Ti
saranno date tre ore di tempo,
vedi
di trovare l’uscita nel frattempo.
Sarai
solo, isolato e inzuppato,
senza
alcun incantesimo come alleato.
Ascolta
i tuoi compagni e usa l’intuito
saranno
il tuo solo aiuto.
Molly
fissa assorta quelle poche righe vergate in un inchiostro nero.
Ha
riletto la pergamena che è uscita fuori dal cilindro di piombo,
arrotolata su se stessa, dopo che Lance è riuscito a sconfiggere il
Basilisco. Ha sviscerato ogni frase, analizzando più e più volte
ogni singolo termine, sperando così di aver qualche indizio su
quello che dovrà affrontare.
Nulla,
niente di niente.
Sa
solo che avrà un tempo limite entro il quale dovrà portare a
termine la prova, altrimenti game over.
Si
raggomitola meglio sul divano, imbacuccata in una coperta per
scacciare il freddo pungente che serpeggia nella Sala Comune di
Grifondoro e che le braci del camino non riescono a scacciare.
Sbuffa
scocciata, quell’unico suono che spezza il silenzio della notte,
prima di tornare a orientare le iridi castane verso l’indizio e
riprendendo ad arrovellarsi il cervello.
«Allora»
esordisce Lance, pratico, quando si fermano a parlare in un
corridoio, al termine delle lezioni pomeridiane, con lo stesso piglio
autoritario di un generale che si appresta a guidare i suoi uomini in
una missione potenzialmente mortale. Vorrebbe capire che gli ha dato
quella carica, poi. Conoscendolo, si sarà nominato da solo, convinto
di averne il diritto. «È necessario prepararsi se vogliamo superare
questa seconda prova» sentenzia inflessibile, fissandoli con due
gelidi occhi azzurri.
Molly
inarca le sopracciglia, scettica.
«Perché
parli al plurale se la devo affrontare io?» fa notare piccata.
«Perché
siamo insieme in questo casino» risponde lui, risoluto. «E visto
che siamo primi in classifica grazie a me,
ho intenzione di vincere questo cazzo di Torneo» afferma tracotante.
Morgana, se è insopportabile! «Poi ho intenzione di punire chi ha
infilato il mio nome nel Calice» ribadisce perentorio, con un
sorriso crudele sulle labbra.
«Sai
chi è il colpevole?» domanda lei, attonita, sbattendo le ciglia.
«I
colpevoli» precisa suo cugino, pronto, senza ombra di esitazione
nella voce. «E sto progettando minuziosamente la loro agonia»
rivela sanguinario, deliziato all’idea.
Etienne,
al fianco, rimane sereno, sfoderando un viso riposato e fresco.
«Nessuna
possibilità di perdono?» chiede leggero.
«Non
se lo meritano, il perdono, chi ha tentato di infilarmi in una cassa
prima del tempo» risponde Lance, sferzante, in un sibilo. Poi
schiocca la lingua, cercando di ricomporsi. «Tornando alla Prova»
riprende distaccato, accantonando per un momento pozze di sangue e
vendette feroci. «L’ultima volta prevedeva un bagno nel lago»
ricorda serio.
Il
suo ragazzo annuisce.
«Improbabile
che la replichino» conviene sicuro, come se avesse già valutato
quell’opzione. «Ma è anche vero che l’indizio dice inzuppato,
quindi avverrà in un posto dove c’è parecchia acqua»
riflette ponderato, socchiudendo appena le palpebre.
«Mi
viene in mente solo la Camera» ammette Molly, piano, storcendo il
viso in una smorfia meditabonda. «Ma dubito che si svolgerà lì»
aggiunge concreta.
«A
meno che il Ministro non voglia perdere la poltrona, lo penso
anch’io» concorda Lance, spassionato, anche se quell’idea gli ha
illuminato gli occhi di un’inquietante luce intrigata. «Quindi, se
non è il lago, rimane l’impianto idrico» termina secco.
Etienne
inarca le sopracciglia, per nulla contento.
«Che
è praticamente un labirinto» dichiara lieve. «E questo darebbe
senso al vedi
di trovare l’uscita nel frattempo»
rammenta assorto, alludendo all’indizio scritto sulla pergamena.
Lei
si sforza di deglutire, tesa.
«Mi
preoccupa il senza
alcun incantesimo come alleato»
confessa controvoglia, serrando la mandibola con irritazione.
«Capisco il doversi affidare a voi ma… non so, senza la magia mi
sento inerme» butta lì, in un mormorio penoso.
Sente
una mano sfiorarle la schiena, in una carezza delicata. Alza le iridi
per incontrare quelle chiare e luminose del suo ragazzo.
«Vuoi
che l’affronti io?» propone lui, morbido.
«No,
ce la posso fare» sostiene Molly, tenace. Non esiste al mondo che si
tiri indietro! «E poi il peggio se l’è beccato Lance» sottolinea
con una punta di perfidia.
Etienne
ricambia quel sorriso complice.
«Non
voglio sapere se per peggio intendi il Basilisco o Domi» ridacchia
piano.
«Ma
che carini!» esclama suo cugino, con spregio, mettendoci eccessiva
enfasi. Li fissa nauseati, prima di roteare gli occhi e appellarsi a
ogni antenato possibile per evitare di mollarli lì e andarsene.
«Ora, se avete finito di fare i fidanzatini, possiamo parlare del
piano?» chiede brusco.
Lei
aggrotta la fronte, perplessa.
«Che
piano?» scandisce lentamente, con un guizzo di paura.
«Quello
per prepararti» risponde l’altro, scocciato. Le scocca un’occhiata
dall’alto in basso, con palese compatimento. «Davvero vuoi farti
una scampagnata nelle fogne in queste condizioni?» sottolinea rude.
«Cosa
intendi per condizioni?» ribatte Molly, accigliandosi e sentendo la
rabbia iniziare a infuocarle le vene. «E pensa bene a quello che
stai per dire, Rosier» lo avvisa minacciosa, il viso storto in un
cipiglio terribile.
Lance
non batte ciglio.
«Non
hai un minimo di resistenza o muscolo» afferma veemente, con una
schiettezza che sfocia nell’inciviltà. «In poche parole, sei una
piattola» riassume villano, facendole sgranare gli occhi castani e
rischiando di farle scoppiare le coronarie per l’oltraggio.
«Quindi, da domani, iniziamo ad allenarci» decreta intransigente.
«Ci vediamo alle sei in punto nel parco» decide rigoroso.
Lei,
che dovuto fare forza su se stessa per evitare di saltargli addosso e
iniziare una rissa alla Babbana, non si risparmia di rifilargli uno
sguardo fosco e affilato.
«Ma
domani piove» fa notare scorbutica.
«Che
lagna, non saranno certo quattro gocce di pioggia a fermarci!»
Sotto
quella che è una perfetta replica del diluvio universale, Molly, il
viso e i capelli rossi inzuppati di pioggia – fortuna che almeno la
tuta è asciutta grazie a un Incantesimo Impermeabile –, recita una
sfilza di maledizioni contro il demonio, suo cugino e il grandissimo
infame che ha osato gettare il suo nome nel Calice.
Il
tutto mentre sta tenendo il plank e sente il corpo infiammato per lo
sforzo.
«Vi
odio» sibila di cuore, in affanno, scoccando un’occhiata di fuoco
agli altri due che stanno eseguendo lo stesso esercizio come se lo
facessero tutti i giorni.
E
forse è così.
No,
per la sua salute mentale, non lo vuole sapere.
«Ancora
dieci secondi» la incoraggia Etienne, al suo fianco, con una flemma
invidiabile. «E… stop!»
A
quella parola, che ha lo stesso suono delle trombe del paradiso, lei
si accascia al suolo, senza fare caso al fastidio dell’erba bagnata
sotto il viso o al fango che le ha inevitabilmente macchiato i
vestiti. Si sente a pezzi, prova un dolore lacerante anche a muscoli
che non credeva di avere.
È
come se fosse stata calpestata più volte da una mandria di centauri
impazziti, tanto è distrutta e intontita.
«Ti
concedo cinque minuti per riprenderti» afferma il suo aguzzino, con
quella che deve sembrargli grande generosità. Se avesse un minimo di
energia, non esiterebbe a tentare di strangolarlo. «Poi passiamo al
prossimo step» decreta serio.
