Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    18/05/2023    14 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
original

La Leonessa di Francia
 
Belgio, Castello di Hougoumont, 18 giugno 1815
 
Tremava la terra ed esplodeva il cielo al Castello di Hougoumont e sempre nuovi proiettili fischiavano nell’aria, abbattendosi sui muri e affondando nel fango e nelle carni di coloro che salutavano il loro ultimo giorno di vita.
Oscar montava a cavallo e incitava i soldati, agitando la spada mentre la chioma seguiva l’andamento dei ruggiti dell’artiglieria. Il cuore della leonessa piangeva per ogni nuovo morto che decimava le truppe e il dolore era celato dietro una maschera guerriera.
Sempre più intensi furono gli attacchi, in quelle ore di rombo e di fuoco, ma il castello teneva e l’umore degli uomini pure, perché sapevano di non essere soli e, nell’imperversare della lotta, la guida del loro Comandante era solida e tenace.
Passava il tempo, ma i combattimenti continuavano, dietro un muro semi diruto, accanto a un albero del bosco o del frutteto e attraverso le finestre della fattoria fortificata. Chi avanzava prima indietreggiava dopo e tutti facevano la macabra conta dei morti e dei feriti.

battaglia-di-waterloo-g3axg6

 
– La brigata del Generale Byng, inviata in rinforzo dal Duca di Wellington ci ha dato una boccata d’aria, Comandante, ma potrebbe non bastare. Noi siamo asserragliati mentre loro sono liberi di andare e di venire come vogliono.
– E’ la caratteristica di tutti gli assedi, Colonnello de Valmy – rispose Oscar con tono severo – E’ per questo che dobbiamo fare attenzione a usare con parsimonia le munizioni e a non esporci sconsideratamente. Poi, un aiuto può sempre arrivare, persino dal nemico. Ha fatto più danni ai nostri avversari la spavalderia di Girolamo Bonaparte del fuoco dei nostri cannoni!
– Quali sono i Vostri ordini, Comandante?
– Continuate a presidiare il fortino, soprattutto il lato settentrionale e quello orientale e tenete sotto controllo il frutteto, già teatro di aspri scontri. Soprattutto, tenete d’occhio il portone. Episodi come quello di qualche ora fa, con quell’energumeno con l’ascia, non si devono più verificare!
– Sì, Comandante.
I combattimenti continuavano a infuriare e Oscar, oltre a tenere sotto controllo la situazione del castello, riceveva periodici resoconti dal fronte di Mont Saint Jean, dove le cose sembravano andare, se possibile, addirittura peggio.
A un certo punto, intorno alle cinque e mezza del pomeriggio, due reparti di Corazzieri e di Granatieri napoleonici presero d’assalto il lato nord del castello. Guardando nel cannocchiale, Oscar si accorse che a comandare uno dei due era l’Aiutante di Campo stizzoso che aveva intimato loro la resa, qualche ora prima.
– Concentrate le truppe a nord! – ordinò la donna – Senza lasciare completamente sguarnite le altre postazioni!
Una salva di moschetti salutò l’arrivo dei nuovi assalitori che divoravano la strada al galoppo, incedendo come uragani mentre qualcuno di loro, ogni tanto, inevitabilmente, cadeva, centrato dai proiettili nemici.
– Portate tutti i cannoni sul lato nord! Non devono nemmeno respirare! – urlò Oscar, in preda alla concitazione, ma sempre lucida e determinata.
Cannoni e mortai furono trasportati dove era stato ordinato e, mentre il cielo plumbeo continuava a sovrastare con cupa tenacia quelle ore di follia, dalle fauci tonanti, i proiettili fischiavano e si abbattevano sui nemici in arrivo. Oscar comandava personalmente il tiro delle batterie e, avendo bene addestrato gli artiglieri alla rapidità e alla precisione, ciascuna bocca di fuoco giungeva a sparare fino a due colpi al minuto, a un ritmo perfettamente sincronizzato.
Gli assalitori non ressero a lungo quella metallica accoglienza e, dopo circa un quarto d’ora, batterono in ritirata. Oscar, allora, lanciò la sua cavalleria all’inseguimento.
– Ehi, guardate come se la danno a gambe quelle signorine! – sghignazzò un soldato – Sbrigatevi o farete tardi all’ora del the!
La battuta fu seguita da una collettiva risata liberatoria.
 
