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Autore: Saekki    23/04/2023    2 recensioni
"...Qualcosa di antico aveva deciso di muoversi, strisciare tra le ombre per reclamare il compiersi di un'antica vendetta. I tempi erano maturi, i venti di tempesta soffiavano forti, il grande disegno si sarebbe compiuto." Calatevi insieme ad Ilyria, la protagonista di questa storia, nel selvaggio mondo di Ophiria. Tra misteri ed antichi rancori, un passato da svelare ed un mondo che scivola sempre più verso il nero abisso, riuscirà la ragazza dai capelli corvini a trovare la propria strada?
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Cap.8-Lacrime di sangue.

 

 

Il vento sferzava le dolci e basse colline che circondavano la strada battuta che attraversava le lande occidentali, una brezza carica degli odori della foresta e dei fiori appena sbocciati mentre un sole tiepido si affacciava oltre l’orizzonte rischiarando i prati ricoperti di brina dopo la notte, facendo scintillare quelle sottili lame d’erba di un colore verde brillante come migliaia di minuscoli gioielli incastonati nella terra.
Su quel panorama erano aperti gli occhi della giovane guerriera, Angelise teneva lo sguardo fisso sulla strada, le iridi del medesimo colore del cielo che si andava rischiarando che scrutavano ogni angolo mentre la placida calma del luogo era interrotta dallo scalpiccio dei cavalli, lei stessa in groppa al proprio destriero bianco procedeva con andatura lenta ma costante aprendo lo sparuto gruppo di Venatores che si erano messi in marcia verso le rovine dell’ormai compianto villaggio di Cohen.
Stringendosi meglio nel mantello nero fermato sulla spalla da una spilla in oro si voltò per qualche istante all’indietro, ad osservare la piccola carovana che stava guidando. Facendo scivolare gli occhi sui due soldati che la seguivano a ruota sui loro rispettivi destrieri passò in rassegna il carro poco distante che trasportava i vettovagliamenti necessari a quella battuta di caccia, un assonnato soldato dirigeva i due cavalli che trainavano la struttura in legno su ruote mentre non poté non sorridere nell’osservare Martius, con il cappuccio calato sul capo, intento come al solito a leggere.
Sorriso che tuttavia divenne rapidamente una smorfia quando quegli stessi occhi virarono su colei che stava di fronte a al proprio compagno, la popolana dai capelli corvini che avevano interrogato qualche giorno prima.
Sbuffò voltandosi nuovamente e concentrandosi sulla strada, non aveva la benché minima idea di perché il mago avesse insistito tanto per trovare una guida che li conducesse al villaggio distrutto e soprattutto perché, tra tutti i presenti, avesse così insistentemente chiesto di lei, quell’anonima popolana dagli occhi a mandorla. Che volesse una dama da compagnia per il viaggio? L’idea le attraversò la mente solo per pochi istanti prima che scuotesse la testa, scacciandola con forza, il ragazzo che conosceva era una delle persone più lontane da quel tipo atteggiamenti, senza tenere in considerazione la patologica mancanza di qualsivoglia tipo di sentimento affettivo che aveva avuto modo di constatare in prima persona, da parte dell’altro.

Sul carro invece, Ilyria se ne stava raccolta in quel mantello pesante che Sylvia le aveva donato prima che fosse costretta ad allontanarsi, il tessuto estremamente caldo seppur leggero la avvolgeva come una carezza, la delicata trama tinta di verde riportava dei ghirigori bianchi che ricordavano le foglie d’edera nel loro arrampicarsi sul tronco di un albero, l’ennesimo regalo da parte dell’erborista al quale non aveva saputo e potuto dire di no. La ragazza dal canto suo era rimasta di sasso quando, in serata dopo il proprio interrogatorio nella chiesa, Alair stesso era stato inviato per chiedere di lei, interrompendo la cena nell’umile dimora della donna che l’aveva presa a carico. Sorprendentemente neppure l’erborista si oppose a quella chiamata, nonostante le vigorose proteste di Emmet e Damien, nonché di Ilyria. Ma come disse, nessuna richiesta da parte di un nobile può essere ignorata per qualcuno appartenente al ceto del popolo.
E così quella sera stessa il piccolo gruppo si era messo in marcia al lume delle fiaccole, lasciandosi dietro le mura del villaggio di Acque Grigie per l’ignoto, o meglio, una spedizione verso un luogo di distruzione.
L’idea di tornare lì, dove tutto era iniziato fece rabbrividire la ragazza dagli iridi violette che si strinse meglio nel proprio mantello. Cogliendo di sfuggita l’occhiata che dalla testa della colonna in marcia le rifilò la Venatores esalò un sospiro, portando poi la propria attenzione sul ragazzo che aveva davanti. All’interno della chiesa non era riuscita a riconoscere i suoi tratti ma adesso che aveva modo di osservarlo più da vicino si era resa conto di quanto giovane fosse, praticamente un suo coetaneo.

