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Autore: Immersi nella vita    23/04/2023    0 recensioni
[Requiem of the rose king]
[Requiem of the rose king] Spoilers del finale del manga, continuazione del cap 78.
La battaglia che ha posto fine alle guerre delle due rose si è conclusa, Richmond ha trionfato.
Sul campo di battaglia rimangono i morti, e tra questi qualcuno che si trova in bilico tra la vita e la morte e che ha ancora molte questioni da risolvere.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
Si trovava in un campo fiorito, infinite rose bianche riempivano lo spazio di quello che a prima vista sembrava una sorta di paradiso terrestre. Eppure non c’era neppure un suono, un immenso silenzio, innaturale, avvolgeva quel luogo.

Si chinò e raccolse un fiore dall'aspetto candido, lo avvicinò al volto, il suo profumo dolce gli trasmise un senso di tranquillità. Vide un albero in lontananza dall'aspetto famigliare. Con passo tranquillo si avvicinò ad esso, poggiò una mano sul tronco della quercia, i maestosi rami si estendevano come dita verso il cielo limpido. Si perse a guardare la volta celeste, la luce del sole brillava e  creava giochi di luci e di ombre sul suo volto.

“Henry!”

Quella voce lo fece sussultare.

Si girò di scatto, di fronte a sé aveva Richard. 
Col cuore a mille, sentì un sorriso allungarsi sul suo volto, disse in modo concitato:

“Richard! Io-”

Non riuscì neanche a finire di articolare la frase che Richard era scomparso. 

Un senso di profondo sconvolgimento e sconforto gli pervase la mente, dove era andato il suo Richard?

Il suo occhi caddero sul fiore che stringeva fra le mani, i morbidi e freschi petali tra le sue dita divennero d'improvviso rosso cremisi, la rosa si sciolse sanguinando tra le sue dita.

Quel paesaggio tanto idilliaco si tramutò di colpo in qualcosa di raccapricciante. Le rose erano un' immensa pozza di sangue, i petali spine infuocate, si sentì soffocare.

Le sue mani erano rosse, permanentemente macchiate, il dolce odore di fiori si era trasformato nel famigliare puzzo di sangue.
Una distesa di devastazione si aprì di fronte a sé. Ora si trovava su un campo di battaglia, la terra battuta era annerita dal fuoco e bagnata dal sangue. Lunghe e scheletriche mani si sollevarono dal terreno, si sentì afferrare da più parti. 

Erano forse queste le persone che aveva ucciso e che cercavano la loro vendetta.

Il cuore gli batteva il gola, si sentiva perso in quell’abbraccio mortale.

Alzò gli occhi al cielo, le nuvole nere lo guardarono minacciose, un senso di paura e di angoscia gli stritolò il petto.

Era questo l'inferno.

Iniziò a cadere una pioggia di sangue, si sentì sprofondare in quel dolore e nei sensi di colpa.
.

Con un sobbalzo Henry aprì  l’occhio, era buio. Un’immensità oscura lo avvolgeva. Il cuore che batteva all’impazzata, la prima cosa che pensò fu che aveva sete, si sentiva la bocca arida, aveva bisogno di bere. Si girò su fianco e un subitaneo lampo di dolore gli attraversò tutto il corpo. Un lamento gli scappò dalle labbra. 
Un improvviso rumore gli arrivò alle orecchie.
Voci di persone, sussurri concitati.

“È vivo!!”

La voce di un uomo

“Guarda caro, si è svegliato!!”

Quella di una donna

Il viso di Henry assunse un’espressione di confusione, dove si trovava e cosa stava succedendo?

La seconda cosa che notò fu che si trovava disteso su qualcosa di relativamente morbido e caldo, un letto?

Erano bende quelle che avvolgevano il suo corpo?

Una mano gli toccò la spalla facendolo sussultare, il fiato caldo di una persona si avvicinò al suo volto.

"Come stai?”

Dalla voce sembrava un uomo di mezza età.
Perché era così buio?

“Ac-qua…” con un filo di voce riuscì a proferire questa parola.

Percepì diversi rumori di sottofondo e dopo qualche attimo sentì il fresco dell’acqua sulle sue labbra. Bevve con avidità, un’improvvisa serie di colpi di tosse lo assalirono, il sapore metallico in gola.

Di nuovo quel tocco caldo e fermo sulla sua spalla e quella voce.

“Bevi con calma ragazzo, non strozzarti!”

Henry annuì con un cenno del capo, e dopo un altro sorso, si ridistese in quello che presupponeva fosse un letto.

