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Autore: Cj Spencer    28/05/2023    1 recensioni
Cosa succede se Napoleone Bonaparte viene fatto rinascere in un mondo fantasy per salvare un intero continente dall'avvento di un Re dei Demoni?
Un attimo dopo essere morto, l'ormai ex dominatore d'Europa riceve la visita del misterioso Faucheur, che gli offre la possibilità di rinascere in un altro mondo nel continente di Erthea, a condizione che lo protegga dall'imminente arrivo dell'esercito del Re dei Demoni.
La sfida non è per niente facile, poiché Napoleone si ritrova a rinascere nel corpo di Daemon, un bambino orfano adottato dagli schiavi semiumani che abitano nel sudicio ghetto di Ende, con null'altro per compiere la sua missione che i ricordi della sua precedente vita.
Questa è la storia di come l'Imperatore dei Francesi dovrà riunire sotto il suo comando un continente diviso e in guerra con sé stesso e prepararlo ad affrontare la minaccia che lo aspetta.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le occasioni non si cercano,

si creano!

CAPITOLO 2

LA YETI

 

 

«Ehi, Daemon. È una mia impressione, o negli ultimi mesi ti stai applicando anche più di prima?»

«Dò questa idea?»

«Non sei scappato neanche durante la lezione di storia, il che è tutto un dire. È successo qualcosa?»

E che cosa dovrei dirti? Che ho letteralmente supplicato Drufo di insegnarmi qualcosa di caccia, e lui in cambio ha preteso che dedicassi allo studio tutto il resto del mio tempo?

«Per te deve essere una specie di tortura.»

«Sono cresciuto nei boschi, mi piace stare allaria aperta. Però ammetto che studiare ha i suoi vantaggi.»

La facevo tragica per apparire credibile, ma in verità andare a scuola non era certamente un peso.

Per fortuna che dal vecchio me avevo ereditato anche la propensione allo studio e allapprendimento.

«Lo sapevi? Se mescoli della radice di perinzia grattugiata a della polvere doro, porti tutto ad ebollizione e ci aggiungi allultimo della malvasia, ottieni un infuso che se bevuto ti protegge dagli incantesimi di fuoco.»

Sembravo proprio un piccolo saputello presuntuoso che amava mettersi in mostra, ma che potevo farci? Ero fatto così.

«Ora scusa, ma devo andare. A questora il negozio è sempre pieno di clienti.»

Septimus, che amavo vedere così verde di invidia per come noi due andassimo tanto daccordo, attese che fosse uscita dallaula prima di avvicinarsi al mio banco.

«Che cosa ci trovi in te non lo capirò mai.»

«Invidioso?»

«Ma scherzi. È solo una quattrocchi innamorata dei numeri. Non è certo il mio tipo.»

Mentiva sapendo di mentire, e la cosa mi faceva morire dal ridere.

«Ad ogni modo, lo sai quello che si dice in giro riguardo a Mary? Dicono che suo padre la picchi, e che spenda tutti i soldi del negozio in vino e carte.»

Era una storia vecchia che tutti conoscevano al villaggio. Da quando Doug Wallace era rimasto vedovo era annegato sempre più nella bottiglia, e ora non passava quasi giorno senza che scatenasse risse nella locanda del padre di Giselle o alzasse le mani su Mary.

Purtroppo come tutti i luoghi di frontiera anche Dundee era quel genere di posto dove ognuno si faceva i fatti propri, e complice il fatto che Mary era troppo testarda o troppo spaventata per chiedere aiuto a qualcuno la situazione rimaneva immutata.

Per ora non potevo farci niente, ma anche quella era una cosa a cui avrei potuto provare a porre rimedio se fossi diventato abbastanza forte o importante.

«Ora vado. Sono in ritardo per la mia lezione di caccia.»

 

Se volevo dare vita alla mia visione dovevo migliorare lì dove ero sempre stato carente, o dove ora mi rendevo conto di avere sbagliato.

Ma prima di tutto dovevo fortificarmi, e imparare un mestiere che potesse essermi utile e nel contempo aprirmi le porte giuste. E visto che nelle legioni un orfano non avrebbe avuto possibilità reali di carriera e che la milizia era solo una manica di illetterati bifolchi, la professione di cacciatore mi era sembrata lunica opzione percorribile.

E poi almeno in questambito non partivo sicuramente da zero.

Per mia fortuna tirare larco non era molto diverso dallo sparare con un cannone o un moschetto; bastavano un po di inventiva, qualche nozione di fisica, e la freccia puntava dritta al suo obiettivo, senza mancarlo e soprattutto senza fare rumore.

In poche settimane avevo imparato a costruire, incordare e mantenere un arco, a fabbricare e piazzare trappole, a seguire le tracce e a muovermi per la foresta silenzioso come un lupo. Sapevo distinguere le prede ambite da quelle di scarsa qualità o individuare a colpo docchio il bersaglio giusto in mezzo ad unintera mandria.

E poi tirare con larco, scuoiare e trasportare le prede, muoversi nei boschi e arrampicarsi sugli alberi erano modi molto efficaci per fare muscoli e migliorare la mia già considerevole agilità.

Giustificavo le lunghe assenze da casa dicendo che passavo il tempo alla baita a studiare e fare i compiti, ma ero abbastanza sicuro che Scalia e Zorech sospettassero qualcosa.

Quello era il giorno del mio esame finale. Se fossi tornato entro il tramonto con quattro lepri o due volpi, dora in poi avrei potuto andare a caccia da solo e gestire da me i proventi del mio lavoro.

A metà pomeriggio avevo già portato a termine il compito affidatomi, ma incapace di contenere il mio brutto vizio di volermi sempre mettere in mostra avevo scelto di restare nei paraggi e accrescere il mio bottino di prede.

