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Autore: ClostridiumDiff2020    16/04/2023    1 recensioni
Spoiler sulla stagione 2 di Shadow And Bone.
Ho sognato una mia personale versione di "King of Scars" e "Rule Of Wolves"
Parte dalla fine della seconda stagione e rielabora la successiva duologia con un nuovo Re delle Cicatrici.
Il Darkling è morto, pugnalato a morte dalla sua piccola santa.
È morto solo, inseguendo la pallida luce di un cielo azzurro.
Ma nonostante questo si risveglierà in una gelida cella...
Come può essere ancora vivo?
La faglia è distrutta ma un misterioso male affligge il suo paese, che nonostante la sua morte è ancora in guerra... Nonostante la sua morte i Grisha sono ancora perseguitati.
Aveva ragione su tutto, ma è stanco di lottare, stanco di vivere...
Ma non gli è concesso alcun sollievo.
Lei non glielo permetterà...
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alina Starkov, Darkling, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 03 - And I dream...

 
 
 
 
Le sue mani apparivano così semplici, pallide e fredde ora che non riuscivano ad evocare le ombre.
Lo avevano accompagnato per mezzo secolo, da che ricordava erano sempre state con lui anche quando avrebbe voluto rinnegarle, rannicchiato su se stesso in una tetra caverna, aspettando il ritorno di sua madre.
 
Ma ormai non era più un bambino e Baghra non sarebbe più tornata.
Adesso anche il suo potere sembrava aver scelto di lasciarlo da solo.
 
Da quando si era risvegliato la sua mente continuava ad oscillare confusa, mescolando passato, presente e non solo…
 
Anche esperienze che forse non avevano alcun senso, forse ricordi di morte?
 
Solo di una cosa era certo, era morto nel deserto della faglia e lo aveva fatto pensando alla sua piccola santa, mentre lei lo pugnalava al cuore e lo lasciava crollare giù verso la sua inesorabile fine.
 
Cieli azzurri e sgombri dalle sue ombre, la faglia distrutta, il veleno che trasudava dalle ferite, sangue nero come la pece infettato dal Merzost.
 
Sfiorò la cicatrice scura sulla sua mano destra, pulsava dolorosamente come anche i segni sul volto. Aprì e chiuse la mano cercando di allontanarne il pensiero, ma invano.
 
Non era un simulacro, era la sua vera mano.
La cicatrice scura avvolta dai segni dell’ustione là dove Alina lo aveva con il suo potere, la dove era rimasto una scheggia dell’amplificatore che gli aveva strappato dalla carne pugnalandolo.
L’amplificatore che gli aveva donato per un breve periodo il controllo sul suo dono, su quella luce così a lungo bramata.
 
Si osservò le lunghe dita pallide e infine si strinse il polso con forza.
Ricordava di averla persa, di sua madre che morendo gliela recideva con il Taglio.
Quel dolore non poteva essere falso, lei era veramente morta, il vuoto nel suo petto non mentiva.
 
Eppure la sua mano era ancora là e qualcuno l’aveva stretta mentre tornava dall’oblio, invocandolo per nome.
 
«Aleksander… Ravka ha ancora bisogno di te… I tuoi Grisha ne hanno… Io ne ho…»
Una voce femminile, un volto offuscato e una divisa del primo esercito…
Occhi lattescenti quasi ciechi…
 
Leah?
 
Non ne era certo, non riusciva più a trattenere nessuno dei loro nomi, si confondevano tra loro.
Ormai era solo uno spettro bloccato in quella prigione di pietra.
 
Premette con forza la ferita e il dolore lo sorprese, una nuova energia germogliava in essa. Fiotti di luce ne scaturivano senza controllo e la visione lo colpì come un pugno.
 
Vide Alina protendersi verso le ombre mentre i suoi capelli scuri perdevano colore fino a divenire candidi come la neve.
Lo afferrava e stringendogli la mano lo aveva estratto dalle ombre mentre il Merzost scivolava nuovamente dentro lui assieme alla vita.
 
