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Autore: Orso Scrive    11/04/2023    1 recensioni
Dal 1963 a oggi, ci sono state due costanti irrinunciabili: la minaccia della guerra atomica e i Nomadi. Sulla prima non ho voce in capitolo. Ma sui Nomadi, qualcosa da dire ce l’ho pure io. Insomma, quest’anno compiono sessant’anni. Sessant’anni suonati, è proprio il caso di dirlo! Ho pensato, allora, di scrivere dei brevi racconti – in certi casi, poco più che semplici pensieri – ispirati ad alcune delle loro canzoni. È il mio personale tributo a questo gruppo musicale che, con le sue note, mi ha accompagnato in pratica da sempre.
Per dirla a modo loro, come sempre, sempre Nomadi!
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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I GATTI RANDAGI

(1990)

 

 

I gatti più belli,

sono i gatti randagi.

Girano i quartieri, di povera gente.

Amici sinceri di chi non ha niente

di chi tutto il giorno, non fa che sognare.

Uno sguardo un sorriso,

una carezza un invito

e più felice via, se ne andrà…

 

 

Vagabondando per le vie del mondo, con soltanto qualche sogno in tasca, l’uomo evitava il più possibile il contatto con i suoi simili. Aveva imparato a sue spese – e più volte – di quanto l’essere umano sapesse rendersi cattivo.

Preferiva la solitudine.

Non chiedeva altro che di poter aprire gli occhi in faccia all’alba, per ammirare il sole sorgere a oriente e illuminare tutto il creato con i suoi raggi caldi e benefici. Questo era ciò che desiderava. Non chiedeva altro, né faceva nulla di male a nessuno.

Certe notti, le più poetiche notti mai giunte sul pianeta, faticava a prendere sonno. Anzi, in quei momenti magici, quando la notte è carica di profumi e di speranze, addormentarsi non era possibile.

Allora, in quelle notti, l’uomo camminava. Sul suo cammino non incontrava quasi nessuno. C’erano solo i gatti.

Gatti tigrati, gatti rossi, bianchi e neri, gatti arruffati e a pelo corto, che miagolando gli tenevano compagnia, che gli si strusciavano contro le caviglie in attesa di quella carezza che li avrebbe resi felici. E l’uomo, con i gatti, era felice.

Li chiamava, li guardava avvicinarsi, li accarezzava e li lasciava andare via quando i loro misteri felini li invocavano altrove.

Lui, in fondo, era come i gatti randagi: senza doveri, senza padroni.

E in ciò era racchiusa la felicità.

 

Siamo un po’ tutti dei gatti randagi,

ce ne andiamo coi sogni in spalla.

Siamo un po’ tutti dei buoni da niente,

siamo un po’ tutti dei tira a campare.

Noi siamo quelli che vogliono andare,

un solo credo la voglia di amare.

Un solo sogno,

la libertà…

 
 
   
 
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