A
fatica, Molly solleva appena la faccia dal suolo.
«Già
dopo la corsa intorno al lago avete rischiato di perdermi» biascica
stremata, sperando di fargli pena e farlo tornare in sé. «Il plank
mi ha quasi ammazzato. Pietà, interrompiamo qui per oggi!» supplica
sfinita, pensando che dovranno farla fluttuare fino al Castello
perché non ha la forza per tornarci sulle sue gambe.
«La
Seconda Prova non avrà pietà» replica Lance, brutale, per nulla
intenerito dalle sue condizioni. Anzi, le rivolge un’occhiata
altezzosa, appena scocciata per quella lamentela che sicuramente
considera da piattola.
«E
nemmeno io. Ti restano tre minuti di tempo» la informa implacabile,
lasciandosi sfuggire un sorrisetto che sottolinei che un po’ sta
godendo della sua sofferenza.
Serrando
la mandibola con veemenza e rinvigorita dalla furia omicida che le ha
invaso le vene, lei punta i gomiti a terra per sollevare il busto
dall’erba.
«Voglio
sapere come cavolo fa Domi a non mandarti a fanculo quando fai il
Filottete della situazione» esige imperiosa mentre Etienne,
soffocando una risata che gli fa tremare le labbra, l’aiuta a
rimettersi in piedi.
Suo
cugino la fissa con compatimento.
«A
lei richiedo un altro tipo di resistenza» svela spiccio, scrollando
il capo, per nulla imbarazzato per quella allusione. E
grazie tante,
pensa
Molly, polemica, sai
che fatica si prova quando si è presi dalla foga dell'eccitazione!
«Pronta
per le flessioni?» si informa spassionato, ignorando i suoi occhi
sbarrati e lo squittio di terrore che ne è seguito.
Quel
ventiquattro febbraio, Molly è tranquilla.
Dopo
mesi di supplizio, in cui si è fatta più volte ogni girone
dell’inferno, affrontando ogni tipo di prova possibile e
immaginabile ideata da Lucifero in persona – suo cugino,
autonominatosi suo personal trainer, concretizzando uno dei suoi
peggiori incubi – e sopportato le bugie di quel grandissimo
mentecatto di Belzebù – dai,
ancora uno sforzo ed è finita! Non
era mai vero, puttana il demonio! Bisogna essere davvero delle
creature grette e meschine per mentire in faccia a una moribonda! –,
non ha affatto paura.
Qualsiasi
cosa preveda la Seconda Prova, fosse pure un duello con Lord
Voldemort in persona, non può essere peggio di quello che ha già
subito.
Quindi,
forte di queste convinzioni, scende in Sala Grande per consumare una
colazione leggera con una nonchalance che ha dell’invidiabile.
«Tutto
bene?» si premura di chiedere Victoria, scoccandole un’occhiata
apprensiva, sedendosid dall’altro lato del tavolo.
Molly
annuisce, rilassata.
«Alla
grande» risponde serena, versandosi del caffè nella propria
tazzina.
L’altra
la fissa con scetticismo.
«Molly,
se sei sotto l’effetto di qualche strana sostanz-»
«Non
dire cavolate» la blocca lei, brusco, aggrottando la fronte con un
guizzo di irritazione. «Sono perfettamente in me» sentenzia sicura,
drizzando la schiena in una posa dignitosa e beccandosi uno sguardo
per nulla convinto che rischia di farle saltare i nervi. No,
trattieniti, non è il caso di sbottare di prima mattina!
«Dopo
tutto quello che ho passato, col cavolo che mando tutto alle ortiche.
Ci vuole ben altro per far desistere Molly Weasley» afferma
convinta.
«Non
farti sentire da Rosier o potrebbe prenderla come una sfida»
sussurra una voce posata dietro di lei.
Volta
il capo a sinistra appena in tempo per vedere il suo ragazzo prendere
posto accanto a lei.
Si
lascia sfuggire una smorfia scontenta, prima di storcere il viso in
un’espressione battagliera.
«Sappi
che non ho affatto scordato che sei stato complice» lo avvisa
bellicosa, per nulla intenzionata a perdonare, figuriamoci
dimenticare!
Non
se lo meritano, il perdono, i bastardi e i mentecatti!
«Lo
assecondavo solo perché allenarti non ti avrebbe fatto male»
precisa Etienne, pacato, piegando le labbra in un sorriso
affascinante che avrà fatto sospirare schiere di ragazze. Okay, pure
lei, perché i geni Veela solo un attentato ai suoi ormoni. «Anzi,
mi tranquillizza sapere che ora sei preparata al peggio» espone
disinvolto, servendosi del tè e tagliandosi una fetta di plumcake da
uno dei grossi piatti dorati al centro della tavola.
Molly
lo fissa scettica, per nulla intortata da quella farsa.
«Come
no» sbuffa scontrosa, prima di ridurre gli occhi castani in due
fessure. «Ti avverto che ho intenzione di farti patire tutto quello
che ho sofferto io e che non mi fermerò nemmeno se dovessi
supplicarm-»
«Cuore
mio» la interrompe lui, deliziato, con un sorriso splendenteche
rischia di provocarle un infarto. «Spero davvero che lo farai. Adoro
quando fai la cattiva» rivela raggiante, fraintendendo del tutto la
sua intenzione di torturarlo e ucciderlo come merita.
«Guarda
che non hai capito!»
«Penso
di sì. Anche stavolta prevedi delle manette o ritorniamo sulle
catene?»
Suo
malgrado Molly, forse anche intercettando l’espressione sconvolta
di Victoire, scoppia a ridere di cuore, rilassando i muscoli delle
spalle.
«Che
coglione che sei» lo apostrofa bonaria, di buon umore.
Già,
come se non dovesse affrontare una prova mortale tra meno di un’ora.
Quando
Molly riprende i sensi, ci mette qualche secondo per mettere a fuoco
dove si trova.
Sbatte
le palpebre, cercando di scacciare l’intontimento dovuto alla
Pozione Soporifera che i responsabili del Torneo le hanno fatto bere,
dopo aver radunato lei e gli altri Campioni nella Sala Grande.
Poco
a poco, mentre il torpore svanisce e la mente torna lucida, si rende
conto di essere al centro di un condotto, sdraiata su delle
mattonelle fredde e umide.
A
pochi metri da lei, anche gli altri due ragazzi si stanno
risvegliando e si guardano intorno con il suo identico smarrimento.
Dopo
essersi portata seduta – gli strascichi della pozione rendono i
suoi gesti impacciati e lenti –, Molly percepisce un fiotto di
calore divampare dalla tasca destra dei pantaloni della tuta. Con le
sopracciglia aggrottate per la confusione, si ritrova tra le dita un
frammento di Specchio Gemello grande quanto una Ricordella.
Dall’altra
parte della superficie liscia del vetro,
Etienne la osserva con due limpidi occhi azzurri appena velati
dall’apprensione.
«Stai
bene?» le domanda premuroso.
Lei
annuisce, senza riuscire a reprimere un sorriso di sollievo.
«Io
sì, i miei capelli un po’ meno» ironizza leggera, sentendo già
le ciocche rosse risentire dell’umidità di quel posto.
«Fai
poco la spiritosa» la blocca Lance, sferzante. senza entrare
nell’inquadratura. «Possiamo restare in contatto per poco tempo,
quindi vedi di ascoltarci» ordina perentorio.
Nota
il suo ragazzo indirizzare all’altro un’occhiata obliqua.
«Ci
hanno spiegato che dovremmo guidarti verso l’uscita» spiega quando
torna a guardarla, recuperando il solito, invidiabile, controllo.
«Abbiamo sotto il naso una piantina dell’impianto idrico ma non
possiamo usare la magia per sapere dove ti sposterai» la informa
rapido. «Quindi dovrai essere il più precisa possibile nel seguire
le nostre indicazioni» afferma autorevole. «Analizza l’ambiente.
Che cosa vedi?» domanda serio.
Molly
si guarda intorno, la mente di nuovo lucida.
Si
trova al centro di una piazzola rettangolare, da cui partono quattro
tubi larghi e alti circa tre metri.
