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Autore: 0421_Lacie_Baskerville    19/05/2023    1 recensioni
"Deku si trovò a trattenere il fiato nella stretta navata carica dell’odore di fiori appassiti e cera sciolta. Nella luce danzante della fiammella gli occhi socchiusi di Kacchan erano pieni di ombre e la sua bocca si arricciò in un piccolo sorriso sghembo nel vedere che Izuku non indietreggiava. Sulle sue labbra era rimasta una lieve traccia di quel bacio e aveva il sapore di Kacchan."
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Halloween quest'anno, ha il gusto di una sfida di coraggio fra le ombre di un cimitero antico e la fioca luce dei ceri bruciati su un altare. È il profumo dolciastro dei fiori appassiti e il sapore di un bacio allungo desiderato…
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12.


Ci siamo detti basta senza mai dirci addio

Perché sappiamo già che un giorno ci rincontreremo

In una vita o un'altra con te ci sarò io

Ciò che vedo è sfocato ma tu resti in primo piano

E allora torno indietro solo un attimo

Cartagine, Emanuele Aloia

 

≪ Vorrei tanto prenderlo a ceffoni ≫ borbottò Ochaco, accigliata. Gli occhi castani seguirono la figura di Kacchan aprirsi la strada nel mezzo della folla per poi tornare su quella di Kirishima, seduto sul divano, intento a guardarlo con l'aria sofferente.

La musica pulsava nella sala comune a tempo con il battito del cuore di Izuku. Le ombre che si rincorrevano sui volti, assiepandosi negli angoli, facevano apparire come argento i capelli biondi di Kacchan. Anche se le sue spalle erano forti come sempre, a Izuku sembravano rigide come se un peso insostenibile lo costringesse a resistere e combattere contro un nemico invisibile.

Kacchan era il combattere migliore che avesse mai conosciuto – dopo All Might ovviamente – ma perfino lui sembrava stesse perdendo la sua battaglia. ≪ Sembra così instabile su quelle gambe. ≫ sussurrò con apprensione, seguendo la figura statuaria di Kacchan svanire nel gioco di luci e ombre, fra corpi a cui faticava a dare un nome. ≪ Deve stare male. ≫

Ochaco, in piedi al suo fianco, lo fulminò con un'occhiataccia. Le lunghe ciglia impiastricciate di mascara si abbassarono, gettando un'ombra sugli zigomi arrossati dall'alcool ingerito. ≪ Non ci pensare nemmeno ≫ sibilò, puntandogli un dito contro e colpendolo sul petto con abbastanza forza da fargli male. ≪ Non ti farai trattare come una pezza da lui. Né ora né mai. ≫

Izuku trattenne il fiato, distogliendo lo sguardo dal suo. Si, non avrebbe dovuto preoccuparsi per Bakugou Katsuki. Non dopo il modo in cui l'aveva sempre trattato e soprattutto non dopo quello che gli aveva detto nella sua stanza.

"Non ha significato nulla."

A volte si svegliava nel suo letto con la sensazione del suo bacio sulle labbra e l'odore dolciastro dei fiori morti e della cera sciolta nel petto. A volte, si chiedeva se era successo davvero o se l'avesse solo sognato, come la bambina spettrale del cimitero.

Nella folla di pensieri che gli inondava la mente, riusciva a malapena a sentire la musica pulsante che rimbalzava nell'ampia stanza. Gli occhi verdi sbirciarono da sotto le lunghe ciglia la calca di studenti alla ricerca della figura famigliare del ragazzo che gli era cresciuto accanto. Ma lui non c'era più. Era svanito come per magia nella moltitudine, inghiottito nelle ombre e Izuku avvertì un dolore al petto come se insieme a lui avesse perso una parte di sé.

Davanti al suo silenzio, Ochaco gli afferrò il braccio con la mano umida di sudore, le dita che affondavano nella sua pelle accaldata. ≪ Dico davvero, Deku. ≫ Anche lei aveva smesso di ballare e lo guardava con un'ombra ostile riflessa nel castano degli occhi. ≪ Lui non vale nemmeno una delle tue lacrime. ≫

Izuku storse la bocca in una smorfia amara. A Ochaco non era mai piaciuto molto Kacchan, ma dal tirocinio – e ancora di più da quella notte in camera di lui – quell'antipatia si era inasprita. Izuku sperava che dipendeva dal suo spirito protettivo e da quanto gli volesse bene, ma nel guardarla in viso sentì comunque un guizzo di rabbia nel petto.

