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Autore: gio194    25/04/2023    0 recensioni
Il protagonista è Sean, un personaggio, un uomo, una coscienza immerso/a in un viaggio “interiore” alla ricerca di risposte su sé stesso/a e sulle persone che ruotano intorno alla sua vita. Sospeso sulla soglia tra sogno e realtà, sanità e follia, Sean si trova ad interagire con il ‘mondo’ circostante… e lo fa in un modo tutto suo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventunesima parte

Charles mise a soqquadro l’intera libreria pur di trovare qualcosa di rilevante. 

-“È tutto qui? Lavoro, lavoro, lavoro? Non è possibile che in tutti questi anni Sean si sia nutrito solamente di piani inclinati e frattali. Da dove deriva la sua spiccata creatività?” 

Per uno caparbio come Dr. Homes non era di certo semplice accettare la disillusione. Quel Sean che tanto aveva idealizzato non era altro che uno stacanovista, un indefesso lavoratore dedito alle cose della scienza? Eppure la prosaicità e la mondanità indubbiamente avranno lasciato una valvola di sfogo ai voli pindarici dell’immaginazione, nei momenti di sofferenza o di evasione? 

 

Charles non si trovava da solo in quei momenti di frenetica ricerca. Gli teneva compagnia Polly, il quale svolazzava nei pressi dei ripiani più alti della libreria sollevando la polvere di manuali a dir poco ‘vetusti’; il che veniva cadenzato dai continui starnuti di Charles. 

-“Dannata creatura malefica! Nonostante sappia della mia allergia, si ostina a svolazzare incessantemente!”

Tuttavia, il rumore del frullo d’ali, con annesse conseguenze fastidiose, data la polvere che veniva sollevata, non era l’unica cosa che ‘tarlava’ gli acuti sensi di  Charles. Giacché non solo doveva sopportare una fastidiosa rinite nasale, ma anche le considerazioni insistenti e stravaganti del custode di casa. 

-“La natura tutta va rispettata Charles. Anche la parte cattiva, malefica e subdola, come i serpenti. O come vorrei sospendere la mia incredulità Charles. Sai come funziona Charles? Vero? Sai la storia di ‘no-where’ e ‘now-here’? È tutto piuttosto utopico di questi tempi, non trovi? Vogliamo realmente profanare il sacro Charles? Che silenzio assordante Charles!”

-“Dove hai letto tutto quello che stai dicendo? Chi ti ha parlato di Coleridge, Morris, Dumas?, chiese Charles con una certa foga.

-“Sean e il disincantamento “, rispose lapidario Paul. 

-“Ci sarà un luogo privo di disincanto in questa abitazione, no? Sean o Rudolph non ti hanno mai detto nulla?”

-“Sì, quando passeggio come un flâneur noto con piacere che respiriamo tutti la stessa aria, una sorta di interconnessione vitale, e auspico che riusciremo a unirci tutti in una catena di mutua solidarietà umana. Sebbene io cerchi incessantemente di non sperperare le mie energie, da buon Vittoriano, e nutra una certa fobia per le folle.”

-“That’s his daimon talking”, fece Polly, interrompendo il custode.

-“Quindi abbiamo due pappagalli nella stessa stanza, ottimo. Quanto deve essere magnetico Sean per avere influenzato a tal punto queste due povere creature!” 

 

Queste parole furono seguite da una risata fragorosa da parte del custode. 

-“Come ti chiami carissimo custode?”, chiese incuriosito Charles.

-“He’s John and I’m Polly, my dear”, interruppe nuovamente il pennuto.

-“Badate bene che non sono un doppelgänger”, esclamò all’improvviso John, il custode. 

-“Bene, statemi a sentire entrambi. Se vogliamo aiutare Sean dobbiamo assolutamente andare oltre”, disse Charles con aria austera. Ma i due lo fissavano esterrefatti e sembravano non capire le sue parole. 

-“Riformulo: dobbiamo andare oltre… anzi, attraverso lo specchio!”

John si illuminò non appena udì quelle parole e fece cenno a Charles di seguirlo lungo il corridoio che conduceva ad uno sgabuzzino. 

-“That’s my house, not yours.”

-“Ah sì? Mostrami l’atto di proprietà pennuto”, fece Charles, quasi a voler provocare Polly.

-“State attenti alla mia furia nominalistica; potrei ribattezzare il luogo e prendere possesso di tutto”, disse John.

-“Tu ti sei nutrito a tal punto di fantasticherie da esserne diventato l’incarnazione. Non hai altro da fare nella vita?”

-“Vorrei tanto avere l’immaginazione di Sean; ma ho solo la fantasia”, rispose mestamente John, con un tono smorzato. 

 

All’interno di questo spazio recondito c’era una miniera d’oro letteraria: centinaia di volumi dalla copertina immacolata. 

-“Lo ha tenuto nascosto anche a me. Chissà, forse non voleva che qualcuno scoprisse il suo lato artistico!”

Queste furono le parole di esordio di Dizzy, che era appena rientrata in casa, dopo aver trascorso una giornata di svago con Rudy, ed era subito corsa di sopra, certa del fatto che non si sarebbe annoiata in compagnia di quello stravagante terzetto.

-“Bisbetica non domata in vista. Signori, io tolgo il disturbo. Con il vostro permesso.” Così John si accomiatò e si diresse con fare dinoccolato verso l’uscio, senza ricevere la benché minima attenzione da parte degli astanti. 

