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Autore: Aqua Keta    25/05/2023    3 recensioni
Le parole di Oscar erano state chiare, perentorie, inequivocabili.
Di lui non aveva più bisogno ...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella femmina ci vuole sulla piazza d’armi?

Ah ah … ridicola. Ma chi si crede di essere?

La biondina ha sbagliato caserma. Se ne deve tornare al Palazzo di Versailles. Qui per lei non c’è posto.

Quell’idiota di Bouillè avrà voluto compiacere un capriccio del padre se non proprio suo di lei.

Ho spedito “occhi tristi” ad avvisarla che non abbiamo alcuna intenzione di eseguire i suoi ordini.

Eh … una rivista per il nuovo comandante. Mi viene proprio da ridere.

E’ un vero piacere starsene sulla branda oggi.

Oscar Francois de Jarjayes.

Il padre deve essere un pazzo a chiamare la figlia Oscar … e farle intraprendere la carriera militare.

Il bel moretto, ultimo arrivato, non me la racconta giusta. Tanto meno la stangona.

Deve avere un corpo magnifico sotto quell’uniforme. La pelle diafana, la chioma dorata, due occhi da far paura nonostante di giaccio.

Cavoli! Ci vorrebbe Colette ora!

La porta si spalanca nel bel mezzo di una partita a carta dei ragazzi, tra bicchieri di vino, braghe slacciate ed il disordine totale.

Eccola! Fiera, sulla soglia. Un angelo demone.

 

 

Non posso credere che abbiano mandato te per rifiutare un mio ordine.

Lascio Cesar davanti all’entrata e con il Colonnello D’Agoult percorro il corridoio che porta alle camerate.

Il mio passo riecheggia tra le pareti umide della caserma.

Spalanco la porta.

Cadono le carte a terra.

Gli sguardi di quegli uomini su di me. Se credono di intimorirmi spingendomi poi ad abbandonare … forse non hanno ancora capito chi sia Oscar Francois de Jarjayes.

Li richiamo all’ordine e quello che sembra essere il loro capo, senza nemmeno alzarsi dalla branda – “Ascoltate. Non abbiamo alcuna intenzione di prendere ordini da una donna”

Lo invito a ricomporsi e a dirmi il suo nome. Fiero pronuncia “Alain De Soissons”. Comprendo al volo l’astio nei suoi occhi, ma non sarà certo il suo tono ribelle ed i suoi modi grezzotti  a retrocedere sugli ordini impartiti.

“Si, non abbiamo alcuna intenzione di avere una femmina tra i piedi”- lo sostiene un altro.

“Fate silenzio!- li zittisce – “Siamo un gruppo  piuttosto irruento e poco educato. Beh … ecco, non vorremmo rendervi ridicola di fronte ai vostri superiori  e ….”

Non gli do il tempo di terminare la frase. Ho compreso molto bene dove vuole parare.

“Se volete mettermi alla prova e qualcuno di voi fosse interessato  a battersi con me spada, pistola … non ho preferenze. Lo aspetto sulla piazza d’armi.”

 

 

Il tuo arrivo tra i Soldati della Guardia non è certo stata una passeggiata.

Sui volti dei miei compagni leggo solo astio. Nei tuoi confronti.  Anche nei miei.

Le notti riposo a malapena. In allerta. Costante.

Anche se so che Alain riesce a tenere la situazione sotto controllo. Nonostante quel suo fare disinvolto e bonaccione, lo vedo tenermi sott’occhio. Leggo sul suo volto mille interrogativi. Fortunatamente non ha incalzato troppo nelle domande alla ricerca di una verità che attualmente  mi pare palese dover tenere esclusivamente per me.

Si, sono entrato nelle sue grazie ma … comunque è meglio andarci con i piedi di piombo.

Ho temuto per te … forse inutilmente. Batterti con quel bestione per ottenere rispetto ed obbedienza. Non v’erano dubbi sul fatto che avresti raggiunto l’obiettivo … in parte.

Oscar dimmi … sii sincera, non era certo questo il benvenuto che ti aspettavi. Devo comunque complimentarmi con te, ero certo ne saresti uscita vincente.

Eppure ora sul tuo magnifico volto traspare stanchezza. Oscar … proseguirai vero? Non ti sei mai tirata indietro su nulla.

Da stasera ho la mia prima licenza. Tornerò da nonna. Mi mancano terribilmente le sue torte di mele.

 

 

Vi ho osservata a lungo quest’oggi mentre sfilavamo durante la rivista in vostro onore.

Sto cercando di capire cosa vi leghi a Grandier.

Avete dimostrato grande determinazione e coraggio con gli uomini. Non credevo.