Uno degli allarmi sonori che avevo piazzato in giro per aiutarmi a individuare le prede si mise a tintinnare mentre me ne stavo appollaiato su di un ramo, seguito subito dopo da un gran fracasso ed ingiurie irripetibili.

Incuriosito andai a vedere, ritrovandomi di fronte ad una scena a metà tra il comico e il grottesco. Ai piedi dellalbero su cui mi ero arrampicato stava una grossa lucertola in abito scuro completamente avvolta dal filo della trappola, che più tentava di liberarsi e più rimaneva avvinghiata.

«Luda, brutto imbecille!» lo rimproverò il coboldo suo amico tagliando lo spago. «Ti pare il caso di fare tanto chiasso?»

«Non è colpa mia, Rust.» replicò la lucertola. «Vorrei tanto sapere chi si diverte a mettere fili e campane in mezzo alla foresta.»

«Sono trappole da cacciatori, idiota. Deve essercene uno nei dintorni.»

Al che entrambi si guardarono attorno, ignari del fatto che mi trovassi proprio sopra le loro teste.

«Ma il capo non ha detto che gli umani non si spingono fin quassù?» disse ancora Luda

«Di sicuro si tratta di quel caprone.» quindi Rust passò il pugnale al suo compare. «Trovalo e fallo tacere. Io vado al nascondiglio.»

«Il capo vuole mettere le mani sullaffare della caccia. Sicuro possiamo permetterci di farlo?»

«È chiaro che il vecchio drago non vuole collaborare. Lo avremmo fatto comunque. E poi, questo affare è mille volte più redditizio. Vuoi spiegarlo tu al capo che il nascondiglio potrebbe essere compromesso?»

Al che i due si separarono, con la lucertola che si allontanò in una direzione e il coboldo che, sistematosi meglio in spalla la sacca che aveva appresso, proseguì nellaltra.

Quanto a me, listinto mi diceva di girare i tacchi e andarmene per la mia strada.

Ma ormai, devo ammetterlo, il mio giudizio stava iniziando a risentire delle esperienze che avevo vissuto fino a quel momento come Daemon Haselworth, e alla fine spinto dalla curiosità che solo un bambino incosciente e troppo sicuro di sé poteva avere mi misi alle calcagna di Rust.

Seguii le sue tracce fin dentro ad una grotta nel cuore della foresta, con lingresso ben nascosto da alcune frasche e rami tagliati.

Non dovetti che fare pochi passi allinterno per capire che si trattava del magazzino segreto del maiale, una specie di stanza del tesoro traboccante di merci esotiche di ogni genere, dalle spezie ai tessuti, fino alle armi e a tutte le monete e valute conosciute.

Linterno era più grande di quanto mi sarei aspettato, e a causa delleco quando udii la voce di Rust mi rimbombò così vicina che per poco non mi venne un infarto.

«Anche stavolta non hai mangiato? Sarà meglio per te che la prossima volta che ritorno tu abbia finito tutto, o farai i conti con il capo.»

Commisi limprudenza di seguire il suono della voce in una camera secondaria, scorgendo Rust rivolto di spalle e intento a parlare con qualcuno ai propri piedi che non riuscivo a distinguere.

Ero così preso ad osservare ciò che avevo davanti da dimenticare di guardarmi le spalle; e nello stesso momento in cui riuscivo a percepire una presenza dietro di me qualcosa mi colpì con violenza alla base del collo spedendomi dritto nel mondo dei sogni.

 

Non so quanto tempo rimasi svenuto.

So solo che quando ripresi i sensi ero a terra, legato come un salame nella stessa stanza in cui avevo sbirciato.

Dallaltro lato rispetto a me, raggomitolata su sé stessa e incatenata alla parete, cera una bimba forse della mia stessa età, o anche più piccola, i capelli candidi come la neve, il naso piccolo e rotondo, orecchie ursine e una folta pelliccia su gambe e braccia.

Nei suoi occhi, grandi e azzurri, solo paura.

«Sei uno yeti. Come ti chiami? Cosa è successo?»

Lei non rispose, restando a fissarmi tutta tremante.

«Dobbiamo andarcene di qui.»

Tentai di liberarmi, ma quei maledetti ci avevano messo davvero impegno a fare quei nodi, e come se non bastasse un improvviso eco di passi mi costrinse a calarmi nuovamente nei panni della vittima inerme.

«Io lavevo capito subito.» disse Borg. «Avevo capito subito che saresti stato una bella seccatura, ragazzino.»

«Cosa avete fatto a Drufo

«A differenza tua, sa rendersi invisibile. Ma non può restarlo per sempre. I miei uomini stanno battendo la foresta, e altri sorvegliano la sua casa. Prima o dopo salterà fuori.»

Borg quindi si avvicinò afferrandomi per il mento e fissandomi dritto in volto; difficile dire se trovassi più nauseante il suo puzzo da maiale o i profumi che usava per nasconderlo.

«Ora che ti guardo bene, sei piuttosto in forma. Nessuno penserebbe che sei cresciuto in mezzo a un mucchio di mostri lerciosi

«Di sicuro sono infinitamente migliori di te, lurido maiale!»

Mi pentii subito di quellaffermazione. A quel porco bastarono due dita per serrarmi la gola, stringendo quel tanto che fosse necessario per rendere ogni mio respiro un rantolo agonizzante.

«La senti? Quella sensazione che stai provando? Si chiama paura. Mi basterebbe un gesto del pollice per spezzarti questo piccolo, fragile collo.»

Avevo passato tutta la mia precedente vita a cercare di mascherare le mie debolezze, e anche se dentro di me sapevo che il suo scopo non era quello di uccidermi non posso negare che in quelloccasione ebbi davvero paura.

«Considerala una lezione. Una molto importante. Prima di parlare, pensa sempre a chi hai davanti.»

Per tutto il tempo la piccola yeti dallaltro lato della stanza era rimasta immobile, in silenzio e raggomitolata in una nicchia, incapace di distogliere lo sguardo.

