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Autore: crazyfred    21/05/2023    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Epilogo

 

Le giornate si stavano accorciando ormai. Era la prima cosa che notò Maya mentre lei e Alex erano in auto, direzione Garbatella; o forse è più corretto dire che si era obbligata a cercare un diversivo per non pensare a quello che stava per accadere. Perché non si era tirata indietro all'invito della mamma di Alex, ma questo non significava che non se la stesse facendo addosso. E che Alex fosse al suo fianco, tenendo una mano sul volante mentre con 'altra le stringeva le sue, non l'aiutava affatto. Aveva sempre odiato l'autunno, la notte che arriva prima, le piogge, il vento, le giacche: generalmente tutto questo le metteva addosso una grande malinconia, ma non a questo giro. Se ci pensava ora, invece, le veniva in mente la moto di Alex e i colori caldi e saturi che l'autunno dei paesaggi che scorrevano attorno a loro, ai sapori delle piccole osterie fuori porta dove si sarebbero fermati di passaggio a chiedere se c'era posto per due e ai profumi che nell'aria si fanno più forti: le caldarroste, l'olio nuovo, il vino novello, la terra bagnata dall'umidità del mattino. Ti conoscono già, non c'è nemmeno l'ostacolo della prima impressione, quella sentenza di Olivia era tornata con prepotenza a disturbarla: del resto, neanche Olivia probabilmente ci credeva a quello che aveva detto. Maya aveva visto Maria di sfuggita e gli incontri con Cesare si contavano sulle dita di una mano, sebbene tra di loro fosse scattata da subito una certa affinità. E poi c'era Giulia che, se la conosceva abbastanza, c'era di che preoccuparsi: quella bambina aveva la straordinaria capacità di mettere gli adulti attorno a lei con le spalle al muro e in situazioni compromettenti.
"Sei nervosa".
Non era una domanda. Alessandro l'aveva vista pensierosa e silenziosa per tutto il tragitto, cosa rara per Maya, ma l'aveva lasciata stare, magari aveva bisogno di un po' di silenzio prima di entrare nel caos di casa Bonelli - aveva fatto bene pure a lui quel po' di pace. Una volta arrivati, però, mentre cercavano parcheggio nelle strade vicine, non poté proprio più tacere.
"Un po'" ammise la giovane; non aveva mai avuto bisogno di fingere con lui e non avrebbe iniziato in quel momento. Anche lui, come sua sorella e le sue amiche, le ricordò che conosceva già tutti. "Lo so, ma adesso è tutto diverso"
"Come? Scusa ma non riesco a capire..."
Perché sei un uomo, per te è tutto più semplice. E perché è la tua famiglia. Quelle parole però, nonostante le avesse pensate, non gliele avrebbe dette. "Perché se prima mi vedevano come un'intrusa, una creatura non meglio identificata, adesso ho una bella etichetta addosso e si creeranno delle aspettative. E non ci vuole niente per deluderle"
"E tu deludile pure" tagliò corto Alessandro, facendole l'occhiolino.
"Cosa?!!! Tu stai fuori..."
"Dico sul serio...tu non hai bisogno di impressionarli, perché devi andare bene solo e soltanto a me" la incoraggiò "e direi che mi vai benissimo"
"Devo andare bene anche ai tuoi figli però..."
Aveva ragione, come anche sua madre gli aveva detto del resto: non sarebbero mai stati soli. Ma se non ci fosse stata neanche la più remota speranza che Maya avrebbe potuto fare breccia nel cuore dei suoi figli, probabilmente nemmeno ci avrebbe provato.
"Per il 50% è cosa fatta, per l'altro 50 direi che siamo sulla strada giusta"
"A proposito di strada giusta" lo imbeccò Maya "guarda, laggiù c'è un posto libero, parcheggia lì"

“Mi sento la Befana!” esclamò Maya, a bassa voce, mentre Alex le lasciava il cancelletto della villetta aperto. Se c’era una certezza nella vita di Alex, era la serratura di quel cancello sempre rotto – dai suoi nipoti, manco a dirlo.
“Amore sei bellissima, che stai dicendo?”
