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Autore: Crysta    28/05/2023    0 recensioni
Violet McGonagall è la nipote della preside di Hogwarts. Dopo essere stata affidata alla zia inizierà gli studi alla scuola di magia dal sesto anno.
Minerva le affiderà il compito di tenere d’occhio e, se necessario, proteggere Draco Malfoy, studente di serpeverde la cui vita è in pericolo.
Solo Violet, ignara della pessima fama del ragazzo e di un segreto che la lega alla sua famiglia, potrà aiutarlo.
Tra nuovi e vecchi amici, avventure mortali e magia, la scuola di Hogwarts avrà un nuovo duo che nessuno si sarebbe aspettato.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VI libro alternativo
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Essersi quasi rotta una gamba aveva i suoi vantaggi. Draco, stranamente apprensivo, l’aiutava a spostarsi da un’aula all’altra ogni volta che ne aveva bisogno. Portava i libri al posto suo e le porgeva il braccio quando dovevano salire o scendere le scale.
Gli altri studenti lo guardavano come se qualcuno avesse sostituito il Malfoy che conoscevano con un infermiere tuttofare. Violet era stupita ma si sentiva in imbarazzo quando lui insisteva per prendere le sue cose o aiutarla con la stampella.
Aveva realizzato che mancavano pochi giorni a Natale solo quando, dimessa dall’infermeria, si era trovata il castello addobbato di alberi, ghirlande e decorazioni. Per completare l’atmosfera magica ci si era messa anche la neve, che scendeva copiosa.
Violet amava il Natale, anche se gli ultimi due anni non erano stati dei più felici. Sperò che Hogwarts le riportasse un po’ di spirito natalizio.
Quel pomeriggio lei e Draco stavano studiando in biblioteca quando uno studente di Serpeverde del primo anno si avvicinò. Si capiva lontano un miglio che era teso.
«Eh-ehm, tu…» disse, rivolgendosi a Draco. «Sei D-Draco M-malfoy?»
Stritolava tra le mani una sciarpa con i colori della sua casa. Draco alzò svogliato la testa per guardarlo.
«Tu chi saresti?»
«I-io s-sono un tuo fan…» continuò balbettando. «S-sei il miglior C-cercatore che Serpeverde a-abbia avuto e…».
«M-mi piacerebbe che tu mi autografassi la sciarpa!» esclamò, porgendogli l’oggetto a testa bassa.
Draco fece un mezzo grugnito.
Violet gli diede un calcio con la stampella sotto al tavolo. Quando la guardò, gli fece capire senza mezzi termini di accontentare il ragazzino.
«Va bene» rispose, alzando gli occhi al cielo.
Dopo che il primino si fu prostrato ed ebbe ringraziato per la millesima volta, Violet partì sul piede di guerra.
‘E’ la prima persona che ti rivolge la parola dall’inizio dell’anno e tu ti comporti così?’
«Ci ha interrotti mentre studiavamo» si giustificò Draco.
‘Non prendermi in giro. È stato così carino…’ disse, guardandolo uscire esultante mentre sventagliava ai quattro venti l’autografo del suo idolo.
‘Cos’è questa storia che eri un Cercatore?’
«Credevo lo sapessi».
‘No che non lo sapevo! Perché non hai fatto le selezioni quest’anno?’
Draco finse di ridere. «Pensi davvero che mi avrebbero preso?»
‘Beh, forse no…ma puoi sempre riprovare! Il cercatore della tua casa non è una schiappa?’
«Da quando segui il Quidditch?».
‘Da sempre, ma non credevo piacesse anche a te…’.
«E’ solo uno stupido gioco, posso farne a meno» rispose. Ma Violet colse poca convinzione nelle sue parole.
‘Ma a te piace ancora?’
«Non importa, ora che si spargerà la voce che dei mangiamorte volevano farmi la festa si terranno la loro mezza calzetta di Cercatore» dichiarò, riabbassando lo sguardo sul libro.
Questo, per lui, significava argomento chiuso.
Di nuovo, qualcuno si avvicinò al loro tavolo. Era Luna, che portava con sé tantissimi libri di Erbologia.
«Ciao Violet, Malfoy» disse.
Draco rispose con un mezzo grugnito. Quando la stampella lo colpì di nuovo non la prese molto bene.
‘Vuoi una mano con quei libri?’ le chiese Violet.