«Cosa facciamo ora, capo?» domandò Rust. «Usiamo il moccioso per costringere il drago a collaborare?»

«Ci sono modi migliori per far fruttare merce inaspettata. Specie se è di prima qualità.»

«Io non sono merce. E non lo è neanche lei.»

«Se un cliente richiede qualcosa, quella cosa diventa automaticamente merce da vendere e comprare. Che si tratti di cibo, armi, o di un piccolo yeti delle montagne di Khoral, che per inciso può valere una fortuna per i collezionisti di mostri esotici. Che si tratti anche di un ragazzino umano. Tu piccolo non hai neanche idea di quante famiglie nobili della Volkova senza eredi siano disposte a pagare cifre spropositate per un bambino sotto i dieci anni, in salute e di bellaspetto.»

A quel punto il maiale si infilò in bocca il mozzicone estinto, masticandolo rumorosamente.

«Dovresti ringraziarmi. Di sicuro il posto in cui andrai a finire sarà infinitamente meglio di questo letamaio.» quindi si girò verso i suoi uomini. «Luda, tu resta qui e sorveglia il magazzino, e tu Rust unisciti agli altri cacciatori. Voglio la testa di quel caprone su un vassoio entro domattina.»

Pensava di avermi domato, ma si sbagliava di grosso. Appena se ne furono andati mi rimisi al lavoro, e anche se mi ci vollero parecchie ore di tentativi con il rischio di slogarmi i polsi alla fine riuscii ad allentare i nodi e a liberarmi.

Mentirei se dicessi di non aver considerato per un attimo lidea di lasciare Borg libero di fare quello che voleva con me; di sicuro come figlio di una famiglia nobile avrei avuto molte più possibilità di portare a termine la mia missione. Il problema è che cerano troppe variabili da tenere in conto, dal prestigio e possibilità della mia eventuale famiglia dadozione al tempo che sarebbe occorso per raggiungerla, e vista la situazione non era il caso di affidarsi alla mia proverbiale fortuna.

«Ecco fatto.»

Provai a cercare le chiavi del collare della yeti, ma non trovandole non ebbi altra scelta che rimediare uno scalpello e improvvisarmi scassinatore.

Quella poveretta mi guardava come se ritenesse impossibile che un umano potesse fare qualcosa di buono per lei, e probabilmente aveva ragione.

Nella mia vecchia vita quasi mai avevo fatto qualcosa che non prevedesse un guadagno personale, e non avevo alcuna intenzione di venire meno a questo fondamentale del buon governante.

Ma la cosa più indispensabile per chi aspira a percorrere la scala del potere è da sempre la lealtà, e la lealtà di uno yeti, per quanto giovane, poteva diventare un ottimo investimento per il futuro.

«Sapi

«Come?»

«Il mio nome. Sapi

Almeno stava iniziando a fidarsi, dando un senso a tutti i rischi che stavo correndo per cercare di aiutarla.

Alla fine bastarono pochi colpi per rompere quella vecchia serratura.

«E ora andiamocene da qui!»

Il problema restava Luda che montava la guardia alla caverna, ma quella lucertola era così stupida da fare un giro di controllo a intervalli regolari di trenta minuti, cosicché fu facilissimo sgusciargli accanto senza che se ne accorgesse.

Una volta fuori, e sempre tenendo per mano Sapi, corsi il più velocemente possibile verso la baita di Drufo, trovandola però come mi aspettavo sorvegliata dagli sgherri di Borg.

«Maledizione, così non possiamo neanche usare i tunnel per raggiungere il ghetto.»

Occorreva trovare unaltra soluzione.

Prima ancora di diventare imperatore di mezza Europa avevo fatto tutto il possibile per non contare sugli altri, convinto comero di poter risolvere anche le situazioni più impossibili confidando unicamente in me stesso e nelle mie capacità.

Ma quando ti ritrovi in situazioni di quel genere, per di più nel corpo di un bambino, arrivi a riconsiderare limportanza di avere qualcuno fidato a cui rivolgersi, realizzando nel contempo quanto sia stupido ostinarsi a voler fare da soli per eccessiva confidenza o per senso dorgoglio.

«Cè solo una persona che può aiutarci.»

 

In tutta la mia vita non avevo conosciuto altro che sofferenza.

Non ho mai saputo chi fosse mia madre, forse una schiava o la discendente di alcuni degli umani che avevano seguito il Signore Oscuro.

Come quasi tutti gli schiavi ero nata in una riserva, lì dove i mostri venivano selezionati e accoppiati come animali da riproduzione, ed era stato solo per un caso se ancora piccola almeno per i miei standard ero stata destinata allo stesso ghetto in cui era rinchiuso mio padre.

Anche se sei un drago sanguemisto che invecchia dieci volte più lentamente di un uomo nei ghetti sei obbligato a crescere in fretta.

«Sei solo una schiava!» mi aveva gridato la prima guardia che mi aveva punita «E tale resterai per tutta la vita!»

Ma io non ero come gli altri. Io lottavo.

Non ricordo più tutte le volte che sono stata punita, e anche se le pietre del servo non lasciano segni fisici il dolore e le ferite nellanimo non scompaiono mai.

La prima volta che mio padre mi aveva sorpresa a cercare di imparare a usare una spada mi aveva rimproverata severamente. Lui diceva che lodio degli umani nei nostri confronti non era del tutto ingiustificato, visto quello che avevano subito per causa nostra.

Io però non ero daccordo. Che colpa avevamo noi, che il Signore Oscuro non lavevamo neanche mai visto, per ciò che avevano fatto i nostri antenati cinquecento anni prima?

Tutti i giorni andavo alla segheria, o nei boschi a tagliare alberi, alla sera tornavo a casa stanca morta, e il giorno dopo si ricominciava.

Era così da centosessantanni, e dentro di me mi stavo convincendo che non sarebbe mai cambiato.