≪ Ho solo detto che mi sembra stia male. ≫ replicò con una smorfia irritata a curvare le labbra e lo sguardo che scivolava sulla folla alla ricerca del profilo famigliare di Kacchan. ≪ Non ho mica dato voce a una qualche stupida dichiarazione di amore e non sono salito su un tavolo per urlare qualcosa di imbarazzante alle sue spalle. ≫

Perfino dopo che Katsuki aveva preso a ignorarlo più di prima, gli veniva comunque naturale cercarlo, guardarlo quando lui non lo sapeva, controllare se stesse bene o se fosse ancora presente nella sua vita. Anche se era diventato una presenza che si limitava ad esistere ai margini estremi del suo mondo.

Cercava di dirsi che era solo l'abitudine, la sua naturale preoccupazione per un altro essere umano, ma in fondo sapeva che non sarebbe stato così sensibile al cambio di umore di qualcuno che non fosse lui. Il cuore gli batteva più forte nel petto, un dolore sordo che vibrava a ogni battito, ma di Kacchan non c'era più traccia. Si era perso nel mezzo della folla o forse, se n'era semplicemente andato.

≪ Ma per favore, sta benissimo. ≫ esclamò Ochaco, scuotendo la testa. I lisci capelli castani le sfiorarono le guance accaldate. La sua voce arrivava soffocata alle orecchie di Izuku, facendogli sperare di aver sentito male. Si chinò su di lei per sentirla meglio. ≪ Cosa? ≫ gridò al di sopra delle urla e della musica crescente. ≪ Non ti ho capito. ≫

Ochaco si sporse a sua volta, l'ombretto scuro sulle palpebre scintillante come gocce lucenti nella luce soffusa. ≪ Ho detto che sta benissimo. ≫ ripeté con una nota gelida nella voce e gli occhi scuri ammantati di ombre. C'era qualcosa nel suo sguardo che ricordava a Izuku lo strano discorso che avevano fatto nella camera di lei, prima di sdraiarsi insieme nel suo letto e fissare il soffitto persi ognuno nei propri pensieri.

≪ Non è vero. ≫ replicò Izuku con una sicurezza che non sapeva spiegare nemmeno a sé stesso. Eppure, ne era certo. Conosceva Kacchan da quando erano bambini, sapeva quando la sua era semplice irritazione e quando, invece, era sofferenza celata dietro ai suoi motti di rabbia. Quando stava solo sfogando il malumore nei confronti dei suoi genitori su tutto ciò che lo circondava o quando era qualcosa di più profondo a tormentarlo.

≪ Sta male, 'Chako. ≫ le disse con labbra tremanti e le mani si contrassero nel serrarsi a pugno lungo ai fianchi. Percepì lo sguardo penetrante di Iida sulla pelle, scivolare da uno all'altra mentre si sforzava di sentirli al di sotto della musica e capire cosa stesse succedendo, ma non gli importava. ≪ Kacchan... Kacchan sta soffrendo e io... ≫

≪ Non è un tuo problema. ≫ lo interruppe Ochaco, gelida, stringendo la presa sul suo braccio con tanta forza da fargli male. Aveva lasciato sollevato solo il mignolo, una precauzione che prendeva senza nemmeno accorgersene. Le ombre che si rincorrevano sul suo viso pieno conferivano al suo sguardo qualcosa di tagliente che ferì Izuku più della verità insita nelle sue parole. ≪ È stato lui a dirtelo, no? Non ha provato nulla. Si è solo preso gioco di te, quindi perché devi umiliare te stesso continuando a inseguirlo? ≫

Già, perché.

Nel voltarsi a cercarlo tra la folla, Izuku non riusciva a trovare una vera risposta da darle. Una giustificazione inattaccabile che gli permettesse di svicolare a quella situazione e gli desse il diritto di continuare a inseguire Kacchan, anche a costo di continuare a ballare in quella sala distrutta da solo.

Gli aveva spezzato il cuore, l'aveva illuso con un bacio che infestava tutti i suoi pensieri ogni volta che chiudeva gli occhi e poi, gli aveva detto che non aveva significato nulla per lui. Tutto ciò che aveva animato Izuku, l'aveva fatto tremare e gli aveva levato il respiro, non aveva significato nulla per la persona per cui aveva tirato fuori tutto il coraggio che aveva per dare voce a parole che si era tenuto dentro fino a quel momento.