********
Battle-of-Waterloo-map

Cavalleria-francese-vs-quadrati-britannici

 
Belgio, Fattoria de La Haye Sainte e Crinale di Mont Saint Jean, 18 giugno 1815
 
Intorno alle sei del pomeriggio, Napoleone diede al Maresciallo Ney l’ordine tassativo di conquistare la fattoria de La Haye Sainte.
Il fortino era presidiato dal battaglione di fanteria leggera tedesco della King’s German Legion, comandato dal Maggiore Baring che rispondeva direttamente al Duca di Wellington.
Le truppe napoleoniche cinsero la fattoria di un assedio spietato, ma i tedeschi si difesero strenuamente e uccisero settanta nemici davanti al muro di cinta.

Conquista-de-La-Haye-Sainte

I soldati napoleonici, allora, iniziarono a scalare le mura e, mentre era in atto questo tentativo, il gigantesco Tenente Vieux dei Genieri frantumò a colpi d’ascia il portone d’ingresso della fattoria. Aperto il varco, i soldati napoleonici irruppero in massa nel cortile e i tedeschi ripiegarono negli edifici, continuando a difendersi valorosamente. Dopo poco, però, la mancanza di munizioni iniziò a farsi sentire e il Maggiore Baring fuggì dal fortino insieme a quarantadue uomini. Gli altri furono uccisi o presi prigionieri dal nemico.
Conquistata la fattoria, un reggimento napoleonico riprese possesso della cava di ghiaia, costringendo i britannici ad arretrare. Le truppe dell’Imperatore iniziarono ad avanzare inesorabilmente, in una pioggia di fuoco, sbaragliando le brigate e i reggimenti che marciavano contro di loro e conquistandone gli stendardi.
– Questo piccolo inglese ha bisogno di una lezione – disse Napoleone, pensando al suo avversario.
Le batterie dell’artiglieria furono audacemente portate in prima linea e, da lì, aprirono un fuoco micidiale contro gli inglesi, distruggendo cannoni e interi battaglioni e infliggendo perdite elevatissime.

Marechal-Ney-Waterloo

Il Duca di Wellington si mostrava calmo e tentava di tenere alto il morale degli uomini, ma dentro di sé era pessimista di fronte al caso più disperato che avesse mai dovuto affrontare e segretamente aveva iniziato a dare disposizioni per la ritirata e l’evacuazione dell’esercito attraverso il porto di Ostenda.
Il fuoco tuonante continuava a piovere dal cielo, seminando morte e distruzione ovunque. Le cannonate che correvano parallele al terreno, invece, falciavano, in un macabro effetto domino, intere file di soldati che si trovavano sulla loro traiettoria. Vivere o morire era questione di fortuna, ma i soldati dovevano mantenere le posizioni a ogni costo, anche dopo avere visto fatti a pezzi i commilitoni della fila accanto, perché l’alternativa sarebbe stata affrontare la fucilazione o durissime pene corporali.
In sella a Copenhagen, Wellington vedeva morire, a uno a uno, tutti gli ufficiali al suo comando e iniziò a disperare.
– Datemi la notte o datemi Blücher! – lo sentirono esclamare, quando la battaglia raggiunse l’acme della sua violenza.
Dalle retrovie, intanto, alcuni gruppi di sbandati fuggivano e cercavano rifugio nella foresta di Soignes.
Verso le sei e mezza del pomeriggio, il Maresciallo Ney, vedendo vicina la vittoria, mandò un Colonnello a chiedere all’Imperatore l’invio della Guardia Imperiale per lo sfondamento decisivo, ma Napoleone non si volle privare dei suoi migliori soldati perché temeva l’arrivo da nord est dei prussiani di von Blücher.
– Delle truppe? Dove dovrei prenderle? Credete che possa fabbricarne? – rispose, stizzito, l’Imperatore.
 