Poi, allimprovviso, un raggio di sole.

Papà e gli altri mi avevano quasi mangiata quella sera vedendomi arrivare al ghetto con Daemon tra le braccia un nome che avrei scelto io stessa ed era stata dura convincerli a tenerlo.

Mi sono domandata spesso perché una come me, che odiava gli umani con tutto il cuore, si fosse dannata tanto per salvarne uno. Semplicemente di fronte a quel fagottino abbandonato nella foresta non avevo capito più niente, come se avessi avuto una voce invisibile a sussurrarmi nellorecchio.

Inutile dire che Lori era stata la prima a darmi manforte convincendo tutti ad adottarlo, tanto quella muccona bruciava di istinto materno represso, e le nostre litigate per accaparrarci le sue attenzioni quando era piccolo erano diventate quasi uno spettacolo comico per i nostri compagni.

Ma non era stato facile, per niente.

Era già difficile riuscire a badare a noi stessi, figuriamoci dover crescere un bambino umano tenendolo nel mentre nascosto al resto del mondo.

Lidea di creare lalias del signor Haselworth era stata del vecchio Passe, un coboldo che ne sapeva sempre una più di tutti, mentre quella di ricavare soldi e provviste dalla caccia della lucertola Bombi, che ogni tanto non mancava di rubare qualcosa dalle cucine dei minatori per nutrire il suo adorato nipotino.

In tutto ciò mio padre, che non sembrava mai essersi del tutto convinto della decisione che io e gli altri avevamo preso, aveva sempre supervisionato ogni cosa con zelo intransigente, e anche se era troppo austero ed orgoglioso per ammetterlo era chiaro che anche lui ben presto si era affezionato a Daemon.

Purtroppo devo ammettere che allinizio Daemon non aveva fatto niente per dimostrare di meritare i sacrifici che stavamo facendo per lui.

Forse lo avevamo viziato troppo, forse era semplicemente il suo carattere, fatto sta che per lungo tempo lidea di impegnarsi e dare un senso alle nostre fatiche non laveva mai neanche sfiorato, e passava tutto il suo tempo a marinare la scuola, fare il matto nei boschi o combinare guai al villaggio coi suoi compagni.

Poi improvvisamente, quattro mesi prima, un cambio radicale, e da un momento allaltro ci era quasi sembrato di avere a che fare con unaltra persona, perfino troppo matura e responsabile per un bambino di dieci anni.

Un po mi dispiaceva non dovermi sempre preoccupare per i colpi di testa del mio fratellino umano, così come mi aveva un po intristito che di punto in bianco Daemon avesse iniziato a prediligere lo studio allallenamento con la spada, che ormai praticava solo per una manciata di ore alla settimana ma nella quale, per quale motivo, stava diventando inspiegabilmente sempre più bravo.

Sapevo per certo che mi stava nascondendo qualcosa, e questo mi rendeva pensierosa ed irritabile; e non era quello il genere di preoccupazione che volevo avere per lui.

A volte speravo che combinasse di nuovo qualche guaio, o facesse qualche marachella propria della sua età, per poterlo rimproverare e mettere in castigo come un tempo.

Non avessi mai avuto simili pensieri!

Era un pomeriggio come tanti altri, passato a spaccarmi la schiena alla segheria. La luce riflessa di uno specchietto mi arrivò in faccia sbucando dagli alberi, e da come si muoveva capii subito che doveva trattarsi di qualcosa di grave.

Con la solita scusa di andare a riempire gli orci al torrente mi mossi in quella direzione, convinta di dover rimediare alla prima mattata del mio adorabile fratellino dopo tanto tempo. E invece, Daemon mi si presentò davanti in compagnia di una piccola yeti, entrambi coperti di sporco, raccontandomi la più assurda e paradossale delle storie.

«Ma si può sapere che hai combinato razza dincosciente? E poi cosè questa storia che Drufo ti sta insegnando a cacciare? Aspetta solo che papà ti metta le mani addosso!»

«Alla punizione di nostro padre ci penserò dopo. Ora limportante è mettere Sapi al sicuro.»

In effetti avevo notato che dopo la pausa per il pranzo quasi tutte le guardie di Borg erano sparite costringendo chi era rimasto a sgobbare il doppio di prima; quel maiale era così ricco e potente da poter comprare dalle guardie persino lesenzione dal lavoro per chiunque volesse, e dal suo arrivo erano stati in tanti di noi a vendersi a lui come faccendieri in cambio di una vita un po meno miserabile.

Lunica cosa da fare era chiedere aiuto alla sola altra persona capace di mettere insieme un gruppo abbastanza numeroso con la stessa facilità, ma prima era necessario trovare un nascondiglio per quelle due piccole pesti.

«Ti ricordi il nostro castello?»

«Certamente.»

«Andate lì, restate nascosti e non fiatate, intanto io cercherò un modo per avvisare nostro padre. Verremo a prendervi e vi porteremo al ghetto.»

«Grazie Scalia. Ti devo un favore.»

«Aspetta a ringraziarmi. Fossi in te mi preparerei fin dora per una punizione coi fiocchi.»

Tornai quindi al mio posto, spendendo la mezzora successiva rimuginando in cerca di una soluzione.

Anche se quel giorno avevano messo quel vecchio fossile di Oldrick a sorvegliarci non potevo certo dire semplicemente che stavo male e volevo tornarmene a casa.

Mentre aiutavo Tarto a segare un grosso tronco ebbi lidea giusta, e ringraziando gli dei per la mia natura di drago al momento opportuno misi fulminea il braccio lungo il tragitto della lama.

Vorrei dire che quello che feci dopo fu tutta scena, ma anche se il mio potere di guarigione accelerata mi permetteva di riprendermi anche da una ferita come quella il dolore che provai fu qualcosa di atroce, e le grida che lanciai per attirare lattenzione tutto fuorché finte.

