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Autore: koan_abyss    14/05/2023    3 recensioni
Non piove da mesi, non c'è acqua da sprecare: nessuno coltiverà riso, quest'anno. Gli uccelli sono comunque in attesa nei campi.
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Silly Spooky Short Stories'
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POLVERE

 

Il campo è brullo. L’intero orizzonte è secco e polveroso, non si troverebbe terra umida a scavare un metro. In mezzo a sterpaglie ed erba giallastre, i biancospini sono macchie bianco-argentate. Non c’è verde.

I canali della risaia sono asciutti.

“Niente da fare,” dice il Marco, accanto a lui. “Non basta l’acqua per irrigare.”

“La Regione stanzia 20 milioni di euro per favorire l’accumulo di acqua piovane e non piove da mesi,” dice lui, come se bestemmiasse. “E se per sbaglio piove cinque minuti, poi si alza il vento e asciuga tutto.”

Dio, sta in piedi in mezzo a una risaia e non c’è una goccia d’acqua. C’è solo polvere. Ha un bel mettere tuta e maschera, ogni lavoro sul trattore lo lascia coperto di sabbia: si infila sotto i vestiti, gli si appiccica alla fronte, nelle righe attorno agli occhi.

Dovrebbero essere impegnati a dissodare per seminare il riso, lui e il Marco, a fine mese. Non succederà niente del genere.

Lì dovrebbe esserci acqua, dio maledetto. Gli sembra quasi di vederle, le camere che riflettono il cielo, bordate di verde brillante, un airone ogni tanto. Gli aironi ci sono lo stesso, in realtà, o forse sono garzette bianche, o persino ibis: anche quelli sono comuni, ormai. Ce ne sono cinque o sei dietro al trattore. Hanno l’aria lugubre sul terreno asciutto, in attesa.

Fa strano non vederli con le zampe a bagno nell’acqua, i lunghi becchi che frugano in cerca di rane o topi o pesci.

‘Non c’è niente per voi,’ pensa lui. Sputa in terra.

Il Marco li ha visti anche lui. “Seguono lo stesso le macchine. Aspettano che qualcuno semini. L’Enrica mi ha detto che loro sono pieni di cornacchie.” Resta in silenzio un minuto, poi scuote la testa. “Vado, va’. Ho metà frutteto da potare.”

“Perché fare fatica. Non verrà frutta, senz’acqua.”

Se ne va anche lui. Gli aironi li guardano.

 

 

Continua a non piovere.

Se non c’è il riso, c’è da star dietro agli altri lavori. Torna a casa sempre coperto di polvere.

Si parla dell’emergenza idrica, di limitare il consumo d’acqua per scopi irrigui. Va a dormire dopo aver imprecato e bestemmiato davanti alla tv. Ma lo svegliano le cornacchie dell’Enrica, o delle altre: sono dappertutto, seguono tutte le macchine agricole, ovunque. Ora fanno un baccano d’inferno nel suo cortile.

“Madonna bastarda, ma io vi sparo a tutte,” sbraita dalla finestra.

I cani attorno cominciano ad abbaiare. Le cornacchie sembrano fargli il verso.

 

 

Qualche giorno dopo, il cielo si fa scuro. Cade qualche goccia qua e là, si mette a piovigginare. Il vento disperde le nuvole prima che la ghiaia del cortile sia bagnata.

 

 

Tira fuori il trattore per aggiungere l’olio all’attacco della trincia, non si sa mai. Le cornacchie si affollano attorno per seguirlo.

“Boia bastard!” Tira un cacciavite a quella a terra, un mezzo ciocco di legno sui rami del ciliegio appena fiorito. “Non c’è niente per voi!”

Le risaie sono ancora asciutte. Qualcuno sta piantando il mais, invece del riso, davanti al suo campo. Le garzette se ne stanno piantate lì vicino, come bandierine bianche e sottili.