Le
mattonelle su cui è seduta sono viscide, ragion per cui si affretta
ad alzarsi in piedi. Inoltre, sono anche rotte, il che significa che
c’è anche il rischio di mettere un piede in fallo e ruzzolare.
Quello
che calamita la sua attenzione, però, non è la difficoltà di dover
procedere su un terreno dissestato o la semioscurità che ammanta
ogni cosa.
È
il silenzio.
Tranne
i bisbigli degli altri Campioni, che, come lei, stanno parlottando
con i loro compagni, non sente nessun rumore. E questo contribuisce
non solo a dare un aspetto spettrale a quel posto ma le provoca un
genuino moto di panico.
«Calma»
mormora Etienne, morbido, attirando immediatamente la sua attenzione
e rivolgendole un sorriso rassicurante. «Sono qui con te»
sottolinea rincuorante.
Lei
annuisce, anche se un po’ la indispone essere così trasparente.
«Ci
sono quattro condutture posizionate come i punti cardinali» racconta
concentrata, dopo aver scacciato il timore e ripreso il controllo.
«Due
di queste dovrebbero partire dai lati corti dello spiazzo in cui ti
trovi» afferma Lance, pratico, sempre al di fuori dell’inquadratura.
«Le vedi?» chiede spiccio.
«Sì»
risponde Molly, all’istante, spostando le iridi castane prima
sull’una e poi sull’altra. «Quale prendo?» domanda attenta,
pronta ad affrontare la sua Prova del Torneo.
«Quella
che vuoi» concede Etienne, posato, mentre lei getta un’occhiata
allibita allo Specchio. «Portano entrambe all'uscita» la informa
quieto, mentre lei avanza verso quella più vicina. «Se hai preso
quella a sinistra, dovrai camminare per un bel po’ di metri, se
invece hai scelto quella destra, ci sarà subito un incrocio con
altri due tubi» spiega con semplicità.
Dopo
che è entrata nel condotto, avanza con estrema cautela – la
superficie sotto le sue scarpe da ginnastica è liscia. Niente più
mattonelle, ma questo non significa che non possa scivolare da un
momento all’altro – verso il buio che cela chissà quale
pericolo.
Si
ritrova per riflesso a serrare la presa allo Specchio.
«Il
tubo sembra procedere dritto» constata in un sussurro, in allerta.
«Allora
hai preso quello a sinistra» commenta Lance, sicuro. «Okay, fra
parecchi metri dovresti trovarti di fronte a un incrocio. Prendi la
prima a sinistra, poi quella subito a destra e… Molly?»
«Sì?»
pigola nervosa, gli occhi incollati all’oscurità verso cui sta
procedendo e tutti i sensi vigili.
«Vedi
di non farti ammazzare» raccomanda Lance, amabile, facendo scattare
la testa di lei verso lo specchio. E, anche se non lo può vedere –
perché è il viso del suo ragazzo quello che occupa tutta la
superficie –, sa benissimo che ha piegato le labbra in un sorriso
beffardo. «Altrimenti mi troverò costretto a spedirti la tua dolce
metà prima del tempo» afferma magnanimo, facendo inarcare le
sopracciglia di Etienne con scetticismo e le sue con incredulità.
«Ho la sensazione che, in queste tre ore, soffrirà molto più di
te» sostiene deliziato, senza riuscire a nascondere il godimento.
«Quindi
è così che ti si ammazza. Prendo nota».
Etienne
solleva le iridi chiare dalla piantina che ritrae quel groviglio che
sono le condutture del Castello, rivolgendo all’altro un’occhiata
che non cela l’ironia.
Dopo
che la comunicazione con Molly si è interrotta – gli organizzatori
della Prova li hanno informati che avrebbero avuto solo sei chiamate
a disposizione, ciascuna di dieci minuti – è rimasto immobile,
seduto al banco di quell’aula in disuso nella quale dovranno
rimanere per tutte le tre ore.
Quando
li hanno portati lì, li hanno inviati ad accomodarsi sulle due
uniche sedie presenti, hanno requisito loro le bacchette e le
tracolle, avvertendoli che l’unico strumento per aiutare Molly è
la mappa che hanno davanti agli occhi.
«Sai,
trovo commovente che tu stia cercando di distrarmi» dichiara ilare,
appoggiando le scapole contro lo schienale in legno della sedia e
sfoderando un sorriso deliziato. «Forse Domi ha ragione quando dice
che, in fondo, sei tenero»
insinua leggero, gli occhi azzurri baluginanti di divertimento.
Rosier,
appoggiato di schiena alla parete di fronte e con le braccia
incrociato al petto, arcua le sopracciglia con scherno.
«Domi
mi crede migliore di quanto non sia» decreta concreto, scrollando le
spalle, per nulla toccato da quel complimento che deve sembrargli
un’onta ignobile. «E non pensare che non gliela farò pagare solo
perché la amo» lo avvisa sanguinario.
«E
per cosa?» replica lui, placido, stando al gioco. «Per averti dato
la possibilità di dimostrare di essere il migliore davanti a due
delegazioni e l'Inghilterra intera?» sottolinea eloquente.
«Per
aver provocato un mezzo infarto a vati»
corregge l’altro, distaccato, con una punta di risentimento nella
voce. Lo fissa con compatimento, come se avesse di fronte un
imbecille. Il che gli ricorda un po’ le schermaglie che
intraprendeva con Lupin per ammazzare la noia, anche se le occhiate
del Corvonero erano più inquietanti e velate di isteria. Ah, i bei
vecchi tempi! «Non avevo bisogno di affrontare un Basilisco per
sapere di essere il meglio che questa scuola può offrire» continua
presuntuoso, totalmente sicuro di sé.
«Ricordati
di sfoderare questa sicurezza anche quando verrai a Villa Conchiglia»
consiglia Etienne, fingendosi premuroso. «O zia Fleur ti divorerà»
afferma lungimirante, intrigato da quella prospettiva. «Paura?» si
informa carezzevole, ampliando quel sorriso perculatorio.
Rosier
inarca le sopracciglia, scettico.
«Di
abbassarmi a tanto?» ribatte sarcastico. «Sì» risponde brutale,
di cuore. Poi riprende a sorridere con l’aria di chi si sta
divertendo un mondo. «Fossi in te, mi preoccuperei di dover
affrontare zia Joanne» consiglia mellifluo, sospirando teatrale,
alludendo alla capostipite dei Burke, la dinastia da cui Molly
discende. «I tuoi modi potranno affascinare molte ma la vecchia
malefica è da troppo su questo mondo per farsi ingannare da un
mangiarane slavato che ha un pedigree discutibile» termina quasi
rammaricato, scuotendo il capo, prima di tornare a ghignare con
gusto. «Non vedo l’ora di assistere alla prossima riunione di
famiglia» confessa in un sussurro estasiato, probabilmente
immaginando un gran scorrere di sangue, urla e incantesimi mortali.
Molly
si lascia sfuggire uno sbuffo, scornata, quando si trova di fronte a
un condotto chiuso.
Masticando
un puttana
il demonio
tra
i denti, è costretta a retrocedere, tornando all’incrocio che ha
superato poco prima.
Forse
Etienne non ha del tutto torto quando dice che ha il senso
dell’orientamento di un ubriaco. Ovviamente non glielo confesserà
manco morta, perché col cavolo che gli darà un ulteriore pretesto
per prenderla in giro.
Prima
di imboccare la conduttura alla sua destra, si premura di fare un
segno con il bordo appuntito dello Specchio – perché sia mai che
gli organizzatori della prova gliene abbiano fornito uno con cui non
rischia di tagliarsi le dita – sul metallo della parete, così da
avere dei punti di riferimento e sapere che strade ha già preso, nel
caso dovesse tornare di nuovo indietro.
Certo,
vista la scarsa luminosità delle fogne, il filo di Arianna sarebbe
stato più utile ma è inutile lamentarsi.
Dopo
aver percorso non sa quanto, si ritrova su un parapetto situato sopra
un’altra piazzola. È più lunga e stretta rispetto a quella in cui
ha ripreso i sensi, ma anche più in basso. Per accedervi, dovrà
scendere dei gradini.
