Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: coldcatepf98    21/05/2023    1 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 35 – Vita, morte e… Miracoli

 

If you dance I'll dance
And if you don't I'll dance anyway
Give peace a chance
Let the fear you have fall away
 
I've got my eye on you
I've got my eye on you
 
Say yes to heaven
Say yes to me
Say yes to heaven
Say yes to me
 
If you go I'll stay
You come back I'll be right here
Like a barge at sea
In the storm I stay clear
 
'Cause I've got my mind on you
I've got my mind on you

 
[3 settimane prima]
 
- Vuoi che ti porti dell’acqua? Magari con una cannuccia.
- Jean ti ho detto che sto bene.
Hange scostò le tende ed entrò nel piccolo cubicolo d’ospedale. Siri era allettata, le lenzuola bianche scostate a livello delle cosce risaltavano contro le pareti ingiallite e, a vederla, non le sembrava proprio stesse così bene come declamava al povero Jean seduto accanto al suo letto: la spia era pallida quasi quanto il pigiama a maniche corte che indossava, aveva labbra livide e lo sguardo smorto segnato da occhiaie profonde e nere, i capelli sudaticci sciolti e portati all’indietro sembravano neri con l’oscurità della sera. Aveva perso molto sangue per la ferita e l’operazione, Shawn aveva rivelato al comandante poco prima che lei entrasse, era stata possibile solo grazie alle nuove tecniche e scoperte mediche che aveva portato a Paradise dopo le missioni a Marley.
- Non si direbbe dal tuo aspetto. – esordì Hange, chiudendo le tende dietro di sé.
- Grazie comandante, anche per me è un piacere vederti. – Siri mugugnò un verso di dolore quando Kerstin, che le stava sostituendo il bendaggio al ventre, premette leggermente sulla ferita per redarguirla. La spia guardò nervosa l’infermiera che ricambiò con un’occhiataccia.
- Tu e quella tua faccia tosta, dico non potevi dormire un altro giorno ancora?
- Che spreco di tempo. – disse Siri distogliendo lo sguardo.
Kerstin scosse la testa: - Pensavo fosse bello riaverti qui, ma forse ti preferivo quando facevi la vipera con gli altri medici in giro per l’ospedale.
- Ci credo, godevi dei privilegi del mio lavoro sporco… Ehi, disinfetta meglio, poi metti la garza imbevuta!
Kerstin ripose la garza e le fece come le disse: - Quanto odio avere i medici come pazienti… ecco, contenta?!
Siri spostò lo specchietto che stava usando per guardare il bendaggio e annuì poco convinta: - Mh, sì… può andare.
L’infermiera alzò gli occhi al cielo, le abbassò la maglia, la ricoprì col lenzuolo e uscì dalla stanza, lasciando soli i soldati. Hange, nonostante non avesse avuto proprio una giornata che si potesse definire tranquilla, sorrise vedendola andare via.
- Allora sei sempre stata così socievole. – esordì Jean a braccia conserte.
- Oggi siete tutti molto simpatici devo dire. – Siri chiuse gli occhi, allungando il collo ancora un po’ tumefatto sul cuscino – Vi ricordo che essendo quella ferita ho solo io il diritto di essere irritante. Avanti, adesso ditemi… come va fuori di qui?
Il comandante sospirò, avrebbe preferito continuare a stuzzicarla: - Nulla di buono temo.
Siri riaprì gli occhi e la guardò ansiosa e quando l’altra le spiegò delle proteste nate il giorno stesso per l’incarcerazione di Eren, seppe a cosa imputare il suo risveglio che sarebbe potuto avvenire anche qualche giorno più tardi, se non fosse che dalla finestra della sua camera erano arrivati i rumori della strada. Effettivamente, sotto gli anestetici e non proprio nella sua forma più smagliante, non si era chiesta come mai la gente fosse così agitata da gridare così forte da farsi sentire sino al secondo piano dell’ospedale.
- È una bella gatta da pelare… con tutto quello che abbiamo da fare. A proposito, Onyankopon ti ha contattata? – commentò preoccupata.
- Ancora no. Se le cose dovessero mettersi male non so neanche se potrà sbarcare a sud.
- La situazione è così tragica dici?
Hange corrucciò le sopracciglia sovrappensiero: - Potrebbe diventarla. In questo momento stanno arrestando i soldati che hanno diffuso la notizia e sono tutti del corpo di ricerca, se i disordini tra i cittadini dovessero diventare più… energici, mettiamola così, sarò la prima ad essere messa sotto processo.
- Forse sarebbe stato molto più semplice se avessimo fatto toccare quei tre appena siamo arrivati. – commentò Jean sovrappensiero.
- Sai che non potevamo… – Siri deglutì, iniziava ad essere un po’ più dolorante e stanca – Non sappiamo ancora quale sia il piano di Zeke, né se ci ha mentito sul funzionamento del potere dei giganti, e poi Eren, qualsiasi sia la sua intenzione…
- Lo so. – la interruppe Jean che, nel frattempo si era alzato per inumidire un panno – So cosa c’è scritto sull’arazzo, certo che Ymir poteva essere un po’ più precisa…
- Perché il piano funzioni, dobbiamo avere risposte dai volontari ancora rimasti sul continente, solo quando saremo sicuri potremo procedere. – Hange alzò lo sguardo meditabondo sul ragazzo che stava tamponando lo straccio sul collo di Siri – Immagina rimanere indifesi proprio adesso.
Jean annuì e si concentrò sulla pelle cadaverica della maestra: era quasi morta, a questo punto avrebbe dovuto essere in pensione, ritirata per vivere la vita tranquilla che desiderava, ma tutti gli stavano implicitamente chiedendo di restare in servizio ancora per un po’. E Siri, sin dal momento in cui si era svegliata, aveva capito e aveva accettato senza che loro avessero dovuto chiederle nulla.
- A proposito di questo… – esordì Siri ansante – Tieni Yelena lontana dagli altri volontari, almeno, quelli rimasti. Non so se fosse il suo modo di reagire alla notizia che una persona che conosce sia stata quasi strangolata a morte, ma sembrava poco sorpresa.
Hange annuì: - Sarà fatto.
- Scusate se vi disturbo. – Kerstin apparve sulla porta.
- Nessun disturbo Kerstin, prego. – Hange si voltò verso di lei sulla sedia.
- C’è il capitano Levi, è venuto di nuovo. Vuole vederla, o meglio… sapere come sta, io gli ho detto sempre la stessa cosa di ieri, ma pensavo che forse potresti farlo salire. – concluse, guardando oltre Hange, speranzosa.