«Ma sei impazzita? Perché hai messo la mano in quel modo?»

«Te lo spiego dopo, tu reggimi il gioco.»

Oldrick arrivò quasi subito con un paio di altre guardie.

«Che è successo?»

«Un incidente Capitano.» disse Tarto, che poveretto era così cotto di me che avrebbe fatto qualunque cosa gli avessi chiesto. «Ha messo la mano nel punto sbagliato e»

Chiamarono il cerusico, che a parte applicarmi una fasciatura non poté fare altro che riconoscere linevitabile.

«Visto che è un drago non rischia la vita, e presto la ferita inizierà a rimarginarsi. Per oggi però non può più lavorare.»

«Allora non cè niente da fare. Qualcuno di voi la prenda e la porti al ghetto.»

«No Capitano, non ce nè bisogno. Posso tornare da sola.»

«Non fare scherzi. Se vengo a sapere che sei andata altrove passerai un brutto quarto dora. Quanto a voi rimettetevi al lavoro. Dovrete lavorare anche per lei.»

Per quando riuscii a rimettermi in piedi e avviarmi verso il ghetto avevo già perso talmente tanto sangue che la testa mi girava come una trottola, e a stento riuscivo a camminare dritta.

Daemon, accidenti a te. Giuro che questa te la faccio pagare.

Non avevo fatto neanche metà strada che allimprovviso unorda di energumeni sbucò fuori dal nulla, circondandomi mentre percorrevo una zona di foresta poco battuta.

«Buongiorno signorina Scalia.» grugnì una insopportabile voce di porcello alle mie spalle «Di ritorno presto dal lavoro?»

«Buondì, Mastro Zorech. Mi sembrava di riconoscere una puzza familiare.»

Sapevo che provocarlo era pericoloso, specialmente nelle mie attuali condizioni, ma mio padre lo diceva sempre che avevo la lingua più velenosa di quella di una serpe.

«Sto cercando il vostro bastardino umano. E sono sicuro che voi sappiate dove posso trovarlo.»

«Perché, di grazia?»

«Si è impossessato indebitamente di una mia proprietà. Merce preziosa, commissionatami direttamente da un funzionario molto vicino alla famiglia reale di Patria. E ora, gradirei riaverla indietro.»

«Ti sei fatto rubare la merce da un bambino? Complimenti, bel trafficante che sei.»

In altri tempi quel maiale avrebbe raccolto la provocazione senza scomporsi, ma stavolta si vedeva che non aveva nessuna voglia di scherzare.

«Beh, mi spiace per te, ma non ho idea di dove sia Daemon.»

«Ne siete proprio sicura?»

«Assolutamente. E comunque, al tuo posto non mi preoccuperei troppo per quellaffare. Di umani pazzi che amano collezionare mostri ce ne sono quanti ne vuoi là fuori.»

Mi accorsi di avere detto più di quello che avrei dovuto prima ancora di veder comparire quellinsopportabile sorriso sdentato, e avrei tanto voluto staccarmi la lingua a morsi.

«Strano. Non ricordo di aver mai detto che la merce in questione fosse un mostro.»

Ad un suo cenno i suoi uomini mi saltarono addosso tutti insieme; se fossi stata nel pieno delle mie forze ne avrei fatto scempio in pochi secondi, ma mezza dissanguata comero riuscii a stenderne solo due prima che tutti gli altri riuscissero a bloccarmi a terra a pancia in giù.

«Lasciatemi, maledetti!»

«Mi dispiace che sia andata a finire così signorina Scalia. Ho grande rispetto per voi e vostro padre.»

«Va allinferno, sporco maiale!»

Il pollice che uno dei suoi sgherri mi infilò nella ferita per poco non mi fece perdere i sensi dal dolore, ma ero più determinata che mai a non dargliela vinta.

«Nel commercio gli accordi sono sacri. Non posso venire meno ad un accordo, o la mia reputazione ne soffrirebbe enormemente. E la reputazione di un mercante è tutto per lui. Quindi, ora mi direte dove si trovano quei due mocciosi.»

«Fai del tuo peggio, maledetto. Ce ne vorrà prima che tu riesca a farmi parlare, e per allora mio padre ti avrà già staccato la testa.»

«Ne dubito. I miei ragazzi sanno essere molto creativi quando si tratta di spezzare la resistenza anche dei più testardi. Ma sfortunatamente, non abbiamo tempo da perdere con le finezze estetiche.»

Un attimo dopo un fazzoletto impregnato di uno strano olio profumato mi venne ficcato con forza sulla faccia, e nel giro di pochi secondi mi sentii sopraffare da una tremenda stanchezza, mentre una voce impossibile da ignorare mi rimbombava direttamente nella testa.

«La verità è che ci sono metodi molto più efficaci per costringere qualcuno a collaborare.»

 

Il castello non era altro che un rudere di pietra perso nel cuore della foresta, divorato dai rampicanti e con il tetto sfondato, introvabile per chiunque non sapesse dove cercarlo.

Scalia lo aveva scoperto quando da piccola le permettevano ancora di girare liberamente attorno al ghetto, ed era anche il posto in cui mi aveva trovato appena nato una sera al rientro dal lavoro.

Da bravo maschietto avevo voluto trasformarlo in una fortezza vera e propria, coprendo di sassi e rocce porte e finestre e costruendo una scala di liane per entrare o uscire passando sopra il muro. Vi portavo anche delle provviste, lasciate a penzolare da una rete a due metri da terra al sicuro dagli animali.

Durante le due ore che passammo lì Sapi non disse una parola, restandosene seduta in un angolo con gli occhi bassi e rigirandosi tra le mani i biscotti che le avevo offerto per calmare i morsi della fame, mentre io ammazzavo il tempo esercitandomi a colpire al volo le foglie cadenti con un coltello da lancio che avevo rimediato nella grotta.

Io la osservavo restando a distanza, indeciso sul da farsi.