********
 
Belgio, fronte nord orientale, 18 giugno 1815
 
Sul fronte nord orientale, effettivamente, le cose non andavano benissimo per i soldati napoleonici.
I corpi prussiani del Generale von Bülow combattevano contro le divisioni di cavalleria di Domon e Subervie e contro il sesto corpo del Generale Lobau e gli uomini dell’Imperatore erano in netta inferiorità numerica.
Intorno all’una del pomeriggio, il Feldmaresciallo von Blücher raggiunse le truppe del quarto corpo d’armata del Generale von Bülow a Chapelle Saint Lambert. L’esercito prussiano aveva subito diverse battute d’arresto a causa di incendi, strade fangose e ingorghi delle colonne in movimento, ma il Feldmaresciallo non voleva mancare alla parola data al Duca di Wellington e recuperò lo svantaggio grazie a una marcia speditissima a tappe forzate.
Vi furono diversi scontri in prossimità del villaggio di Plancenoit che passò di mano più volte, nel corso della giornata.
Quando le cose stavano volgendo al peggio, Napoleone inviò una divisione della Giovane Guardia di rinforzo ai corpi del Generale Lobau. Successivamente, mandò anche alcuni reparti della Vecchia Guardia che avanzarono in formazione serrata, senza sparare e con le baionette inastate.
La carica dei veterani della Vecchia Guardia, i soldati migliori del mondo, ebbe un successo immediato, i prussiani furono sbaragliati, il villaggio di Plancenoit fu riconquistato e, verso le sette meno un quarto, la situazione del fianco destro si era stabilizzata a favore delle truppe napoleoniche.
 
********
 
Belgio, Castello di Hougoumont, 18 giugno 1815, ore 19,00
 
Nel Castello di Hougoumont, dopo il respingimento dell’ultimo attacco nemico, la battaglia procedeva senza scossoni anche se i combattimenti non accennavano a finire.
Oscar leggeva pensierosa l’ultimo rapporto proveniente da Mont Saint Jean.
– Jean – ingiunse al suo attendente – Chiamate a rapporto il Colonnello de Valmy.
– Mi avete mandato a chiamare, Comandante? – disse il Colonnello, dopo essere arrivato, qualche minuto dopo.
– Vi cedo il comando di questa fortezza, Colonnello. Io, alla testa di quattro reparti della nostra cavalleria, mi recherò a Mont Saint Jean a portare rinforzi al Duca di Wellington. Percorreremo lo stesso avvallamento seminascosto, che unisce Hougoumont alla principale linea alleata, che il Generale Byng attraversò per venire a darci manforte. E’ arrivato il momento di restituire il favore al Duca.
– Sì, Comandante.
Dopo veloci e puntuali preparativi, Oscar e i reparti di cavalleria da lei comandati abbandonarono il castello alla volta del campo ove infuriava la battaglia principale.
 
********
 
Belgio, collina degli spettatori, 18 giugno 1815
 
Erano trascorse ore di speranza e di passione, durante le quali André non aveva mai perso d’occhio il Castello di Hougoumont, anche se alla vista di lui si erano offerte soltanto delle sagome indistinte con nulla di specifico che le collegasse a Oscar.
– Ma che follia è mai questa?! – esclamò l’uomo, dopo che le lenti del cannocchiale gli avevano mostrato, lontane, ma inconfondibili, le bionde chiome di Oscar che ondeggiavano indomite, in una rapida cavalcata verso il centro della battaglia.
Guardò un’altra volta nel cannocchiale, quasi a sincerarsi di non avere preso un abbaglio e, poi, sfogò i nervi in un gesto di stizza.
– Vado a Mont Saint Jean, Lisimba – disse André, consegnando il cannocchiale al valletto – Qualunque sia il nostro destino, gli andremo incontro insieme. Addio Lisimba e porta i nostri saluti a tutti!
– Addio, Signor Conte.
Il grosso africano ripose il cannocchiale nella bisaccia mentre guardava André allontanarsi in groppa al suo cavallo scuro come la notte.
 