Il comandante annuì noncurante: - Oh, sì, siamo già tutti qui, non ved… 
- No. – il tono di Siri non ammetteva repliche – Digli che la mia prognosi è riservata e non farlo salire.
Jean e Hange la guardarono interdetti all’unisono mentre l’infermiera annuiva e sgattaiolava via.
- Cosa?! – il comandante si sporse verso di lei – Perché?!
- Non può vedermi in questo stato.
- Ma dai, il comandante Hange scherzava prima. – Jean ripose lo straccio nella brocca accanto al letto – E sono sicuro che al capitano non importi il tuo aspetto.
- Starà morendo di ansia, lascia che ti veda viva perlomeno. – Hange tentò di farla ragionare, ma Siri non guardava nemmeno nella sua direzione, fissava il soffitto, come se concedere loro lo sguardo avrebbe fatto scivolare via tutta la sua fermezza.
- Non posso vederlo… sono troppo debole in questo momento.
I due soldati da una parte e dall’altra del letto si guardarono: i medici avevano concesso loro di salire, significava che un soldato in più non avrebbe per certo fatto alcuna differenza.
Hange scosse la testa e fissò l’addome della donna, poco prima aveva avuto modo di osservare la ferita ancora aperta ed era in ottime condizioni: - Ma non così debole da non ricevere visite. Ci siamo già noi qui, a Levi basterà vederti viva, seguirà le stesse procedure per disinfettarsi che noi…
- Non intendevo fisicamente.
Il comandante perse il mezzo sorriso che aveva e rimase a fissarla senza parole. Jean approfittò del silenzio tombale che era calato tra loro per uscire dalla stanza e lasciare i due superiori liberi di parlare: anche se era stato per quattro lunghi anni un testimone scomodo di quella relazione clandestina, non voleva vedere Siri in quello stato. 
Era chiaro che la spia fosse ancora dell’idea di non proporre a Levi di seguirla, quest’ultimo infatti aveva ancora il compito di occuparsi di Zeke oltre che un giuramento da mantenere, ma lei non sarebbe stata abbastanza forte da guardarlo negli occhi e lasciarlo andare. Hange e Siri parlarono per una buona mezz’ora, almeno, da quanto aveva intuito Jean che era rimasto in corridoio ad aspettare il comandante, erano poi usciti dal retro per evitare Levi. Anche se con molto dispiacere, rispettavano la scelta di Siri.
La sera seguente erano di nuovo nella stanza con Siri, questa volta a loro si era unito anche Bernard, visto che avrebbe dovuto fare parecchio del lavoro “manuale” che sarebbe spettato all’infortunata prima che lei si fosse ritirata.
- La situazione non si è calmata. – esordì Hange – Ho avuto una riunione con i più alti in grado e pensano che per come si stanno evolvendo le cose le proteste non si esauriranno molto presto. E io sono della stessa opinione.
Si massaggiò la fronte cercando di mettere in ordine i pensieri, c’erano fin troppe cose da discutere con Siri e avrebbe tanto preferito fosse direttamente al suo fianco per non doverla aggiornare.
- A nord però le proteste non hanno preso molto piede, almeno, da quanto so dai nostri contatti. – disse Bernard in piedi di fronte al letto di Siri che, da stesa, riusciva a muovere soltanto gli occhi. Tuttavia, rifletté Jean, sembrava essere in condizioni migliori rispetto al giorno prima.
- Beh, a questo punto potremmo pensare di far sbarcare i volontari a nord dell’isola, possiamo spostarci anche gli Azumabito adesso che la situazione è più o meno sotto controllo. – propose il ragazzo.
Hange annuì sovrappensiero alle parole di Jean: - Sì… sono d’accordo. Non sappiamo come potrebbe evolversi la situazione ed è meglio che tutti i nostri contatti con le altre nazioni siano al sicuro… il vero problema… – digrignò i denti – l’enorme problema è che non abbiamo ancora notizie sulla situazione nel continente e qui non abbiamo radio per comunicare. Non possiamo tornare a Shiganshina o al molo a sud, le cose potrebbero degenerare e rimarremmo bloccati lì.
- Inoltre stiamo ignorando un'altra enorme problematica. – Bernard guardò grave Hange, mentre indicava Siri con brevi cenni del capo – La maggior parte degli Yeageristi sono soldati del corpo di ricerca, per ora Eren è in prigione e Zeke sarà presto lontano da qui con Levi, ma per quanto? Non appena riusciranno ad evadere ed Eren con loro, la prima cosa che faranno sarà andare a cercare Siri per estorcerle informazioni su dove si trova Zeke e, mi dispiace lucertolina, non sei certo nelle condizioni migliori per tenere testa o nasconderti.
- Potremmo spostare anche lei a nord. – propose Jean poggiato sul coprifilo della finestra da dove ogni tanto teneva d’occhio l’esterno.
- La notizia arriverebbe all’orecchio di Eren, stanne certo. Non siamo sicuri di quante talpe ci siano, e poi Siri non può ancora spostarsi sulle proprie gambe, dovrebbe uscire di qui in barella o in sedia a rotelle, non proprio un modo per evitare occhi indiscreti. – il tono con cui Bernard faceva il punto era molto serio, un’anomalia rispetto a quello che assumeva di solito, chiaro segno che quella in cui si trovavano non era una circostanza da prendere alla leggera.
Siri in tutto quel vociare non aveva ancora aperto bocca, guardava attentamente i suoi interlocutori mentre elaborava un modo per tirare tutti fuori da quell’impiccio. Il colpo di genio le venne all’improvviso, totalmente inaspettato, e si maledisse per come l’avrebbe trattenuta lontana ancora per un po’ di tempo dal tanto agognato ritiro. Ma sarà necessario.
- Morirò.
I tre si zittirono, voltando la testa all’istante verso di lei con un colpo al cuore.
- Cosa? – Jean le si avvicinò.
- Io morirò.
- Garret mi aveva detto… – Hange si stava muovendo con dei piccoli movimenti agitati sulla sedia – Insomma, è scienza, sei fuori pericolo! L’operazione è andata bene, metterò delle guardie per fermare Eren e quel manipolo di idioti…
- No, non in quel senso.
Le due si guardarono per un lungo istante, quando Hange capì cosa intendesse, la sua espressione turbata si distese, incredula scosse piano la testa.