Le labbra gli tremarono nello schiudersi e liberare un respiro rapido. Avvertì il sapore amaro delle lacrime in fondo alla gola e cercò di mandarlo giù. ≪ A volte Kacchan dice cose che non pensa solo per ferire gli altri e sé stesso. ≫. Nella luce mutevole che gli feriva gli occhi, Izuku evitò d'incrociare lo sguardo penetrante della ragazza. ≪ A volte, allontana le persone di proposito... come se avesse paura a lasciarle avvicinare. ≫

E a volte, l'aveva ferito con le mani quanto con le parole. Aveva preso e distrutto i suoi sogni, le sue speranze e gliele aveva lanciate addosso senza preoccuparsi che potessero tagliarlo come vetro. Era rimasto lì a guardarlo arrancare e contorcersi, ma ogni volta che Izuku aveva sollevato lo sguardo, l'aveva trovato lì.

Quando la palazzina gli era caduta addosso. Quando un villain l'aveva messo con le spalle al muro. Perfino quando la paura gli era strisciata dentro a tradimento, era sempre stato lì al suo fianco. A proteggerlo. A soccorrerlo. A gridargli contro. A cercarlo con la mano protesa dietro di sé, come una presenza sicura e costante su cui potesse sempre contare.

≪ Kacchan... ≫ sussurrò al di sotto della musica pulsante e la voce di Ochaco sommerse la sua mentre gli stringeva il braccio con entrambe le mani. ≪ Io ti voglio bene, Deku. ≫ gli disse e nel guardarla, Izuku si sorprese di scorgere nel suo viso un'espressione così nuda da renderla vulnerabile. ≪ Ma se gli vai dietro adesso non ti libererai mai di questi sentimenti. ≫

C'era di nuovo quel velo di tristezza nei suoi occhi scintillanti di ombre, la stessa che aveva quando gli aveva chiesto se potessero scegliere chi amare e quando smettere. ≪ Non smetterà mai di fare male e lui potrà continuare a prendersi gioco di te, ferirti e illuderti, senza che cambi mai nulla. ≫

La sua voce bassa si spense al di sotto della musica pulsante. Ombre scure correvano sul suo viso accaldato. Nel lasciarlo andare, Ochaco mosse un passo indietro e le labbra rosee si stesero in un sorriso incerto. ≪ Meriti di meglio, Izuku. ≫

≪ Chi sei tu per decidere chi può piacermi e chi no? ≫

Le parole gli sfuggirono dalle labbra arricciate prima ancora che se ne rendesse conto. Avvertì la rabbia che portavano con loro, il sapore amaro che gli lasciavano sulla lingua, eppure non seppe di averle pronunciate finché non vide gli occhi castani di Ochaco sgranarsi e la sua stretta allentarsi.

≪ Siete tutti così pronti a dirmi cosa è meglio per me, ma chi vi credete di essere per decidere al mio posto cosa o chi voglio al mio fianco? ≫ sibilò, serrando i pugni lungo i fianchi. Un dolore sordo lo colpì insieme al pulsare del suo cuore. ≪ Sono innamorato di lui da prima ancora di sapere cosa significasse questa parola, credi che possa dimenticarlo dall'oggi al domani come se nulla fosse? ≫

Avrebbe potuto descriverle la prima volta che aveva sentito il respiro venire meno al tocco caldo delle mani da bambino di Katsuki sulla pelle. La prima volta che l'aveva visto parlare a una ragazza che lo guardava come se fosse stato un Dio sceso in terra e la gelosia l'aveva assalito, solo per venir sostituita dal sollievo quando Katsuki l'aveva scacciata in malo modo, ridendole in faccia con cattiveria.

Si era sentito in colpa dopo. Si era sentito un mostro perché provava sentimenti così egoistici per una persona che avrebbe dovuto detestare. Ma per quanto ci avesse provato, non era riuscito a spegnere quella debole fiammella. ≪ Cazzo, Ochaco, ≫ sbottò, sollevando la voce sopra la musica e la rabbia gli contrasse la bocca in una smorfia. ≪ almeno sai che cosa si prova ad amare qualcuno che non puoi avere? Qualcuno che non riesci a dimenticare? ≫

Si pentì all'istante di averlo detto.

L'espressione sul viso di Ochaco era come vetro inclinato sul punto di frantumarsi. Perfino nelle ombre che le scivolavano sul volto arrossato riuscì a scorgere la sfumatura verdognola della pelle e il dolore nei suoi occhi. ≪ E tu lo sai? ≫ la sentì sussurrare con un filo di voce, appena inclinata come se anche quella si stesse per infrangere al suolo insieme al suo corpo tremante. ≪ Sai com'è svegliarsi ogni giorno con una persona che credi ti ami quanto tu ami lui, progettare le vostre giornate insieme, e vedere tutto questo andare in frantumi in una sola fottuta ora? ≫

Izuku la guardò senza rispondere, con la sensazione di essersi perso qualcosa d'importante. Aveva affrontato Katsuki nella stanza di lui allo stesso modo, ma a differenza di Ochaco che si limitò a tacere e distogliere lo sguardo, Kacchan gli aveva risposto a tono. Gli aveva ricordato che anche lui aveva diritto di decidere per sé stesso e non presentarsi su quella sala da ballo, lasciandolo da solo a ballare quella melodia senza musica che l'ossessionava.