Molly
si appoggia alla ringhiera di ferro, stringendo le dita intorno al
metallo freddo, cercando di scrutare quello che c’è sotto, avvolto
nel buio.
Socchiude
appena gli occhi, le orecchie tese a captare qualsiasi suono.
Sente
tanti piccoli rumori, simili al ticchettio dell’orologio. Sembrano
del tutto innocui ma dubita che lo siano per davvero.
Dopo
aver infilato il frammento di Specchio al sicuro nella tasca dei
pantaloni della tuta – così da evitare di perderlo o, peggio, di
romperlo –, scende con circospezione i gradini.
Sussulta
quando il piede si scontra con un sasso.
Si
immobilizza di colpo, la mente che riflette rapida. Lo raccoglie dopo
una leggera esitazione, stringendolo nella mano destra quasi fosse
un’arma.
Non
è pesante e averlo la fa sentire più sicura. Almeno ha la
possibilità di reagire con qualcosa, se la situazione dovesse
degenerare.
Nel
momento in cui appoggia entrambi i piedi su quella superficie piatta,
che le ricorda vagamente il fondo di una piscina vuota, avanza cauta.
Il
ticchettio si fa sempre più vicino e prepotente.
Molly
trattiene il respiro, tesa, prima di sgranare gli occhi e dischiudere
la bocca.
Davanti
a lei, a pochi metri di distanza, ci sono decine e decine di
Chizpurfle.
Piccoli,
simili a granchi che appaiono neri a causa della poca luce presente
nell’impianto di scarico, sono raggruppati in montagnette sparse su
tutto il pavimento di metallo.
Con
sconforto, si rende conto che le ostruiscono il passaggio. Per
raggiungere l’altra parte dello spiazzo, sarà costretta a passare
tra quelle bestie.
Sente
le spalle afflosciarsi, sconfortata.
Ricorda
di averli studiati durante le lezioni di Cura delle Creature Magiche.
Non rammenta tutte le informazioni relative a quegli animali ma sa
per certo che, se pieni di sostanze magiche, possono essere molto
pericolosi.
Eppure,
dopo averli scrutati con occhio critico, si rende conto che
dovrebbero essere privi di quel liquido acido che li rende tanto
pericolosi. Sono troppo piccoli e non presentano il corpo gonfio.
Una
piccola fortuna nella sfortuna, insomma.
Dopo
aver fatto un paio di respiri profondi, Molly si prepara a elaborare
un piano.
La
strategia migliore sarebbe quella di correre dall’altra parte,
scavalcandoli e sperando di sfruttare l’effetto sorpresa.
Sa
che i Chizpurfle attaccano in branco, se si sentono minacciati, e
anche che si nutrono di magia. È probabile che cercheranno di
saltarle addosso, percependo la magia nel suo sangue, tentando di
aprirsi un varco nella carne a suon di zanne.
Okay,
posso farcela,
cerca
di convincersi, annuendo con il capo e inumidendosi le labbra
screpolate. Tre,
due, uno…
Scatta
in avanti, andando incontro a quelle bestie.
All’improvviso,
forse avvertendo la sua magia farsi sempre più vicina, i Chizpurfle
iniziano a stridere, muovendosi con piccoli ma rapidi movimenti nella
sua direzione.
Combattendo
contro l’impulso di fare dietrofront, Molly si costringe ad andare
avanti, a non fermarsi per nessuna ragione al mondo. Scarta a destra,
cercando di evitarne il più possibile, per poi continuare a correre
a perdifiato verso la scaletta in fondo alla vasca.
Con
il cuore che le martella nel petto e sentendo qualcosa
attaccato
alla tuta, si blocca solo dopo aver salito rapidamente i gradini.
Una
volta su quel parapetto, l’agitazione prende la meglio.
Non
riesce fare a meno di trattenersi dall’urlare quando si sente
mordere e cerca di scrollarseli di dosso, agitandosi convulsamente.
Si
strappa via con foga quelli che cercano di rimanere ancorati alla
felpa. Quelli che cadono per terra, dopo un attimo di stordimento,
tornano ad attaccarla e Molly, preda dell'isteria, inizia a
calpestarli e schiacciarli con foga con la pietra, sfogando tutto il
panico in quei movimenti ripetuti e disperati.
Solo
dopo un po’ – non sa esattamente quanto, ha perso la cognizione
del tempo –, si rende conto che ai suoi piedi non ha altro che
delle carcasse deformi e prive di vita.
Tirando
un sospiro di sollievo, Molly si accascia sul pavimento del
parapetto. Il corpo è scosso da tremiti e brucia nei punti in cui i
Chizpurfle l’hanno morsa.
Lascia
andare il sasso accanto a sé, portandosi le mani tremolanti davanti
al volto.
Le
sfugge un gemito dai denti nel constatare quanto le dita siano rosse
e insanguinate.
Stremata,
percependo l’eccitazione dell’adrenalina svanire, appoggia il
capo contro la parete di metallo, concedendosi di chiudere gli occhi
per qualche momento.
Rimane
ferma, respirando a pieni polmoni e cercando di ignorare il bruciore
sulla pelle e il sangue di cui è imbratta, almeno finché non
percepisce lo Specchio scaldarsi.
Lo
estrae dalla tasca dei pantaloni, con movimenti impacciati, prima di
avvicinarlo al viso e accettare la chiamata.
«Tutto
okay?» chiede Etienne, socchiudendo appena le palpebre, dopo che la
faccia di Molly compare sulla superficie del vetro. Trattiene per un
momento il fiato, gli occhi che scrutano avidamente il viso pallido
dell’altra e i suoi capelli rossi e arruffati. «Sembri stravolta»
sostiene accorto.
«Chizpurfle»
risponde lei, stremata, in un debole soffio.
«Dimmi
che non ti sei fatta mettere in difficoltà da un paio di miseri
crostacei!» esclama Rosier, sdegnato, sperando di aver sentito male,
staccandosi dal muro e avvicinandosi alla scrivania fino ad
appoggiare sopra i palmi delle mani accanto alla piantina. «Salazar,
Molly, sono degli stupidi granchi» espelle nauseato, arricciando il
naso oltraggiato e per nulla toccato dalle condizioni in cui è.
«Non
erano un paio!» sbotta la sua ragazza, con uno slancio di veemenza
che le infuoca le guance e la voce. «Non farlo, cugino, mai come in
questo momento sono stata tanto vicina dall’augurarti un soggiorno
tra le fiamme infernali» lo avverte bellicosa, al limite della
tolleranza.
Etienne
rimane impassibile, trincerato dietro la ragione, ed evitando di
assecondare quei due che, nervosi, rischiano di sprecare il tempo
della chiamata per battibeccare.
«Che
strada hai fatto?» pretende di sapere, deciso, interrompendo quella
lite inutile. Molly si morde la lingua per reprimere una replica
sferzante diretta al Serpeverde, prima di passarsi una mano sulla
faccia per scacciare via l’irritazione.
«Ho
seguito le vostre indicazioni» racconta composta,d i nuovo padrona
di sé. «Ho percorso una tubatura fino a raggiungere una piazzola
rettangolare» continua, e lui fa scivolare le iridi chiare fino a
individuare quel luogo sulla mappa. «Ora sono accasciata a terra e
non so che cosa fare» ammette abbattuta.
«Alzati
e cammina per duecento metri» ordina Rosier, implacabile,
consultando a sua volta quell’insieme di condutture. «Poi dovrai
svoltare due volte a destra e tre a sinistra. Vedi di memorizzarlo e
di non sbagliare» l’avverte inflessibile. Poi storce le labbra in
una smorfia scontenta, dopo aver intercettato la sua occhiata
affilata e decifrato il silenzio tetro che segue. «Sei quasi a metà
strada» tenta più conciliante, sforzandosi di addolcire il tono.
Etienne
torna a rivolgere lo sguardo allo Specchio.
«Ascoltalo»
le suggerisce delicato, attirando l’attenzione dell’altra e
fissandola con un’espressione significativa. «Se ti fermi, è
peggio» consiglia certo, annuendo anche con il capo. «Non avrai più
voglia di andare avanti» conviene sicuro.
Molly
rimane in silenzio ma, dal modo in cui abbassa gli occhi, gli fa
pensare che è un’ipotesi che le è balenata in mente.