«Oh no, ti ringrazio. Devo portarli a Neville…» si interruppe, distratta da un uccellino fuori dalla finestra. «Mi manda la preside».
I due amici si guardarono, d’istinto.
«Vi vuole parlare, nel suo ufficio» li salutò e riprese il tragitto col suo malloppo di libri.
«Mi hai spaccato la tibia! Perché lo hai fatto?» piagnucolò Draco, massaggiandosi la gamba.
‘Dovresti sforzarti un pochino di più’ lo rimproverò. ‘Prova ad essere un tantino meno Malfoy e più Draco’.
«Che vorrebbe dire?»
‘Un po’ più te stesso’.
Come risposta, Violet ottenne un altro grugnito.
‘Quando tornerai a casa?’ domandò la ragazza. mentre raggiungevano la torre più alta del castello.
Si era talmente abituata ad averlo attorno che pensare di non vederlo per due settimane le aveva messo un po’ di malinconia.
«Credo il 23, perché?»
Violet fece spallucce. ‘Dovrò trovare qualcun altro che mi faccia da porta borse’ disse, fingendosi divertita.
‘Promettimi che farai attenzione’.
«Starò a casa, non mi succederà nulla», minimizzò. «Sarò di ritorno prima che tu te ne accorga».
Quando entrarono nell’ufficio della preside, videro la strega ravanare con qualcosa dietro la scrivania. Si voltò e si sedette rapida.
«Accomodatevi» disse, facendo finta di niente.
‘E’ successo qualcosa? Avete trovato il mangiamorte?’.
La zia fece segno di no. «Purtroppo no, ma è il motivo per cui vi ho chiamati».
«L’ultima volta siamo stati fortunati, se quegli sciocchi studenti avessero portato il signor Malfoy da quegli uomini a quest’ora starebbe festeggiando il Natale coi topi».
«Gli avrei tenuto testa» si vantò Draco.
«Non ne dubito, signor Malfoy» disse, assecondandolo. «Ma, per evitare che un simile avvenimento accada, ho deciso che resterà a Hogwarts per le vacanze».
«Cosa?!?» disse Draco, alzandosi in piedi. «Non può obbligarmi a rimanere qui!».
«Posso e lo farò, signor Malfoy».
«Non credo che mia madre sarà d’accordo».
Un lieve sorriso increspò le labbra della preside. «Sua madre è già a conoscenza della cosa ed ha acconsentito a farla restare».
«Ha acconsentito?!?» chiese, scioccato.
«Non vedo cosa ci sia di male. Hogwarts è bellissima durante le feste. Vi divertirete».
«No! Io devo…» Draco si interruppe.
Violet non capì cosa cercasse di dire. L’unica cosa che sapeva era che la conversazione stava prendendo una brutta piega.
‘Zia, credi che qualcuno abbia aiutato i mangiamorte?’ le chiese.
Minerva, grata di quella interruzione, rispose. «Ne sono certa, mia cara» disse, appoggiando le braccia sul tavolo. «Temo che possa esserci un mago o una strega sotto l’effetto della maledizione Imperius».
Bussarono alla porta.
Il professor Flitwick, insegnante di Incantesimi, entrò sbraitando. La sua voce superava di gran lunga la sua statura.
«Filius, che succede?»
«Una delle piante nella serra ha perso il controllo e sta distruggendo tutto! La professoressa Sprout è disperata!»
«Calmati, per Merlino» gli rispose la preside, alzandosi. Nel farlo, urtò contro qualcosa dietro la sedia, senza dargli importanza. Scrutò per un momento i due ragazzi, poi si fece strada verso l’uscita.
A un passo dalla porta, li guardò. «State qui e non combinate guai. Torno subito».
«Tua zia è una cazzo di dittatrice…».
Ma Violet non aveva tempo per dargli retta. Cosa aveva nascosto sua zia quando erano arrivati? Si era comportata in modo insolito. Le era parsa turbata.
Si avvicinò alla sua sedia e vide un drappo blu che celava un oggetto.
«Violet, che stai facendo?»
‘Hai notato che mia zia nascondeva qualcosa quando siamo entrati?’
«A volte ti dimentichi che tua zia è la preside. Scendi da lì» le suggerì.