< Devo essere davvero interessante, mi stai osservando da quando ti sei svegliata. >

La voce di lui ruppe il silenzio mentre quelle iridi scarlatte si alzarono, posandosi in quelle di Ilyria che rapida distolse lo sguardo, rivolgendosi nella direzione contraria al senso di marcia, osservando quel paesaggio che lentamente le scivolava sotto i propri occhi.

< Non capisco cosa vi aspettiate di trovare, non è rimasto nulla. Solo case distrutte e corpi bruciati dati in pasto ai corvi. >

Sibilò la ragazza a denti stretti, deglutendo con forza nel tentativo di sciogliere il nodo alla gola che la attanagliava. Si fece coraggio, voltandosi verso il mago ed assottigliando di poco il proprio sguardo, tentando di sostenere quello altrui.

< Ed io vi ho detto tutto quello che sapevo, non volevo rischiare nuovamente la vita qui fuori.>

Tagliò secco lei. Solo essere all’esterno, non avere delle mura a proteggerla la faceva sentire irrimediabilmente insicura. Le mani si strinsero tra loro, torturandosi a vicenda nel tentativo di reprimere l’ansia che le attanagliava le budella, le proprie dita, pallide e screpolate dal lavoro, in netto contrasto con quelle ossute ma ben curate del ragazzo che lentamente sfogliava il proprio grimorio. Una mezza risata, quasi di scherno sfuggì dalle labbra di questo che scuotendo la testa riportò l’attenzione sulle pagine che aveva davanti.

< Ti ricordo che sei in presenza di una Magna Venatores, solo lei sarebbe più che sufficiente per gestire una viverna, non sottovalutarla. >

Disse il ragazzo accennando a quella figura stoica e ben eretta dai capelli color neve che guidava la loro avanzata, per poi continuare.

< E ricordati che accompagni due nobili, porta sempre il dovuto rispetto ed anzi, prendilo come un onore, non sono molti i plebei che possono dire aver affiancato esponenti di tale rango in una ricerca di questo tipo. >

Le parole tuttavia suonarono decisamente atone, prive di un qualsivoglia senso di superiorità, parlava come se ripetesse un libro a memoria o pronunciasse parole sentite da altri e che stava semplicemente riportando. Con uno sbuffo ed un movimento secco della mano richiuse quel grimorio con uno schiocco, riportando la propria attenzione alla ragazza che nel frattempo aveva nuovamente distolto lo sguardo, pur continuando a parlare.

< Non volevo mancare di rispetto. È solo che… è da quando sono fuggita da Cohen che non smetto di avere incubi, continuano a perseguitarmi senza sosta, una notte dietro l’altra. >

Gli occhi violetti vennero nascosti dietro le palpebre mentre due dita andarono ad afferrare la base del naso, il volto contratto in una smorfia che sembrava il misto di stanchezza e frustrazione mentre Martius buttò la testa all’indietro, appoggiando la nuca contro il bordo in legno del carro traballante ed osservando il cielo che mano a mano si faceva più chiaro sopra di loro.

< È perfettamente normale dopo una situazione drammatica come quella avere degli strascichi per lungo tempo, soprattutto senza il dovuto allenamento. Ma non temere, noi siamo addestrati anche a questo. Piuttosto… Immagino tu non sia un’imperiale. Non di nascita almeno. >

Eccolo l’interrogatorio, Martius avrebbe sorriso se solo avesse potuto, aspettava un passo da parte dell’altra, uno spiraglio e quello era il momento perfetto per contrattaccare, battere il ferro finché è caldo come si suole dire, nel momento di maggiore malleabilità, o fragilità.
Lunghi istanti di silenzio seguirono tuttavia quella domanda, un senso di irrequietezza di aver allungato troppo il tiro iniziò a pervadere il mago finché la ragazza dagli occhi viola non fece cadere la prima barriera che li divideva, scuotendo il capo ed esalando un sospiro, quelle iridi che si spostarono lentamente per incontrare quelle di lui.