Ochaco gli voltò le spalle senza nemmeno dargli la possibilità di rimediare. Lo lasciò a guardarla allontanarsi con lo stomaco contrato in una morsa e la sensazione di essere stato uno stronzo totale con la sua unica alleata.

 

***

 

Roses are red, violets are blue

I don't sleep at night 'cause I'm thinking of you

Alone with my thoughts, trapped in this bed

Know I'd give the world just to see you again

And your imperfections perfectly drawn up

But I was a fool to think you were in love

So roses are red, violets are blue

It's all in my head, no matter what I do

- Roses are red, violets are blue, Jon Caryl –

 

 

Ochaco si fece strada nel mezzo della folla, piccola e goffa sui tacchi alti, senza guardarsi indietro. I passi leggeri a stento si trattenevano dal correre, come se potesse scappare e lasciarsi tutto alle spalle.

Che cosa ridicola, come se si potesse seminare qualcosa che era dentro di lei e viveva annidata nel suo petto. Faceva male, però. Era doloroso come quando i suoi genitori le avevano detto che il suo sogno era finito e tutto il mondo le era crollato addosso. Le ricordava l'espressione sul viso cesellato di Shouto la notte in cui l'aveva riaccompagnata a casa. Il suo sguardo nella luce dei lampioni che la fissava fra le braccia di suo padre e sua madre.

In quel momento, gli era sembrato solo e indifeso. Quasi triste. Come un giovane e moderno Hikoboshi costretto a guardare qualcosa che desiderava con tutto sé stesso e che non poteva avere perché un fiume invalicabile di stelle lo tagliava fuori. Ma non era lei che desiderava con tanta struggente tristezza quella sera. Era stato l'amore dei suoi genitori per lei, il vederli stringerla e piangere nel mezzo della strada.

Ci aveva pensato solo una volta giunta a letto. Si era chiesta se Todoroki Shouto fosse mai stato abbracciato in quel modo dai propri genitori. Se c'era qualcuno che l'amasse al punto da piangere d'angoscia per la preoccupazione, di attenderlo con il cuore trepidante fino al suo ritorno e dimenticare la rabbia, la delusione e qualunque emozione negativa per gettarli le braccia al collo e stringerlo a sé. C'era mai stato qualcuno che l'avesse fatto sentire amato almeno la metà di quanto lo fosse Ochaco?

Una mano emerse dalla folla e l'afferrò per il gomito, tirandola di lato con un gesto brusco. Ochaco inciampò nei suoi stessi piedi, rischiando di cadere a terra e urtò la parete con la schiena. Le ombre la avvolsero, circondandola come una cappa protettiva e creando uno spazio sicuro in cui esistere lontano da occhi indiscreti.

Il suo cuore perse un battito nell'avvertire un respiro caldo sfiorarle la bocca schiusa, gli occhi che scintillavano come stelle incastonate nel manto della notte. La sua bocca premette su quella di lei, le labbra strusciarono l'una contro l'altra e si schiusero a cercarsi con i denti e la lingua.

Avvertì le mani ruvide di Shouto sulla pelle accaldata, sfiorargli le guance arrossate e scostare le ciocche di capelli che si erano appiccicate sopra. Il suo cuore batteva forte contro il seno, il corpo scosso da un tremito profondo nello stringersi a lui e lasciarsi stringere.

I capelli di lui le scivolarono fra le dita come seta. Si sentì girare la testa per un improvviso senso di felicità, come se il tempo si fosse riavvolto fino a farli tornare ai giorni che avevano passato in quell'appartamento che puzzava di muffa e limone. Alle giornate trascorse in ronda insieme, a bere bibite ghiacciate e a parlare sottovoce. Alle notti in cui poteva prenderlo per mano e camminare fra le bancarelle dei festival estivi nei loro yukata leggeri, con i fiori che lui le aveva messo fra i capelli, con il suo sguardo che la cercava al suo fianco solo per sorriderle.

Dimmi qualcosa che nessuno sa di te sussurrò nelle ombre della notte su una spiaggia che mostrava in lontananza le luci dei locali in chiusura. Il vento che veniva dal mare le scompigliava i capelli e le lasciava sulla pelle il sapore della salsedine, un ricordo che sapeva di dolcezza e di sogno allo stesso tempo.