Ma la ragazza moriva dalla voglia di sapere cosa fosse. Sfilò il drappo che, una volta caduto, rivelò un grosso piatto argentato che librava a mezz’aria.
Non c’era nulla che lo sorreggesse.
‘Che diavolo è?’ quell’oggetto le parve familiare.
Draco la raggiunse.
«Cos’è questo coso?»
‘Qualcosa che mia zia non voleva che vedessimo’.
Si avvicinò ancora, sporgendosi per guardare dentro. C’era uno strano liquido che girava in tondo senza che nessuno mescolasse. Poi, una strana presa la spinse dentro il piatto, come se una calamita la attirasse verso il basso. D’istinto, prese Draco per un braccio e lo trascinò con sé.
Durò solo qualche secondo la sensazione di risucchio. Quando riaprì gli occhi, non erano più nell’ufficio della preside.
I quadri erano stati sostituiti da carta da parati. C’era un enorme tappeto che copriva quasi tutto il pavimento. Davanti al camino scoppiettante, due poltrone rosso e oro. Tutt’intorno, scaffali zeppi di libri.
‘Ho già visto questo posto’ disse Violet.
Ne era certa. Dalla porta entrarono una bambina dai lunghi capelli color rame che teneva la mano ad una donna.
Violet spalancò gli occhi. La donna era Minerva McGonagall, ma più giovane.
Si sedettero vicino al camino e non fecero nemmeno caso ai due studenti che avevano appena invaso il loro spazio vitale.
«Quella bambina» disse Draco, indicandola, «sei tu?!?»
Era proprio lei.
«Com’è possibile?» gli andò vicino ma nulla. «Non ci sentono».
‘Credo che non possano nemmeno vederci’ suggerì. ‘Non so come ma temo che quell’oggetto ci abbia portato nel passato’.
«Tesoro, davvero hai trasfigurato quell’antipatica infermiera dove lavora tuo padre in un topolino?» chiese la giovane versione della preside.
La bambina rise e Minerva capì che era un sì.
«Eccezionale, meglio di tua zia» si complimentò. «Di questo passo mi ruberai il lavoro!»
Le fece il solletico e la bambina prese a ridere a più non posso.
«Hai trasformato una donna in un topo?» le chiese Draco.
Violet ricordava a stento quel momento ma la fece sorridere.
«Essere trasformati in animale è orribile» disse l’amico, portandosi una mano dietro al collo.
‘Ti è capitato?’
«La domanda è: come hai fatto tu a farlo a quell’età?»
Violet gli fece l’occhiolino. ‘Sono o non sono una brava strega?’
Draco alzò gli occhi al cielo.
Nel frattempo, la piccola Violet stava dicendo qualcosa nell’orecchio della zia. Osservando quella scena ricordò quanto lei e sua zia fossero simili.
Qualcosa si mosse, nella stanza. La ragazza notò dei granelli di sabbia alzarsi da terra e salire sui mobili, sul muro. Tutto venne coperto e mutò. Anche zia e nipote sparirono.
«Che succede?»
Le poltrone lasciarono il posto a dei banchi e davanti a loro apparve una grande scrivania. Erano nell’aula di Trasfigurazione. La professoressa McGonagall parlava animatamente con un uomo alto dai capelli ramati.
Violet venne colpita da un senso di vuoto all’altezza dello stomaco.
Quel viso, quegli occhi. La chioma sempre spettinata. Non credeva che rivederlo facesse così male. Era così reale eppure, non era lui.
«Per quale motivo non le vuoi permettere di studiare qui? Hogwarts è la migliore scuola di magia e tu lo sai…» disse la McGonagall.
«Come pensi che starebbe in una scuola dove tutti sanno che sua zia è l’insegnante di Trasfigurazione e suo padre il direttore del San Mungo? Andiamo, Minerva…»
«Ma così si perderà tutto. Non si farà degli amici e non imparerà a stare con i suoi coetanei» disse la McGonagall. «Violet è più dotata di te e me, la priverai di diventare una delle migliori streghe del paese?».
«Le darò io stesso gli insegnamenti di cui necessita» rispose l’altro, spazientito.
«Jacob, ripensaci».
Il mago girò sui tacchi ed uscì, mentre la professoressa guardava con malinconia la porta chiudersi.
«Quello è tuo padre?» chiese Draco.
‘Dobbiamo uscire da qui’ gli rispose.