< Ho vissuto per gli ultimi dodici inverni con una donna, Elowen era il suo nome. La consideravo mia nonna, ma non era davvero tale, non di sangue almeno. L’ho persa quando il villaggio è stato distrutto. >

Annuendo blandamente a quella risposta il ragazzo incrociò le braccia al petto, assottigliando di poco lo sguardo.

< Mi dispiace riportare a galla ricordi tanto dolorosi. È solo che è particolarmente insolito vedere qualcuno che chiaramente appartiene al Continente a Sud qui, nelle Lande Orientali. >

Ovviamente il mago non provava il minimo rimorso, o meglio, quei sentimenti venivano sicuramente in secondo piano rispetto alla curiosità che aveva scatenato in lui quella ragazza. Curiosità che si era rapidamente trasformata in frustrazione dopo aver tentato di studiarla senza successo qualche giorno giorno prima, nella chiesa di Acque Grigie.
Martius era nato con un dono, un regalo della loro divinità dicevano, quegli occhi scarlatti si diceva fossero una benedizione del Drago Bicefalo stesso. Poteva sondare l’animo delle persone, percepire le loro vibrazioni, la loro energia, in poche parole da quando aveva memoria era stato in grado di sentire la naturale inclinazione magica degli esseri viventi, la loro connessione con il potere latente che scorreva nelle viscere della terra, quel flusso tumultuoso che affiora in superficie attraverso la vita stessa, dal più piccolo organismo fino al mago più potente, tutti erano legati da quel fluire incessante, una marea tumultuosa che montando dalle viscere di Opiria sosteneva tutti gli esseri viventi che la abitavano.
Ma con lei era diverso.
Quando provò ad osservarla quando la vide per la prima volta, sentì come un fastidio, un’interferenza, la medesima sensazione che ebbe quando da bambino tentò di osservare un’eclisse senza il monocolo che il proprio tutore gli aveva regalato. Ed ogni volta che usava il suo dono per osservarla, aveva quella sensazione che lo lasciava con un malessere profondo, una sensazione di sconforto e frustrazione. Così si era ritrovato a dover usare i vecchi metodi, per capire se l’altra avesse la minima idea di cosa fossero le arti arcane e se, in qualche modo a lui sconosciuto, le avesse usate per celare i propri poteri.
Ma le parole che poco prima aveva pronunciato lui stesso sembravano aver sortito qualche tipo di effetto, attirando la curiosità dell’altra che adesso pareva aver portato con più vigore la propria attenzione su di lui.

< Continente a Sud? Intendi quello della guerra di liberazione? >

Martius annuì lentamente, traendo dalla sacca che teneva a tracolla una borraccia in pelle, svitandone il tappo e portandola alle labbra, traendo un sorso di acqua.

< Esattamente, vedo che sei informata sulla faccenda. Le invasioni sono necessarie per portare stabilità in tutti i continenti del nostro tempo. Ophiria è un mondo pieno di insidie, noi portiamo pace e prosperità. >

Fece lui, porgendo poi quella borraccia alla propria interlocutrice, ennesimo gesto fatto per accaparrarsi altra confidenza nei propri confronti, un metodo basilare che viene insegnato in tutte le classi di convincimento ed interlocuzione con i plebei all’accademia dei Venatores, offrire qualcosa per avere fiducia in cambio.
Ilyria osservò per qualche istante l’oggetto prima di accettarlo, portando la borraccia a sua volta alle proprie labbra screpolate, buttando giù un copioso sorso per poi porgerla indietro, asciugando le gocce rimaste attorno alla bocca con la manica della propria tunica.