- No. No…
- Aspetteremo ancora qualche giorno, poi farete in modo che la notizia si diffonda, allestiremo anche una camera ardente sarà quasi divertente a vedermi lì sapendo la verità, infatti vi consiglio di entrare solo per poco, dopotutto sarete tutti abbastanza affaccendati per-
- NO! – Hange non riusciva nemmeno a guardarla, stringeva i pugni chiusi sulle cosce – Non ti permetterò di fare questo a Levi.
Comandante?
- Ah! Non ti permettere chiaro?! Non metterla su questo piano! – il comandante le puntò il dito contro – Non fare finta che la cosa non riguardi me, te e Levi personalmente! Non sei l’unica a tenere a lui, è il mio sottoposto, certo, un soldato, ma è mio amico.
Siri distolse lo sguardo dal suo: - È la cosa più sensata da fare, potrò agire indisturbata, Bernard verrà con me e potrà essere, come dire, le mie mani. Hange, anche se me lo vieti lo farò lo stesso, non possiamo permettere che gli sforzi della mia squadra vadano invani, e poi… sarà molto più facile anche ritirarmi e scomparire nel nulla dopo.
Hange annuì sardonica: - Va bene… quindi lascerai anche a lui dei regalini o candele alla finestra? Magari un fiorellino di lavanda per il giorno del suo compleanno.
- Hange per favore… non farmi questo. Sai che devo farlo, Levi farebbe la stessa cosa.
- No, non lo farebbe.
- Io ti dico che invece…
- NO! Non più! – Hange si alzò dalla sedia – Non dopo tutto quello che abbiamo passato, mi dispiace metterla in questi termini, però tu non c’eri Siri. Ma io sì. Non è così forte come pensi e questa sarà la goccia, morirà dentro definitivamente.
Questa volta Jean non aveva avuto il tempo di sgattaiolare via, era rimasto immobile con Bernard a sentire quel confronto privato in religioso silenzio.
- Hange, pensaci un attimo per favore, non morirò veramente. Al momento giusto andrò da Levi e tutto…
- Ammesso che ci sarà mai un momento giusto.
Siri s’indispettì, strinse i muscoli della bocca mentre espirò dal naso carica di nervosismo: - Com’è che diceva Erwin? “Al di sopra delle parti”. Sono stanca del fatto che questo significhi tutto e niente, sono stanca di sporcarmi le mani senza avere mai nessun risultato, ma sopra ogni cosa sono stanca di ferire tutti continuamente. Le ho fatte soffrire tutte le persone che amo, Diya, Shawn, mia madre è stata la prima. Levi è solo l’ultimo di una lunga lista, non mi piace ma devo farlo, me lo ripeto ogni santo giorno da anni, e se proprio vuoi sapere quello che davvero penso, Hange, beh, con tutta onestà avrei tanto, ma tanto, preferito morire con mio padre perché così nessuno avrebbe mai sofferto.
Riprese fiato ansante, non credette di averlo finalmente detto ad alta voce a qualcuno. Hange la guardava scioccata con la bocca aperta, senza accorgersene una lacrima le scivolò lungo la guancia. Si girò prontamente dall’altra parte per dare le spalle ai suoi sottoposti ammutoliti, Jean non si era neanche sforzato di nascondersi alla vista degli altri, a braccia conserte e con lo sguardo a terra e gli occhi lucidi, contorceva il labbro inferiore per non farlo tremare incontrollato.
Siri si schiarì la voce, Bernard fu l’unico ad alzare lo sguardo: - Comunque sia, non c’è alcun bisogno che Levi lo venga a sapere. Dopotutto deve partire con Zeke nella foresta e potremo semplicemente evitare che la notizia gli arrivi. Non capisco perché sia ancora qui onestamente.
Hange si voltò di nuovo verso di lei, quindi annuì ma la sua voce tradiva ancora del risentimento: - Bene, allora è deciso. Come hai intenzione di procedere, se mi è dato sapere i dettagli?
- Scusate. – alla porta era apparsa Kerstin – Il capitano Levi è di nuovo qui. Sempre la solita storia, ma oggi sembra più determinato… Adesso ci sta parlando Shawn.
- Va bene, grazie Kerstin, non preoccuparti adesso ce la vedremo noi, torna di sotto. – disse Siri congedandola, riprese a parlare con Hange dopo che se ne fu andata – È una fortuna che sia già qui così potrai dirgli di andare via già domattina… io aspetterò di essermi ripresa quanto basta, massimo qualche giorno, poi prenderò un veleno, l’ho scoperto un po’ di tempo fa in un libro, rallenta così tanto il battito cardiaco che sembrerò perfettamente morta. Shawn m’inietterà un antidoto che mi farà riprendere e…
- L’hai mai provato prima? – Hange era una scienziata e sapeva perfettamente come i veleni potessero essere subdoli.
- Beh, no, ma…
- Quindi è un azzardo. – Siri roteò gli occhi, ma Hange non le diede neanche il tempo di ribattere – Va bene, se sai quello che fai ti lascerò procedere. Penserò io a far andare via Levi prima che tu muoia, tu occupati di trovare un modo per comunicare con noi mentre agite. 
Il comandante andò via a grandi passi senza neanche salutarla. Poco dopo andò via in silenzio anche Jean che non ebbe il coraggio di dire una singola parola, sentiva che se l’avesse fatto sarebbe scoppiato a piangere.
Siri prese il lenzuolo e se lo alzò fino al collo, a disagio perché Bernard non aveva ancora spiccicato parola: - Credo proprio che domani non verrà nessuno a farmi visita.
- Non voglio essere coinvolto. – l’uomo toccò il grosso livido che aveva sullo zigomo, il segno della sua “rissa” con Levi – Ne ho già pagato le conseguenze. Ci vediamo quando risorgi.
Lei annuì e lo osservò arrampicarsi sul davanzale della finestra e gettarsi sul tetto di fronte coi rampini.
 
- Sei pronta? – Kerstin era andata ad assisterla il giorno in cui avevano prestabilito sarebbe morta, Shawn si era rifiutato e le due donne potettero comprenderlo perfettamente.
Siri, che finalmente riusciva a sedersi sul letto, guardò assorta la boccetta di vetro verde scuro: si era ripromessa quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe spinto il suo corpo oltre il limite, l’ultima missione per davvero. Giurò solennemente a sé stessa di fare di tutto per portare sé stessa via da quella realtà.
Giurò anche per Levi, che quella realtà non se l’era mai meritata.
Senza dare alcun preavviso all’infermiera, portò la boccetta alle labbra e inghiottì in un solo colpo il suo contenuto.
- A presto, Kerstin. – l’infermiera le prese la mano con un’espressione mesta in viso mentre l’altra si stendeva di nuovo – Ricordati di fare quello che ti ho chiesto se non dovessi risvegliarmi.