«Non
ho intenzione di arrendermi» afferma testarda, quando torna a
fissarlo con due ardenti e ostinati occhi scuri.
Gli
scappa un sorriso compiaciuto.
«Ed
è la cosa che più amo di te» dichiara genuino, consapevole che non
è nella natura dell’altra accettare la resa e orgoglioso di avere
una persona del genere al proprio fianco.
Rincuorata
dalla chiamata che ha appena avuto con i compagni – sì, suo cugino
è un buzzurro senza un minimo di tatto ma lo conosce abbastanza per
dire che sperava di scuoterla con quell’atteggiamento da dittatore.
Questo, ovviamente, non lo salverà dalla strigliata che ha
intenzione di fargli appena uscirà da quel luogo infernale – e
sostenuta dal fuoco della determinazione che le brucia dentro, Molly
si rimette in piedi e riprende la sua marcia verso l’uscita.
Dopo
aver imboccato un nuovo tunnel e seguito il percorso che curva in una
discesa, si ferma di colpo. Abbassa lo sguardo, basita nel ritrovarsi
i piedi a mollo nell’acqua.
È
poca, è vero, appena qualche centimetro, ma è sufficiente per farle
serrare lo stomaco in una morsa allarmata.
Stringendo
la pietra nella mano destra – sospetta che potrebbe ancora tornarle
utile –, continua a camminare anche se l’acqua comincia ad
alzarsi.
Il
lato positivo è che sembra alleviare il bruciore che le ha invaso
tutto il corpo dopo lo scontro con i Chizpurfle.
Quello
negativo? Che sicuramente sta per succedere qualcos’altro.
E
sarà sicuramente più pericoloso di un paio
di
Chizpurfle.
«Sai
cosa penso?» esordisce Etienne, meditabondo, gli occhi fissi nel
vuoto. «Non è un po’ troppo semplice come Prova del Tremaghi?»
ragiona ad alta voce, il viso storto in una smorfia pensierosa, prima
di puntare gli occhi addosso all’altro.
Rosier,
dall’altro lato del tavolo, stringe i suoi, disorientato.
«I
Chizpurfle non sono paragonabili a un Basilisco» conviene razionale,
inarcando le sopracciglia con eloquenza e senza interrompere il
contatto visivo. «E, anche se privata della bacchetta, non mi sembra
che Molly stia affrontando chissà quali difficoltà» continua
obiettivo.
Lui
si trova a concordare, per nulla contento.
«Quindi
il peggio arriverà alla fine» deduce acuto, stringendo con
disappunto le labbra. «E noi la stiamo spingendo proprio in quella
direzione» mastica tra i denti, amareggiato.
«Non
c’è altra scelta» gli fa notare il Serpeverde, distaccato,
fissandolo con eloquenza. «O quella, o la resa» sentenzia
inesorabile, per nulla intenzionato ad addolcire la realtà.
Ha
perso la cognizione del tempo.
Sa
solo che le sembra di camminare da ore, immersa nell’acqua fino
alle ginocchia. E comincia a sentire freddo, la tuta zuppa e il corpo
stanco e indolenzito.
Impone
a se stessa di non fermarsi, forte delle parole che Etienne le ha
detto e che le hanno scaldato il cuore.
Ignorando
i brividi, i movimenti rallentati e la pelle arrossata e bruciante a
causa delle zanne maledette di quei crostacei magici, Molly si
inoltra sempre di più in quel labirinto di cunicoli che
costituiscono le fogne del Castello.
Continua
a ripetersi nella mente le indicazioni che gli altri due ragazzi le
hanno fornito, così da non dimenticarle e non sbagliare direzione.
Nel
momento in cui percepisce il tepore che si irradia nella tasca dei
pantaloni farsi sempre più forte, tira fuori lo Specchio senza
trattenere un sorriso contento.
«Come
procede?» chiede il suo ragazzo, piano, studiando attentamente la
sua espressione.
Lei
scrolla le spalle, noncurante.
«Ora
capisco che cosa ha provato Rose quando si è messa in testa di
salvare Jack mentre la nave stava affondando» blatera ad alta voce,
ironica, senza rallentare o fermarsi. «Tra l’altro, ci hai mai
fatto caso che noi assomigliamo ai protagonisti del film?» osserva
assorta, realizzando che non ha mai badato a quella coincidenza.
Il
silenzio dall’altra parte del vetro, la costringe a spostare di
nuovo gli occhi marroni sul viso di Etienne che, dopo aver corrugato
la fronte, ricambia con un una sfumatura sgomentata nelle iridi
chiare.
Poi
sorride sereno.
«Se
straparla, significa che non è messa così male» rassicura quello,
placido, probabilmente rivolgendosi a suo cugino.
«Sì,
Jack, sto volando
e
tante belle cose» taglia corto Lance, esasperato, entrando di colpo
nell’inquadratura dello specchio fino al naso. Anche se vederlo al
contrario, visto che probabilmente si trova nella posizione opposta
di Etienne, le fa venire la nausea. «Andiamo al punto. Dove cazzo
sei?» domanda brutale.
«Sto
per raggiungere un altro incrocio» risponde Molly, spiccia, cercando
di ignorare la sensazione di stanchezza che le pesa sulle spalle e
facendosi largo nell’acqua puzzolente che ormai le ha quasi
raggiunto il bacino. «Ecco, ci sono, ora dove…» si interrompe di
colpo, voltando la testa verso destra. «Avete sentito?» domanda
piano, la voce allarmata.
«Che
cosa?» chiede Etienne, inquieto.
Ma
lei lo ignora.
Tutta
la sua concentrazione è rivolta verso una tubatura, da cui proviene
un suono simile a uno sciabordio.
Rimane
ferma, raggelata sul posto, mentre l’acqua intorno alla sua vita
inizia a tremare.
«Oh
no, cazzo, no» sbotta spaventata, prima di cercare di raggiungere il
più rapidamente possibile il condotto che ha davanti.
«Che
succede?» chiede Etienne, ad alta voce, apprensivo.
Non
gli risponde, anzi, infila lo Specchio nella tasca dei pantaloni,
così da essere sicura di non perderlo.
Ha
quasi raggiunto quella dannata conduttura che rappresenta la sua via
d’uscita, quando, da quella alla sua destra, una violenta onda le
si abbatte addosso.
Molly
fa appena in tempo ad alzare le braccia davanti a sé, lasciandosi
sfuggire un grido terrorizzato, in un inutile quanto naturale
riflesso di difesa, prima che venga trascinata via nelle viscere di
Hogwarts.
Le
mani appoggiate alla scrivania tremano e, nonostante stia facendo del
suo meglio per imporsi calma, non riesce a scacciare via quei brividi
di angoscia che gli scuotono il corpo.
Ha
sempre avuto un ottimo rapporto con il controllo – il
controllo è tutto,
si
è ripetuto come un mantra, fino all’infanzia, trasformando quelle
parole in uno stile di vita – ma ora non riesce ad aggrapparsi alla
solita lucidità che gli permette di analizzare le situazioni con
distacco.
C’è
solo un pensiero che gli rimbalza nella mente, che gli provoca una
paura sorda e quei continui brividi di freddo.
Come
sta?
Chiude
gli occhi, il capo basso, cercando di respirare a pieni polmoni. Sa
di essere scattato in piedi appena il contatto con Molly si è
interrotto e non ci vuole un genio per capire che cosa sia successo.
Una
volta non saresti stato così debole,
gli
sussurra una vocina alle sue orecchie, disgustata da quel caos di
emozioni che sta avendo la meglio sul suo cervello.
Una
volta non avresti permesso a niente e nessuno di toccarti.
Si
lascia sfuggire un sorriso amareggiato, per nulla divertito.
Non
è mai stato vero, era solo una menzogna che gli piaceva ripetersi.
«Sta
bene».
Alza
la testa fino a incontrare gli occhi gelidi di Rosier.
«Dopo
che una bomba d’acqua le si è scagliata contro?» fa notare
eloquente, in un tono caustico che non è affatto da lui.
L’altro
rimane impassibile, per nulla offeso.