Ma la stanza non cambiava. Solo quando videro la professoressa con un abito diverso e il buio offuscare la stanza capirono che il tempo era trascorso. Minerva camminava furiosamente avanti e indietro, mordendosi le unghie. Aveva gli occhi gonfi e rossi. Il suo portamento serio era stato sostituito da una schiena bassa e tremolante.
La porta si spalancò. Entrò a passo svelto un uomo con una lunga tunica, una barba bianca e degli occhiali a mezzaluna.
«Non è possibile…» disse Draco, a corto di parole, «Lui è…».
‘Lui non è davvero qui’ gli spiegò.
«Albus, lo avete trovato?» chiese la professoressa.
«Minerva, siediti» le suggerì l’ex preside. «Ti prego».
«Che è successo? Gli è stato fatto del male?»
Aveva i nervi a fior di pelle ma il mago fu irremovibile. «Minerva, devo insistere che tu ti sieda».
Minerva si sedette, sconfitta. «Dovevo stargli più vicino, sapevo che avrebbero cercato di corrompere mio fratello…»
«Di cosa sta parlando?» domandò Draco.
Violet non ne era certa. Ma l’istinto le diceva che quel momento era stato quando…
«Tuo fratello è stato ucciso dai mangiamorte, Minerva» disse, d’un fiato, «Mi dispiace».
La donna scoppiò in un pianto.
Silente le prese la mano e la strinse. «Minerva, c’è dell’altro».
«La figlia di Jacob, Violet, avevano preso anche lei».
«L-la mia V-violet?» chiese, mettendosi una mano davanti alla bocca.
«Sta bene, è stata ferita ma è sana e salva».
«Oh Albus, è solo una bambina…» singhiozzò. «Ha perso la madre e ora anche suo padre».
«Non è sola, lei ha te» la consolò. «Ti daremo tutto l’aiuto necessario, vedrai».
Draco si mise davanti a Silente e la McGonagall, nascondendole la vista.
«Violet, tutto questo è accaduto davvero?»
A Violet venne da piangere. Non aveva mai visto sua zia in quello stato. Da quando erano solo loro due, non aveva mai vacillato. Cosa significava tutto questo? Erano i suoi ricordi?
Draco le toccò la spalla, ridestandola.
‘E’ la verità’ disse, semplicemente.
Cercò di spostarsi per guardare ancora sua zia ma l’amico la fermò, appoggiando le mani sulle sue spalle.
‘Che fai?’
«Voglio sapere cosa è successo» disse, fissandola.
‘Non è successo niente’ minimizzò.
Non sapeva perché se la stava prendendo con lui.
«Non è vero. Tuo padre è stato rapito dai mangiamorte?»
L’aveva bloccata e non poteva sfuggirgli. ‘Sì, e con questo?’
Draco non rispose.
‘I mangiamorte volevano che giurasse fedeltà al signore oscuro e lui non lo ha fatto’.
‘E questo è il risultato’ disse, indicando i due maghi dietro di loro.
Gli occhi argento del suo amico cambiarono sfumatura. Si erano oscurati, tingendosi di nero.
«Sono stato così preso dai miei problemi da non sapere nemmeno cosa stessi passando» le rispose. «Mi dispiace».
Non staccò nemmeno per un momento lo sguardo dal suo. Quel contatto visivo la fece calmare. Gli occhi di Draco erano il suo punto debole.
«Sono stato un amico di merda, non è vero?»
Violet appoggiò le mani sui suoi polsi. Stava per dire qualcosa ma venne distratta dalla sabbia, che stava coprendo di nuovo tutto. Anche Draco se ne accorse perché alzò la testa e scostò le braccia.
Erano tornati nell’ufficio della preside.
La porta si spalancò. Se la professoressa avesse capito cos’avevano combinato sarebbero stati in guai grossi.
Ma Minerva non era sola. Con lei c’era un’elegante strega dai capelli chiarissimi.
«MAMMA?» disse Draco.
Ma la donna non rispose. La preside la invitò a sedersi e fece lo stesso.
«Mamma, che ci fai qui?» chiese Draco, avvicinandosi alla donna seduta di fronte alla McGonagall.
La donna non lo guardò. Era come se non lo sentisse.
Violet si avvicinò alla finestra. Nel prato non c’era traccia della neve che era caduta inesorabile per tutto il giorno. Era una distesa rigogliosa di verde e il sole brillava alto nel cielo.