Quaranta minuti dopo, Siri morì.
 
Shawn spinse la pesante porta di ferro in avanti, il cigolio si spanse per tutta la camera mortuaria, umida e fredda per le spesse pareti di pietra adornate con le lampade a rocce luminescenti.
Aprì il cubicolo di Siri, le cui grate erano rimaste aperte “per dimenticanza” e tirò fuori il carrellino metallico su cui era stato adagiato il suo corpo con ancora la tunica ospedaliera addosso. Il loro piano non era un azzardo solo sotto l’aspetto del veleno, ma anche nel lasciarla quasi sempre sola in quel cubicolo. Chiunque avrebbe potuto cremarla prima del tempo o anche solo chiudere le grate che le garantivano di respirare.
Il medico pescò dalla tasca del camice il cilindro della siringa e dall’altra un ago sterile che vi appose sopra, iniettò l’antidoto al braccio di Siri e aspettò per dei minuti che a lui sembrarono lunghissimi. Non immaginava come avrebbe potuto ridurla il veleno se avesse tentato di rianimarla, probabilmente a quel punto sarebbe stato meglio ucciderla.
Teneva lo sguardo fisso su di lei quando vide le sue palpebre cercare di aprirsi, come il resto del viso che iniziò a muoversi intorpidito. Shawn si chinò su di lei per osservarla meglio, le puntò uno stecco luminoso negli occhi che, con suo grande sollievo, reagirono allo stimolo. Siri aveva rantolato per protesta e aveva tentato anche di alzare un braccio con scarsi risultati: era comunque una reazione notevole per il medico che non si aspettava riuscisse a riprendersi così velocemente.
- Puoi controllare che la ferita all’addome sia guarita?
Shawn sobbalzò. Poco distante da lui una ragazzina dal viso appuntito se ne stava nell’oscurità dello stanzone e lo stava osservando, con ogni probabilità, da quando era entrato.
Il medico, con ancora una mano sul cuore per lo spavento, annuì e alzò la tunica di Siri, rivelando il piccolo forellino che, seppur contornato da un alone verdognolo per il livido da operazione, era perfettamente richiuso.
- Sembra a posto. – l’uomo alzò lo sguardo di scatto, la ragazza l’aveva sorpreso di nuovo avvicinandosi di soppiatto e adesso guardava con uno sguardo vacuo la ferita.
- Mmh… – si voltarono verso il viso di Siri che con movimenti sconnessi si stava stropicciando gli occhi – Questo coso è dannatamente scomodo… potevate mettere un cuscino o qualcosa del genere.
Strascicava le parole, ma Shawn si disse comunque soddisfatto: non aveva apportato nessun danno neurologico e la ferita si era rimarginata come previsto. Restava solo controllare che le gambe le funzionassero ancora. Dopo averle controllato il battito con lo stetoscopio, l’aiutò a sedersi alzandole il busto. 
- E tu che diamine ci fai qui? – disse SIri non appena si sedette e mise a fuoco la stanza – Dov’è Bernard?
Yvonne si sedette dall’altro lato della barella in metallo: - Scomparso. Hange ha mandato me.
- Cosa?! Scomparso? In che- AH! – si voltò verso Shawn che le aveva tirato un pizzico per testare la sua risposta al dolore. L’uomo annuì soddisfatto quindi tornò a visitarla.
- Proprio scomparso scomparso. Nel senso che non si trova.
Siri contorse la bocca per il fastidio quando il medico iniziò a batterle un martelletto sulle ginocchia: - Cosa è successo, ne avete idea? Ho dormito solo per qualche giorno, la situazione è peggiorata così tanto? Jean come sta?
- Ho finito. – s’intromise Shawn – Prima non hai sentito il freddo dello stetoscopio, ma credo che a questo punto la sensibilità tattile sarà l’ultima cosa a tornare.
Rimasero qualche secondo in silenzio, quindi i due si abbracciarono all’unisono.
Resta viva per favore. – le bisbigliò Shawn paterno. Siri riuscì solo ad annuire. Si separarono poco dopo e Shawn andò via di corsa per tenere sgombro il passaggio per quando le due sarebbero uscite. Mentre pian piano Siri si alzava e vestiva, Yvonne l’aggiornava su tutto quello che era successo, man mano che i minuti passavano, la spia diventava più abile nei movimenti, li riprese praticamente del tutto dopo aver finito di allacciarsi le scarpe (non con poca fatica).
- Eren è fuggito di prigione poco dopo la tua morte e Jean crede sia stato lui a rapire Bernard per estorcere informazioni.
Siri si stava sistemando le cinghie dei suoi pugnali e dei rampini: - Informazioni? – guardò altrove assorta – Forse ha intenzione di procedere col piano di Zeke e spera di raggiungerlo.
- Ma allora… per il piano… – Yvonne mosse la testa con piccoli movimenti circolari, il suo strano modo per concentrarsi – Anche se Bernard parlasse dicendo loro dove si trovano, non farebbe molta differenza, no? Anzi sarebbe…
- No. – Siri infilò i congegni per i pugnali estraibili sugli avambracci – Sarebbe terribile perché Levi non sa del piano, cercherebbe di fermarli e morirebbe nel tentativo, Eren è troppo potente. Non credo neanche che Levi ingaggerebbe battaglia a prescindere, piuttosto tenterebbe di uccidere Zeke. Il punto è che abbiamo bisogno di sapere com’è la situazione sul continente prima di procedere…
Yvonne sospirò con un tono trasognante, Siri la guardò con una smorfia di disapprovazione.
- Forse avresti preferito Bernard al posto mio? – le disse la ragazza attorcigliandosi una ciocca di capelli.
Siri agganciò la sacca alla cintura: - Se c’è una cosa che non ti rinfaccerò mai di non avere è sicuramente la perspicacia.
A Yvonne cadde la testa in avanti mentre alzava un sopracciglio risentita.
- Avanti, andiamo. Dobbiamo muoverci e anche senza farci notare il più possibile. E se le rivolte sono così gravi come mi dici sarà un bel problema anche comunicare in codice con Hange.
Non fu particolarmente difficile uscire dall’ospedale, con le rivolte in corso, i feriti per il pronto soccorso si erano triplicati e in quel marasma fu facilissimo passare totalmente inosservate. Quando raggiunsero le porte interne della città, Yvonne, rimasta senza cappuccio, allungò ai soldati di guarnigione i loro documenti, ad una loro occhiata verso Siri che le stava accanto col cappuccio abbassato fin sotto gli occhi, la ragazza la prese sottobraccio attraverso il mantello con cui si stava coprendo.