“Mica per il look! Sono carica di regali!”
“Ma se sei stata tu a dirmi che non potevi venire a mani vuote?!”
Maya si voltò, lanciandogli un’occhiataccia. Sapeva di non dover dire altro e si offrì per prendere i pacchetti e lasciarle solo i fiori. Suonò alla porta e lì, in piedi, in attesa, Maya corse a intrecciare la mano alla sua. Non disse niente, ma gli occhi e quella stretta più energica del solito parlavano per lei. Alex poteva aggiungere una nuova lei tra quelle che aveva conosciuto e di cui finiva irrimediabilmente per innamorarsi: questa gli sembrava minuscola, così timida ed impacciata, e tentava invano di entrare in un’armatura più grande di lei, che la facesse sembrare più alta e sicura; però era anche felice e orgogliosa di ciò che erano diventati e di ciò che era diventata lei, e non avrebbe indietreggiato di un passo. Dentro casa, gli acuti di Giulia che aveva capito chi era alla porta e la voce di suo padre che, come da copione, andava ad aprire: non c’era nemmeno bisogno di pianificare alcunché, riuscivano ad essere straordinariamente e adorabilmente prevedibili.
“Ecco il festeggia-” tentò di esclamare Cesare, aprendo la porta, ma le parole gli morirono in gola.
Maya se l’era immaginato proprio così quel momento, ci aveva sperato proprio che fosse così, con Cesare tutto sarebbe stato più facile; se al posto suo ci fosse stata Maria, o peggio Anna, con o senza Alessandro al suo fianco probabilmente se la sarebbe data a gambe. Non si sentiva così forte, a discapito di tutta la buona volontà che ci metteva.
“E tu? E voi … che ci fate qui…”
“Insieme” completò la frase per lui Alex.
“Ma veramente?”
Entrambi annuirono, sorridendo soddisfatti per la sorpresa riuscita, ma anche commossi perché a quel tenerone di Cesare gli occhi erano diventati lucidi in men che non si dica.
“È il tuo compleanno ma me sa che il regalo l’hai fatto tu a me, vé?”
“L’ho fatto un po’ ad entrambi, direi” confermò suo figlio.
Cesare però non era uno che lasciava trasparire le sue emozioni troppo a lungo: una pacca sul braccio del figlio, una strofinata agli occhi ed era ora di ricomporsi.
“E mo chi glielo dice a tu madre che ha una persona in più a cena?”
“Mamma sa tutto, non preoccuparti … secondo te me la mettevo contro con un oltraggio simile?”
“Eh certo, perché in questa casa sono sempre l'ultimo a sapere le cose, ovviamente" rimbrottò, fintamente burbero.
"Ma quando mai, pa'?" Lo sapevano entrambi che era solo una scenetta, una scaramuccia per alleggerire l’atmosfera e ci si buttarono a capofitto molto volentieri.
"Ve possino … dai entrate!”
A Maya la casa sembrava molto più piccola di quanto i due piani della villetta dessero a vedere dal di fuori, ma forse solo perché era arredata come una casa di famiglia, con tanti mobili e tanti ricordi che affollano le pareti e ogni superficie orizzontale: però era calda – ci voleva poco a dire il vero con quelle temperature – e soprattutto accogliente. Ce li vedeva proprio i genitori di Alex a vivere lì, sua madre ai fornelli, suo padre davanti alla tv a vedere il calcio, i ragazzi a fare su e giù per le scale rumorosamente con il nonno che li riprende. E immaginò persino Giulia disegnare, seduta al tavolo della cucina che si intravedeva dall’ingresso. Giulia però in quel momento era lì con loro, volata quasi letteralmente di punto in bianco tra le braccia del padre con degli urletti talmente acuti che era un miracolo fossero ancora nella sfera dell’udibile e non degli ultrasuoni.
“Che avete portato? Non è mica Natale…” le disse Cesare, raccogliendo le buste che Alessandro fu costretto a poggiare a terra per prendere in braccio sua figlia.