< La donna che mi ha accolta ad Acque Grigie ha perso il marito in quella campagna di dodici anni fa, una delle molte vedove da quello che ho potuto sentire. >

Rispose tuttavia secca la ragazza dai capelli corvini, sollevando un sopracciglio, sporgendosi leggermente in avanti, per poi sibilare nuovamente a denti stretti.

< A quanto pare l’Imperium adora sacrificare le vite dei propri abitanti in battaglia, giusto? >

Per qualche istante Martius si sentì nudo, inerme, quegli occhi viola che lo puntavano con una rabbia latente lo lasciarono senza parole, le labbra solo parzialmente dischiuse mentre una risposta a tono gli morì in bocca, per la prima volta nella sua vita quella lingua affilata non sapeva come replicare. Un senso di irrequietudine gli pervase le ossa, facendolo raggelare, come un topo messo all’angolo davanti ad un gatto tutte le fibre del proprio essere gli dicevano di scappare, la motivazione totalmente primordiale, arcaica e profondamente sconosciuta.
Ilyria rimase in quella posizione per qualche istante, aspettando una replica che non arrivò. Al suo posto un fischio acuto irruppe nell’aria, la piccola colonna in marcia si arrestò all’istante, facendo sobbalzare il carro e nitrire i cavalli che vennero trattenuti per le redini. Sul ciglio della collina, al crinale della salita che stavano percorrendo, si stagliava la figura di Angelise con un pugno alzato verso il cielo, segnale di arrestare l’incedere, per poi voltarsi verso il gruppo rimasto poco indietro.

< Siamo arrivati al villaggio di Cohen. >

Seppure il tono della principessa fosse melodioso come al solito la nota era decisamente grave, le iridi azzurre di Angelise contemplarono per lunghi secondi il tremendo spettacolo che si dispiegava davanti a lei.
Dove un tempo una stradina in terra battuta serpeggiava tra casupole di legno e deliziosi giardinetti curati ora rimanevano solo rovine, tronchi anneriti, bruciati fino al midollo e ridotti in cenere, la terra stessa diventata di un colore scuro come la pece dove nulla sembrava crescere, neppure un filo d’erba. Tutto attorno a quello che era stato il fulcro del disastro si irradiava un alone di distruzione, neppure le case più distanti dall’epicentro della deflagrazione sembravano essere state risparmiate. Il vento le investì il volto, portando con sé un odore di morte. Un respiro affannoso proveniente dalle spalle della ragazza dai capelli color neve la distraé da quel pietoso spettacolo. Martius che era sceso di fretta e furia dal carro era accorso al suo fianco, ad ammirare la devastazione. Gli occhi sgranati mentre osservava quelle lunghe strie nere serpeggiare e macchiare la terra come una goccia d’inchiostro dispersa in un bicchiere d’acqua.
Le iridi del mago si illuminarono di un bagliore rosso, provando ad usare il proprio dono per osservare la scena quel bagliore crebbe, ancora ed ancora, fino a farlo gemere ed urlare di dolore. Sentiva gli occhi bruciare come se vi avessero versato fuoco liquido, si coprì lo sguardo cadendo sulle ginocchia, raccogliendosi su sé stesso in agonia, mentre copiose lacrime scarlatte gli rigarono le guance andando ad imbrattare le mani che in un futile tentativo tentavano di tamponare il dolore.
Immediatamente Angelise smontò dalla propria cavalcatura accorrendo al fianco dell’altro, una mano a poggiarsi sulla sua spalla mentre l’altra si mosse sul volto di lui, sollevandolo leggermente e sporcandosi a sua volta con il sangue che l’altro stava letteralmente piangendo.

< Martius, cos’hai visto, che succede?! >

La principessa disse quelle parole a denti stretti, apprensione e paura nella voce a mozzare e storpiare le parole. Il ragazzo rimase accasciato al terreno, mentre le mani lentamente vennero rimosse dal proprio viso, scoprendo gli occhi arrossati e martoriati da quella visione, il viso contratto in una smorfia di dolore, il respiro rapido ed affannato mentre la vista appannata cercava di mettere a fuoco il volto della propria compagna di caccia.

< A-angelise, dobbiamo fuggire, tornare a Septima Magna, chiedere aiuto… >

La voce del mago era rotta dagli ansimi mentre tentava di riguadagnare lucidità, le mani che si alzarono ad afferrare con forza l’orlo del mantello dell’altra, tirandola più vicina a sé, insozzando quel pregiato tessuto con il vermiglio del proprio sangue, gli occhi ancora arrossati e lesi sbarrati in uno sguardo di terrore puro.

