e solo il leggero movimento delle sue gambe che percepì da sotto il tavolo tradì il suo nervosismo. 

“Mi dispiace, per tutto” disse, quasi mangiandosi le parole per la velocità con cui lasciarono la sua bocca. “Non te l’ho mai detto. Non ne ho avuto il coraggio. Mi sentivo così in colpa, e mio padre-”

Non le diede il tempo di finire. “Non ti ho mai ritenuta responsabile”. 

Pansy rigirò il vino che aveva nel bicchiere, senza tuttavia avvicinarvi le labbra. “Avresti dovuto”. 

Lui mantenne lo sguardo fisso nei suoi occhi, entrambi i palmi appoggiati sul tavolo. “Non avrei dovuto affatto. E’ stata solo colpa di tuo padre. E adesso è morto”. 

“Già”. 

“Mi dispiace, comunque” aggiunse David, sebbene non fosse certo di pensarlo veramente. Quello stronzo se l’era meritato. 

Quando era stato per la prima volta nel grande e cupo maniero della famiglia Parkinson, in veste di avvocato per una transazione tra famiglie, l’uomo che lo aveva ingaggiato non aveva avuto idea delle sue origini. David, d’altro canto, non sapeva che la transazione che doveva supervisionare era in realtà un matrimonio combinato tra la figlia di Parkinson, appena maggiorenne, ed un uomo con il doppio dei suoi anni ed un patrimonio altrettanto spaventoso. 

“Non ti dispiace affatto” disse la ragazza, lo sguardo fisso nel vuoto. “E neanche a me”. 

Pansy non aveva mai voluto sposare quell’uomo, e nell’istante in cui David aveva visto la sua espressione disgustata, in cui aveva letto la tristezza nei suoi occhi nonostante l’espressione fiera del suo volto… Sapeva che avrebbe dovuto fare tutto ciò che era in suo potere per impedire che quel matrimonio accadesse. 

Innamorarsi di lei, tuttavia, era stato solo un effetto collaterale del suo piano. 

E anche lei lo amava, o almeno lo aveva amato. La guerra era appena scoppiata quando avevano deciso di fuggire insieme, e ce l’avevano quasi fatta…

Dall’espressione pensierosa sul volto della ragazza, David capì che lo stesso tipo di pensieri la stava attraversando. 

Un mix di tristezza e senso di colpa le incupì lo sguardo. Dopo aver scoperto ciò che stavano per fare, il padre di Pansy lo aveva seguito fino al quartiere babbano dove viveva con sua madre, la sua unica famiglia, e l’aveva uccisa. Per pura crudeltà e desiderio di vendetta.

Ma lui non aveva mai, per un solo secondo, ritenuto lei responsabile. 

Quel bastardo lo era, e adesso era morto. Punto. 

L’ombra del passato iniziava a farsi pesante sulle loro spalle a man a mano che quel silenzio cresceva tra di loro, perciò cercò di cambiare argomento. 

“E’ stato arrestato il dottore, Pritchett" disse, “e altre cinque persone. Non abbiamo trovato alcuna prova sulla sorella”. 

Pansy accarezzò la tovaglia elegante con le sue unghie rosse. Il cameriere si avvicinò al loro tavolo e prese le ordinazioni, allontanandosi un istante dopo. Questa volta i suoi occhi non osarono soffermarsi sulla scollatura della serpeverde. 

“E’ orribile” sospirò infine, i corti capelli neri perfettamente lisci che ondeggiavano lungo il suo collo. 

David si sforzò di non pensare a tutte le volte in cui le sue dita vi si erano avvolte e prese un altro sorso di vino. “Lei è decisamente più sveglia del fratello. Non ha lasciato nessuna traccia dietro di sè, neanche nel suo appartamento o dove lavora”. 

Pansy si morse le labbra. “Hermione si fida che tu riveli a me queste informazioni?”

La guardò, per un istante sorpreso. “Questa storia riguarda anche Draco, riguarda tutti noi. E comunque Hermione ti ringrazia, sa che è solo grazie a te se almeno siamo riusciti ad arrestare il dottore”. 

La ragazza arricciò le labbra. “Ricordi il giorno in cui è uscita quella foto sui giornali?”

“Come dimenticarlo”. 

"Draco ed Hermione non hanno mai notato qualcuno che li seguiva?”

Ci rifletté, mentre il cameriere serviva loro la prima portata. “Draco credeva di aver sentito qualcosa, ma non c’era nessuno dietro di loro in realtà”. 

“E’ un po’ familiare questo pattern d’azione, non trovi?”