“Oh è giusto una cosetta, dicono sia buona educazione presentarsi dai suoceri con un dono” spiegò “i biscotti te li faccio più in là, adesso è ancora troppo caldo per accendere il forno”
Fino ad un’oretta prima si era detta che era ancora presto chiamarli suoceri ma la sua lingua la pensava diversamente, evidentemente, a dimostrazione del fatto che era una persona complicata e non aveva mai completamente il controllo di ciò che faceva. Cesare non rise di gusto, accennò un sorriso controllato, ma i suoi occhi erano stracolmi di gioia. Le posò un pizzicotto sulla guancia “Che gioia che m’hai dato, cocca!”
"Adesso non ti montare la testa però, Cesare..."
"Ciao Maya!" quella squillante vocina familiare richiamò l'attenzione della ragazza.
"Ciao piccola!"
"Beh...piccola...insomma..." commentò Alex con una smorfia di finta stanchezza.
"Ma davvero! Sei diventata proprio una spilungona, Puffetta! È pure passato a trovarti il topolino dei denti o sbaglio?"
La bambina rise, orgogliosa, mostrando vistosamente una finestrella tra gli incisivi inferiori. Era da più di un mese che non la vedeva e oltre ad una bella abbronzatura e ai capelli più biondi che sole e mare le avevano regalato, aveva messo su diversi centimetri che nemmeno abbarbicata in braccio al padre come l'edera riusciva a camuffare; persino nei lineamenti era ormai più signorinella che bambina.
"Sei venuta anche tu alla festa di papà?" chiese, restando ancorata alle spalle del padre.
"Sì" sospirò Maya, impacciata.
"Ma quindi ora avete fatto pace?"
"Eh già"
"Davvero davvero?" Maya annuì. “Come me e Asia?”
“Chi?”
“Eeeh…poi ti spiego, storia lunga”
Era difficile trovare una spiegazione al bene che voleva per quella bambina, bene che non aveva mai provato per nessun altro essere umano minore di anni 18 e più basso di 1 metro e 50. I bambini per lei erano generalmente, quando andava bene, delle simpatiche canaglie con cui giocare, oppure, se andava male, degli scassacazzi con una caterva di domande o discorsi senza senso. E Giulia era tutte queste cose: faceva domande, era una peste, a volte si perdeva nei suoi pensieri da bambina di 6 anni eppure non le dava fastidio. Forse era perché in fondo ci si rivedeva in quella bimbetta furba o forse perché a volte ci sono dei legami che funzionano senza un perché, che fanno click e non ci si può fare troppe domande. Era successo così anche con Alex, il suo cuore aveva fatto click. Alex bisbigliò qualcosa all'orecchio di Giulia che ridacchiò coprendo la bocca con la manina, gli occhietti furbi che le brillavano.
"Che state complottando voi due?" domandò Maya, fintamente indispettita.
"Le ho chiesto se voleva vedere una cosa..."
"Cos-" Maya non fece in tempo a finire la domanda che si ritrovò le labbra di Alex sulle sue. E fu subito il fuoco, che le divampò nel petto fino a imporporarle le guance. Aveva gli occhi chiusi ma se si fosse girata verso lo specchio che aveva intravisto alle sue spalle, all'ingresso, era sicura che avrebbe visto il suo viso rosso come un peperone. Lo sentiva bollente come la brace.
"Soddisfatti?" chiese, quando riuscì a staccarsi da Alex con una leggera spinta. Imbarazzata, portò le mani sulle labbra, concentrandosi su quel duo brigante, anziché su Cesare che era lì, a pochi centimetri da loro.
"Molto, vero Puffetta?" rispose Alessandro, orgoglioso di quella piccola malefatta. Giulia annuì, ridendo teneramente.

Era difficile da credere anche per lui, ma quella sera Alessandro si sentiva euforico. Era come assemblare un puzzle da 5000 pezzi dopo mesi di tentativi; la sua vita era stata così: tanti aspetti diversi che tra di loro non avevano mai legato, il suo passato e il suo presente che non erano mai riusciti a combaciare nonostante tutti i suoi sforzi. E non si trattava solo di Maya: non sapeva se le cose sarebbero andate sempre così; nella vita, lo aveva imparato, non si può dare mai nulla per scontato, non era detto che quei pezzi insieme avrebbero retto per sempre, ma ora sapeva cosa voleva, sapeva come doveva essere quel puzzle e avrebbe rimesso insieme i pezzi ogni qual volta ce ne sarebbe stato bisogno. Certo avere al suo fianco qualcuno che avesse la stessa visione di quel puzzle rendeva tutto più facile.