- La mia nonnina non riesce a stare in piedi molto a lungo, per favore, ho lasciato il nostro carretto oltre le mura!
La soldatessa accanto all’altro ancora meditabondo, non appena sentì quanto aveva detto Yvonne, gli prese la spalla e si abbassò su di lui che annuì poco convinto.
- Potete andare.
Nonnina? – Siri strinse il braccio di Yvonne indignata.
- Sei in pensione, non è appropriato?
Mentre camminavano oltre i cancelli, rimpianse la compagnia di Bernard e si rese conto di aver pensato per la prima volta a lui da quando aveva avuto la notizia della sua scomparsa. Era preoccupata perché era sicura Bernard non avrebbe parlato, ma allo stesso tempo non credeva gli Yeageristi si sarebbero spinti troppo oltre. Quando raggiunsero il carretto decise che non appena avessero risolto la questione più urgente di Marley, sarebbe andata a cercarlo, purtroppo, fosse successo a chiunque di loro, persino a Jean, avrebbe dovuto procedere in quel modo.
- Incredibile, non mi ha riconosciuta nessuno. – esordì Yvonne dopo un po’ che erano partite.
Siri non si azzardò ad abbassare il cappuccio, nonostante ormai la strada fosse di campagna: - Ti eri accordata con la guardia, non sono mica scema. Trucchetti da manuale.
La ragazza fece un versetto seccato: - Di solito mi piace rischiare, ma visto che c’eri anche tu… volevo evitare rotture
L’altra si limitò a sospirare facendo finta di non aver sentito, soprattutto per approfittare di quelle lunghe ore di viaggio che le dividevano dalla sicurezza del nord per dormire. Quando arrivarono all’altezza di Mitras, continuarono a dirigersi verso nord costeggiando il muro Sina alla loro destra, dopo che oltrepassarono i controlli dei soldati che stavano erigendo una piccola muraglia sulle sponde del fiume, Siri venne svegliata dal cantilenare di Yvonne: da quando erano arrivate a nord la ragazza si era decisamente rilassata, ma se questo significava farle entrare un motivetto nella testa, Siri era prontissima a rovinarle la festa.
- Sei davvero cara a volermi intrattenere, ma preferirei un religioso silenzio.
- I morti non parlanoo… – Siri si voltò a guardarla accigliata – E poi non può darti così fastidio.
- Allora. Prima di tutto non tutte le persone sorde sono completamente sorde. – Siri si sedette, per aiutarsi a farlo si aggrappò al bordo del rimorchio – Seconda cosa, io…
Si bloccò all’istante, scorgendo qualcosa da lontano a parecchi metri da loro.
- Ferma il carro. – disse perentoria alla ragazza.
Yvonne si voltò, vedendo Siri saltare giù dal carro tirò con uno scossone le briglie dei cavalli che protestarono per il gesto improvviso. Non appena ebbe calmato i cavalli, raggiunse l’altra a piedi uscendo dal sentiero mentre si guardava attorno con una circospezione, ma molto rilassata.
- È consigliabile per pazienti reduci da ferita d’arma da fuoco muoversi così? – Siri non le rispose, presa a fissare immobile qualcosa per terra. Yvonne le si affiancò e abbassò lo sguardo dove l’altra stava guardando e pian piano la sua faccia si dipinse di puro orrore.
Un’enorme orma si approfondava nel suolo, un goffo tentativo di cancellarla l’aveva spezzata in due metà e, a giudicare dalla forma e dall’erba ancora parzialmente schiacciata doveva essere abbastanza recente. Si guardarono attorno e non poco distanti c’erano anche altre orme perfettamente distanti tra loro a due a due uguali.
Siri si allontanò di qualche passo per vedere le altre orme e Yvonne sottovoce, quasi che fare diversamente le avrebbe messe in un pericolo mortale, le chiese: - Gli avevate uccisi tutti… Le spedizioni del capitano Levi, loro non dovrebbero essere…
- Non sono giganti. – si voltò Siri, ancora gli occhi che schizzavano da un’impronta all’altra – Non almeno quelli che immagini tu. Questo sì che è un enorme problema… e puntano a sud.
Yvonne si afferrò le due ciocche di capelli platino che teneva sempre ai lati del viso: - Quindi cosa facciamo? Noi due… beh, tu hai ricevuto una sorta di addestramento, ma sicuramente non saremmo capaci di abbatterlo.
Dopo anni, la donna per la seconda volta riusciva a sentire nella voce della collega della vaga insicurezza. A sua volta però nascose la sua, Yvonne aveva tutto il diritto di sentirsi sopraffatta, era invece suo dovere infonderle almeno un briciolo di calma.
- Dove abbiamo installato la radio più vicina?
- Poco a nord di Orvud se non sbaglio. Ma non è potente come quella al porticciolo a nord.
- Ce la faremo bastare, deve bastare. – disse Siri tornando verso il carretto – Non abbiamo tempo di raggiungere il porto.
 
Non avevano tempo, nei termini in cui avrebbero voluto averlo e la recente scoperta peggiorava di gran lunga le cose: Yvonne aveva dovuto accelerare l’andatura dei cavalli fin quasi a farli collassare, non appena erano arrivate dopo qualche giorno alla stazione radio poco fuori un paesino a nord di Orvud, avevano dovuto inscenare un incendio e poi bloccare tutte le porte per permettere a Siri di contattare tutte le persone con cui aveva bisogno di comunicare. Dopo aver litigato e tirato gli insulti più osceni che Levi le avesse insegnato verso quei nuovi macchinari, la donna uscì dallo stanzino delle comunicazioni radio con un’espressione che a Yvonne, che faceva la guardia nel corridoio, parve abbastanza speranzosa.
- Ci sono buone notizie su Marley. Beh, buone per noi: la nostra missione alla fine ha funzionato. – esordì Siri non appena si furono allontanate dall’edificio abbastanza – Sono riuscita anche a contattare il porto a nord e mi hanno confermato che non hanno visto navi nemiche all’orizzonte. A sud non valeva la pena neanche chiedere, credo che il gigante carro avrebbe avuto vita breve con gli Yeageristi a presidiarlo. Quello che penso è che siano arrivati a nuoto col carro.
Siano? Dici c’è anche il mascella e il corazzato?
- Secondo me sì. O forse solo uno dei due, non ne ho idea. È stata comunque un’idea stupida la loro venire qui, non so cosa puntino a fare visto che ormai Marley è letteralmente in un baratro.