‘Draco, non siamo tornati. Questo è un ricordo’.
«Conosce già il motivo della mia visita» disse la signora Malfoy. «Voglio discutere della sicurezza di mio figlio».
«Le assicuro che Draco avrà la miglior protezione durante l’anno scolastico».
«Non mi accontento certo di un mago qualunque. Voglio che sia un professore. O un Auror».
«Mia cara, il Ministero non manderebbe un Auror nemmeno se dovessero proteggere me. Mentre un professore che segue costantemente uno studente creerebbe non pochi sospetti».
‘Di che cosa stanno parlando?’ chiese Violet.
«Non me ne andrò di qui finché non avrò la certezza che Draco venga protetto giorno e notte».
La signora Malfoy era evidentemente tesa.
«Narcissa, tuo figlio non desidera essere seguito».
«Non importa cosa dice, io voglio che sia al sicuro!»
«E lo sarà, hai la mia parola».
Draco era immobile che assisteva alla discussione tra sua madre e la preside. Si passò una mano tra i capelli. Violet avrebbe dato cento galeoni per sapere cosa passasse per la sua testa.
«Allora, chi?» insisté la strega.
«Una nuova studentessa, al sesto anno come lui».
«Vuole mettere la vita di mio figlio nelle mani di una ragazzina? Non lo accetto!»
«No, mia cara. La ragazza è tra le streghe più talentuose di tutta la Gran Bretagna».
«Non diciamo fesserie, Minerva».
«Non è una studentessa qualsiasi, Narcissa».
«Per Merlino, voglio il nome!»
«Violet McGonagall» rispose la preside, esasperata. «Sei contenta ora?»
L’espressione sul volto della madre di Draco cambiò. Il labbro inferiore prese a tremarle. Appoggiò una mano alla bocca, sospirando. Gli occhi si fecero leggermente lucidi.
«Hai insistito tu, Narcissa» si giustificò la preside.
Recuperata un po’ della sua compostezza, la madre di Draco chiese. «Lei è…è la figlia di Rose?»
Se qualcuno avesse tirato una scopa in fronte a Violet le avrebbe fatto meno male.
Come faceva la signora Malfoy a conoscere il nome di sua madre? Anche Draco era immobile, in attesa di sapere cosa stessero per dire.
La preside asserì.
«E…lei sa?» chiese Narcissa, titubante.
«No, non sa nulla» la rassicurò Minerva.
‘Di che diavolo stanno parlando?’ chiese Violet, impaziente. ‘Come fa tua madre a conoscere il nome della mia?’
«Non ne ho la minima idea, Violet. Te lo giuro» rispose Draco.
Era sincero. Sapeva tanto quanto lei.
Violet sentì qualcosa attirarla verso l’alto. I loro piedi si staccarono da terra e presero a salire sempre più su mentre le due streghe sparivano.
Non adesso! Cosa stavano per dirsi?
In pochi secondi caddero ai piedi del piatto argentato, nell’ufficio della preside.
Come prima cosa, Violet guardò fuori. Nevicava. Erano tornati per davvero, stavolta.
Sentirono dei passi rimbombare nelle scale.
«Sbrighiamoci!»
Violet rimise il drappo sul piatto e corsero entrambi a sedersi. Appena in tempo per l’ingresso della preside.
«Ci mancava anche questa» disse tra sé e sé, tornando a sedersi. «Dove eravamo rimasti?»
Draco e Violet si scambiarono un’occhiata.
«Ehm, al fatto di restare nel castello» rispose Draco.
«Oh, sì. Dicevo che è per il suo bene e sua madre è d’accordo, signor Malfoy».
«Va bene».
La preside spalancò gli occhi. Poco prima stava per dichiarare il finimondo per quella reclusione e ora non batteva ciglio.
La donna guardò la nipote. Per tutta risposta, Violet si guardò attorno pur di non incrociare il suo sguardo.
«Per il momento è tutto. Ma state allerta, intesi?».
Entrambi fecero cenno di sì. Prima di chiudersi la porta alle spalle, Violet osservò sua zia. L’aveva vista lottare e disperarsi in pochi minuti. Avevano sbirciato nei suoi ricordi e si sentì in colpa.