“Adesso però scendi Giulia che pesi…e guarda nel sacchetto con i fiorellini che ha nonno, c’è una cosa per te”
“Per me? Ma è il tuo compleanno!!!”
“Dillo a Maya”
“Sai Giulia, tua nonna è stata così gentile da invitarmi oggi ed era giusto ringraziarla dell’invito con un dono.”
“E io che c’entro?”
“Come che c’entri? Sono o non sono la tua amica grande? Le amiche si fanno i regali!”
Alex vide Maya sgranare gli occhi per incuriosirla e la bambina, senza chiedere altro, sciolse l’abbraccio e scese dalle braccia del padre per correre a prendere il pacchetto dalle mani del nonno. Durante il loro soggiorno toscano, il sabato sera, avevano scovato un mercatino artigianale nel borgo vicino al campeggio, tra i vicoli in pietra, le luci aranciate delle viuzze e i tavolini addossati alle pareti delle case: la stessa persona che aveva tirato fuori dalla loro tenda a forza, alla fine era stata la stessa che si fermava ad ogni stand, a chiedergli di darle un buon motivo per non comprare ogni chincaglieria che trovava. L’unica cosa su cui non era riuscito a trovare una ragione valida era stato quel braccialetto in argento, con tre stelle marine di tre grandezze diverse. “È perfetto per Giulia” gli aveva detto: la stella più grande, quella azzurra, era lui; poi c’era Edoardo, la mediana, bianca, e Giulia, la piccolina, in rosso. Era in qualche modo la sintesi della loro estate: erano cambiate tante cose, erano anche più complicate, ma alla fine l’avevano passata insieme ed erano stati felici.
“Ti piace?” domandò Alex a sua figlia, chinandosi di fianco a lei.
“Sì”
“E come si dice?”
“Grazie!” La piccola stampò un bacio sulle guance di Maya e Alex sentiva il suo cuore sull’orlo dell’esplosione: non poteva andare meglio di così. Mancava solo una cosa.
“E mamma?” domandò a suo padre, confuso. Era stata lei a volere Maya a cena, lui ci sperava ma non l’avrebbe imposta, lo capiva da sé che per il resto della ciurma poteva essere davvero troppo presto: ora invece non si faceva trovare. Aveva imparato a non fare domande con le donne, ma questo era un po’ troppo.
“Eccomi eccomi!” si sentì la voce della donna provenire dal piano di sopra, mentre Cesare le faceva il verso mimando un’improbabile Maria alle prese col trucco. “Scusate” si affannò a rispondere, scendendo le scale in fredda con il picchiettio dei tacchi sul legno delle scale “so andata a damme na rinfrescatina, fa così caldo davanti ai fornelli.”
Quella data Alex se la sarebbe segnata sul calendario: sua madre s’era messa in ghingheri. Niente di troppo appariscente, ma di solito era una lotta tra lei e Anna per convincerla a comprare un vestitino nuovo o a mettere un filo di trucco per andare a messa la domenica, proprio come tra lui e suo padre. E invece aveva messo un vestitino carta da zucchero, dei sandali e aveva spruzzato qualche goccia di profumo, quello buono, non la solita acqua profumata che durava il tempo di uscire di casa. Era come se temesse di sfigurare. Chissà che idea s’è fatta di Maya quando l’ha conosciuta, eppure m’era sembrata tutta contenta…vai a capire…
“Alessà bello de mamma, viè qua, tanti auguri!” esclamò, abbracciando suo figlio, schioccando due sonori baci sulle sue guance. “E c’è pure Maya, benvenuta! Sono contenta che sei venuta, mi fa proprio piacere”
“Il piacere è mio, signora”
“Signora?! Chi io? Per carità, voi frequentate gli ambienti chic, non io …”
Però in tiro ti ci sei messa, ma’ No Alex si rifiutava categoricamente di capirle le sue donne, da quella di 70 anni a quella di 6, passando per quella di 31. C’era di che finire al manicomio a stargli appresso.
