Epilogo
Monti della Superstizione, Arizona, aprile 2022
Black Eagle depose il vaso sopra il suo piedistallo. Dopo millenni, ripeté i gesti che, un tempo, furono compiuti dallo sciamano Kosumi, colui che aveva con coraggio e sprezzo del pericolo affrontato e vinto la strega Skudakumooch, l’empia piaga dei popoli delle terre selvagge.
Si guardò attorno.
La grotta sarebbe stata un nascondiglio perfetto. Nessuno mai l’avrebbe scoperta e, dopo che lui avesse fatto saltare la dinamite con cui aveva minato la galleria, il suo ingresso sarebbe stato inviolabile.
Non ci sarebbero stati nuovi errori.
Nessuno avrebbe mai più trafugato il vaso.
Black Eagle voltò le spalle all’altare di pietra.
«Vieni da me», lo chiamò una voce seducente. «Amami.»
L’Apache, atterrito, si voltò di scatto.
Skudakumooch era ferma dinnanzi a lui. Bella, bellissima, irresistibile.
«Stammi lontano, demonio!» gridò Black Eagle.
Cercò di muovere un passo indietro, ma scoprì di non potersi muovere.
La strega si stava facendo scivolare dalle braccia la casacca di pelle conciata, rivelando tutta l’eterna e irresistibile bellezza e perfezione del suo corpo privo di età. Suo malgrado, Black Eagle si sentì fremere, pervaso da un fuoco a cui non avrebbe potuto sottrarsi.
«Nessuno può battermi», sussurrò Skudakumooch, aprendo le braccia per accoglierlo. «Io sono invincibile. Paziente e invincibile.»
Black Eagle si unì a lei.
La strega gli affondò denti affilati e lunghi come zanne nel corpo, squarciando e strappando.
Le grida strazianti di Paul Ward furono un’eco che si disperse tra le vallate e i picchi delle Montagne della Superstizione.