********
 
Belgio, Crinale di Mont Saint Jean, 18 giugno 1815
 
Verso le sette e mezza di sera, rassicurato dalla vittoria della Guardia Imperiale a Plancenoit, Napoleone ritenne possibile sferrare l’attacco decisivo a Wellington anche perché, in lontananza, si udivano i cannoni del Maresciallo de Grouchy. Questi, in realtà, era più lontano di quanto si potesse pensare, aveva completamente sbagliato l’inseguimento dei prussiani e perso la giornata in combattimenti inconcludenti e non sarebbe mai arrivato in tempo sul campo di battaglia di Mont Saint Jean.
L’Imperatore decise di attaccare lungo l’intera linea che da Hougoumont andava a Papelotte, impiegando la fanteria superstite. Il Generale d’Erlon condusse all’attacco i reparti ancora efficienti delle divisioni da lui comandate mentre il Generale Reille non poté garantire l’apporto di molte unità, perché aveva subito ingenti perdite e a Hougoumont ancora si combatteva.
Mentre i tiratori sparavano con intensità crescente per aprire la strada alle colonne d’attacco, queste ultime marciavano in formazione di quadrato sotto il fuoco dell’artiglieria nemica. Napoleone mandò avanti le ultime batterie della riserva di artiglieria ancora disponibili e i cannoni spararono contro la cresta della collina, in un estremo sussulto di morte.
L’Imperatore comprese presto che l’attacco finale non sarebbe riuscito, se non avesse coinvolto l’ultimo presidio che lo salvava dal baratro, la sua Guardia personale. La Guardia Imperiale era composta dai veterani di tante battaglie, da lui selezionati e specialmente addestrati. Erano i migliori soldati del mondo che infondevano forza al resto delle truppe, ispirando loro fiducia.

Corazzieri-salutano-Napoleone

Scesero, quindi, in campo il terzo e il quarto Reggimento Granatieri e il terzo e il quarto Reggimento Cacciatori. Risalirono il pendio di Mont Saint Jean schierati a quadrato mentre il fuoco dell’artiglieria britannica li colpiva di fronte e di fianco. Eroicamente serrarono i ranghi e riuscirono ad affrontare la salita sotto la guida dei loro ufficiali.
I primi a entrare in contatto col nemico furono i Reggimenti dei Granatieri. All’inizio, ebbero la meglio contro le truppe di Brunswick, ma, poi, furono sconfitti dall’azione congiunta degli olandesi del Principe d’Orange, dei britannici e dei belgi, un coacervo di truppe tutte agli ordini di Wellington.
Mentre ferveva il combattimento, i due battaglioni del terzo Reggimento Cacciatori risalirono, compatti, il pendio e marciarono indisturbati finché non si trovarono di fronte duemila uomini della Brigata Guardie del Generale Maitland che, fino a quel momento, erano rimasti sdraiati a terra. Agli ordini dei loro ufficiali, scattarono in piedi e imbracciarono i fucili, disponendosi su quattro file.
– Avanti Maitland! Adesso, tocca a Voi! – disse il Duca di Wellington.