“No, non ti seguo” sospirò. “Devi essere più chiara”. 

Pansy afferrò la forchetta e assaggiò il risotto che aveva ordinato. I suoi occhi si sgranarono al sapore e David tratteneva l’istinto di sorridere. 

“La Skeeter faceva esattamente così, almeno fino a qualche anno fa. Poi fu scoperto che i suoi metodi di ottenere informazioni erano piuttosto illeciti e che era in realtà un animagus non registrato”. 

David per poco non si strozzò, lasciandosi andare un boccone di traverso. “Come ho fatto a non pensarci”. 

Pansy fece spallucce. “Potrebbe essere una coincidenza, non credo sia stata la Skeeter”. 

“No, non è stata lei. La legge prevede che non possa accedere alla sua forma di animagus per almeno dieci anni dopo un’infrazione del genere, ma quella donna forse…”

“Potrebbe essere un animagus. Uno piuttosto piccolo ed in grado di passare inosservato”. 

Annuì, guardandola negli occhi. “Chiederò a Potter di controllare i registri, se non è dichiarata, avremo un motivo per trascinarla dentro. Grazie”.

“Non ho fatto niente”. 

“Si invece” le disse, sollevando il calice. 

Attese che lei facesse lo stesso, unendo i loro bicchieri in un brindisi. La guardò negli occhi quando aggiunse: “hai ottime intuizioni, e lavoriamo bene insieme. Hai mai pensato ad una carriera come avvocato?”


***


“Ufficialmente Dolores Umbridge è agli arresti domiciliari dall’inizio della guerra, e non ha lasciato casa sua da allora” affermò Potter, camminando avanti e indietro davanti al caminetto. 

Nott aveva dovuto aggiungere molte più sedie nel suo salotto, stravolgendo un arredamento rimasto immutato probabilmente per secoli, eppure non ne sembrava affatto dispiaciuto. Draco gliene era grato. 

“É probabile che sia la verità" continuò Hermione, i denti che stringevano il suo labbro inferiore mentre pensava. 

Draco si sforzò di non lasciarsi distrarre troppo da quella vista. 

“Si è resa inattaccabile conducendo le operazioni direttamente da casa sua. Lei comanda qualcuno al ministero, che a sua volta comanda Cameron, che a sua volta dava ordini a suo fratello. In questo modo, anche se ne prendiamo uno, lei rimane inattaccabile, nascosta dietro le quinte”. 

“Dev’esserci un modo per trovarla, però, per risalire a lei”. David fece una smorfia. 

Draco si concentrò su Pansy. La serpeverde si era seduta in un angolo della stanza, vicino alla grande finestra socchiusa mentre fumava le sue sigarette babbane, apparentemente disinteressata alla conversazione. Tuttavia, ciò che lei e l’avvocato avevano fatto al San Mungo era abbastanza da capire che fosse tutt’altro che disinteressata. Perché si ostinava ancora a fingere Draco non avrebbe saputo dirlo con certezza. 

Potter si fermò, appoggiandosi contro il caminetto. “Intanto concentriamoci su come scoprire se quella Cameron è un animagus. Se non altro avremo qualcosa contro di lei”. 

Theo lo fissò. “Bisognerebbe seguirla”. 

“Ma non ci sono modi per farlo legalmente?” 

“Non senza una denuncia ufficiale” intervenì David. “Cosa che non ci conviene fare, se non vogliamo che stia ancora più sull’attenti. Ci ha già fregati facendo sparire ogni sua traccia dal San Mungo. Non possiamo sprecare questo vantaggio che abbiamo”. 

Theo si alzò in piedi e raggiunse Potter accanto al caminetto. “L’avvocato ha ragione, abbiamo bisogno di agire in modo discreto e soprattutto inosservato”. 

Pose un'enfasi particolare sull’ultima parola, e Draco notò le labbra del ragazzo che è sopravvissuto piegarsi appena, prima che si scambiasse uno sguardo complice con il suo amico. 

“Ce ne occupiamo noi, Nott?”

“Affare fatto, Potter”. 


***



“E’ solo che… faccio fatica a crederci, non mi sembra vero”. 

Gli occhi di Hermione erano lucidi mentre leggeva la notizia dell’ennesimo sciopero al ministero per lei, questa volta in un dipartimento per il quale non aveva mai neanche lavorato.

Draco l’abbracciò alle spalle, affondando il mento contro la sua spalla. “La gente comune, maghi e streghe come te, credono nel tuo lavoro ed in quello che fai”. 

“Già” sospirò Hermione. 