“Madonna mia che belli sti fiori, hai visto Cè…tu non me li regali mai!”
In effetti Maya aveva scelto bene e insieme al fioraio avevano messo su una bellissima composizione, estiva e colorata senza essere troppo eccessiva, in cui però Alex riconosceva solo i girasoli e le rose. Gli altri fiori, di cui aveva sentito pronunciare il nome da Maya mentre erano in negozio, suonavano più come formule magiche o parole segrete alle sue orecchie profane.
“Dici sempre che so’ un buzzurro, che te sei rassegnata” brontolò Cesare “mo che vuoi da me?”
“Ecco vedi Maya, ringrazia che Alessandro ha preso tutto da me …”
“Ah su questo non posso ribattere, se assomigliava a me non ti toccava mica un fidanzato così bello. Oddio … com’è che si dice oggi? Fidanzato, compagno…me devo aggiornà”
Nella mente di Alex riecheggiò un aneddoto che Maya gli aveva raccontato mesi prima. La signora Rossi, l’adorabile vecchietta vicina di casa a Testaccio, lo aveva ribattezzato il suo innamorato. Lei era talmente divertita da quel modo così compassato eppure così carino di chiamarlo che glielo aveva raccontato alla prima occasione, ma ad Alex quell’espressione scaldava il cuore, oggi come allora. Sì, sarebbe bello chiamarsi sempre così, gli innamorati, non c’è migliore etichetta.
“Giulia, hai visto che bei fiori mi ha regalato Maya?!” domandò la donna alla nipotina, che però concordò molto distrattamente, impegnata com’era ad allacciare il braccialetto, orgogliosamente da sola.
“Perché non mi aiuti a mettere i fiori in un vaso, Giulia?” le propose Maria “poi ti aiuto io ad allacciare il braccialetto”
“No è mio, devo fare da sola!” Erano ormai passati i tempi in cui, nei litigi con Edoardo, gli ricordava che aveva solo cinque anni ed era ancora piccola. Ora era tutto un sono grande qui e un sono grande là, per Alex non c’era trauma peggiore.
“Giulia!” la riprese il padre.
“Occhei! Ma il braccialetto lo metto da sola”
“Per carità…e chi lo tocca!”
La donna, entrando in cucina, invitò Maya e gli altri ad andare nel giardino dietro casa, perché aveva apparecchiato lì per la cena. In realtà quello che Maria aveva chiamato giardino era poco meno di un patio, uno spiazzetto sotto una tettoia addossata alla casa che affacciava su un giardino comune a tutte le case del vicinato e delimitato da dei vasi di sempreverdi. La tavola di plastica era apparecchiata in maniera molto semplice, ma non mancava nulla, a Maya non passò inosservata la tovaglia buona, di lino con l’orlo a giorno, di quelle che le nonne esibivano per il corredo e i piatti di sicuro tirati fuori dalla credenza del salotto. A lei sarebbe bastata una cena in piedi o al massimo delle tovagliette all’americana, ma Maria, così come con il vestito, aveva fatto le cose per bene: forse pensava di doverla impressionare, che Maya avesse bisogno del meglio, ma qualunque fosse la ragione, Maya ne rimase colpita e onorata: con poco, aveva dimostrato molta più dignità di persone che avevano molto di più da esibire.

“Ancora nervosa?” le domandò Alex, abbracciandola alle spalle in un attimo in cui erano rimasti soli in giardino, poggiandole un bacio sulla guancia.
Maya accarezzo quelle braccia scoperte che la stringevano, sorridendo dolcemente.
“Un po’ meno. Sono troppo carini! E poi guarda cosa ha fatto tua mamma, il servizio buono, la tovaglia ricamata …”
“È un buon segno, fidati. L’ultima volta che quel servizio è uscito dal mobile è stato per il trasloco”
“Non vorrei che pensasse che sono una snob che vive nel lusso”
“Ma no! Che vai a pensare…”
Lo avesse pensato, di questo Alex era sicuro, quell’invito non sarebbe arrivato così presto e così facilmente, e di certo suo padre avrebbe impedito a sua madre di sforzarsi troppo, proprio come faceva quando c’era Claudia.