Da una parte ero consapevole che ormai non era più possibile tornare indietro; anche se mi ripetevo di averla salvata al solo scopo di conquistarmi la sua fiducia e poter così contare su di lei al momento opportuno, era chiaro che il bambino che era in me mi aveva spinto ad agire in maniera impulsiva, e ora non avevo idea di come venire fuori da quella situazione.

Se volevo portare a termine il mio compito non potevo più permettermi simili colpi di testa. Ma ormai la frittata era fatta, quindi tanto valeva sfruttare la situazione e cavarne fuori qualcosa di buono.

«Tranquilla, siamo al sicuro. A parte io e Scalia, nessun altro conosce questo posto.»

La piccola yeti sembrava ancor più confusa e spaventata di quando si trovava incatenata in quella caverna, e mi guardava come se non avesse ancora ben chiaro chi aveva davanti.

«Tu sei un umano?»

«Beh, suppongo di sì.» risposi con finta modestia

«Però la tua amica lei è una di noi»

«Scalia è più di unamica. Lei e Zorech sono la mia famiglia. Mi ha trovato lei quando ero appena nato, sai? Proprio qui, davanti a questa casa. Mi ha portato a Ende, e lì sono cresciuto. Ma mi raccomando, tu non dirlo a nessuno. È un segreto.»

«Ma gli umani ci odiano. Hanno distrutto il mio villaggio. Ucciso tutti i miei amici. I miei genitori. E hanno preso me.»

Era una storia che conoscevo bene.

Anche se quasi ovunque i mostri erano stati completamente sottomessi già dopo la fine delle Guerre Sacre esistevano ancora comunità e piccoli villaggi che sopravvivevano nelle zone più impervie e inospitali di Erthea, e i cacciatori di schiavi ci andavano a nozze.

«Ce lhanno spiegato a scuola. Le Guerre Sacre. I mostri che hanno combattuto per il Signore Oscuro. Mio padre dice che i mostri hanno fatto molte cose terribili allora, e che è naturale che oggi gli umani siano arrabbiati. Però, secondo me non è giusto.»

Sapi pareva non riuscire a credere alle proprie orecchie; sicuramente i suoi genitori le avevano raccontato chissà quali cose sul conto degli umani, quindi doveva sembrarle impossibile che ora uno di loro si stesse preoccupando tanto per lei.

«Quasi tutti i mostri che vivono a Ende non erano nemmeno nati quando è finita la guerra. Quindi, che colpa ne hanno loro? Così mi sono promesso che un giorno, quando sarò grande, farò qualcosa per far sì che tutto questo finisca.»

Qualcuno avrebbe trovato poco etico servirsi di parole melliflue per circuire una bambina spaventata; per quanto mi riguardava si trattava di prendere unanima smarrita e senza più niente e nessuno su cui contare e darle qualcosa di nuovo in cui credere.

Daltronde chi meglio di qualcuno alla disperata ricerca di un amico può dimostrarsi, se opportunamente stimolato, il più affidabile dei seguaci?

E io non avevo né tempo né voglia di perdermi dietro a dilemmi morali.

Un rumore di foglie calpestate ci fece entrambi scattare sullattenti.

«Daemon, sono io.»

«Scalia.»

«Va tutto bene. Ora sono qui. Ma ho una mano ferita.»

«Non cè problema, adesso esco io.»

Quindi, dopo aver istruito Sapi ad aspettarmi, uscii allesterno.

Scalia mi aspettava poco distante, ai piedi di una grande quercia.

«Cominciavo a preoccuparmi. Cosa è successo al tuo braccio?»

Purtroppo fu solo quando le fui vicino, troppo vicino, che mi accorsi della sua espressione assente e dellassenza di luce nei suoi occhi, vuoti come quelli di una bambola, ma ancora capaci di piangere.

«Mi dispiace, Daemon.»

Gli sgherri di Borg saltarono fuori come lupi in agguato tra gli alberi, e mentre Rust afferrava Scalia tenendola immobile tutti gli altri mi circondarono, pronti a saltarmi addosso.

Il maiale apparve per ultimo, tronfio e sorridente come mai prima.

«Bellinseguimento, moccioso. Ma ora siamo giunti alla resa dei conti.»

Stupido! Stupido!

Come potevo aver commesso una leggerezza simile?

«Che cosavete fatto a mia sorella?»

«Era poco collaborativa, così le abbiamo dato un piccolo incentivo.»

Interessante. Quindi anche in questo mondo esistono droghe e sieri in grado di annullare il raziocinio e spingere allobbedienza.

Mi facevo quasi paura da solo: anche in una situazione del genere il mio cervello non smetteva di recepire e catalogare ogni informazione potenzialmente utile.

«Lo sai, sono parecchio arrabbiato. Mi hai fatto correre per questa dannata foresta più di quanto sia disposto a fare, e io ormai non ho più letà per certe cose.»

Nel mentre un altro dei suoi uomini si era aperto la strada nel rudere ed aveva messo le mani su Sapi, e le sue grida non facevano altro che rendere la situazione ancor più tesa e insopportabile.

Mi ero ripromesso solo pochi minuti prima di non agire mai più dimpulso, ma feci lunica cosa che mi venne in mente in quel momento.

Alzai il coltello puntandolo verso Borg, ritrovandomi quasi subito almeno cinque balestre rivolte contro.

«Nessuno deve farsi male ragazzino.»

«Sono daccordo. Quindi ora lascia andare Sapi e mia sorella, e tutto finisce qui.»

«Che cosa vorresti fare? Colpirmi?»

«Se sarà necessario.»

«Saresti morto prima ancora di poter lanciare quel coltello.»

«Forse. Sei disposto a correre il rischio?»

Con tipi del genere limportante è mostrarsi determinati, ma la verità era che ci trovavamo in una situazione di stallo dalla quale non avevo alcuna idea di come uscire.