s-l500

Da una distanza ravvicinata, quei soldati inflissero ai Cacciatori della Guardia trecento perdite. I Cacciatori smisero di avanzare e rimasero fermi a difendersi con coraggio, finché non si disgregarono completamente.
Nell’assalire il terzo Reggimento Cacciatori, i soldati di Maitland erano scesi giù dal pendio, così che si trovarono in grande difficoltà quando, dall’estrema sinistra, arrivò a insidiare il loro fianco il quarto Reggimento Cacciatori. Le truppe del Generale Maitland ripiegarono sulla cresta dove si schierarono nuovamente in linea.
Fu in quei drammatici istanti che giunse Oscar, alla testa dei suoi soldati, quasi a cavallo di un fulmine per quanto era veloce. Il Comandante del quarto Reggimento Cacciatori fu attraversato da un sussulto, non aspettandosi quell’entrata in scena improvvisa e lo stesso Napoleone ebbe un moto di disappunto.
Per Voi, Girodel! – pensò Oscar mentre serrava le redini fra i guanti bianchi – E per la Francia! Subito dopo, alzò la voce al massimo delle sue capacità, urlando:
– Cavalleria, all’attacco! Puntate verso il centro dello schieramento nemico!
Rapidi come saette e temibili come un uragano, i soldati della Cavalleria di Luigi XVII si diressero dove la battaglia infuriava mentre le Guardie di Maitland tiravano un sospiro di sollievo e iniziavano a riorganizzarsi.
La Garde recule! – cominciarono a gemere alcuni fanti napoleonici.
– Non arretrate, uomini! – urlò il Comandante del quarto Reggimento Cacciatori – Disponetevi a quadrato! Spaventate quei dannati cavalli con le lame delle baionette!
Alcune Guardie di Maitland, però, iniziarono a sparare, facendo cadere i nemici e le loro lame, così da restituire vigore e baldanza ai cavalli degli alleati.
Oscar cavalcava velocissima e, malgrado il fiato corto, incitava gli uomini:
– Sparate ai quadrati! Non lasciate quest’onore ai soli inglesi! Stando a cavallo, non avete la possibilità di ricaricare, quindi sparate una sola volta, ma sparate bene!
Ella stessa prese correttamente la mira e, malgrado l’instabilità del cavallo in movimento, centrò in pieno il Comandante del quarto Reggimento Cacciatori. Fu in quel momento che lo sguardo furente della Leonessa di Francia si fissò su quello gelido e inquisitore dell’Aquila Imperiale.
– I Lancieri! – ordinò Napoleone senza scomporsi – Mandate i Lancieri contro la Cavalleria del Re di Francia!
Gli ordini dell’Imperatore ebbero immediata esecuzione, come sempre avveniva e i Lancieri partirono al galoppo, rapidi e perfettamente coordinati come un sol uomo.
Molti cavalieri stramazzarono al suolo, colpiti dalle lance, armi da torneo medievale, ma sempre perfettamente efficaci quando si trattava di contrastare gli attacchi della cavalleria. Molte vite si infransero contro quelle aste acuminate, ma la Cavalleria del Re continuava la sua carica, facendo guadagnare agli alleati minuti preziosi, nella speranza che i prussiani arrivassero.
Velocità, frastuono, ardimento, sangue, polvere, sudore, urla. Le urla di chi andava all’attacco e le urla di chi esalava con esse l’ultimo respiro. E una lancia colpì al torace la Leonessa ed ella cadde sul prato calpestato della collina di Mont Saint Jean, in terra straniera, mentre il cavallo bianco, spaventato, fuggiva via.
Veloce come il vento, sul suo cavallo nero come la notte, André corse verso il punto dove la moglie era caduta e quasi ci era arrivato, quando un colpo di pistola lo raggiunse, a pochi metri da lei. Perse l’equilibrio e rovinò al suolo, battendo la testa. Strisciò verso di lei con le ultime forze in corpo e, raggiuntala, le strinse la mano.
I Lancieri correvano all’assalto e molti dei loro cavalli calpestavano i corpi dei caduti, senza intenzione, per pura meccanica, ma nullificando, pur sempre, qualsiasi speranza di sopravvivenza.
Forte come soltanto la savana forgia i suoi guerrieri e determinato di lealtà e riconoscenza, Lisimba si precipitò nel centro della mischia e, flettendosi sul fianco del suo cavallo, tirò su come fuscelli la sua padrona e, poi, il suo padrone e fuggì via.
Proprio in quel momento, le truppe prussiane del primo Corpo sbucarono da nord est e attaccarono il fianco destro napoleonico a Papelotte. Per non demoralizzare i suoi uomini, Napoleone mise in giro la voce che si trattava degli uomini del Maresciallo de Grouchy.
Le Guardie di Maitland ripresero un fitto fuoco di fila frontale.
Fu così che anche il quarto Reggimento Cacciatori fu messo in rotta. La vista di quelle truppe scelte, ritenute invincibili, sconfitte e messe in fuga, scosse irreparabilmente l’animo della fanteria napoleonica. Fra i ranghi, si diffuse lo stupore che, presto, cedette il passo al panico che si concretizzò in un unico grido condiviso:
La Garde recule!
Contemporaneamente, l’inganno di Napoleone fu scoperto, i nuovi arrivati furono riconosciuti come prussiani e sconforto si unì a sconforto, così che si udirono anche le urla:
– Tradimento! Sono troppi! Si salvi chi può!
 