“Maya!” chiamò Maria dalla finestrella della cucina che affacciava sul patio “i fiori li lascio in casa…non vorrei ci dessero fastidio sul tavolo”
“Ma si figuri signora” rispose Maya, voltandosi e sciogliendo la presa con Alex.
“Ancora signora? Mi chiamo Maria, è un nome facile, no?”
“Va bene Maria”
“Ah Marì...” intervenne Cesare, uscendo in giardino con la nipotina “meglio si ce metti qualcos’altro su sta tavola. Che s’è fatta na certa e abbiamo fame, vero cocchetta di nonno? Ma prendete posto su, che fate lì impalati … mamma ha fatto na cosa che te piace un sacco”
“Ecco qua…” disse Maria, portando orgogliosamente in tavola una pirofila.
“Mamma ,i pomodori al riso!!! È una vita che non li mangio”
“Alla romana, con le patate” precisò la donna, fiera di aver fatto centro. Era il piatto per eccellenza delle sue estati quando ancora viveva con i suoi, prima degli aperitivi, prima delle cene eleganti e dei circoli esclusivi, quando invece di vestirsi su misura dal sarto, i jeans erano strappati e slavati e le scarpette sempre sporche per le corse. “Maya spero ti piacciano”
“Sì..sì certo” Maya si vergognava ad ammettere che nel ricettario di sua nonna i pomodori al riso alla romana non c’erano, perché sua nonna un ricettario nemmeno ce l’aveva e la cucina di Ruggero, pur ottima, tendeva ad essere sempre piuttosto gourmet.
“Non ti preoccupare, cocca, che Maria non ti lascia senza mangiare se non ti piace qualcosa … ha passato tutto il pomeriggio ai fornelli, in cucina ce ne sono di cose da mangiare”
“Una cosa alla volta Ce’, e che diamine…passami il piatto, cara”
Mentre passava il suo piatto per avere la sua porzione, però, Maya si lasciò abbracciare da quel profumo. No, non quello dei manicaretti di Maria, non solo almeno: dal profumo di casa e di famiglia che aleggiava nell’aria. Respirò a pieni polmoni e lasciò che la riempisse. Non importavano le differenze, le età, le generazioni, le esperienze passate: contava solo quello che tutti erano disposti a dare per venirsi incontro e costruire qualcosa di bello insieme. Per la prima volta, l’ennesima prima volta della sua vita, Maya si rese conto di essere finalmente circondata – e non solo a quella tavola - da persone che, nonostante tutto, erano determinate quanto lei a fare famiglia.



 


Sono riuscita ad essere in ritardo anche con l'epilogo. Incredibile! Vi chiedo umilmente scusa ma ero convintissima di aver già pubblicato e da un pezzo. E invece...
Comunque siamo arrivati davvero alla fine, stavolta. Non si torna più indietro. Mata e Alex hanno avuto il loro lieto fine consapevoli che non è una fine ma solo l'inizio i un percorso in cui entrmabi dovranno lavorare sodo, giorno dopo giorno. Ma la base di partenza sembra davvero solida.
Non so se questo sarà un punto definitivo o meno per questi personaggi, è probabile che in futuro potrei riprenderli e raccontare qualche piccolo episodio per vedere come va tra loro e con la loro ciurma di familiari e amici.
Un grazie speciale va a tutt* voi che avete seguito la storia e avete avuto con me tantissima pazienza, soprattutto in quest'ultimo periodo in cui sono stata molto altalenante nella pubblicazione. Io vi saluto qui e spero vorrete passare anche voi a salutarmi nelle recensioni e a dirmi cosa ve n'è parso di questa storia, qual è stato il vostro momento preferito, quale delle due parti vi è piaciuta di più e, perché no, anche se qualcosa non vi è piaciuto.
Grazie ancora e arrivederci
Fred

   
 
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