Draco cercò di non lasciarsi distrarre dal dolce profumo del suo shampoo e dalla morbidezza dei suoi capelli. “Non sembri molto contenta”.

“No, non è questo” Hermione strinse ancora il giornale, guardando fuori dalla finestra. “E’ solo che vorrei fosse servito a qualcosa. O che tutto questo servisse a qualcosa”. 

“Forse se ne stanno rendendo conto solo adesso”. 

“Spero sia così”. 

Draco lasciò scivolare lentamente le mani lungo la curva dei suoi fianchi, portandola a voltarsi così da poterla guardare negli occhi. “Non è stato inutile, Hermione. Tutto il tuo lavoro, e tutta questa sofferenza, non sono stati vani. Faremo il possibile affinchè sia così”. 

Hermione affondò il volto contro il suo petto. “Grazie”. 

Draco continuò ad accarezzarle i capelli, facendo scorrere le dita in quella morbida massa di ricci marroni. Aveva paura a porgerle quella domanda, ma voleva che lei ne fosse sicura.

“Per quanto riguarda i tuoi genitori…” iniziò, le parole poco più che un sussurro. 

“Staranno bene. Saranno felici insieme, laggiù. Era sempre stato un loro sogno nel cassetto in fondo”. 

La strinse più forte. “C’è qualcosa che devo dirti”. 

La grifona allentò leggermente l’abbraccio per guardarlo di nuovo negli occhi. 

Draco deglutì, rivolgendole un sorrisetto. “Hai presente una certa camera blindata piena d’oro, la cui chiave si trova attualmente nel cassetto del tuo comodino?”

Hermione strabuzzò le palpebre. “Credo di si”. 

“C'è un progetto che vorrei realizzare con quel denaro. Potrebbe interessarti”. 

Gli angoli della bocca della grifona si piegarono appena, ma le sue sopracciglia alzate tradivano, oltre al suo interesse e curiosità, anche un velo di preoccupazione. “Che cosa mi stai proponendo, Draco Malfoy?”

Il biondo si separò definitivamente dall’abbraccio e raggiunse il divano, su cui giaceva la sua giacca. Dalla tasca interna, tirò fuori un piccolo pezzo di pergamena. 

Lo porse ad Hermione, trattenendo il respiro mentre lo srotolava ed i suoi occhi saettavano sulla pagina. Aveva parlato con Theo dei diversi dettagli, in questi giorni, valutando i vari aspetti di questa idea e come potrebbe funzionare, oltre che la fattibilità. Secondo il suo amico era più che buona, ma avrebbero comunque avuto bisogno dell’aiuto e dell’approvazione dell’attuale preside di Hogwarts, sempre se Hermione fosse stata d’accordo in principio. 

Dopo qualche minuto, Hermione riportò finalmente lo sguardo su di lui, gli occhi che brillavano. “Questa è stata una tua idea?”. 

Annuì. “Theo mi ha aiutato con alcuni dettagli, ovviamente se pensi che qualcosa vada cambiato-”

“Sembra tutto perfetto” affermò, quasi con le lacrime agli occhi. 

“Sapevo che tra i tuoi tanti progetti al ministero, questo per i nati babbani era finito in fondo alla lista. Per questo motivo voglio mandarlo avanti io”.

Hermione sembrò per un momento combattuta. “Ma tutto questo denaro-". 

“Basterà per finanziare almeno i primi dieci anni del progetto. Ma se avrà successo credo che potremmo trovare degli investitori persino. Daremo il via ad una nuova tradizione per la società magica. Ogni bambino nato babbano avrà diversi mesi, se non anni, per conoscere il nostro mondo prima di trovarsi trascinato al suo interno all’improvviso. Potrebbe essere utile, soprattutto per le loro famiglie”. 

“Oh” Hermione si asciugò rapidamente una lacrima che le solcò la guancia. “Ai miei avrebbe sicuramente fatto piacere. Quando ho ricevuto la mia lettera…”

Draco la afferrò per una mano, accompagnandola sul divano e sedendosi accanto a lei. “Ti va di raccontarmi tutta la storia?”

Hermione lasciò la pergamena sul tavolino da caffè. Con una mano gli accarezzò il volto, finchè le sue dita non sfiorarono l’orlo delle sue labbra. 

Draco sospirò, ed Hermione avvicinò il viso al suo mentre le mani scendevano verso la sua cintura. 

“Magari un’altra volta, Draco”. 


***



Si erano spostati dal divano al tavolo della cucina, e da lì alla camera da letto. Hermione non aveva idea di quanto tempo fosse passato né di che ore fossero, ma dedusse che doveva essere notte fonda visto il silenzio che proveniva dall’esterno. L’unico suono tutt’intorno era quello dei loro rispettivi respiri affannati. 