Ma evidentemente la buona sorte non aveva mai smesso di camminarmi accanto.

Una freccia sbucata dal nulla centrò Rust alla mano liberando Scalia, che ritornata in sé al momento giusto si liberò con una tallonata alle parti basse del coboldo e corse verso di me dopo avergli sottratto lascia.

Drufo aveva calcolato che prendersi una lavata di capo per avermi addestrato in segreto era sicuramente meglio di dover rendere conto della mia morte, quindi appena accortosi della situazione era immediatamente tornato al ghetto per chiedere aiuto.

E laiuto era arrivato.

Solo quando vidi sbucare da dietro il colle Zorech, Passe, la tartaruga Taren, il garuda Eilon e tutti gli altri, armati con quello che avevano trovato, mi resi conto di quanto dovessero tenere a me e alla mia sicurezza.

E, lo ammetto, la cosa mi colpì.

Contemporaneamente, il gorilla che teneva prigioniera Sapi si sentì picchettare su di una spalla.

«Non ti ha mai detto nessuno che i bambini non si toccano?» disse Lori prima di stenderlo con un singolo pugno.

Alla vista della sua preziosa merce che gli scivolava via dalle mani, Borg semplicemente perse il controllo.

«Uccideteli tutti!»

Quella che scoppiò ad alcuni sarebbe potuta sembrare una battaglia, ma ai miei occhi non era altro che una rissa tra primati.

Ma cera del potenziale.

Un mostro nella peggiore delle ipotesi valeva una volta e mezza un soldato di buona costituzione, e anche se i loro corpi portavano i segni di una vita di privazioni la forza non faceva difetto a nessuno di loro.

Oltretutto, a distanza di cinquecento anni molti di loro sapevano ancora menare le mani, e con un buon addestramento e la giusta disciplina potevano rivelarsi ottimi soldati.

Non avevo mai assistito prima dora ad uno scontro tra mostri, perciò mi presi un paio di minuti per osservarli bene e farmi qualche appunto mentale. Quindi, decisi che era meglio intervenire; in fin dei conti era il mio futuro esercito quello che ora si stava scannando senza ragione in quel campo.

«Smettetela subito!» urlai, venendo immediatamente obbedito.

Certe cose non cambiano mai, non importa in quale mondo ci si trovi. Usa il giusto tono e la giusta autorità nel parlare, e anche un bambino potrà farsi obbedire da un adulto.

E io avevo speso tutta una vita ad affinare larte del discorso e della parola; farmi ascoltare e domare le coscienze con le parole ormai mi veniva naturale come respirare.

Ma un conto era farsi ascoltare, un altro farsi obbedire o fare accettare le proprie idee.

Tutto sta a cominciare con la giusta enfasi, e una frase ad effetto è sempre il miglior modo per aprire una conversazione.

«Non bastano gli umani che vi uccidono e vi schiavizzano da secoli? Ora vi ammazzate pure tra di voi?»

Facevo finta di dimenticarmi che era soprattutto per colpa mia se si era arrivati a quella carneficina, ma daltronde saper portare la conversazione sui binari giusti è virtù del bravo oratore.

Nel frattempo poi mi era venuta in mente lidea giusta per cavarci tutti dimpaccio senza dover versare altro sangue. Ostentando sicurezza, e augurandomi di aver inquadrato bene il tipo, mi avvicinai a Borg.

«Hai detto che per te Sapi non è altro che merce da vendere, giusto? Quandè così, la compro io!»

Dire che tutti, incluso Borg, saltarono sul posto nel sentire quelle parole, e il tono con cui le pronunciai, non renderebbe lidea.

«Parlo seriamente. Se intendi venderla, allora vendila a me.»

«E con quali soldi pensi di pagarla?» replicò il maiale, in parte ironicamente, in parte incuriosito dalla piega che stava prendendo tutta quella situazione

«Ho del denaro. Soldi che mio padre e i miei amici hanno messo da parte per me. Posso pagarti con quelli.»

«Daemon, aspetta. Quei soldi servono a te.»

«Se possono evitare questo stupido spargimento di sangue, sono ben felice di spenderli adesso Scalia.»

Borg prese fuori lennesimo sigaro, rigirandoselo a lungo tra le mani, quindi alzò gli occhi in direzione di Zorech.

«E di quanto denaro stiamo parlando?»

«Capo» esclamò Rust, incapace di credere che il suo boss potesse prestarsi a tutto quel gioco.

Zorech mugugnò e strinse forte il suo piccone, incapace di sostenere il mio sguardo che bramava una risposta tanto quanto il maiale.

«Fino ad ora Abbiamo raccolto allincirca cinquemila goldie imperiali.»

Però, che cifra. Onestamente mi sarei aspettato molto meno.

Sfortunatamente, per il genere di clientela che Borg poteva vantare erano solo spiccioli.

«Il mio cliente mi ha fatto unofferta di venticinquemila goldie per quello yeti.»

Mentiva, e forse sospettava che io ne fossi consapevole. Nessun mostro valeva tanto, nemmeno uno yeti. Ma non era quello il momento di giocare al ribasso.

«Te ne offro trenta. Quello che manca, ce lo metterò io. Tu volevi entrare nellaffare della caccia, giusto? Allora, sarò io il tuo cacciatore!»

E stavolta, persino il maiale si ritrovò senza parole.

«Drufo mi sta insegnando a cacciare. Ti prometto che entro sei mesi sarò diventato un cacciatore bravo quanto lui. Caccerò per te, ti darò i quattro quinti di tutto quello che guadagnerò, fino a quando non ti avrò ripagato lintera cifra.»

«Daemon, basta così! Non penserai davvero di lavorare per questo porco!»

«Scalia, smettila!» la rimproverò Zorech, consapevole di quanto sua figlia potesse diventare imprevedibile quando si trattava di proteggermi. «Daemon, cerca di riflettere. Sei solo un bambino. Ti ho già spiegato tante volte che il tuo compito è studiare.»