Ma il ricordo con la madre di Draco cosa significava? Nessuno parlava mai di sua madre, a malapena Violet sapeva qualcosa di lei.
Non appena scese le scale a chiocciola, Draco si guardò attorno per controllare che fossero soli.
«Che facciamo ora?» le chiese.
‘In che senso?’
«Non dirmi che dopo aver visto quelle cose non vuoi andare a parlare con mia madre».
‘Beh, sì’ ammise. ‘Ma non è una buona ragione per andarsene e rischiare la pelle’.
«Violet, io devo tornare a casa» dichiarò. «Anche solo per qualche ora».
‘Cosa devi fare di così importante?’
Ma lui non l’ascoltava. Brontolava tra sé.
Violet lo tirò per la divisa. ‘Mi dici che diavolo devi fare?’
«Non voglio lasciarla sola!» irruppe.
I suoi occhi si fecero, per un momento, cupi. Si passò una mano tra i capelli. Come faceva sempre per riordinare le idee.
«Anche mia madre ha dovuto pagare per le stupide azioni di mio padre. È sempre sola e non voglio che lo sia anche a Natale» confessò.
‘Questo è il motivo per cui vuoi tornare a casa?’ chiese, scioccata.
«Ora dammi pure dello stupido».
Violet sorrise.
‘A volte dimentico che sotto quei modi da sbruffone c’è un tenerone’ lo beffeggiò.
Draco accusò il colpo. «Non osare mai più chiamarmi così».
‘Come? Sbruffone o tenerone?’ disse, trattenendo a stento le risate.
«Entrambi».
Violet scoppiò a ridere e Draco fece lo stesso.
Mentre raggiungevano la sala grande per la cena, gli chiese. ‘Quando pensavi di andare?’
«La sera di Natale».
Violet sgranò gli occhi. ‘Il 25? Si accorgeranno subito che manchiamo!’
«Io non credo» suggerì Draco, fermandosi poco prima di entrare. «A pranzo staremo qui come buoni agnellini e nel pomeriggio sgattaioliamo a Hogsmeade. Penseranno che abbiamo mangiato troppo per unirci alla cena».
Violet rifletté. Forse il piano dell’amico non era tanto male.
Entrarono nella sala grande e dovettero, come al solito, separarsi. Violet odiava non poter mangiare insieme. La trovava un’idiozia. Come se le avesse letto nel pensiero, Draco disse. «Non ci avevo pensato, durante le vacanze potremo mangiare allo stesso tavolo?».
Sulla faccia di Violet comparve un enorme sorriso. Poteva scommetterci. A costo di far istituire una nuova regola a sua zia.
«Tutto bene?» le chiese Luna, una volta seduta.
‘Alla grande’ rispose. ‘Che è successo alla serra?’
«Non lo so, quando sono arrivata era tutto per aria e Neville non aveva la minima idea di quale composto avesse fatto crescere a dismisura la pianta. Strano, non è da lui…»
«Che vi ha detto la preside?» chiese, cambiando discorso.
‘Che dovremo restare entrambi a Hogwarts per le feste’ le rispose, agguantando una coscia di pollo.
«Tu e Malfoy resterete insieme per tutte le vacanze» disse. «Non sei contenta?»
Notò qualche ragazza di Corvonero drizzare le antenne. Se non fosse stato per la pessima reputazione di Draco, sapeva che le studentesse gli sarebbero corse dietro. Lo capiva da come lo guardavano.
‘Si, anche se lui avrebbe voluto tornare a casa dalla madre’.
Non poteva dirle che avevano appena escogitato un piano per scappare da Hogwarts il giorno di Natale disubbidendo a qualsiasi regola.
«Beh, troverete il modo» le rispose, sorridendo, l’amica.
A Violet andò di traverso il boccone. Era come se le avesse letto nel pensiero.
Si voltò verso il tavolo di Serpeverde. Il ragazzino del primo anno che gli aveva chiesto l’autografo in biblioteca si era seduto al suo tavolo e aveva portato con sé un gruppetto di amici. Sospettò che fossero anche loro fan dell’ex Cercatore. Il suo amico stava, con non poca fatica, cercando di essere cordiale. Draco incrociò il suo sguardo e le sorrise, come per mostrarle che ci stava provando.
Sorrise, felice. Fu in quell’istante che ebbe un lampo di genio. Sapeva cosa regalare a Draco per Natale.
   
 
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