********
 
Belgio, Plancenoit, 18 giugno 1815
 
Anche a Plancenoit, le cose precipitarono per i soldati dell’Imperatore.
Inizialmente, la Giovane Guardia e due battaglioni della Vecchia Guardia che avevano conquistato quella postazione la difesero strenuamente senza cedere di un millimetro e il villaggio si incendiò sotto il fuoco dell’artiglieria prussiana.
Un secondo attacco ebbe, tuttavia, maggior successo anche perché condotto con ostinazione e odio verso le truppe napoleoniche. Scontri sanguinosi e accaniti si svolsero fra gli incendi delle case mentre un battaglione della Giovane Guardia si difese a oltranza all’interno del cimitero, prima di essere totalmente distrutto.
Si combatteva ovunque, nelle strade, nelle case, nei granai e la devastazione aveva tramutato quel pacifico villaggio della Vallonia nell’anticamera dell’inferno.
Alla fine, i prussiani penetrarono a Plancenoit da sud mentre i soldati napoleonici ripiegavano verso Le Caillou, dopo avere abbandonato l’artiglieria.
 
********
 
Belgio, ritirata delle truppe napoleoniche, 18 giugno 1815
 
Con l’arrivo dei prussiani, la Vecchia Guardia in ritirata e il resto dell’esercito in rotta, Napoleone dovette accettare che la battaglia era persa e diede ordine di ripiegare.
A parziale giustificazione delle truppe dell’Imperatore, occorre, comunque, dire che i soldati napoleonici non furono gli unici a scambiare gli uomini di von Blücher per quelli di de Grouchy, tanto che si segnalarono diversi scontri a fuoco fra inglesi e prussiani.
La Vecchia Guardia svolse un’ottima azione di retroguardia, respingendo gli attacchi nemici da ogni dove. In quei momenti di caos, in cui le truppe sbandavano e gli uomini avevano perso il lume della ragione, i veterani della Guardia Imperiale furono gli unici a procedere ordinatamente e a fronteggiare il fuoco nemico sempre più accanito. Grazie alla professionalità e allo stoicismo della Guardia Imperiale, nessuna insegna fu catturata dal nemico. A eccezione di due aquile perdute durante la carica della cavalleria britannica, nessun’altra insegna passò di mano.
Il primo e il secondo Reggimento Cacciatori e il secondo Reggimento Granatieri ebbero l’incarico di rallentare l’avanzata nemica per proteggere la ritirata delle truppe in rotta. Anche la cavalleria di scorta all’Imperatore fece delle cariche disperate per arginare la cavalleria britannica.
Fu mentre il secondo Reggimento Granatieri combatteva strenuamente che i Generali inglesi urlarono:
– Granatieri, arrendetevi!
Ma il Comandante dei Granatieri, il Generale Cambronne, col coraggio dei momenti estremi, rispose:
– La Guardia muore, ma non si arrende!
Gli inglesi ripresero a sparare e i Granatieri ruppero le righe, ma, poi, si ricompattarono a quadrato.
I Generali inglesi, allora, intimarono un’altra volta:
– Granatieri, arrendetevi, sarete trattati come i soldati più valorosi del mondo!
Cambronne, concitato e pieno di furore, urlò di nuovo:
– La Guardia muore, ma non si arrende!
Rifiutata per la seconda volta la resa, il fuoco riprese più violento di prima, ma i Granatieri della Vecchia Guardia non volevano saperne di capitolare.
A quel punto, tutti i soldati inglesi e non soltanto i Generali gridarono:
– Granatieri arrendetevi, arrendetevi!
E Cambronne, che aveva perso la pazienza, sbottò:
Merde!
Gli inglesi riaprirono il fuoco e massacrarono i Granatieri.
Lo stesso Cambronne fu ferito al volto e preso prigioniero mentre giaceva sul campo di battaglia in condizioni di incoscienza. Fu condotto in Inghilterra dove conobbe e sposò una nobildonna inglese di origini scozzesi, molto rigida e morale, che andò a vivere con lui, in Francia, dopo la fine del conflitto. Tutto andò bene, ma, alcuni anni dopo, il prode Cambronne dovette giurare e spergiurare alla moglie adirata di non avere mai pronunciato quella parola.
Le restanti truppe dell’Imperatore giunsero, invece, a Ronsomme, dove si ricongiunsero col primo Reggimento Granatieri.
I veterani respingevano tutti gli attacchi, coprivano la ritirata delle truppe e impedivano a disertori e sbandati di disgregare ciò che rimaneva dei battaglioni.
Arrivati a Le Caillou, si riunirono ai superstiti di Plancenoit.
 