-“Ma non potevate assumere un custode un po’ meno matto? Ha dei modi di fare insopportabili. È forse una macchietta?”

-“E pensa che Sean si è pure prodigato a lungo pur di assumerlo”, rispose Dizzy con un accenno di sorriso. E prosegui: “Credo si siano conosciuti quando frequentavano l’università. Studiavano entrambi fisica. Poi Sean ha fatto carriera nel settore, invece John ha virato verso la strada letteraria. Se non erro ha pubblicato uno saggio sulla relazione tra sviluppo ed evoluzione… insomma, qualcosa del genere.”

-“Dunque Diz, fammi indovinare! I due non si sopportano ma si trovano in una sorta di relazione complementare? Un’amicizia che cela una profonda competizione? Due canne al vento in cerca di supporto reciproco? Quanta falsa modestia può mai esserci in due geni nello stesso pollaio?” 

-“Non mi dire Charles? Sei già saltato alle conclusioni? Sei sicuro di non aver saltato qualche passaggio logico?” 

-“Charles wants to kill two birds with one stone!”

-“Bravo Polly, tu sì che mi capisci”, fece Charles, soddisfatto per aver trovato dell’approvazione nelle sue congetture. 

 

Rudolph quella sera aveva deciso di non unirsi alla forsennata ricerca di Dr. Homes; non perché non gli piacessero le avventure, anzi. Non era ancora approdato all’età della disillusione. Stava solamente attraversando un momento di transizione, in attesa di liberarsi dell’ingombrante assenza di Sean. La superficie, talvolta arida e talvolta limosa, celava un’energia vitale che solo le menti più ottuse non avrebbero potuto scorgere in Rudolph. Non erano di certo ininfluenti le espressioni che gli rivolgeva Sean nelle occasioni di massimo sconforto: “io ostento, tu ti nascondi; ricerca, scava e approfondisci.” La presenza di Sean era un fardello per tutte le persone che ruotavano intorno alla sua vita; inizialmente le attraeva nella sua tela e poi le plasmava a suo piacimento. Avvicinarsi troppo a lui era un occasione tanto allettante quanto distruttiva. 

 

-“Non posso fare a meno di pensare alla tua prigionia”, proferì il custode, che aveva deciso di interrompere il turbolento flusso di pensieri del ragazzo. “Sean non si è mai preso cura di te. Ha preferito proiettare sé stesso su di te, caricandoti dei suoi desideri perennemente frustranti e inappagati e di aspettative disattese. Non sentirti in difetto nei suoi confronti.”

-“Ti senti in dovere di darmi consigli? Finora ti ho sempre sentito parlare in metafore e metonimie. Prendi la vita come se fosse un’avventura letteraria e vivi di riflesso; ascolti come una una cassa di risonanza muta e ti ergi a latore di consigli; ma hai sempre vissuto all’ombra di Sean…” 

-“Ecco Rudy, sembra che tu stia parlando per interposta persona. È la voce di Sean. Ti assicuro che è meglio vivere all’ombra, dove ci si sente più protetti, piuttosto che vivere sotto l’accecante luce dei riflettori. Di sicuro preferisco la ricchezza e il caos limaccioso della mia vita interiore alle speculazioni prosaiche di chi vive incasellato in uno schema predefinito.” John si compiacque della risposta piccata che aveva dato al ragazzo. Era arrivato il momento di calare il sipario e di congedarsi dalla scena. La battaglia dialettica era stata vinta con merito; Cicerone e Quintiliano sarebbero stati fieri della sua destrezza retorica. 

 

Nel frattempo Charles Homes era immerso nella lettura e, tra una prima edizione e un’altra, si imbatté in alcuni appunti scritti a mano. Uno di questi in particolare attirò la sua attenzione, tanto che iniziò a leggere a voce alta: 

 

Inizio a provare un po’ di imbarazzo. La mia nemesi mi impedisce di dare sfogo alla mia vena artistica. E poi con quel suo modo di atteggiarsi affettato e quell’incedere apparentemente disinvolto e aggraziato. Da sempre persegue la dissimulazione e la sprezzatura, ma le sue performance sono solamente delle brevi parentesi di desiderio frustato, di ciò che potrebbe essere ma non sarà mai, dei meri interludi di livello infimo.

 

-“Non è così semplice cogliere i riferimenti.    La scrittura gli ha sempre dato modo di esprimere quella parte di sé inaccessibile ai più e incomprensibile persino ai suoi occhi”, disse Dizzy con malcelata malinconia. “È come se non avesse avuto altra scelta che fidarsi ciecamente della sua scrittura privata. E poi pensava che i suoi studi mal si conciliassero con le letture e le corrispondenze private.”

-“Chi mai o che cosa gli avrebbe impedito di essere un intellettuale, o meglio, uno studioso a tutto tondo, direi… eclettico? Perché tenere nascosto tutto questo?”

-“Walking on a dream!”

Charles abbozzò un sorriso. Era visibilmente soddisfatto. Quelle parole gracchiate in modo stridulo da Polly furono l’imbeccata perfetta. Aveva compreso che il filtro letterario di Sean era l’unica via di accesso a quel mondo recondito nel quale trascorreva la fase dormiente del suo tempo; gli era chiaro che quel mondo adornato e puntellato da metafore e metonimie non era altro che un universo di condensazione e spostamento, una costellazione di inconscio da sondare e scandagliare meticolosamente.  

   
 
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