Draco allungò una mano verso di lei, spostandole una ciocca di capelli dietro le orecchie. “Stanca, Hermione?” sussurrò al suo orecchio, fissandola con aria di sfida, “potrei prendere il tuo posto”. 

Lo guardò negli occhi, le pupille completamente dilatate nell’oscurità della stanza, il corpo ricoperto di sudore. Si avvicinò per sfiorargli le labbra, prendendo il suo labbro inferiore tra i denti. 

Un verso profondo e gutturale fuoriuscì dalla sua gola, ed Hermione lo sentì riverberare lungo tutti i suoi nervi. Quando si separò dalle sue labbra, afferrò le mani di Draco, attualmente strette intorno ai suoi fianchi, e le portò contro il materasso. 

“Sto bene dove sto, grazie”. 

Nonostante sentisse i muscoli delle gambe appesantiti, Hermione non voleva affatto cambiare posizione. Non aveva mai osato immaginare che avere Draco Malfoy sotto di lei, il respiro pesante, le labbra che imprecavano e la imploravano, potesse essere così…

Continuò a muovere i fianchi, sentendo di nuovo quella piacevole pressione crescere dentro di lei. Draco strinse la presa contro le sue dita, la testa all’indietro contro il cuscino, gli occhi fissi su di lei. 

“Mi stai uccidendo" ansimò, mentre Hermione aumentava velocità. “Dio…”

Hermione chiuse gli occhi, concentrandosi solo su ciò che sentiva, piegandosi su di lui in modo da ottenere la frizione che desiderava. 

Toc toc

Non registrò quel suono, ed il pensiero che qualcuno potesse star bussando alla sua porta non la attraversò nemmeno. Dio, era così vicina. Nello sguardo di Draco lesse la stessa emozione, lo stesso disinteresse per qualunque cosa che non stesse succedendo lì, in quella stanza. 

Draco la guardò dritto negli occhi, sempre quella tipica aria di sfida, ed Hermione riprese  a muoversi lungo di lui, più veloce ancora… 

Draco liberò una delle sue mani, e la portò dove ormai sapeva più che bene che le sarebbe piaciuto. 

Quando ansimò, Draco fece lo stesso, con un senso di soddisfazione. “Usami come preferisci, Granger”. 

Quelle parole, unite al movimento delle sue dita e alla pressione del suo cazzo dentro di lei, con quell’angolazione perfetta, segnarono la fine di Hermione. 

Chiuse gli occhi mentre l’orgasmo la travolgeva, e fianchi di Draco sotto di lei ripresero a muoversi freneticamente. Era così vicino anche lui, e… 

Toc toc

“Cazzo” ansimò il serpeverde, rallentando, mentre Hermione ancora si stringeva su di lui.

La grifona scese da sopra di lui, abbandonandosi sul materasso, e Draco fece appena in tempo ad alzarsi e afferrare un paio di pantaloni. “Spero che sia qualcosa di veramente importante” affermò, ed Hermione colse l’urgenza nel suo sguardo mentre usciva dalla camera da letto per andare ad aprire la porta. 

Non si alzò subito, perchè sentiva che le sue gambe non sarebbero state in grado di reggerla, e non moriva dalla voglia di scoprire che ore fossero e chi fosse venuto a bussare alla sua porta proprio adesso. 

Visite notturne ed improvvise iniziavano a diventare sempre più frequenti, ed Hermione doveva ammettere che non aveva mai sentito la mancanza della sua privacy, avendo vissuto da sola per mesi, prima di adesso. Prima che lei e Draco… 

Sentì la voce di Theo dal salotto. “Questo posto puzza di sesso, dio”. 

Hermione si rimise in piedi, sentendosi arrossire. Il senso di vergogna aumentò ulteriormente quando sentì anche la voce di Harry provenire dall’altra stanza e si ricordò dei loro vestiti sparsi in giro. 

Indossò una camicia da notte e la sua vestaglia e li raggiunse. Harry teneva imbarazzato lo sguardo verso il pavimento, ma Theo sembrava invece più che divertito dalla situazione. 

“Arriva al punto” lo intimò Draco, notando il suo sorrisetto divertito. “Non vi sareste precipitati qui se non fosse stato qualcosa di importante”. 

“Fortuna che non abbiamo usato il caminetto” mormorò Harry tra sè e sè, poi sospirò. “Abbiamo seguito Cameron Prichett” .

“In che senso l’avete seguita?” chiese Hermione. 