Lo sguardo che lui le lanciò era impenetrabile. ≪ Dimmelo tu, qualcosa che nessuno sa di te.

Le mani ruvide che le sfioravano le guance, scesero ad accarezzarle il collo con dita leggere. Le sfiorarono la spalla nuda, disegnandone il contorno con delicatezza sotto la spallina di stoffa. Un lieve formicolio rimase là dove lui l'aveva toccata, accresciuto dalla sensazione di seta dei suoi capelli sulla fronte quando si scostò quel tanto necessario a mormorare sulle sue labbra tremanti. ≪ C'è una cosa che devo dirti ... Una cosa che non posso più tenere per me. ≫

Il suo respiro caldo le sfiorò le labbra, pungendole la lingua con il suo sapore asprigno. Era sempre stato bello. Lo era anche quando non si erano degnati di uno sguardo, ma nel reclinare la testa e guardarla con occhi ardenti di desiderio a Ochaco parve mille volte più bello.

≪ Non ce la faccio, Ochaco. ≫ le disse e lei si sorprese a trattenere il fiato e tremare nello stretto spazio fra la parete e il suo corpo atletico. I tratti cesellati di Shouto si tesero, ornati di ombre scure che facevano risaltare il chiarore lunare della sua pelle. ≪ Ti penso di continuo. Ti guardo e so che non posso toccarti... che è tutta colpa mia se soffriamo entrambi. ≫

Le labbra sottili di Shouto si schiusero in cerca delle parole. Aveva il colletto della camicia aperto, le clavicole sfiorate dalla luce mutevole della festa che faceva danzare le ombre sul suo viso. Eppure, Ochaco non l'aveva mai visto con tanta chiarezza prima. ≪ Non farlo. ≫ lo pregò con un sussurro tremante. ≪ Momo è mia amica. Non voglio farle del male. ≫

Le lisce ciocche di capelli di lui le sfiorarono il viso. Il suo respiro aveva un lieve retrogusto di lime che le portava alla mente ricordi che non voleva rievocare. La sensazione della schiuma di mare fra le dita dei piedi e la voce di lui, priva di ogni artificio che le parlava nella luce delle stelle. Il sapore del primo bacio che si erano scambiati sotto i raggi gentili di una luna calante con le sue dita intrecciate ai capelli e quelle di lei strette alla sua camicia.

≪ È questo il punto, Ochaco. ≫ sussurrò Shouto, guardandola negli occhi con le iridi spagliate che scintillavano come stelle diverse nella notte. ≪ Non ho mai desiderato così tanto qualcosa quanto desidero te. ≫

Ochaco desiderò poter distogliere lo sguardo e scappare via. Aggrapparsi al suo affetto per Momo e spingerlo via, ma mentre Shouto la fissava negli occhi con un'espressione che non riusciva a celare i suoi reali sentimenti, non riusciva a ricordare perché si fossero messi in quella situazione.

Perché si stavano facendo del male se tutto quello che desideravano era tornare ad essere felici insieme.

Le sue labbra si schiusero a saggiare quelle calde e voluttuose di lui senza che dovesse pensare di farlo. La sua bocca calda e morbida premette con forza contro quella di lei, quasi volesse imporle di ricordare il sapore della salsedine sulla loro pelle quella notte d'estate, quando si erano guardati per la prima volta e si erano visti. Cancellare tutti quei mesi di distanza e sofferenza per tornare a quella stanza dai muri macchiati di umidità e alla complicità che avevano raggiunto.

Ochaco avvertì una contrazione alla base del ventre. Tutto il suo corpo si protese a cercarlo, le mani si sollevarono ad afferrare il colletto inamidato della camicia, tirandolo a sé. L'altra si infilò fra le morbide ciocche bianche che gli nascondevano l'orecchio e in un attimo stava respirando il suo odore, stretta fra le sue braccia forti, con la sensazione della sua bocca sulla propria.

Le riportò in mente il calore del sole sulla pelle, attraverso la sottile stoffa della divisa da heroes. Il suo sguardo curioso nell'osservare i bambini che si arrampicavano sulle palestrine, lanciando urla e risa, e l'espressione quasi infantile con cui aveva accettato la crepes piena di gelato che si erano comprati.