Si premette la mano sul volto trattenendo a stento un grido.
 
Davvero lo aveva riportato tra i vivi e infranto la promessa? Aveva veramente conservanto il suo corpo e usato lo stesso veleno che l’aveva indotta a ucciderlo?
Quell’istante continuava a tormentarlo, perché non aveva scelto di accettare la sua mano allora? Se ripensava al suo straordinario potere liberato nel momento del sacrificio la rabbia lo attanagliava. Le aveva consentito di distruggere la sua creazione e sputargli in faccia che non avrebbe mai avuto bisogno di lui… Quindi perché adesso respirava di nuovo?
 
Il richiamo lo punse come uno spillo, fastidioso e opprimente.
Il potere della luce lo richiamava a sé, come?
Il legame era reciso, ne era certo, ma la sua mano, la luce in essa…
Ormai era solo caos…
 
 
Un’irresistibile forza lo trascinò in piedi costringendolo ad aprire gli occhi.
La sua cella stava svanendo lasciando il posto a una foschia opalescente in cui spiccavano figure umane confuse.
 
La sua mano pulsava lanciandogli dolorose fitte.
La stanza affiorava gradualmente, un tempo erano state le sue stanze della guerra ma ormai gli apparivano estranee, a malapena familiari.
 
Finalmente la vide, la sua piccola Santa.
Non perfetta come voleva mostrarsi quando lo raggiungeva lei attraverso il legame, ma la vera Alina.
 
I suoi capelli erano candidi come neve, la sua postura austera e la sua Kefta
La sua Kefta era nera con intrecciati ricami d’oro, non troppo diversa da quella che lui aveva fatto confezionare per lei in quella che era un’altra vita lontana, in un breve istante di gioia.
Avrebbe voluto dimenticare, lui aveva vissuto migliaia di vite, infiniti istanti, perché tutto ciò che si legava a lei doveva essere speciale?
Eppure anche in quel momento lei scintillava come se fosse la sola creatura in quella stanza dotata di colore, il suo corpo emanava luce, rendendola la sola forma veramente a fuoco nella sua visione.
Ma non era un sogno, era davvero accanto a lei, o almeno la sua mente.
Il legame mentale si stava rafforzando nuovamente.
 
«Lo abbiamo ucciso una volta, troveremo il modo di farlo di nuovo, stavolta per sempre!»
Riconobbe la voce dura e altezzosa, Zoya.
 
«Se lo farete spazzerete via ogni possibilità di fermare la Piaga come anche ogni possibilità di lottare contro la Jurda Parem
Aleksander osservò Alina, non era del tutto certo di quanto avesse udito.
 
«Alina, ti prego… Da più di un anno stiamo discutendo di questo, peggiori solo la tua condizione! Non difenderlo ancora!» stavolta a parlare era stata una sagoma dal vago alone rossastro… Genya?
 
Aleksander non ne era certo. Qualcuno si era davvero chiamato in quel modo,
Era stata forse una sua leale alleata?
No… Lo aveva tradito, come molti altri...
 
«Definisci peggiorare… Peggio che la mia regina abbia usato una magia proibita? Peggio del fatto che ha scelto di ignorare quanto il Triumvirato aveva deciso? Peggio di aver complottato con i devoti del Santo Senza Stelle a nostra insaputa e che sia fuggita nella notte per andare all’origine della faglia ed effettuare un rituale proibito riportando in vita la peggiore piaga di questa nazione? Davvero può ancora fare qualcosa di peggiore?»
Esclamò una sagoma dai capelli dorati sedendosi con un sonoro tonfo.
 
Alina scosse la testa e finalmente lo vide, lui sorrise rivedendo se stesso in lei, ammirandone l’autocontrollo. La sorpresa era apparsa solo per un momento nei suoi occhi ma aveva immediatamente riacquisito una pacata determinazione.
 