Il ragazzo che è sopravvissuto iniziò a spiegare. “Ci siamo nascosti sotto il mantello dell’invisibilità oltre la linea di smaterializzazione del ministero, e Nott ha avuto un’idea”. 

Sia Draco che Hermione guardarono contemporaneamente verso il serpeverde. “E’ una cosa che fanno i babbani” precisò alzando entrambe le mani, “non ci sono leggi che lo impediscono nella società magica”. 

Hermione sentì le ginocchia deboli, ma avvertì anche un piccolo senso di soddisfazione mentre osservava gli sguardi compiaciuti dell’improbabile duo. “Cosa avete fatto?”

“Abbiamo usato un dispositivo babbano di geolocalizzazione, nascosto nella sua borsa” finì Theo. 

“E cosa avete scoperto?”, la voce di Draco adesso era tesa ed impaziente. 

“E’ andata a casa di Dolores Umbridge, dove sta scontando gli arresti domiciliari”. 

“Possiamo incastrarla in qualche modo?" Hermione iniziò a tormentarsi l’interno della guancia con i denti. 

Potter parlò. “Legalmente no, perchè potrebbe ricevere visite, ma ne parlerò domani con David per sicurezza” poi i suoi occhi verdi vagarono verso Theo. 

“Spara” lo incitò Draco, notando lo sguardo malizioso sul volto del suo amico. 

Theo allargò le spalle, raddrizzando la sua postura. “Potremmo far scrivere un articolo sui giornali. L’opinione pubblica è in fermento per ciò che ti è successo, il ministero è totalmente rallentato dai vari scioperi e chiunque odia la Umbridge, persino più di qualsiasi mangiamorte. Dopo un articolo del genere Cameron perderebbe totalmente di credibilità, e probabilmente anche il suo lavoro”.

“Facciamolo allora” disse Hermione. “Parlerò io con Luna domani mattina”. 

Draco appoggiò una mano contro la sua schiena. 

Theo ed Harry si scambiarono un altro sguardo complice. “Torna dalla tua ragazza” disse il serpeverde, “ci penserò io”. 

“Pensare a cosa?” si fece avanti Draco. 

“Non puoi farlo da solo, Nott” continuò il ragazzo che è sopravvissuto, ignorando completamente sia Draco che Hermione. 

“Ho molto tempo a disposizione, in realtà”. 

“Già” Potter lo squadrò dalla testa ai piedi. “Hai mai pensato di trovarti un lavoro? saresti un ottimo detectiv-” 

“Ma di cosa state parlando?”

Se nessuno sembrava far caso a Draco, d’altro canto la voce di Hermione li fece sobbalzare entrambi. Il biondo sembrò divertito dal fatto che sia Harry che Theo sembrarono farsi piccoli sotto gli occhi della grifona.

“Nott ha avuto un’idea, una pista da seguire”. 

Theo proseguì quello che Harry aveva iniziato. “Adesso che sappiamo che Cameron si reca a visitarla, potremmo appostarci fuori da casa sua, scoprire chi altri riceve e quali effettivamente sono i suoi burattini all’interno del ministero”.

“E’ una buona idea” borbottò sottovoce Hermione in segno di approvazione, lo sguardo pensieroso. “Cameron non è mai stata la sua prima scelta”. 

Gli occhi dei due si illuminarono. “Useremo contro di loro la stessa arma che hanno usato contro di te. Giornalismo sleale e tutto il resto”. 

“Va bene” sospirò Hermione.  Il suo cuore batteva rapidamente, e non sapeva se fosse per i residui del suo ultimo orgasmo, per l’imbarazzo dei suoi vestiti e quelli di Draco sparsi sul pavimento o per la scarica di adrenalina che le ultime notizie le avevano provocato. Probabilmente un mix di tutte e tre le cose. 

“Ok, adesso è meglio che andiamo”. Harry sembrava aver seguito la stessa direzione dei suoi pensieri, ed i suoi occhi vagavano tra lei, Draco ed il pavimento, come se non sapesse esattamente dove guardare. 

Theo si avviò insieme a lui verso la porta, un vago sorrisetto sul suo volto. “Scusate l’interruzione, riprendete pure dove vi abbiamo interrotto”. 

Quando la porta si richiuse alle loro spalle, Hermione era certa che le proprie guance fossero in fiamme. 

Di sicuro non aiutò la voce suadente di Draco che accarezzava la sua mente. 

Dove eravamo rimasti, Hermione?

Avrei voluto postare il capitolo prima, ma le ultime settimane sono state piene! Vi abbraccio forte e vi auguro una buona pasqua ❤️

   
 
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