Siete uno schianto in uniforme. …. In uniforme. Che cosa nascondete? Che cosa ci fate esattamente tra di noi? Siete un’aristocratica … siete una donna.

Butto un occhio su Andrè. Di spalle, si sta preparando per la sua prima licenza.

 

L’accoglienza non è certo stata delle migliori. Questa nuova avventura tra i Soldati della Guardia è partita tutta in salita. A cominciare da te. Non me lo aspettavo.

Credevo di essere stata piuttosto chiara e che tu avessi accettato il fatto che io non abbia più bisogno di te, del tuo servizio, del tuo aiuto … della tua vicinanza.

Allibita dalla tua caparbietà e sfrontatezza. Rivangare il fatto che io sia una donna non fa che alimentare in me rabbia. Questo tuo modo di sfida costante nei miei confronti  brucia, terribilmente.

Me la sono saputa cavare da sola nel duello con quel bestione. Che cosa credevi? Non mi fanno certo paura.

… forse temo più me stessa.

Tiro le somme di questi giorni.

Non mi spaventa di certo avere a che fare con uomini rozzi quali sono. Ben comprendo non sopportino il fatto di prendere ordini da una donna. Questa è la realtà. Nonostante viva il mio quotidiano da soldato la verità è un’altra.

Se nella Guardia Reale venivo considerata in tutto e per tutto un uomo, come effettivamente mi sentivo, ora è difficile affrontare arroganza, derisioni continue, linguaggio che va ben oltre la decenza.

Risuonano vere in questo momento le tue parole “non potrai mai cancellare di essere una donna”. Tu lo sai bene.

Sono giorni che non ti vedo. Sei tornato a Palazzo Jarjayes? Certo è che sebbene voglia negarlo a me stessa, sento pesare la tua assenza.

Ho scelto di rimanere in caserma a dormire presso gli alloggi riservati ai superiori nel tentativo di integrarmi al meglio in quest’ambiente sinceramente sporco, maleodorante e malsano. Voglio dimostrare ai miei uomini che questo tipo di vita non mi turba in alcun modo.

Se fossi su un campo di battaglia non dormirei di sicuro in un letto comodo, dalle lenzuola pulite e profumate. Un mettermi alla prova per l’ennesima volta.

Fra i commilitoni spicca come presenza Alain de Soissons, il portavoce, il loro capo. Mi ha fatto capire chiaramente che non hanno alcuna intenzione di stare a i miei ordini nonostante il duello per me si sia concluso positivamente. Ha una bella parlantina e a differenza di tutti gli altri, i modi di interloquire con me si differenziano. La sua mancanza di rispetto nei miei confronti si puo’ leggere tra le righe della sua maliziosa ma composta arroganza.

Sono stanca.

 

 

Stasera si cena  a casa e Diane ha preparato uno stufato strepitoso.

Ha trascorso tutto il tempo a raccontarmi di un tale di cui pare si sia innamorata … e ricambiata. La mia adorata sorellina.

Andrè … si, devo ammettere che lo avrei visto come un buon partito … ma pare che le donne proprio non gli interessino.

Io proprio non lo capisco. Alla taverna Pauline si è quasi offerta su di un vassoio d’argento. E che fa sto scemo? La fissa e s’intristisce ancora di più.

Lo vedo scrutarmi con quell’unica luce quando caccio la lingua in bocca a Colette e la palpo sotto la gonna. L’afferro per il corpetto che fa quasi trabordare il seno … non fa una piega.

Non è che c’entri qualcosa il nostro biondo comandante?

 

 

Dopo diversi giorni ho preso la decisione di rientrare a casa.

Accompagno il cavallo alle scuderie.

Sei li!!  Stai sistemando le selle. “Oscar …”- pronunci il mio nome. Dimentico che sai riconoscere perfettamente il mio passo, la mia presenza.

“Si, sono io”- la mia conferma.

“Bentornata a casa” – Non esistono  parole  più confortanti. 

Accompagni  Cesar  nella sua stalla – “Ha bisogno di essere ferrato a nuovo” – ti accosti.

Il profumo leggero della tua colonia mi carezza l’olfatto. Sento i battiti accelerare.

Abbasso lo sguardo. Mi sento il volto infuocato. Che diamine mi succede?

“Hai già cenato?”- ti volgo le spalle. Ripongo le briglie. Un espediente per nascondermi.

“No, ti aspettavo”- la tua voce sempre carezzevole. Come facevi a sapere che sarei  tornata?

“Nonna ha già messo tutto in tavola. Rientriamo?”

Annuisco.  Un passo dietro me,  ci avviamo.

Sono felice di essere  a casa.

 

   
 
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