- Magari un’ultima mossa disperata. Qualcosa di rischioso. – Yvonne si guardò intorno nella strada trafficata del piccolo paesino, non si aspettava grande confusione ma un minimo di preoccupazione per la situazione che imperversava tra nord e sud, con Eren incarcerato. Invece regnava la calma più assoluta anche lì, oltre che in tutte le città principali che avevano già superato.
- Possibile. Magari cercare di recuperare il fondatore per tentare di sedare le rivolte e recuperare il potere con la sottomissione. Sta di fatto che dobbiamo cercare di dialogare col carro perlomeno.
- Sei proprio misericordiosa.
Siri sbuffò, salendo sul retro del carro: - Senti, non iniziare. Da quello che abbiamo potuto osservare… ma che te lo dico a fare?! Dovrebbe essere ovvio per te con tutto quello che sappiamo.
Yvonne roteò gli occhi con le briglie tra le mani: - Cosa speriamo di fare quindi? Parlando con lei intendo.
- Mediare, ovviamente. Qualsiasi accordo le offriremo, lei sarà abbastanza intelligente da accettare.
La ragazza si voltò col busto, risoluta le disse: - Seppure Pieck sia una soldatessa molto intelligente, non abbiamo nessuna certezza che non decida di attaccarci o ucciderci.
- Che differenza c’è tra attaccare o uccidere?
Yvonne rimase in silenzio e distolse lo sguardo incerta: - Cosa ho detto?
- Tu sei la stessa persona che ho incaricato di addormentare e avvelenare ufficiali alti in grado di Marley?
- Apparentemente.
Siri si grattò le sopracciglia scuotendo la testa: - Comunque… ho pensato anche a questo, sai i due ragazzini che… – si bloccò istintivamente, ma continuò poco dopo – i due che sono saliti sul dirigibile.
- Beh?
- Potremo usarli come merce di scambio, o meglio, detto così sembra davvero brutto… – disse frugando nei sacchi di cibo che si erano portate dietro – Semplicemente ci aiuteranno ad essere ascoltati. 
- Tanti giri di parole per non dire ostaggi. – Yvonne scosse le briglie e mise in cammino i cavalli verso il sentiero.
Siri addentò una mela e alzò le spalle: - Non è così brutale come dici… Saranno più dei… collaboratori alla mediazione.
Il piano che aveva ideato sembrava, per una volta, davvero semplice, se non fosse stato per il fatto che arrivate alla prigione dove i bambini erano stati detenuti, avevano scoperto fossero scappati da più di una settimana. Yvonne dovette sorbirsi la quasi crisi di nervi del superiore quando, tornata nel boschetto lì vicino dove l’altra era rimasta nascosta, le aveva dovuto riferire della scomparsa di Gabi e Falco. Siri si era lasciata andare in un suono rauco per esprimere la sua frustrazione e alla fine, più che seccata, aveva preso la decisione di tornare a Trost per comunicare segretamente ad Hange di procedere. Dopotutto, era la soluzione migliore considerato che Pieck e chiunque fosse con lei non avrebbero rappresentato una reale minaccia quando avrebbero attuato il piano, inoltre avevano distrutto la flotta di Marley, decimato il loro esercito, i volontari si erano occupati di manomettere i principali dirigibili e aerei. Era difficile immaginare un attacco su larga scala o che comunque avrebbe mai potuto metterli in difficoltà.
 
Il soldato del corpo di ricerca che Hange e ciò che restava della squadra di Levi avevano lasciato all’ingresso non era molto sicuro di che segno dovesse aspettarsi per poter entrare nell’edificio, non immaginava certo potesse essere una ragazzina minuta con la divisa della guarnigione. Non aveva idea da dove fosse entrata, visto che era scivolata alle sue spalle bisbigliandogli di entrare nell’edificio appena possibile e Hange avrebbe capito anche senza che lui avesse detto niente. Come l’aveva raggiunto, così era sparita, uscendo addirittura dall’entrata principale indisturbata. Nel momento in cui aveva messo un passo verso il portone, dal cancello si levò un vociare fortissimo che lo face bloccare sul posto e voltare nuovamente. Riuscì a carpire il necessario per gettarsi a perdifiato lungo i corridoi, anche prima che lo facessero i soldati della guarnigione che erano stati incaricati di dare la notizia all’interno. Si fece spazio nel tribunale militare gremito di soldati urlando: - COMANDANTE! – non sapendo se rivolgersi ad Hange o a Pyxis per dare la notizia che gli Yeageristi avevano raggiunto i cancelli della città.
Gli occhi del comandante del corpo di ricerca caddero immediatamente sul fiorellino di lavanda che il soldato aveva nel taschino, fu sufficiente un’occhiata ad Armin per far sì che lui si avvicinasse e che verificasse che non ci fossero altri messaggi.
Non appena Pyxis ordinò di muovere le truppe, Hange raccolse la squadra di Levi e li portò fuori, tenendo saldamente Jean per la manica del cappotto, Armin e Connie ai lati si facevano spazio spintonando i soldati per arrivare ai portoni il prima possibile. Slegarono i cavalli della carrozza e si allontanarono a passo svelto dall’edificio.
- E adesso che facciamo comandante? – disse Armin non appena si erano riparati in una strada meno affollata – Raggiungiamo il capitano?
- No. – Hange si prese il mento tra indice e pollice – Siri me l’aveva detto di tenere Yelena sott’occhio, mi sembrava assurdo che una persona che avesse dato tanto a quest’isola come lei potesse pugnalarci alle spalle, eppure… Pyxis non solo mi ha rivelato in separata sede che lei ed Eren si sono incontrati in segreto, ma poi, dopo i dubbi che Siri mi ha sollevato, ho scoperto altro grazie a Jean.
Il comandante si voltò a guardare il sottoposto, invitandolo a parlare. Jean sospirò: - Onyankopon una volta mi ha raccontato di come Yelena si è guadagnata la fiducia e il rispetto dei volontari, è stata praticamente lei a metterli insieme uccidendo a sangue freddo qualsiasi Marleyano avesse sospettato di loro o gli si opponesse. Non ho dato molto peso alla cosa, fino a quando Hange non mi ha detto dei dubbi di Siri.
- Quanto mi ha detto Jean mi ha fatto pensare molto. – riprese il filo Hange – Nonostante abbia sempre declamato il suo odio verso Marley e i suoi abitanti, quando abbiamo fatto prigionieri quelli che durante questi anni sono sbarcati qui, lei si è battuta perché avessero diritti umani e un lavoro. Non che noi a nostra volta avessimo molto in contrario, ci hanno insegnato tanto ma… una come Yelena? Siri aveva ragione, se solo avessi saputo prima questa informazione l’avrei tenuta d’occhio.