Era vivo dunque.

Qualcosa a metà tra un sorriso e una smorfia di dolore attraversò le sue labbra, tremò e scomparve così come era apparso.

“Dove sono?”

Riuscì infine a chiedere. 

L’uomo dall’altra parte del giaciglio guardò prima la moglie e poi rispose: “ ti trovi in casa mia, ragazzo, ti ho trovato tre giorni fa presso un bosco. Eri gravemente  ferito”, la donna soggiunse : “hai dormito per tre giorni di fila, non eravamo neanche sicuri che ti saresti svegliato”
Tre giorni, Henry sollevò un sopracciglio, era molto stupito dal fatto che qualcuno avesse potuto trovarlo e salvarlo, una sensazione calda gli strinse il petto, riconoscenza e gratitudine gli fecero fare un primo sincero sorriso.

“Vi ringrazio di cuore, mi avete salvato ne sono molto riconoscente”

Aggiunse: “È così buio qui, potreste accendere un lume, vorrei vedere i vostri volti”

Silenzio. I suoi interlocutori ammutolirono, uno sguardo interrogativo balenò sui loro volti perplessi.

La signora disse incerta: “ scusa… ma perché dovremmo accendere la luce se è giorno, …noi possiamo vederti chiaramente…”

Henry raggelò, come poteva essere giorno se lui era immerso nella notte più totale.

Esitante sollevò con un certo sforzo la sua mano e la pose di fronte al viso. Nulla. Non riusciva a vedere niente.

Realizzò, era cieco.

Un singulto doloroso gli strinse il cuore, aveva dunque perso anche l’altro occhio.

Si coprì il volto con le mani.

Questo era il prezzo, pensò amaramente.
 Un senso di vuoto e disinteresse spense le precedenti burrascose emozioni. Perché doveva importargli così tanto di essere diventato cieco? Non aveva già visto abbastanza con quei suoi occhi, le guerre, le tragedie, il sangue. Immagini confuse e ricordi brillarono dietro le sue palpebre chiuse. Il viso di Richard, i suoi occhi luminosi in un passato distante, quel sorriso dolce sotto l’ombra di un albero.

 Prese un respiro profondo, il cuore pulsò dolorosamente tra le costole. 

Si scoprì il volto e rivolse il suo sguardo vuoto ai suoi salvatori, un sorriso stanco, addolorato si soffermò per un attimo sulle sue labbra screpolate.

“A quanto pare Dio mi ha concesso di vivere ancora per un po’ di tempo sotto questo cielo, mi ha anche portato via la vista del mio occhio rimanente”

Pensò tra sé 'un prezzo giusto'.

La coppia si guardò con dispiacere, la signora mormorò una preghiera sottovoce. 

Un rumore attirò l’attenzione di Henry, sentì un movimento, le coperte si spostarono, il muso caldo e umido di un animale a sfiorargli le dita. 

“Ehi tu, scendi!” 

Henry accarezzò la testa di quello che presumeva essere un animale domestico, il pelo folto e un po’ ispido. Le orecchie e il muso erano strani per appartenere a un cane…un cinghiale?

Un'ondata di nostalgia lo colpì, possibile che questo fosse proprio il suo chinghialotto bianco?

“È un cinghiale?” chiese improvvisamente.
Il signore a disagio stava cercando di staccare l’animale dal ferito, sospirò e disse: “Sì lo è, devi sapere che è stato proprio questo cinghiale a salvarti ” proseguì “ Sono un pastore di porci, li stavo portando al pascolo, quando notai un insolito colore nel gruppo, un cinghiale bianco si era intrufolato nel mio gregge” guardò il suddetto cinghiale con occhi scettici, “ poi i miei maiali hanno iniziato a correre seguendo questo cinghiale, non immagini il colpo al cuore che mi sono preso, li ho inseguiti precipitosamente, fino a che mi sono accorto che si erano fermati poco distanti dal limitare del bosco, steso a terra c’era un uomo, eri proprio tu ragazzo” . 

Si lasciò andare a una breve risata, e disse con un sorriso sulle labbra “be’ presumo sia stata la mano di Dio, per quanto strano, questo bizzarro cinghiale è stato il suo messaggero” .


.
.

Dove mi trovo?

Richard si guardò intorno spaesato.