Il livello del fiume è sempre più basso. E pensare che accanto all’argine hanno scavato per ricreare delle zone umide per i rospi. Quelli del Parco vorrebbero la coltura in immersione, ‘per favorire la biodiversità’, la Regione quella in asciutta. Ma l’acqua va pagata in ogni caso, e costa più di 500 euro all’ettaro.

Il pensiero lo colpisce e non lo lascia più: quelli del Parco sprecano acqua per i rospi. Ci pensa tutta la sera, mentre si rigira nel letto. Hanno scavato delle pozze artificiali, col fondo impermeabile, da riempire.

Si alza alle quattro, attacca la cisterna e la pompa al trattore. Quasi non fa caso alle cornacchie. La bula è deserta e silenziosa, a parte il rumore del trattore: i rospi non sono ancora stati reintrodotti, i pesci che avrebbero potuto mangiare le loro ovature lontani, nel fiume basso che non si collega più a queste zone.

Gli uccelli ci sono, però. Una poiana lo fissa mentre attacca la pompa e prende l’acqua. Non si alzano in volo, non scappano via.

‘Nelle risaie ci va il riso, non il mais,’ si ripete all’infinito. Ha quel piccolo terreno lontano dalla strada, non lo noterà nessuno. Porta la cisterna a casa, al sicuro, e monta le lame per dissodare. È in ritardo di due settimane, ormai, ma andrà bene lo stesso.

Appena entra nel campo sollevando nubi di polvere, li vede. Le garzette, o ibis, o quello che sono. Sembra che lo aspettino, seguono il trattore d’appresso, più vicini di quanto abbiano mai osato. Gli aironi e gli altri uccelli vogliono l’acqua, e i pesci, le rane, le salamandre e i tritoni. Lui si becca le zanzare, gli insetti, le fatture da pagare.

“Via!” Agita le braccia. “Sciò!” Quelli lo fissano, uno scrolla appena le ali.

Lui si rigira in avanti: tra la luce ancora incerte e la polvere non vede un granché. Tornerà con il fucile, dopo, non può permettere a quelle bestie di—

Una cornacchia gli vola in faccia, lo colpisce alla fronte con le ali, gli graffia il mento.

“Cristo!” Si copre il viso, troppo tardi, si gira sul seggiolino per cercare la cornacchia.

Le lame trovano una roccia, il trattore trascina un po’, si libera con un sobbalzo. ‘Ci manca solo di spaccare una lama.’

La cornacchia vola di nuovo verso di lui, ma stavolta la vede per tempo. “Che cazzo fai!” strilla. Afferra la vanga che tiene incastrata accanto al seggiolino, la agita in aria. “Adesso ti ammazzo,” promette.

La cornacchia torna all’attacco, adesso sono due, forse di più. Lui si alza in piedi per menar fendenti. Un becco affilato trova la sua guancia. Lui molla la vanga per afferrare le piume nere che lo accecano. Le lame si incastrano di nuovo e il contraccolpo gli fa perdere l’equilibrio: cade oltre il passaruota.

Il trattore si ferma ma non si spegne. Lui si rialza in fretta, per togliersi da vicino alle ruote. Tossendo per l’odore di gasolio barcolla dietro il trattore.

Il frullio di ali arrabbiate ritorna.

“Basta!” Si copre il viso, si rannicchia. Ma la testa gli gira, inciampa. Non c’è niente a cui tenersi.

Le lame gli si fanno incontro nella luce grigia. La chiazza di sangue si ricopre subito di uno strato di sabbia polverosa. Anche lui tossisce polvere rossa.

‘Tutta questa polvere,’ pensa ancora una volta.

Gli ibis sacri, gravi, sottili e silenziosi, si avvicinano. Le loro zampe eleganti affondano nel terreno umido.

 




Note:

un'altra delle Silly Spooky Short Stories! Ora le Seasonal Silly Spooky Short Story, perchè questa è ambientata in primavera e ora abbiamo tre stagioni su quattro:)

   
 
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