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Autore: Orso Scrive    10/04/2023    1 recensioni
Dal 1963 a oggi, ci sono state due costanti irrinunciabili: la minaccia della guerra atomica e i Nomadi. Sulla prima non ho voce in capitolo. Ma sui Nomadi, qualcosa da dire ce l’ho pure io. Insomma, quest’anno compiono sessant’anni. Sessant’anni suonati, è proprio il caso di dirlo! Ho pensato, allora, di scrivere dei brevi racconti – in certi casi, poco più che semplici pensieri – ispirati ad alcune delle loro canzoni. È il mio personale tributo a questo gruppo musicale che, con le sue note, mi ha accompagnato in pratica da sempre.
Per dirla a modo loro, come sempre, sempre Nomadi!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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SERA BOLOGNESE

(1981)

 

 

Non è ancor tardi e con il freddo che fa,

possiamo bere qualcosa, se ti va.

Un po’ di neve si scioglie sotto i tuoi stivali

la luce sotto il portico più in là,

un po’ di esitazione che forse invento io

e il tuo braccio si infila sotto il mio…

 

 

Nel locale c’è un caldo tepore, che contrasta con il gelo della notte che ci siamo lasciati alle spalle. Per un istante, il cambio repentino di temperatura mi appanna le lenti degli occhiali, e tu diventi come un’ombra sfumata che cammina accanto a me.

Il bar è pieno di avventori. Gente che chiacchiera, vite che si rincorrono. In un angolo, sopra un basso palchetto, un paio di musicisti con le chitarre acustiche stanno improvvisando uno spettacolino di musica folk. Cantano un brano che non riconosco, ma dal sapore passato, retrò. Su tutto aleggia l’odore aspro della birra e degli alcolici.

Quasi stesse aspettando noi, in un angolo c’è un tavolino libero. Ci sediamo, uno di fronte all’altra, e ci sorridiamo. Siamo entrambi un po’ stralunati. Un attimo fa stavamo camminando sotto i portici di Bologna, tenendoci a braccetto, e ora siamo persino seduti qui. Non posso fare a meno di domandarmi che cosa succederà dopo, fin dove sapremo spingerci.

Un uomo con un grembiule macchiato sul ventre prominente si avvicina. Ordino un whisky. Tu preferisci una cioccolata calda con la panna. Quello non fa una piega, anche se in una serata come questa non deve certo essere l’ordinazione che va per la maggiore. Dal tavolino accanto, ci raggiunge una risata avvinazzata, seguita a chissà quale battuta.

Per un po’ restiamo in silenzio. Forse, prima, abbiamo esaurito gli argomenti di conversazione. Credo che sia stata una specie di reazione alla timidezza, per entrambi: parlare, parlare, parlare. Ora, in questo ambiente caotico, ci godiamo per qualche istante il nostro silenzio.

Mi chiedo come dobbiamo sembrare, visti da fuori. Chissà se qualcuno, guardandoci, intuisce che siamo due sconosciuti giunti così, al primo appuntamento, dopo esserci parlati da lontano tanto a lungo. Forse, in un’altra epoca, saremmo potuti finire tra le pieghe di un qualche fotoromanzo, e avremmo fatto anche la nostra bella figura.

Bevo un goccio di whisky. Tu ti porti alle labbra il cucchiaino e assaggi un pochetto di panna. Anche se, forse, non siamo ancora arrivati al punto in cui possa già osare tanto, mi piacerebbe tanto dirti che è delizioso, guardarti. C’è qualcosa di magnetico, in te.

Il silenzio dura un attimo. Un istante lunghissimo. Poi ricominciamo a parlare delle nostre vite.

Fuori da qui ci attende Bologna, con le sue piazze e i suoi portici. Una sigaretta, ancora qualche passo, poi chissà dove abbiamo messo la macchina, e dopo…

Dopo chissà.

E intanto, mentre camminiamo per andarcene dal bar, tu ridi per qualcosa che ho detto. La mia mano, audace, cerca la tua e la stringe. Tu non ti ribelli.

Andiamo, allora, in questa fredda sera bolognese, senza sapere che cosa ci riserverà prima che l’alba illumini ancora una volta le nostre vite di ogni giorno.

 

Sera bolognese ruffiana

un po’ di storia privata da barattare

la sigaretta e le tue mani da toccare…

 
 
   
 
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