Era circondato da una miriade di rose, petali candidi come la neve lo attorniavano nel loro caldo abbraccio. Sopra di lui una volta azzurra, un cielo puro, il colore degli occhi del suo amato.
Improvvisamente vide la sagoma di qualcuno dietro un albero, si avvicinò, il cuore che batteva all’impazzata. I suoi piedi percorsero velocemente la distanza dal campo di rose all’albero.

Si pietrificò sul posto. Era quell’albero. Un uomo girato di spalle stava guardando il cielo. La testa reclinata all’indietro, i capelli biondo oro brillavano sotto la volta limpida. 

“Henry!”

Quel nome lasciò le sue labbra con un sussulto improvviso.

L’uomo si girò nella sua direzione. Richard si perse in quegli occhi zaffiro. Il suo cuore si scaldò, un senso di profonda commozione gli mozzò il fiato.

Henry allungò una mano verso di lui, voleva dirgli qualcosa, le labbra si aprirono, solo parole mute uscirono da quelle labbra sottili.

Richard sbatté le palpebre, in un istante la visione di Henry era sparita.

Una rosa rossa giaceva a terra. 
.
.
.

Catesby guardò il suo signore riposare nel letto della capanna in cui avevano trovato rifugio. Richard aveva subito diverse ferite  e la febbre alta lo stava consumando.

William era esausto, aveva cavalcato lontano dal campo di battaglia con il corpo del suo Lord tra le braccia, pregando il cielo di arrivare in tempo in un rifugio sicuro dove poterlo medicare. Si era occupato del corpo di Richard al meglio delle sue possibilità, con mani scrupolose e delicate aveva lavato le ferite, le aveva disinfettate e bendate. Lo preoccupava la ferita al capo. Aveva perso molto sangue, il suo cuore era angosciato, il suo Lord sarebbe riuscito a sopravvivere?

I suoi occhi si soffermarono sull’espressione corrucciata di Richard, il volto piegato da una smorfia, gocce di sudore gli imperlavano la fronte.

Gli tremarono le mani, chiuse gli occhi e pregò il cielo che il suo signore si sarebbe svegliato presto, non avrebbe potuto sopportare di perderlo. Il dolore sarebbe stato troppo atroce da sostenere.

Richard aprì gli occhi con un sobbalzo.  Catesby gli fu subito al fianco. Richard allungò una mano, come annaspando per respirare, gli occhi offuscati. Sbatté le palpebre e la lucidità sembrò tornare in quelle iridi bicromatiche. Il suo viso si piegò in tristezza, sussurrò piano:

“ Henry…dove sei??”

“H-henry…”

La voce gli si ruppe,  calde lacrime iniziarono a scorrere sul sui viso impallidito dal dolore.
Le immagini vicine di un sogno, le memorie così lontane ma sempre presenti di quella persona dal nome sospirato nel suo cuore gli offuscavano la mente ancora confusa, tra il sonno e la veglia.

Quante volte  aveva chiamato quel nome, con odio, amore, amarezza, nostalgia, desiderio.
Nei suoi occhi vi era ancora riflesso il suo volto, così come lo aveva visto in sogno.

Gli occhi di un azzurro intenso, più profondo e penetrante del cielo, brillante di luce e di amore.
Un singhiozzo gli scappò dalle labbra, si tirò a sedere, il corpo gli doleva, ma il dolore più grande era quello della sua anima lacerata. Si era riaperta una ferita più importante di qualsiasi male fisico, il suo cuore infranto pianse ancora calde lacrime di sangue per quella persona tanto cara a cui il fato crudele aveva donato un  tanto beffardo destino. 

Prese un respiro profondo e si toccò il petto, era vivo, emerse pian piano dalla marea di emozioni che lo aveva avvolto dopo quel intensa visione nel sogno.

Vicino a lui c’era Catesby, un’ espressione preoccupata gli aleggiava di sul suo viso, stava dicendo qualcosa.

“Richard…Richard! Come sta??”

Si guardò attorno, era in un letto, delle bende avvolgevano il suo corpo ferito.

La battaglia, le sue mani ebbero un guizzo.
Guardò Catesby con insistenza e chiese:
“Catesby, che è successo?” 

Il suo fedele servitore lo guardò confuso.

“Mio signore, si calmi, non si preoccupi, è ferito e si è appena svegliato dopo diversi giorni in cui è rimasto in uno stato di incoscienza. Ora deve riposarsi, la battaglia si è conclusa, presumo che Richmond abbia vinto, appena vi ho visto ferito, giacere nel fango, mi sono mosso subito per portarla al sicuro e medicarvi” 

Aveva parlato con il suo solito tono pacato, negli occhi brillava la preoccupazione della persona che lo aveva cresciuto fin da quando era piccolo. 
Richard abbassò lo sguardo, nonostante il  tono stoico, le mani di Catesby tremavano leggermente.