Le aveva detto una cosa quel giorno che l'aveva stupita. Qualcosa sul fatto che non aveva mai giocato con altri bambini, nemmeno con i suoi fratelli, perché suo padre voleva che diventasse più forte. Le aveva detto che non aveva mai visto un parco dei divertimenti prima di allora se non sulle riviste e in tv. Le aveva detto che lei era stata la prima persona che aveva preso per mano, con cui si era sentito abbastanza sicuro da poter chiudere gli occhi e dormire.

Le aveva detto...

Ochaco soffocò un singhiozzo che era salito dal fondo della gola e reclinò la testa per sottrarsi a quel bacio. Cercò l'aria come se stesse soffocando e nell'aprire gli occhi ornati di lacrime incrociò lo sguardo di Shouto che si ritrasse quel tanto da permettere a entrambi di respirarsi a vicenda.

La cicatrice che gli deturpava il viso era un'ombra scura sotto la frangia di capelli che lei sfiorò con dita tremanti. ≪ No. No. ≫ sussurrò con un filo di voce, le labbra rosee piene del suo sapore. L'aveva desiderato così tanto ed ora che era lì capì che non poteva averlo, che era troppo doloroso doverlo rubare a qualcuno a cui teneva.

L'espressione sul viso di lui si ammorbidì, la bocca gentile si schiuse in un sorriso incerto. ≪ Cosa c'è? ≫ le domandò, accarezzandogli la guancia con la punta delle dita. La pelle tiepida contro quella bollente di Ochaco. Il petto le faceva male come se una lama invisibile lo stesse squarciando. ≪ N-non possiamo. Sai che non possiamo. ≫

Il dolore negli occhi di lui era tangibile come le sue dita che scivolavano fra le ciocche dei capelli. ≪ Parlerò con mio padre. Aggiusterò le cose. Ochaco... ≫ sussurrò, chinandosi sul suo viso e le sue labbra calde le sfiorarono una guancia leggere come una carezza. Ochaco avvertì un brivido correrle lungo la spina dorsale ed esplodere alla base del ventre.

≪ No, non lo farai. ≫ sussurrò, deglutendo. Gli occhi castani si chiusero, lasciando cadere una lacrima lungo la guancia arrossata e improvvisamente, vide quelle settimane nel loro appartamento affosso per quello che erano state realmente. Un sogno che avevano condiviso per sfuggire dalla realtà che li soffocava entrambi. L'illusione che esistesse un luogo in cui sarebbero potuti scappare da ciò che erano ed essere qualcun altro.

Nel guardare il viso mite di Shouto nelle ombre che l'avvolgevano, Ochaco desiderò con tutta sé stessa perdersi fra le sue braccia e dimenticare ogni cosa. Ma sarebbe stato tutto inutile. L'amore non era abbastanza per superare il baratro della realtà e lei questo l'aveva sempre saputo.

≪ È finita, Shouto. Tu, io, quell'appartamento... è stato uno sbaglio. Tutto uno sbaglio. ≫ Avrebbe voluto stare in quelle braccia con tutta sé stessa, ma come poteva fare una cosa simile alla sua amica? Come poteva credergli? Dopo quello che lui le aveva detto l'ultima notte che avevano passato insieme, dopo che non era riuscito nemmeno a smentire suo padre.

≪ Non sono mai stata la persona giusta per te e lo sai. ≫

≪ Tu sei tutto quello che voglio. ≫ ripeté lui, scostandosi. Le dita affusolate afferrarono quelle di lei, allontanandole dal suo viso cesellato e le strinsero in una morsa calda. Il grigio del suo occhio era nero nelle ombre e quello azzurro sembrava ghiaccio sul punto di spezzarsi. Entrambi la fissavano con una tale intensità da farle formicolare le guance di caldo rossore. ≪ Non sono mai stato così tanto me stesso se non con te. E lo so, lo so, che ho fatto un casino, ma sistemerò tutto. ≫

≪ Come? ≫ La voce di Ochaco si sollevò, velandosi di una durezza che affondava nel suo petto. Dovette sforzarsi di richiamare alla mente il momento in cui tutto era finito - il ghiaccio sul tatami che fumava ai loro piedi e il volto cesellato di Shouto contorto per la rabbia e la disperazione - per trovare la forza di pronunciare quelle parole. ≪ Dirai a tuo padre che non sono una sgualdrina che mira ai tuoi soldi? Gli dirai che non ti ho costretto a scappare da casa e vivere con me in un appartamento che puzzava di muffa? ≫

≪ Tu non mi hai mai chiesto niente, Ochaco. Sei l'unica persona che non si è mai aspettata nulla da me. ≫ sbottò, sollevando la voce e il suo bel viso si contorse per un motto d'irritazione. Gli occhi spagliati luccicavano nelle ombre di un'emozione violenta che non gli aveva mai visto esternare con nessun'altro. ≪ Tutto quello che ho fatto è stata una mia scelta e ho fatto un unico stupido sbaglio. Non ti ho saputo tenere testa a mio padre. ≫