********

thm-The-Meeting-of-the-Duke-of-Wellington-and-Field-Marshal-Blucher-on-the-Evening-of-the-Victory-of

 
Belgio, 18 e 19 giugno 1815
 
Intorno alle nove di sera, il Duca di Wellington e il Feldmaresciallo von Blücher si incontrarono davanti alla locanda denominata La Belle Alliance. Von Blücher propose di chiamare la battaglia col nome della locanda, ma Wellington insistette con “Battaglia di Waterloo”, come il villaggio dove aveva mantenuto il suo quartier generale e dove mai si era combattuto.
Il bottino comprendeva tutta l’artiglieria napoleonica, oltre mille carri e cassoni portamunizioni e un gran numero di prigionieri.
L’inseguimento delle truppe napoleoniche fu condotto, con brutalità e accanimento, dall’esercito prussiano. I prussiani, che odiavano mortalmente Napoleone per le vessatorie condizioni di resa che questi aveva loro imposto diversi anni prima, si abbandonarono a episodi di violenza selvaggia, eliminando sommariamente i prigionieri. Giunti a Le Caillou, i prussiani diedero alle fiamme il villaggio e i feriti napoleonici morirono bruciati vivi o trafitti a colpi di baionetta.
Il Chirurgo Capo dell’Armée du Nord, il famoso Dominique Jean Larrey, fu catturato, scambiato per Napoleone e condannato alla fucilazione immediata. Soltanto davanti al plotone d’esecuzione, fu riconosciuto dal chirurgo venuto a bendarlo, che aveva assistito a una lezione da lui tenuta a Berlino e condotto al Feldmaresciallo von Blücher, il cui figlio Larrey aveva salvato durante la Campagna d’Austria.
In preda al panico, i soldati napoleonici abbandonarono quasi tutti i cannoni e lo stesso Napoleone rischiò di essere catturato, tanto che dovette scendere dalla carrozza imperiale e fuggire a cavallo con una piccola scorta. I prussiani si impadronirono dell’intero corteo delle carrozze imperiali, del tesoro di oro e di diamanti che costituiva il forziere bellico di Napoleone e anche della spada, dei vestiti, dei guanti, del cappello di ricambio e di alcune medaglie dell’Imperatore.
Il giorno dopo, Napoleone sperava ancora di radunare le truppe superstiti, pensando che non tutto fosse perduto e che la situazione fosse rimediabile. Successivamente, ordinò al Maresciallo Soult di fare riposare e riorganizzare i superstiti mentre lui proseguiva per Milano, allo scopo di mettere su una campagna difensiva.

Francois-Flameng-Napoleon-After-The-Battle-Of-Waterloo
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_