«Non
hai tutta questa fiducia in lei se pensi che basti così poco per
fermarla» gli sbatte in faccia, rude. «Molly ha affrontato di
peggio e ha sempre trovato un modo per farcela» continua fermo,
senza alcuna traccia di dubbio a spezzargli la voce. «Lo sai anche
tu che è così» sottolinea quasi rincuorante.
Molly
riemerge in superficie, il cuore che martella furioso nel petto e i
polmoni compressi che cercano disperatamente di incanalare ossigeno.
Respira
affannosamente, troppo terrorizzata per imporsi di calmarmi.
Si
muove scoordinata, cercando di galleggiare. Volta anche il capo da
una direzione all’altra, cercando di capire dove sia finita, ma
tutto quello che riesce a mettere a fuoco è una tubatura quasi del
tutto allagata.
Alza
la testa e realizza che, nemmeno un metro, e l’acqua occuperebbe
tutto lo spazio disponibile.
Se
dovesse essere travolta da un’altra ondata, non avrebbe via di
scampo.
Serrando
i denti e ignorando il dolore alla schiena – non rammenta più
quante volte ha impattato contro un muro, dopo la terza che le ha
fatto spalancare la bocca per lo sgomento, portandole via il poco
ossigeno che le era rimasto e il sasso –, cerca di nuotare verso la
fine del condotto, spinta dal panico e dall’istinto di
sopravvivenza di rimanere in questo mondo il più a lungo possibile.
Non
esiste che finirà i suoi giorni in una fogna!
Cazzo,
può averne combinate di azioni riprovevoli, durante la sua vita, ma
nulla di così grave da marcire per sempre in un impianto di
scarico.
Le
mani e i piedi si muovono a scatti, facendola avanzare lentamente
verso quella che pensa sia l’uscita. Cerca di inalare ossigeno dal
naso, così da rallentare la respirazione e recuperare lucidità.
Andrà
tutto bene, si
ripete continuamente, sperando così da infondersi coraggio. Uscirò
di qui e poi pretenderò una fottuta vacanza. Dopo aver ammazzato il
bastardo che mi ha infilato in questa trappola mortale, si intende.
«Ah,
spero che tu non abbia frainteso. Perché se dici a qualcuno ch-»
«Cosa?»
lo sprona Etienne, leggero, di nuovo padrone di sé e seduto dietro
alla scrivania di quell’aula in disuso. Sfodera un sorriso
accattivante, appena velato dal sarcasmo. «Che mi hai consolato?»
precisa amabile.
Rosier,
dall’altra parte del tavolo, gli getta un’occhiata di disgusto.
«Quando
arriverà il momento, sarà un vero piacere per me ucciderti»
afferma spietato, inchiodandolo con due gelidi occhi azzurri.
«E
poi come lo spieghi a Domi?» indaga distratto, sospirando e tornando
a fissare lo Specchio Gemello appoggiato sul tavolo, accanto
alla piantina.
«E
chi l’ha detto che intendo farlo?» rilancia l’altro, sagace, con
il sorriso deliziato chi sa benissimo come salvarsi da
quell’impiccio. «Gli incidenti capitano» commenta spassionato,
alzando le spalle.
Sgrana
gli occhi, incredula per quello che vede.
A
pochi metri da lei, saranno una ventina, c’è un incrocio. E, da
lì, c’è una scala che sale verticalmente verso l’alto, sparendo
nell’oscurità del soffitto.
Percepisce
un fiotto di gioia invaderla, i muscoli si muovono più velocemente,
animati dal conforto che c’è una speranza di salvezza.
Basterà
raggiungere quella dannata scaletta e sarà tutto finito.
Ancora
dieci metri,
si
impone Molly, febbricitante di entusiasmo, nello spostarsi
convulsamente in avanti. Nove,
ott-
Quel
pensiero si interrompe di colpo quando si sente afferrare per la
caviglia sinistra e tirata verso il basso, rischiando di sprofondare
in acqua.
Sforzandosi
di restare a galla, si ritrova a scalciare alla cieca, sperando di
liberarsi da qualsiasi cosa le si sia attaccata addosso. Ma è una
lotta vana perché, dopo una manciata di secondi in cui si è opposta
con tutte le sue forze che le erano rimaste, finisce per essere
inghiottita sotto la superficie scura.
Ha
giusto la lucidità di riempirsi i polmoni d’aria, prima che
succeda.
Continuando
a divincolarsi, apre gli occhi per cercare di focalizzare con che
cosa abbia a che fare. La vista è sfuocata e opaca a causa
dell’acqua e della poca luce ma è abbastanza per individuare il
corpo verdastro e i tentacoli dell’Avvincino.
Furiosa
e stanca di tutto – del Torneo, dei ricordi dei Chizpurfle
che le bruciano la pelle, della continua tensione accumulata per
mesi, di aver vagato nelle tubature, di essere ammaccata e dolorante,
di puzzare e di essere in condizioni pietose –, Molly percepisce un
fiotto di rabbia e calore sprigionarsi nel petto.
Ora
basta,
sentenzia
stufa, al limite della pazienza, mentre uno scoppio di Magia
Accidentale colpisce la creatura, sbalzandola via da lei.
L’Avvicino
rimane immobile per qualche istante, probabilmente stordito da quanto
successo, prima di tornare alla carica.
Nel
vedere quegli arti palmati tendersi nella sua direzione, Molly gli
va
incontro. Afferra con forza il polso del demone acquatico e,
sfruttando l’effetto sorpresa, torce quelle lunghe dita verdastre
con l’altra mano, fino a sentirle spezziarsi.
La
creatura strilla per il dolore, allontanandosi bruscamente e lei ne
approfitta per risalire in superficie.
Non
sa nemmeno dove riesca a trovare quel briciolo di energia che la
sprona a nuotare verso la scaletta il più velocemente possibile. Si
aggrappa al metallo mezzo arrugginito con tutta la foga della
disperazione, appoggiando i piedi sul piolo, per poi issarsi in alto.
Sta
per salire un altro gradino quando si sente acciuffare violentemente
per la caviglia. Per evitare di scivolare si aggrappa con vigore al
ferro, per poi spostare lo sguardo verso il basso.
L’Avvincino
ricambia l’occhiata con la medesima collera, la bocca spalancata a
mostrare le zanne piccole e appuntite mentre le dita dell’altra
mano le circondano il collo del piede.
Molly
non ci pensa due volte prima di assestargli un calcio con l’altra
gamba, colpendolo alla testa e liberandosi da quella presa. Nel
momento in cui sente quelle dita allentare la morsa alla sua
caviglia, svelta, sale il più rapidamente possibile su quella scala,
così da essere fuori dalla portata dell’animale.
Non
si ferma neppure quando raggiunge la cima, dove l’ennesima tubatura
si apre davanti a lei.
Si
trascina dentro, facendo attenzione a non scivolare sulla superficie
viscida e rischiare di cadere all’indietro, in quel pozzo
improvvisato in cui i sibili della bestia sferzano il silenzio e
giurano vendetta.
«Non
credo che l’avrei mai detto» esordisce lei, distrutta, quando lo
Specchio Gemello si scalda e il suo viso compare sulla piccola
superficie rotonda. «Ma non credevo ci potesse essere qualcosa di
peggio rispetto a quello che mi hai fatto subire per anni» sostiene
con un filo di voce, il volto pallido e madido di sudore.
Lui
sorride rincuorato, perché temeva di vederla in condizioni peggiori.
«Non
ti saresti divertita nemmeno la metà, se non ci fossi stato»
sottolinea sottile, alludendo a tutti i battibecchi che hanno avuto
per tutta l’infanzia e adolescenza.
O
meglio, che lei ha avuto. Perché Etienne si limitava a ridere di
gusto durante quelle schermaglie, rischiando di farle saltare le
coronarie per il nervoso.
Molly
gli rifila un’occhiataccia.
«Ma
almeno sarei ancora una persona normale!» ribatte polemica, con
foga, anche se la bocca inizia a tremarle in un accenno di sorriso.
«Ti prego, dimmi che è finita!» supplica stremata.
«È
quello che ti chiede anche quando state scopando?» si premura di
domandare Rosier, carezzevole, sorridendo con dolcezza.