Con lei fai così? Si chiese, trattenendo il fiato. Le dita serrate nella stretta di lui si contrassero fino a liberarsi e Ochaco distolse lo sguardo, incapace di guardarlo più allungo. Le mostri quanto sei capace di emozionarti sotto quella maschera imperturbabile. Le racconti di tutte le cose che avresti voluto fare e che tuo padre ti ha portato via. Le dici che non sei mai stato così felice in vita tua e che non hai mai desiderato tanto restare in un posto quanto lo desideri con lei?

Un errore? ≫ sibilò, storcendo la bocca in una smorfia e gli occhi castani fissarono le ombre dei suoi compagni che si muovevano ai margini della festa senza riuscire a dare loro un nome. ≪ Dì piuttosto una scelta. L'hai sempre saputo che non c'entravo nulla con te e il tuo mondo. Volevi solo una scusa per evadere e l'hai trovata in me. ≫

≪ Ochaco, guardami. ≫ sussurrò Shouto, la voce bassa che conteneva una nota fragile come se il ghiaccio dentro cui aveva nascosto sé stesso si stesse crepando. E Ochaco lo guardò, il cuore stretto in una morsa dolorosa. Il suo viso cesellato era pieno di angoscia e gli occhi velati di malinconia e dolore cercarono i suoi. Morbide ciocche di capelli gli coprivano la fronte aggrottata. ≪ Perché fai così? Sei stata tu a lasciare me, non il contrario. Hai detto che non volevi più vedermi... pensavo che ti sarebbe passata, ma non è successo. ≫

Ochaco ricordava l'esatto momento in cui l'aveva guardato e aveva visto quanto fosse profondo il baratro che li divideva. Avrebbe voluto dire che era accaduto mentre litigavano, ma era stato solo quando si era trovato davanti Enji Todoroki che l'aveva compreso. ≪ Sai benissimo il perché ≫ sibilò e un dolore sordo le pulsò dentro, ghermendole il petto e mozzandole il respiro. Avvertì la pelle formicolare là dove i loro vestiti si sfioravano, il corpo ipersensibile alla sua presenza. ≪ Perché non sarò il tuo sporco segreto da tenere nascosto sotto il letto. ≫ sibilò con una nota amara nella voce bassa che disegnò una smorfia infelice sulle labbra di lui. ≪ Non ti guarderò da lontano approfittando delle briciole che sei disposto a gettarmi. Non sono così stupida. ≫

≪ Non ho mai pensato che tu lo fossi. Ma mettiti nei panni... ≫ replicò lui, afferrandole le spalle con le mani tiepide. Le dita affusolate premettero sulle scapole, imprimendo il suo tocco conturbante attraverso la spallina del vestito fin dentro le sue ossa. ≪ Non posso soddisfare le aspettative di tutti. Non posso essere così tante cose diverse. Nasconderti da mio padre era solo un modo per proteggerti da lui. Per proteggerci entrambi dalla sua influenza velenosa. ≫

≪ Puoi esserlo accanto a Momo. ≫

Quelle parole gelarono entrambi. Furono come una doccia fredda che li riportò entrambi alla realtà, lontano dal ricordo di quella stanza dai muri macchiati di umidità e dal tatami scheggiato. Shouto la guardò nelle ombre del corridoio con un'angoscia palpabile e Ochaco posò le mani tremanti sul suo petto muscoloso per spingerlo con gentilezza via.

≪ Non capisci, Shouto? ≫ sussurrò, deglutendo le lacrime che le serravano la gola e minacciavano di traboccare dai suoi occhi spalancati. Le labbra le tremarono nell'arricciarsi in una smorfia piena di rabbia. ≪ Io non sarò mai all'altezza del nome dei Todoroki e tu non riuscirai mai a staccarti da loro. E perché dovresti? Sono la tua famiglia e io non potrei mai sopportare di essere la causa di un allontanamento fra voi. ≫

≪ Ochaco... ≫

Il suo nome sulle labbra di lui era il più dolce e amaro dei sussurri. Per un attimo, quella voce vellutata e il sapore di quel bacio fu tutto ciò a cui Ochaco riuscì a pensare. Lui la guardò in silenzio, pregandola di restare, di non andarsene o forse, era lei che desiderava così tanto che lo facesse da immaginarlo. Ma anche se avessero finto di non sapere che non c'era un vero futuro ad attenderli, come avrebbe potuto tornare a com'erano prima ora che l'aveva visto andare via con la sua migliore amica.