< Ti prego ascoltami, non possiamo gestire qualcosa del genere, va oltre le nostre capacità.>

Mentre i due discutevano, sul crinale di quella collina, Ilyria li osservava da lontano, lo sguardo leggermente assottigliato come per capire cosa stesse succedendo, il suono delle parole dei due non riuscì a raggiungere le orecchie della giovane ma quando vide il mago accasciarsi a terra all’improvviso capì che qualcosa non andava. Alzandosi in piedi sul carro come per scorgere meglio la scena fece appena in tempo a sentire un sibilo fendere l’aria dietro di sé, una freccia fulminea, sbucata dal nulla, le graffiò la guancia, portandosi via una mezza ciocca di capelli neri e conficcandosi con forza nel cranio dell’uomo seduto al posto del conducente sul carro proprio davanti a lei. Un colpo secco, netto. La vittima non fece probabilmente neppure in tempo a capire cosa lo avesse colpito, il dardo che aveva trapassato il cranio orizzontalmente, dall’occipitale al frontale, la punta in metallo scuro fuoriusciva dalla fronte di quest’ultimo gocciolando sangue scarlatto, mentre l’uomo, rigirando gli occhi all’indietro cadde inerme al terreno facendo imbizzarrire i cavalli che nitrirono rumorosamente.
Tutto avvenne nell’arco di pochi istanti, la ragazza dai capelli corvini non fu quasi in grado di voltarsi mentre una mano veniva portata alla guancia fortunatamente solo superficialmente lesa ma sanguinante, una figura umanoide in piedi su una roccia poco distante con gambe animali provviste di zoccoli che ricordavano quelle di un capro mentre un rudimentale pezzo di stoffa copriva le intimità della creatura che, pur essendo bestiale fino alla vita diventava umana sopra di questa, un corpo tonico, muscoloso, ricoperto di pitture nere ed una rudimentale armatura in cuoio faceva poi spazio ad un volto spigoloso, gli occhi di un giallo acceso. Se solo fosse stata più vicina Ilyria avrebbe potuto notare le iridi rettangolari, mentre un paio di corna ricurve crescevano ai lati di un capo ricoperto di capelli lunghi e neri. Una faretra sistemata a tracolla, un arco in una mano ed un lungo corno ricurvo nell’altra, la creatura portò quell’arcaico strumento alle labbra, suonandolo con vigore e riempiendo le orecchie dei presenti con quel richiamo di battaglia, un suono basso che riverberò a lungo nell’aria, una nota grave e lugubre.

Concentrata com’era sul mago sofferente intento a blaterare a proposito di qualcosa di troppo potente per loro Angelise non si rese conto dell’imboscata finché non sentì il suono del corno. Lo sguardo sbarrato di quest’ultima mentre le altre due guardie a cavallo si voltarono di scatto, tentando di sguainare le spade ma venendo crivellati a loro volta da una volata di frecce, i dardi che trapassarono le armature ed i cavalli con precisione quasi millimetrica, neutralizzando cavalcatura e cavaliere all’unisono. Mentre le povere bestie cadevano a terra tra nitriti di dolore si aggiunsero i gemiti degli uomini che esalarono i loro ultimi rantoli riversi su quella strada battuta sputando sangue.
Altre figure come la prima si palesarono, nascosti tra le rocce, gli arbusti e gli alberi che costeggiavano la strada che il gruppo aveva percorso, evidentemente dovevano averli seguiti da tempo. Angelise imprecò contro sé stessa, avrebbe dovuto portare più attenzione ad eventuali imboscate degli uomini bestia, avrebbe dovuto essere più accorta, adesso per colpa sua tre uomini erano morti, tre sottoposti avevano perso la loro vita. Si morse il labbro inferiore mentre con una mano cingeva la vita di Martius, alzandolo con facilità da terra e caricandolo senza troppe cerimonie su una spalla mentre l’altra mano andò a sfoderare la propria spada.
I mezzi-uomini pronti ad incoccare di nuovo i loro archi sembrarono arrestarsi per qualche istante alla vista dello spettacolo che si palesò davanti ai loro occhi e a quelli di Ilyria, l’unica ancora in vita del gruppetto rimasto indietro.
La figura della principessa sembrava una statua, il mantello mosso dal vento, l’armatura che luccicava nella luce di quelle prime ore del mattino, il volto contratto in una smorfia di dolore e rabbia mentre teneva Belosnezhka puntata verso il cielo, mostrando quel metallo che sembrava rifulgere di una pallida luce azzurra, le venature sulla lama ricalcavano le fratture di un pezzo di ghiaccio ed erano queste ad emanare tale bagliore. Il vento iniziò a soffiare più impetuoso, vorticando attorno alla figura della nobile il cui volto, distorto un una smorfia, lanciò un’ultima occhiata ad Ilyria, una barlume di supplica nello sguardo color ghiaccio che adesso risplendeva con la primordiale forza dell'energia arcana.