Armin strinse le briglie del proprio cavallo: - Quindi vuole dire che potrebbe aver ordito qualcosa alle nostre spalle?
- Esattamente. Mi preoccupano i posti dove ha sistemato i prigionieri… la maggior parte di loro è impiegata nei ristoranti. C’è una persona in particolare che potrebbe essere più propensa a parlarci.
Non sorprese nessuno che colui di cui Hange stesse parlando fosse proprio Niccolò, infatti presero la strada per l’interno del Wall Rose quasi in automatico. Anche attorno al ristorante c’era abbastanza via vai, ma nulla di paragonabile al caos in cui regnava Trost che sembrava prepararsi alla battaglia. Non appena entrarono nel ristorante, Niccolò li relegò ad una sala vuota chiedendo loro di attendere che finisse di servire dei “clienti molto importanti”. Jean, dopo aver discusso con Niccolò per l’epiteto offensivo con cui li aveva chiamati, si allontanò per andare in bagno. Mentre usciva Connie lo seguì e gli afferrò il braccio scherzosamente: - Aspetta, ti accompagno, non puoi mica andarci da solo! – lo canzonò.
L’altro lo spinse via: - E smettila idiota!
Connie rise e anche Armin parve divertirsi alla scenetta.
- Immaturi.
- Cerca di non stare via troppo. – rispose Armin rincarando la dose, con l’amico che ancora rideva e gli si aggrappava alla spalla.
Jean chiuse la porta scuotendo la testa, mentre affiorava un sorriso sul suo volto ora che i suoi amici non potevano vederlo. Si avviò verso il bagno infondo al corridoio, quando alla sua destra, attraverso uno spazietto lasciato da due grosse porte, si fermò quando intravide in un’altra sala la famiglia di Sasha al completo. Non appena cercò di avvicinarsi qualcosa lo strattonò dalla parte opposta e nel giro di un attimo era stato scaraventato dentro uno sgabuzzino. Tirò fuori un pugnale che teneva dentro gli stivali e, ancora seduto sul pavimento, si mise in posizione difensiva.
- Rilassati Jean-Jean.
Yvonne girò la chiave nella serratura mentre Siri gli porgeva una mano.
- Siri! – Jean ripose veloce l’arma – Ha funzionato! Sei viva!
Si alzò e abbracciò forte la spia che ricambiò non altrettanto strettamente.
- Hange è ancora arrabbiata con me?
Jean la lasciò dopo poco, un po’ imbarazzato: - Ecco, non abbiamo parlato di te in realtà.
A Yvonne scappò una risata che cercò di soffocare mentre Siri la guardava truce.
- Ma tu guarda, io crepo e non interessa a nessuno, – puntò il dito contro la ragazza – con te ci faccio i conti dopo.
- Cosa ci fate qui? Non dovreste essere già da Levi? – chiese veloce Jean a cui non dispiaceva molto questo cambio di piani perché ci teneva a rivedere la sua maestra.
- Vi abbiamo seguiti, c’è un enorme problema Jean.
- Gigantesco. – aggiunse Yvonne con una faccia da poker.
Siri scosse la testa esasperata: - Comunque… Il gigante carro è sull’isola.
- COSA?!
- Sh! – lo riprese Siri dandogli un calcio negli stinchi – Abbiamo trovato le sue impronte mentre tornavamo a Trost per dirvi di procedere.
- Co… perché è qui?!
- Guarda. – Siri gli mostrò i palmi protesi delle sue mani fasciate di nero – Vedi. C’è per caso una palla magica nelle mie mani? Ovvio che non lo so. Quello che ho pensato è che, forse, vogliono tentare il tutto per tutto e recuperare Eren.
- È un’idea davvero stupida.
- L’abbiamo pensato anche noi. – disse Yvonne, anticipando Siri.
- Ad ogni modo, era al tribunale, travestita da soldato. – riprese la donna.
- Eravate nel tribunale?
- Non proprio dentro ma… lasciamo perdere, non è importante. Pyxis la sta facendo pedinare, la controlla costantemente, con lei è arrivato anche il mascella, anche se non è lui che mi preoccupa.
Jean si accigliò: - Sono del tuo stesso parere… Pieck è molto più intelligente, almeno, dai rapporti che abbiamo raccolto a Marley e dalle informazioni di Zeke. Cosa volete fare con loro?
- Parlare. – Siri alzò le mani per fermare il ragazzo dal contestare – Li rimanderemo a casa senza ammazzarli e coi bambini Marleyani che avevamo imprigionato qui.
- È impossibile che non chiedano altro.
- Come ho detto, medieremo.
Jean annuì, convinto soprattutto dal fatto che comunque i Marleyani adesso non erano nelle condizioni per poter fare richieste troppo audaci.
- Ed è qui che entri in gioco tu.
- Io?
- Sì. Per riuscire a parlare col carro avendo la garanzia che non si trasformi ci servono quei bambini Marleyani.
Il ragazzo corrucciò le sopracciglia: - Beh, potevate andare a prenderli direttamente dalla prigione. Non capisco.
- Hanno ucciso una guardia e sono scappati. – disse Yvonne, guardandosi le unghie – E adesso sono in questo ristorante con la famiglia di Sasha. Parecchio ironico se ci pensi, no?
- Trova un modo di portarli da me, poi dovrò chiederti di venire con noi. – Jean assentì in silenzio e fece per aprire la porta quando Siri parlò ancora – Aspetta.
Il ragazzo si voltò.
- Notizie di Bernard? – anche Yvonne lo guardò speranzosa.
Il viso di Jean si rabbuiò: - No… mi dispiace. – restarono in silenzio, fino a quando Siri, ancora sovrappensiero, annuì e lo invitò ad uscire. Poco dopo che ebbe chiuso la porta, sentì degli schiamazzi provenire dalla sala dove si trovavano i Braus: quando spalancò le porte, Niccolò teneva il ragazzino Marleyano senza sensi per il collo, mentre ai suoi piedi c’era la bambina che aveva ucciso Sasha con la faccia tumefatta. Dopo molto dialogare e un’intermediazione non proprio pacifica in cui subentrarono anche Hange, Connie ed Armin attirati dalle urla, Jean riuscì ad allontanare Gabi e Falco appena in tempo, prima che una delle figlie dei Braus tentasse di accoltellare la bambina.