Ora che sapeva quanto lei fosse felice accanto al ragazzo che entrambe amavano.

≪ Abbiamo diciassette anni, Shouto. Abbiamo fatto una pazzia credendo di essere innamorati. ≫ sussurrò con voce rauca e una morsa le strinse il cuore nel vederlo indietreggiare come se l'avesse colpito con un pugno nello stomaco. ≪ Non potevamo restare per sempre chiusi in quella bolla a fingere che non appartenessimo a due mondi diversi. ≫

≪ Che stai dicendo? ≫ le chiese, la bocca tremò nell'arricciarsi in una smorfia inorridita. Gli occhi spagliati la fissavano sgranati da sotto le ciocche lisce dei suoi capelli. Ochaco si chiese quanto dolore potesse sopportare prima di cadere a pezzi e scoppiare a piangere, quanto se ne potesse contenere prima di crollare a terra. ≪ Sto dicendo che forse è meglio così. Io e te... stavamo solo sognando di poter stare insieme. ≫

La luce che sfiorava il volto sconvolto di Shouto faceva sembrare la sua pelle pallida e lucida. Ochaco era grata alla parete che premeva contro la sua schiena e le impediva di crollare, perché senza forse non avrebbe trovato nemmeno la voce per sussurrare. ≪ Sembrava tutto così facile tra noi... avremmo dovuto capirlo che non poteva durare. Non sarebbe mai dovuta nemmeno iniziare. Non quando Momo è innamorata di te dalla prima volta che ti ha visto. ≫

≪ Però è iniziata. ≫ esclamò Shouto e la sua voce prima così rauca e morbida da farle stringere lo stomaco in una morsa languida, divenne gelida e sferzante. Il grigio del suo occhio sinistro e l'azzurro del destro si freddarono fino a divenire lame gemelle che la perforarono con lo sguardo. ≪ Dimmi che non eri felice, Ochaco. Dimmi che non sono state le settimane migliori della tua vita. ≫

Ochaco trattenne il fiato e scosse la testa, le ciocche lisce dei suoi capelli si appiccicarono alla pelle sudata del collo. Le lacrime punsero gli occhi e le inumidirono le ciglia, ma sorrise come se andasse tutto bene. Come se dentro di lei qualcosa non si stesse inclinando e spezzando. ≪ Momo è la mia migliore amica e sai anche tu che la tua famiglia l'adorerà. Non le porterò via qualcosa che la rende felice. Non più. Lei... s-saprà darti tutto ciò che io non ho da dare... ≫

≪ E quello che voglio io non conta? ≫ sbottò Shouto, interrompendola. La voce resa gelida dalla rabbia che gli bruciava nello sguardo e che faceva contrarre le sue mani lungo i fianchi. Ochaco riusciva a sentire il battito rapido del cuore contro la cassa toracica, un rimbombo sordo che risuonava più forte della musica e che sperava lui non potesse sentire.

≪ Sai perché non è mi è mai piaciuta la storia di Orihime e Hikoboshi? ≫ gli disse piano, la voce ridotta a un sussurro amaro che dipinse un velo d'inquietudine negli occhi spagliati di lui. Dentro di sé, Ochaco soffocò le urla che avrebbe voluto lasciar uscire e si costrinse a scuotere la testa per metterle a tacere. ≪ È perché sono due egoisti che per il loro amore erano pronti a sacrificare tutto ciò che avevano di più caro prima. Erano pronti a voltare le spalle a qualsiasi affetto per la loro felicità. E se sei pronto a rinunciare a qualcosa che dicevi di amare per qualcos'altro... significa che non l'hai mai amato davvero. ≫

Nel staccare le spalle dalla parete alle sue spalle, Ochaco barcollò. Shouto allungò la mano per afferrarle il braccio in un gesto istintivo. Per un attimo, poté sentire il calore della sua pelle sulla propria, prima che si ritraesse e muovesse qualche passo indietro. ≪ Momo è mia amica ed è innamorata di te. Cosa vuoi fare, spetta a te deciderlo, ma io non sarò la ragione della vostra rottura. ≫

 

--- Angolino Lacie ---

Dopo una vita sono riuscita a scrivere questo capitolo che avevo mezzo iniziato tempo fa. Ha lievemente cambiato rotta rispetto quello che era il mio progetto iniziale ma okay, ho cercato di prenderla con filosofia.

Spero che stiate bene e che questo capitolo vi sia piaciuto.

Un abbraccio

Lacie

 

 

 

   
 
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