< Zamorozhennaya smert', obrush'sya na moikh vragov! >

Quelle parole riecheggiarono con la potenza di un tuono, l’aria sferzata da un vento gelido che vibrò con forza come se l’onda d’urto di un’esplosione l’avesse attraversata. L’energia di Angelise si mescolò a quella contenuta nella gemma incastonata nella propria arma, interrompendo per un brevissimo, minuscolo istante quel velo infrangibile che separava la tormenta che vi risiedeva all’interno dal mondo dei mortali, sprigionando un’onda di gelo che come una deflagrazione investì tutto ciò che la circondava. Quel fronte ghiacciato che si espandeva con terribile velocità in direzione non solo dei mezzi-uomini che tentarono inutilmente di trovare scampo ma contro Ilyria, evidentemente decretata come sacrificabile dalla Venatores. La ragazza dagli occhi violetti seppe essere sufficientemente veloce per voltarsi ed accovacciarsi su sé stessa prima che l’onda di ghiaccio la investisse, cercando istintivamente riparo al disotto del mantello che portava sulle spalle, avvolgendosi in quest’ultimo.

Quando le prime luci di quel sole nascente finalmente rischiararono la terra, si trovarono ad scintillare e rifrangere su quella scena cristallizzata nel tempo, i cadaveri della scorta dei due nobili, le bestie che cavalcavano e quelle che trainavano il carro, i mezzi-uomini intenti a fuggire in un ultimo, disperato tentativo, perfino una farfalla che aveva appena dispiegato le proprie ali in procinto a spiccare il proprio volo poggiata con grazia su di un fiore appena sbocciato, tutto era stato congelato, avvolto da quell’abbraccio glaciale che con impietosa misericordia aveva fermato il tempo al costo delle vite altrui, coperto con un soffice strato di neve fresca che con il suo candore si faceva beffe della morte in persona.
Un silenzio innaturale regnava sulla scena di quell’imboscata che si era rivoltata contro i suoi stessi artefici. Di Angelise e della sua montatura, nonché di Martius non vi era traccia, solo impronte di zoccoli al galoppo che si allontanavano in direzione opposta rispetto alle rovine del villaggio di Cohen mentre, contro ogni aspettativa, il rumore di ghiaccio che si spezza interruppe quella gelida placidità, come un bozzolo che si apre su un nuovo modo Ilyria emerse dallo strato di neve che l’aveva ricoperta, solo un sottile velo di ghiaccio aveva ricoperto il mantello nel quale, per istinto, si era avvolta. Il fiato corto, il cuore che batteva a mille, un freddo profondo che le pervadeva le ossa, ma viva.
Una piccola, ultima e flebile fiaccola di vita in quel paesaggio, una macchia di colore su quella tela bianca.

 


Ed è per festeggiare le prime cento visite sul prologo che, come capitolo bonus questa domenica esce il numero otto! Mi sono costretta a finirlo entro stasera, se c'è qualche errorino di grammatica lo modifico domani ma volevo comunque caricarlo u3u Finalmente un po' di azione, dramma, altri misteri e dio solo sa cos'altro, siamo ad un punto di svolta della trama, le presentazioni saranno sporadiche e gli spiegoni anche, ma non temete torneranno! per adesso grazie a tutti per il supporto e alla prossima, bye! <3

   
 
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