Mentre Niccolò scoppiava in lacrime, Jean colse l’opportunità per portare via Falco e Gabi con sé e farli entrare nello sgabuzzino, dove, non appena dentro, Siri lo sommerse di domande per poi ammutolirsi di colpo quando il ragazzo le porse Falco privo di sensi. Lo adagiarono con cautela sul pavimento e Siri prese a visitarlo.
Gabi, in piedi dietro di lei, era ancora sotto shock e, con gli occhi pieni di lacrime puntati sul suo amico, riuscì solo a dire: - Si riprenderà?
- Ha preso una bella botta, il bernoccolo è davvero gonfio, ma ho visto persone riprendersi da colpi peggiori di questo. Sta tranquilla e cerchiamo di avere fiducia.
Non appena finì di fasciare la testa di Falco, ancora in ginocchio, Siri si voltò verso Gabi, si sporse da un lato e dall’altro della sua faccia e le disse cauta: - Posso toccarti?
A Gabi trasalì e si ricordò come aveva trattato quella donna sul dirigibile. L’aveva chiamata sporco demone, le aveva urlato in faccia dicendole di non volere che le sue mani la toccassero, subito dopo che aveva ucciso qualcuno che, aveva intuito, le stava molto a cuore. E ora, nonostante tutto, quei soldati l’avevano protetta e quella donna si stava non solo preoccupando che lei stesse bene, ma che avesse il permesso di toccarla. Gabi lasciò scivolare lungo il suo viso le lacrime, si era resa finalmente conto di quanto cieca era stata.
- Mi scusi… – disse tra i singhiozzi – è che proprio non capisco ancora… perché siete gentili con me… ho ucciso la vostra amica…
- È la guerra. Sappiamo i rischi che corriamo, tu eri solo dietro il fucile. E poi… – Siri le porse un fazzoletto – Siete dei bambini, non avreste mai dovuto essere coinvolti in primo luogo. Adesso, se mi dai il permesso posso aiutarti, sono un dottore, il mio nome è Siri.
Gabi prese il fazzoletto e lo tamponò sulle narici: - Io sono Gabi e lui è Falco.
Siri le sorrise dolcemente, e, mentre Yvonne la guardava quasi incredula, Jean era rimasto poggiato alla parete a guardare la reazione della collega con un certo compiacimento: a differenza sua, a lui non era nuovo il comportamento che assumeva coi pazienti, soprattutto quelli più giovani. Ripensò con nostalgia a quando aveva curato la caviglia di Historia e a come era stata gentile e premurosa.
- Gabi, vorrei applicarti qualche medicina e dei cerotti, ti daranno subito sollievo.
La bambina annuì docile e si lasciò incerottare, nel bel mezzo dell’impresa, Hange spalancò la porta dello sgabuzzino con gli occhi stralunati. Siri, con le mani a mezz’aria, la guardò perplessa assieme a Gabi.
- Quindi almeno un po’ ti mancavo. – esordì Siri.
- Perché siete ancora qui?! Anzi, menomale che siete ancora qui. – Hange si strinse la base delle sopracciglia da sotto gli occhiali ed entrò, seguita a ruota da Armin e Connie che chiusero la porta alle loro spalle.
- Lasciate spazio al ragazzino! – berciò Siri ai nuovi arrivati che resero lo spazio, già risicato, ancora più ristretto. Dopo che poi si erano allontanati da Falco sotto la strapazzata di Siri, si erano tutti schiacciati l’uno contro l’altro sulla parete di fronte, tant’è che Hange dovette farsi spazio spintonando i suoi sottoposti per emergere. Prese fiato per parlare ma venne distratta dalla figurina di Yvonne che, seduta a gambe incrociate su di una cassa, la stava fissando.
Scosse la testa e parlò: - Siri, devi raggiungere Levi quanto prima.
La spia si alzò e le si mise di fronte: - Ma non mi dire. Jean non ti ha informata della novità, ma ho prima una faccenda da sbrigare col gigante carro in giornata.
- Il… che?! È sull’isola?!
- Già. Ha Pyxis alle calcagna, non preoccuparti. – Gabi, più interessata adesso alla conversazione, tentò di parlare, ma Hange prese subito parola.
- Va bene… Maledizione, anche questo adesso… Siri c’è un problema. 
- Un altro? Peggio di questo?
Quando Hange le spiegò “il problema”, la spia non poteva credere a quanto le stesse dicendo. Sapeva di non poter certo pretendere che il piano procedesse esattamente come speravano, ma nemmeno che tutto potesse andare a rotoli con una facilità così disarmante.
 
Nota: è lunghino, lo so. Per favore non odiatemi per come l'ho fatto finire, ma questo capitolo ha una storia particolare perché in realtà doveva essere finito almeno una settimana fa, ma mentre continuavo a scriverlo per portarlo esattamente dove volevo (come vi ho detto ho pianificato tutti i capitoli), mi sono resa conto che c’erano ancora tante scene da raccontare, non ero neanche a metà ed era venuto fuori di 10 pagine. Quindi ho preso buona parte di quello che doveva essere questo capitolo e l’ho gettato in pasto al prossimo, sperando di non avervi ammorbato troppo. Purtroppo ho dovuto mettere tantissimi dialoghi per farvi capire cosa stesse succedendo a grandi linee, non potevo lasciarvi totalmente ignari.
Il veleno di oggi dovrebbe essere l’Atropa belladonna, lo stesso utilizzato da Giulietta in Romeo e Giulietta e quello che usa anche Sandokan in non ricordo quale sua avventura. Per ovvie ragioni, l’efficacia di questo metodo o anche il fatto che fosse davvero il belladonna sono cose che non sono mai state testate, quindi ho preso una “licenza poetica” e mi sono fatta andare bene fonti non proprio precise. Insomma, parliamo di un mondo in cui esistono i giganti… è pur sempre un racconto di fantasia, nonostante fino ad ora sono rimasta abbastanza fedele alla scienza vera, vi prego di concedermelo (magari esiste davvero questo veleno, chi lo sa, io non muoio dalla voglia di scoprirlo, preferirei se mai mi trovassi nella situazione di usare i metodi alla Mattia Pascal).
Le fonti che ho usato per il veleno: questo articolo della BBC e la cara buon vecchia wikipedia + avevo letto dell’episodio di Sandokan tanto tempo fa in un libro di antologia per la scuola e sono riuscita a trovare una pagina su internet qui, anche questa in inglese (basta cercare nella pagina web la parola “death”, al 9° risultato troverete la narrazione dell’evento a grandi linee).
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: coldcatepf98