“E Henry?” riuscì a dire infine.

Catesby lo guardò ancora più sbalordito e ripetette ancora più incerto: “Henry?”

Richard strinse i denti, il suo tono era urgente: “Esatto, che fine ha fatto? Lo hai visto per caso…io- era lì.” Prese un respiro “prima di perdere coscienza l’ho visto, era su un cavallo bianco, i capelli tinti, ma era lui…i suoi occhi…” gli si inumidirono nuovamente gli occhi, concluse “ mi ha salvato, Catesby, se non fosse stato per lui un uomo mi avrebbe ucciso in quell' istante” 

Catesby disse laconico: “ Non l’ho visto Lord Richard…” 

Richard abbassò lo sguardo, si guardò le mani, strinse i denti. Faceva male. 

Henry era vivo, non lo aveva ucciso quel giorno. Lo aveva visto più volte eppure si era convinto che fosse un fantasma, che James Tyrell e Henry fossero due persone diverse. Forse lo erano. Il suo Henry era diventato un assassino, non lo aveva forse ammazzato quella notte in un certo modo? Anche lui era morto quella notte, ed era divenuto un altro. Era passato così tanto tempo, ma quei sentimenti sepolti nel suo cuore non erano mai morti del tutto.

Quel vecchio amore batteva vivo nel suo cuore, con le sue cicatrici e i suoi dolori.

Aveva sempre cercato Henry, si era buttato nelle braccia di un altro Henry. All’iniziò era solo un contratto, una forma di auto punizione. Dolore. Sesso. Era tutto ciò che cercava.

Lui e Buckingham erano divenuti un corpo solo, la metà di un unico demone, insieme avevano ottenuto il potere.

Era la corona che voleva.

La corona

Si coprì il volto con le mani, un sospirò rotto gli uscì stancamente dal petto.

non era il paradiso.

Quante persone aveva perso per impossessarsi del suo sogno, per cogliere il fiore fruttuoso del potere? Eppure quel cerchio di metallo sulla fronte non gli aveva giovato.

Il suo petto era rimasto vuoto. Gli mancava ancora qualcosa.

Si guardò l’anello rosso rubino, sulla mano destra. Lo sguardo velato da un leggero senso di disagio e colpa. 

Lo aveva amato, lo aveva ucciso.

La testa gli pulsò dolorosamente, il respiro affannato.

La pietra dell'anello brillò di un riflesso sanguineo.

Eppure alla fine loro due, che dovevano essere una cosa sola, avevano avuto idee differenti.
Abbracciò Catesby, sprofondò la testa sulla sua spalla, gli occhi si inumidirono nuovamente. Il suo fedele servitore si tese per un attimo, per poi ricambiare l’abbracciò, lo strinse fra le braccia. 
Richard chiuse gli occhi, abbandonandosi per un attimo. Il cuore gli doleva.

Gli mancava qualcosa, un pezzo della sua anima.
Buckingham era stata la metà del suo corpo, Henry la metà della sua anima. 

Con Buckingham si era illuso di poter costruire qualcosa, avevano conquistato il potere, aveva potuto avere qualcuno di cui fidarsi e a cui mostrare il proprio corpo. Si era abbandonato a quei tocchi con una speranza, quella di poter colmare  il vuoto lasciato da un altro Henry. Si era lasciato cullare nella spirale della lussuria, ma le rose di quel sogno d’amore avevano anche le loro spine. E forse la sua vita non era stata che una costante condizione di dolore, nella quale la felicità era solo un’oasi illusoria e dove tutto era solo arido dolore?

E ora non c’era più.

Era vivo, eppure era solo.

Neanche il tocco delicato di Catesby riuscì a portargli conforto nella sua amara agonia.

Ti amo, Richard

Quelle parole sul campo di battaglia, che gli parevano come un sogno, gli avevano procurato troppe emozioni. 

La consapevolezza che non avrebbe più rivisto Henry gli lacerò il cuore.

Una fitta di tosse lo colse improvvisamente, si allontanò da Catesby e si coprì con le mani le bocca. Il sapore metallico in gola gli fece storcere il naso.

Catesby lo guardò preoccupato.

Richard osservò la sua mano macchiata di rosso, era vivo ma ancora per poco.