Davvero un’allieva brillante!
Pensò Aleksander.
 
«Maledizione Alina, Fjerda e Shu Han sono in guerra con noi, ogni speranza di pace è legata alla nostra capacità di mostrarci uniti e forti! La presenza del Darkling mina ogni cosa! Porterà all’ennesima guerra civile, che non ci possiamo permettere, deve morire di nuovo! Abbiamo già la piaga a tormentarci, ma forse con la sua morte risolveremo!»
 
Ancora quel nome piaga.
Per un momento aveva persino pensato che potesse essere un nuovo modo per riferirsi a lui, ma iniziava a dubitarne.
 
«Lui è la soluzione, non il problema! Potrebbe aiutarci a contrastare l’effetto della Parem, ha secoli di conoscenza dalla sua! Dobbiamo anche rafforzare il secondo esercito, difendere i Grisha che sono sempre più presi di mira, rapiti nelle loro case e sottoposti a torture ed esperimenti orribili e Lui può…»
 
«Aiutare te a controllare il Merzost? A completare la tua metamorfosi alimentando quel mostro affamato di potere che ti sta crescendo dentro? Non ti è bastato quel che hai fatto alla cerimonia? Oltre ad aver evocato quell’abominio?» tagliò corto il giovane Re.
 
Aleksander sbattè le palpebre, gli avversari di Alina continuavano ad apparirgli un ammasso di colori confusi, Alina invece spiccava nitida e luminosa come una stella, meravigliosa e splendente.
 
«Volevo scacciare il tuo demone, purtroppo ho fallito! Per questo ho bisogno di Lui, nessuno conosce il Merzost meglio di Aleksander, nessun altro può aiutarci a comprendere non solo la Piaga ma anche la tua maledizione…»
 
Alina si voltò e i loro occhi si piantarono in quelli di lui e vi vide dolore e tradimento.
Aveva usato il suo nome, sputandolo fuori come qualcosa di semplice e comune.
Era stato come se lo avesse pugnalato ancora una volta.
 
Scosse la testa deciso, no non la avrebbe sostenuta, era tardi per qualsiasi cosa.
 
Si sforzò di mettere a fuoco la sagoma del giovane Re e finalmente lo vide.
Vi era un groviglio oscuro che gli pulsava nel petto, un residuo del suo potere?
Per questo lo aveva riportato alla vita? Per salvare il suo prezioso sposo?
Scosse deciso ancora una volta la testa e chiuse gli occhi rintanandosi nella propria mente, preferiva marcire in quella cella maleodorante che passare anche solo un altro istante in quella luce colma di melliflue promesse.
 
Si svegliò nella sua cella, la pietra che premeva sul suo corpo magro.
La luce pulsava ancora regolare dalla ferita, trasudando quel residuo di potere maledetto.
Si osservò le pallide mani e si sorprese felice per la prima volta di non avvertire il richiamo delle ombre sotto la pelle.
No, non l’avrebbe aiutata, che lo uccidessero pure, ormai si era arreso.
 
Secoli di lotta, perdite e tutto per cosa?
Perché in mano gli restasse solo una manciata di frammenti ossei e futili illusioni?
Quello era ormai il suo sogno, solo una carcassa priva di vita.
Ripensò alla sua esistenza frammentata.
Aveva avuto così tanti nomi, vissuto così tante vite, finto così tante morti.
Ogni persona che aveva amato e a cui si era legato gli era stata portata via dall’odio degli Otkazat'sya o anche solo dal tempo…
Secoli in cui si era indurito scegliendo di non avvicinarsi più a nessuno prima che lei venisse portata nella sua tenda, liberando per la prima volta la sua calda luce.
 
Ma quello scampolo di pace lo aveva pagato caro, con dolore e tradimento e adesso era solamente stanco.
Si chiuse in se stesso, cercando di rallentare il battito del suo cuore. Se solo quella mano avesse smesso di pulsare ed emanare quella maledetta luce a lungo bramata…

   
 
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