«Farò anche quello, padre. Hai la mia parola. Studierò e andrò a scuola, e nel tempo che rimane mi dedicherò alla caccia. Non dovrete neanche più lavorare tanto per me, perché dora in poi guadagnerò da me i soldi che mi serviranno un domani per vivere. Così, i proventi della caccia di Drufo potranno essere usati interamente per aiutare gli abitanti di Ende

Borg aveva un rituale tutto suo quando si trattava di discutere e concludere un affare, e il solo fatto che si fosse ormai messo il sigaro in bocca fu sufficiente a lasciare i tirapiedi che lo conoscevano meglio con la bocca socchiusa e la pelliccia tutta rizzata.

«Forse potremmo discuterne.»

«Aspetta, non ho finito. Cè unaltra cosa.»

«Davvero? E sarebbe?»

«Tu sei un mercante onesto, giusto? Che onora sempre i suoi accordi.»

«Per chi mi hai preso? La parola di un mercante è sacra. Una volta che stringo la mano ad un cliente il contratto è indissolubile, a prescindere da tutto il resto.»

«In questo caso, voglio che porti Sapi al sicuro a Connelly.»

Il fatto che Borg per primo non si mostrò capace di nascondere il proprio stupore di fronte ad una tale richiesta è abbastanza per rendere lidea del tipo di reazione che suscitò in tutti gli altri presenti, a cominciare dalla stessa Sapi.

«Nel Principato i mostri semiumani come lei possono integrarsi facilmente, e sono sicuro che tu conosci sia il modo di farla passare attraverso i corridoi di accesso, sia persone che possano prendersi cura di lei.»

«Questo aumenterà di molto il tuo debito ragazzo, lo sai vero?»

«Non importa. Voglio che possa crescere libera. E se per riuscirci dovrò lavorare per te per più tempo, non importa. Ma voglio essere chiaro fin da ora, non farò nulla per te che non sia cacciare. Non sperare di usarmi per il contrabbando o cose del genere.»

Borg prese un fiammifero dalla tasca, lo accese sfregandolo sullapposito braccialetto, e aspirò piacevolmente una generosa quantità di fumo.

«Abbiamo un accordo.» disse mettendo in mostra i suoi denti luccicanti, con un sorriso che sapeva di sconfitta indolore.

Forse avevo davvero stretto un patto col diavolo, dissi tra me e me stringendo quella mano, ma almeno lavevo fatto alle mie condizioni.

 

Mi ero ripromesso non incensarmi mai più come troppo spesso avevo fatto nella mia precedente vita, ma sono costretto ad ammettere che in quelloccasione ero riuscito a compiere un autentico capolavoro diplomatico.

Avevo preso una situazione senza via di scampo scaturita da una mattata e ne ero uscito con tutto ciò che avrei potuto desiderare.

In primo luogo avevo risolto una volta per tutte il problema del mio addestramento; ora che avevo un debito da onorare Scalia e Zorech non avrebbero più potuto interferire, per non rischiare di inimicarsi Borg.

Lo stesso Borg era convinto di avermi in suo potere, ma era troppo stupido e sicuro di sé per capire che ero io in realtà che mi accingevo ad usarlo. Grazie alle sue conoscenze, molto presto mi si sarebbero aperte le porte del fitto e sicuramente ricco sottobosco degli affari leciti e illeciti di tutta lErthea Occidentale, che sarebbero state le fondamenta sulle quali avrei edificato e fatto prosperare la mia nazione.

Non mi dispiaceva essermi legato a lui per un lungo periodo: più tempo avessi trascorso alle sue dipendenze, maggiore sarebbero state la reputazione e i vantaggi che avrei potuto conquistare tra chi frequentava quegli ambienti.

Ma soprattutto, avevo fatto un importante investimento per il futuro.

Non mi illudevo certamente che tutti avrebbero accolto a braccia aperte la rivoluzione che presto o tardi avrei scatenato in tutto il continente.

Al contrario, sapevo fin troppo bene che avrei finito per versare molto sangue e inimicarmi gente potente e pronta a tutto per proteggere il mondo marcio e decadente in cui vivevano, come maiali che si godono il fango del porcile mentre il macellaio affila i coltelli.

Sapi era ancora piccola, ma lopera di condizionamento che avevo messo in atto con lei stava già iniziando a dare i suoi frutti.

Quando andai a salutarla il giorno che partì con una carovana di contrabbandieri diretta a Connelly, mi promise che un giorno sarebbe tornata per ripagare il suo debito e permettermi di realizzare i miei sogni.

Sarebbe stata una perfetta guardia del corpo.

Assolutamente fedele, e pronta a morire pur di proteggermi da ogni pericolo.

Non potevo chiedere di meglio.

Sapevo che quelli che mi si prospettavano non erano tempi facili e che avrei dovuto faticare, ma la cosa non mi spaventava.

Avrei salvato Erthea dal suo destino. E lavrei fatto a qualsiasi costo.

Era la mia missione.

Il mio scopo.

La mia vittoria.

 

 

Nota dellAutore

Salve a tutti!^_^

Come promesso, due settimane dopo eccomi di nuovo con il secondo (lunghissimo) capitolo di questa mia light novel con protagonista Napoleone Bonaparte.

Spero che la nuova impaginazione sia di vostro gradimento, realizzarla è stata una bella impresa perché dopo così tanti anni che mancavo da EFP mi ero del tutto dimenticato come ci si arrabatta con i font.

Ringrazio Tubo Belmont per la sua recensione, Valethebest92, Bindaz e il Sergente Salvucci per averla inserita tra le preferite/seguite/ricordate.

Mi raccomando, fatemi sapere le vostre opinioni, e se volete chiedermi qualunque cosa io sono qui!^^

Ci vediamo l11 giugno per il Capitolo 3!

 

   
 
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