«Sono
troppo stanca persino per mandarti al diavolo» brontola lei,
scornata, alzando gli occhi al soffitto. Poi si ricompone in
un’espressione seria. «Seriamente, quanto manca?» indaga al
limite della sopportazione.
«Poco»
assicura Etienne, soffice, con un sorriso radioso.
«Poco
come
è quasi
finita
e
c’era un altro esercizio a cui quel pazzo mi sottoponeva, o poco
nel senso poco?» puntualizza Molly, fissandolo con eloquenza e un
pizzico di disappunto. «Perché se è la prima opzione, giuro che mi
apro un varco in queste dannate tubature a suon di strepiti e ti
vengo a cercare!» promette accanita, facendo capire che non la
fermerebbe manco il demonio in persona.
«Fai
pure, cuore mio» concede lui, magnanimo. «Non mi importa come, solo
che torni» sussurra genuino, facendola arrossire per l’imbarazzo e
la gioia.
Molly
si lascia sfuggire un verso di pura esasperazione quando si trova di
nuovo di fronte a una piazzola mezza allagata.
In
un attimo di sconforto, lancia una serie di invettive feroci a
Merlino, Morgana e Godric, rei di accanirsi senza rispetto contro una
povera innocente che voleva passare il suo ultimo anno ad Hogwarts
nel più sereno dei modi.
Sarebbe
già uscita di testa per i M.A.G.O., era davvero necessario calcare
la mano con un Torneo folle e potenzialmente letale?
Sbuffando
incarognita a morte, scende per l'ennesima
volta
una dannata
scaletta
arrugginita per trovarsi, tanto
per cambiare,
a
mollo in una acqua stagnante e maleodorante fino al bacino.
Ormai
è talmente abituata alla puzza che nemmeno l'avverte più. Non vuole
nemmeno pensare a quante docce dovrà farsi per liberarsene e tornare
a profumare come una persona normale.
Avanzando
con una certa difficoltà, solo dopo aver percorso diversi metri, si
rende conto che davanti a sé la strada è chiusa da una parete
liscia.
Sbatte
le ciglia disorientata, ripassando velocemente le indicazioni che
Etienne e Lance le hanno dato. È sicura di non aver sbagliato, anche
perché gli incroci che ha incontrato precedentemente coincidono con
quel percorso che i due ragazzi le hanno fornito.
Quindi,
per nulla intenzionata a fidarsi di quello che vede, procede verso
quel muro.
Si
ferma quando gli è di fronte, studiandolo con due occhi marroni
strizzati e concentrati.
Passeggiando
a destra e sinistra –
perché
se rimane ferma, avverte ancora di più il freddo di quella dannata
temperatura scozzese –, si blocca di colpo quando avverte una
corrente fredda all'altezza delle ginocchia.
Con
la fronte aggrottata, si abbassa fino a immergere anche la mano
nell'acqua e un secondo dopo si ritrova a sorridere nel realizzare
che, in quella dannata parete, ci deve essere un passaggio che
permette di raggiungere la tubatura successiva.
Due
secondi dopo, torna ad esibire un’espressione insofferente nel
rendersi conto che dovrà inzupparsi ancora.
Cercando
di ignorare lo schifo per le condizioni in cui si è ridotta, Molly
prende un profondo respiro e si tuffa sott'acqua. Procedendo a
tentoni, i palmi delle mani aperti di fronte a sé, entra cautamente
in quella stretta fessura, le ginocchia che strisciano sul pavimento
e il capo chino per evitare di tirare una craniata al soffitto di
metallo di quel tubo.
Non
ci vuole molto perché veda –
sempre
sgranata, perché la vista sott'acqua è quella che è – una luce
flebile in fondo al cunicolo.
Elettrizzata
e rincuorata che manchi poco all'uscita, si muove con più energia in
quella direzione.
Sta
giusto per riemergere in superficie quando una voce la immobilizza
sul posto mentre è ancora a mollo.
«Molly».
È
costretta ad alzarsi in piedi, portando il busto e la testa fuori
dall'acqua per la mancanza di ossigeno ma, dopo aver riempito i
polmoni d'aria, non può fare a meno di storcere il viso in
un’espressione confusa.
Non
crede di averla immaginata, perché era nitida. Allo stesso tempo,
però, sa per certo che appartiene a qualcuno che se n'è andato da
tempo.
Per
scrupolo e perché vuole essere sicura di non aver preso un abbaglio,
infila di nuovo la testa sott'acqua, le orecchie tese, in ascolto.
Sta
quasi per rinunciare, dicendosi che si sarà sbagliata, quando la
risente di nuovo.
«Molly».
È
dolce, sussurrata, come quelle ninna nanne che le canticchiava da
bambina.
«Vieni»
la
invita suadente. «Viene
da me» ripete
amorevole.
E
lei la segue, totalmente incantata, con il cuore gonfio di nostalgia,
perché è da anni che desiderava risentirla e aveva paura che lo
scorrere del tempo la cancellasse dalla sua memoria.
In
una delle pause in cui torna in superficie per incanalare ossigeno,
lo Specchio Gemello si scalda nella tasca della tuta. Molly, per un
folle istante, ha la tentazione di rifiutare la chiamata, infastidita
di doversi fermare dal seguire quella voce.
«Che
c'è?» sbotta urtata, inchiodando il seccatore con un'occhiata di
ammonimento.
Etienne
sbatte le ciglia, preso in contropiede.
«Che
hai?» chiede disorientato.
E
lei è costretta a serrare le labbra, consapevole di aver sbagliato.
«Non
ci crederai» inizia esaltata, talmente euforica che rischia di
mangiarsi le parole per la foga con cui le pronuncia. «Ma ho udito
la sua voce» rivela muovendosi nella direzione da cui essa proviene.
Solo
perché non è sott'acqua, non significa che non può avvicinarsi.
«La
voce di chi?» domanda l'altro, confuso, corrugando le sopracciglia.
«Di
mio padre».
Il
silenzio che cala di colpo, la porta a orientare le iridi scure verso
il frammento di vetro.
«Molly»
sospira Etienne, terribilmente serio, il volto storto in
un'espressione severa. «Percy è morto» le ricorda fermo,
fissandola con eloquenza.
«Lo
so» risponde lei, consapevole, sentendo una morsa di dolore allo
stomaco. «Ma l'ho sentito e-»
«Non
è reale» la blocca lui, tenace. «Deve essere un inganno» sostiene
con forza, sicuro della propria teoria.
Molly
si immobilizza, scrutandolo con risentimento.
«Perché
non puoi essere felice?» domanda bellicosa, accigliandosi per il
nervosismo.
«Perché
non è reale» ribadisce Etienne, quasi spietato. «E lo sai anche
tu» afferma implacabile.
Ed
è così, una parte di lei è consapevole che si tratti solo di una
menzogna a cui vuole disperatamente credere ma l’altra, quella
resterà per sempre quella bambina smarrita che ha perso il padre e
ha dovuto imparare presto a nascondere i suoi sentimenti – doveva
fingere per sua madre, per sostenerla, per farle capire che non era
da sola nel cercare di tenere unita la famiglia, doveva essere forte
per sua sorella, essere il suo rifugio e asciugare le sue lacrime –
zittisce ogni cosa, ordinandole di arrendersi totalmente a quella
follia.
Così,
quando arriva a un bivio, invece di prendere la sinistra come le
hanno detto i suoi compagni, imbocca senza esitazione la destra, dopo
aver messo la testa sott’acqua ed essersi assicurati che era da lì
che proviene la voce.
«Molly»
la chiama di nuovo Etienne, insistente, fissandola con l’espressione
di chi ha intuito al volo le sue intenzioni. «Non farlo» la mette
in guardia, caparbio.
Caso
vuole che, in quel preciso momento, la chiamata termina, lasciandola
di nuovo da sola in mezzo a quella tubatura mezza allagata, fradicia,
stanca e con l’acqua che ormai le arriva al basso ventre.
Molly
infila di nuovo lo Specchio al suo posto, prima di continuare a
muoversi.
Non
se ne rende conto ma si sta comportando come un drogato in astinenza
e alla disperata ricerca di una dose.
Quando
arriva in prossimità di una falla nella tubatura, che porta a un
canale di scolo, si rende conto che se vuole raggiungere suo padre –
se non vuole perderlo di nuovo –, l’unico modo è quello di
infilarsi in quella fenditura.