Il suo sguardo si soffermò sul suo fedele servitore, un senso di pena gli soffocò il petto.
Era ancora troppo stanco, si ristese nel letto e si coprì gli occhi con il braccio.

Disse: “Ehi…Catesby mi sono svegliato” sollevò il braccio e lo guardò stancamente, la voce graffiante “ho mantenuto la promessa…”

A quelle parole l’altro si sciolse in lacrime e disse commosso “Sì, lo ha fatto”
.

Henry si rigirò nel suo giaciglio. Il suo corpo doleva, un dolore distante ma sempre presente gli schiacciava le ossa. Si sentiva esausto, una lunga agonia affliggeva le sue carni. Erano passati diversi giorni da quando si era risvegliato in quella casa. Era stato salvato e contro ogni sua aspettativa si trovava ancora su questa terra.
 Il suo corpo era stanco e il suo cuore desiderava la sua metà. 

Era perennemente immerso nell’oscurità, nel buio in cui era piombato si trovava a confrontarsi con i suoi ricordi e i suoi pensieri. Ogni minuto di veglia era un lungo tragitto nel passato, e le notti erano incubi mischiati alle lacrime. 

Tra la nebbia di sangue e violenza che l’occhio della sua mente continuava a ripresentagli davanti, ciò che lo faceva sospirare e tremare era la visione del volto del suo amato Richard.

Era davvero così egoistico pensare di volerlo rivedere ancora una volta?

Ma ciò ormai era impossibile, al pensiero il suo cuore sanguinava giorno dopo giorno scavandogli una voragine di disperazione.
.

Era passata una settimana, la febbre era quasi passata del tutto, aveva provato anche ad alzarsi dal letto il giorno precedente, era riuscito a fare qualche passo con l’aiuto di Anthony il pastore.
Si stava abituando alla sua nuova condizione di cieco. Nell'oscurità riusciva a sentire meglio i suoni. Un mondo al di là dei sensi gli si era aperto.

Quel giorno aveva avuto un sogno particolarmente vivido. Invece della solita oscurità e distesa di sangue, si era ritrovato nuovamente in quel campo fiorito, e tra le dolci rose aveva avuto la visione di un angelo, i suoi occhi bicolore gli avevano sorriso promettendogli la pace e il paradiso.

Si era svegliato in lacrime, il cuore galoppante e quel nome sulle labbra. Il nome che avrebbe continuato a pronunciare come una preghiera, Richard

Si alzò dal letto, in quel momento il pastore e sua moglie non si trovavano in casa. Avanzò con passi incerti per la stanza, incontrò col piede una superficie dura, la porta. Riuscì ad aprirla.
L’aria fresca del mattino lo accolse superata quella soglia. Il vento spirò dolcemente tra i suoi capelli, portando con sé l’odore dell’erba bagnata dalla rugiada.

Un rumore improvviso gli fece voltate la testa.

Meep 

Henry si piegò sulle ginocchia, il musetto di whitey gli sfiorò le dita. Le sue mani accarezzarono il tenero amico. Il cinghiale si scostò e gli prese il tessuto dei pantaloni con i denti, voleva trascinarlo da qualche parte. Henry disse perplesso: “ hey, che fai?” 

Meep

Henry sospirò e si rimise in posizione eretta, le sue ginocchia dolevano, fece qualche altro passo.

Inciampò in un sasso, in un attimo si ritrovò a terra. Un gemito di dolore gli scappò dalle labbra, i sassolini premerono contro il suo volto.
Quindi essere cieco comportava anche questo.
Il senso familiare di amarezza e di delusione gli scivolò amaro in gola come un veleno. Un colpo di tosse lo piegò in due, l’occhio rimanente velato da un leggero strato di lacrime. 

Si riprese da suo stato di torpore quando sentì whitey leccargli la faccia.

Si tirò di nuovo in piedi a fatica. Un nuovo strattone, allungò le mani verso il vivace cinghiale, aveva qualcosa nel muso.

Le sue mani piene di calli, consumate dall’aver stretto tra le mani troppi strumenti di morte, incontrarono la consistenza di una…corda?

La prese con una mano, cercò di toglierla dalla bocca del cinghiale, ma quest’ultimo tenne saldamente tra i denti l’altro capo della corda. 
Henry fece un’espressione confusa e perplessa, whitey dove si era procurato una corda? L’aveva trovata per caso nel giardino del pastore e gliela aveva portata come regalo?

Il cinghiale 
iniziò a camminare, Henry che ancora teneva tra le mani la corda lo seguì.

Dove vuoi portarmi?’
.

   
 
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