Con
cautela lo fa ma si lascia scappare una maledizione tra i denti
quando si rende conto è molto stretta, talmente tanto che rischia di
rimanere incastrata.
Irritata
a morte, cerca di appiattirsi contro il metallo per raggiungere
l’altra parte della fognatura.
È
il dolore che la riporta alla ragione.
Nel
tentativo di stringersi in quello squarcio del condotto, ha finito
per sfregare più volte e con foga tutto il corpo, irritando quei
morsi che i Chizpurfle le hanno inflitto sulla pelle.
Sbatte
le palpebre, frastornata, come se si stesse risvegliando dal torpore
del sonno. Solo allora si rende conto di quanto sia stata sciocca, di
quanto abbia voluto credere che fosse vero.
A
fatica, esce da quella fenditura.
Davanti
alla sua stupidità e debolezza, la voce della Maride perde ogni
attrattiva possibile.
Tornata
in sé, si lascia sfuggire qualche lacrima e singhiozzo,
approfittando della solitudine e della discrezione che quel luogo
puzzolente promette.
Poi
drizza le spalle, si pulisce le guance umide di pianto, drizza la
schiena e torna indietro, ben decisa a seguire il percorso che
Etienne le ha fornito senza deragliare.
«Te
lo dico: non ho la forza per far nulla» lo avverte Molly, distrutta,
sentendosi più di là che di qua, alzando le braccia per
assecondarlo.
Etienne
sorride con disimpegno mentre le toglie la maglietta sudata e sporca.
«Lo
immagino» assicura amabile. «Ma spero che non vorrai privarmi della
possibilità di spogliarti» afferma con una sfumatura maliziosa che
gli illumina le iridi chiare, rendendole belle come mai.
Al
termine della Seconda Prova
– che
ha superato per miracolo –, è stata
trascinata in Infermeria dove Madama Chips l'ha visitata insieme agli
altri due Campioni.
Dopo
essersi assicurata che non avesse nulla di rotto o letale, esasperata
dal continuo cicaleccio
dei cugini – accorsi al suo capezzale manco fosse sul letto di
morte! –, le ha rifilato una pomata per le bruciature e le ha
intimato, insieme ai suoi ingombranti parenti, di volatilizzarsi
all'istante dal suo regno.
Molly,
ben felice di eseguire l'ordine, non ci ha messo molto per far capire
agli altri, grazie all'aiuto di Victoire, che aveva bisogno di essere
lasciata in pace e non soffocata da raffiche di domande, giusto per
evitare di fare una strage.
Inutile
dire che Dominique è stata contenta di sparire con Lance in qualche
antro oscuro.
«E
puzzo come una latrina» continua lei, in un brontolio imbronciato,
liberandosi delle scarpe e lasciandosi sfilare via anche i pantaloni,
rimanendo in intimo. Li lancia distratta verso il cestino in vimini
che si trova nel bagno di Villa Conchiglia, fedelmente riprodotto
grazie all’abilità della Stanza delle Necessità. «Morgana,
fortuna che non ho visto del materiale organico di
altra natura galleggiare
nelle fogne, perché altrimenti vorrei rinchiudermi nella doccia fino
a farmi sciogliere la pelle»
geme disperata, lasciandosi sfuggire un’espressione sconsolata. Poi
sbatte le ciglia, un pensiero che le passa per la mente e che le fa
corrugare la fronte con odio. «Vorrei proprio sapere chi è il
sadico che ha organizzato questa Prova» ringhia tra i denti,
minacciosa.
«Sicuramente
qualcuno a cui piace divertirsi ai danni degli altri» osserva lui,
assente, tutta la sua concentrazione puntata a scrutare quei morsi e
bruciature che le arrossano entrambe le braccia e gambe.
«Un
infame» riassume Molly, inesorabile. Stringe le labbra, così da non
farsi sfuggire un lamento di dolore quando le dita dell’altro le
spalmano con delicatezza quell’unguento bluastro sulla pelle. «Hai
avuto paura con la Maride» mormora a bassa voce, impacciata, decisa
ad affrontare l’argomento e a non tergiversare.
«Sì».
«Perché?»
«Ha
fatto leva su dove sei più vulnerabile» risponde Etienne, schietto,
inginocchiato mentre le massaggia la gamba per far in modo che la
crema penetri nella pelle. Solleva il capo, così da incrociare il
suo sguardo. «E lo ha fatto in un momento in cui la deprivazione
sensoriale ti aveva debilitata» conviene con una smorfia
amareggiata, rimettendosi in piedi.
Lei
sospira pesantemente, distogliendo per un momento gli occhi.
«Non
sei deluso?» indaga piano, con voce fioca.
«Perché
volevi che tornasse?» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con
eloquenza. «Sarei stato sorpreso del contrario. So che ti
manca» svela delicato.
«Una
parte di me lo sapeva che non era reale» confessa Molly,
controvoglia, incassando la testa nelle spalle e storcendo le labbra
in una smorfia. «Ma volevo crederci» aggiunge flebile.
«Lo
so» conferma Etienne, con un sorriso abbozzato, sfiorandole la
guancia con una carezza.
Deglutisce,
cercando di ingoiare anche lo sconforto.
La
sfida del Tremaghi potrà apparire semplice rispetto a quella che ha
affrontato Lance ma è ben consapevole che il canto della Maride ha
riaperto delle ferite. Magari nei primi tempi non ne vedrà gli
effetti ma sa bene che ci saranno delle conseguenze e che queste
probabilmente si manifesteranno sotto forma di incubi.
«Mi
secca che ti abbia sbottato addosso davanti a Lance» riprende lei,
cercando di suonare indispettita e scacciare quelle riflessioni,
appoggiando la mano su quella dell’altro e chiudendo per un momento
gli occhi alla ricerca di conforto.
«Non
te lo rinfaccerà, se è questo che temi» afferma Etienne, sicuro,
nel momento in cui risolleva le palpebre e incontra le sue iridi
azzurre. «Da quello che so, su certe cose non ha la crudeltà di
affondare i denti» dichiara posato.
Molly
scrolla le spalle. Alla fine, si dice, non ha importanza. È solo una
preoccupazione di poco conto.
«Fai
la doccia con me?» propone morbida, inclinando il capo di lato.
«Credevo
fossi troppo stanca per quello» replica lui, ironico, piegando le
labbra in un sorriso intrigato.
Lei
ricambia, prima di scrollare la testa con disinvoltura.
«Non
pensi di riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso» provoca
giocosa.
«Io
sono capace di resistere» afferma Etienne, presuntuoso, assumendo
l'aria da mentecatto che, una volta, le faceva bollire il sangue in
un altro modo. Amplia quel sorriso sfrontato, per poi scoccarle
un'occhiata eloquente. «Lo stesso non posso dire di te» termina
sfrontato.
«Lo
vedremo, Delacour» lo sfida Molly, fomentata da quella competizione,
prima di portarsi le mani dietro la schiena, sganciare il ferretto
del reggiseno e lasciarlo scivolare ai suoi piedi.
Giuro
che non mi ridurrò mai più all’ultimo!
Ma
più, sul serio.
Non
ho grandi cose da dire se non che il titolo del capitolo è una
citazione dell’intro della serie tv Xena,
ma probabilmente c’eravate arrivati.
Per
quanto riguarda le creature, di solito mi baso sul libro
Animali
Fantastici
–
ho
scoperto così che gli Avvincini hanno le dita, sì, molto lunghe ma
anche fragili – e
dove trovarli. Tuttavia, per quanto riguarda le Maridi, ho cercato
anche informazioni su internet. Saltellando da una parte all’altra,
ho scoperto che dovrebbero
esisterne
di diverse specie. Quindi, non tutte sono uguali a quelle presenti
nel lago di Hogwarts.
Non
so se abbiano o meno la capacità di imitare le voci, quella è una
libertà che mi sono presa. Invece il parlare in modo soave solo
sott’acqua, l’ho preso dal canon (ricorda l’Uovo d’Oro e gli
strilli che emetteva che non messo a mollo? Ecco).
Vi
ringrazio per essere ancora qua e scusate,
Blue