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Autore: bulmasanzo    28/05/2023    1 recensioni
extra di un extra.
Peach non si sarebbe mai aspettata che a partire dal ritorno di Mario sulla Terra potesse originarsi una serie di eventi che l'avrebbe portata a riconsiderare i propri sentimenti per qualcuno di cui un tempo aveva avuto paura. Ma forse si tratta solo dell'ennesimo capriccio di una principessa viziata.
(Peach x Bowser)
Genere: Commedia, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bowser, Larry Koopa, Luigi, Mario, Peach
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sarasaland era in piena primavera.
 Il deserto era fiorito. Dalla sabbia, apparentemente arida, erano spuntati fuori dei verdissimi rampicanti, addobbati da meravigliosi boccioli che si aprivano, disperdendo nell'aria i loro mille petali colorati, oltre che i loro pollini. Una manna per gli allergici…
 Sotto il sole caldissimo e spietato, spossati, sudati e affaticati, arrancavano un uomo e una donna.
Lei era incinta di nove mesi, ma si teneva su il pancione con una mano, andando avanti con un'aria determinata in volto.
Lui le camminava accanto, porgendole gentilmente il braccio per appoggiarsi e riparandole allo stesso tempo la testa, grazie a un ombrellino bianco.
Indossavano entrambi abiti di tela, leggeri e comodi, scarpe da ginnastica adatti alle lunghe camminate. Lui, inoltre, portava sulle spalle un grosso zaino.
 
"Manca ancora molto?" le chiese, aveva il viso un poco arrossato.
"No. Ci siamo quasi." rassicurò lei.
 
 A ogni loro passo, le impronte che lasciavano sulla sabbia venivano ricoperte quasi istantaneamente dai germogli, che continuavano a crescere sempre più rigogliosi.
 L'aspetto di quel particolare tipo di terreno sarebbe senza dubbio sembrato insolito a chi non fosse abituato, ma ormai Luigi ne aveva viste e sentite abbastanza per non stupirsi più di nulla.
Aveva sposato quelle stranezze, nel senso più letterale possibile: era infatti proprio da lì che proveniva sua moglie.
Giunti ai piedi di una gigantesca duna, si fermarono.
 "Eccoci" disse la donna, liberando la mano per portarla ad asciugarsi la fronte e poi schermandosi gli occhi, e indicò delle piccole piante che spuntavano dal terreno e che stavano allungando i propri rami, intrecciandoli tra di loro.
I tralicci crescevano a dismisura e si posizionavano in una forma precisa, incastrandosi e piegandosi per un tratto e poi scendendo di nuovo giù, come a formare una specie di grosso quadrato.
 
 Daisy si staccò dal braccio di Luigi e si avvicinò ad esso. Lo sfiorò con le dita e immediatamente esso si ricoprì fittamente di un letto di piccolissimi fiorellini color fucsia e bianchi e assunse definitivamente la forma di una specie di porta, ma non c'era una maniglia.
Daisy la aprì spingendola. La sabbia che c'era dietro iniziò a crollare, rivelando quello che sembrava un vero e proprio tunnel, scavato nella sabbia, che scendeva giù sotto la duna in posizione leggermente verticale.
Nonostante ormai fosse diventato difficile impressionarlo, Luigi guardò l'apertura con una punta di timore.
"Daisy, do... dobbiamo proprio farlo?" chiese, balbettando un po', lanciando nervose occhiate alternativamente al buco e alla cima della duna.
 "Siamo arrivati fin qui, non ti vorrai tirare indietro adesso?" fece lei, con gli occhi fissi sul fondo del corridoio.
 "No, non... Ehm, non è questo" arrossì "Però… Non è che questa duna di sabbia... Insomma, non è che ci crolla sulla testa?"
 "Mica avrai paura?" chiese lei, in un tono canzonatorio che però non ebbe l’effetto sperato.
"Certo che ho paura." confermò lui "Ho paura... per te. Per me. Per... Per il bambino."
 "Non ci crollerà sulla testa, stai tranquillo. Ha retto per secoli, da generazioni la mia famiglia si è recata in questo posto per dar seguito alla propria discendenza. E nessuno ci è mai restato sepolto vivo."
 “Beh”, obbiettò lui "Si dice che c'è sempre una prima volta per tutto..."
 "Eddai, non portare sfiga!" si alterò leggermente lei.
"Ma non è per portar sfiga è che, ehm, non… non è che sembri molto… sicuro. Guardalo... Un corridoio costruito sotto la sabbia…!"
 
 Lei lanciò uno sguardo verso l'alto, incerta "Beh, non hai proprio torto..." ammise.
 "Non bastava, insomma, venire qui in questo regno? Voglio dire, siamo GIÀ sul suolo di Sarasaland, cosa cambia se il bambino nasce fuori o dentro quella stanza che mi dicevi...?"
 "No." negò Daisy, tornando a guardare in fondo "Bisogna farlo lì dentro, se voglio fargli ottenere pieni poteri. È importante. Se non mi trovassi esattamente lì al momento del parto, avrebbe molte più difficoltà per svilupparli. Ci vorrebbero anni…"
 "Beh, ma in fondo, che fretta c'è?" tentò un'ultima volta Luigi, stringendosi nelle spalle, ma stavolta Daisy gli lanciò uno sguardo talmente assassino che lui perse di colpo tutta la voglia di controbattere.
 A quel punto, la donna attraversò la soglia senza ulteriori indugi.
Luigi sospirò, chiuse il parasole e lo appoggiò per terra, si assestò meglio lo zaino sulle spalle, si fece coraggio e si addentrò nel corridoio dietro di lei, pregando che andasse tutto bene.
 
Naturalmente, era buio. Più avanzavano, più diventava buio.
Luigi si fermò per prendere la torcia che si era portato dietro, nello zaino.
Ma ovviamente, essendo buio, ebbe difficoltà a trovarla.
"Daisy, aspetta un secondo. Non trovo la torcia..." borbottò, mentre frugava.
Daisy lo ignorò e invece continuò a camminare nell'oscurità, sembrava come attratta da qualche cosa. Si muoveva in fretta nonostante il pancione.
 "Aspetta, Daisy, aspettami ho detto. Daisy?" Luigi accese la torcia appena in tempo per vederla sparire dietro un angolo.
 "Ehi! Ma dove stai andando?" urlò e le corse dietro, ma poi non riuscì a trattenersi, indirizzò la luce qua e là per esplorare il corridoio che attraversavano.
 C'erano radici di piante intricatissime che ricoprivano tutte le pareti e che trattenevano la sabbia.
Sulla sabbia stessa stava assurdamente crescendo del muschio, da qualche parte si sentiva l'acqua gocciolare.
 Angoli oscuri da ogni parte, Luigi si sentiva sempre più inquieto.
 Senza accorgersene, stava correndo come all'impazzata, preda di un timore crescente.
 Aveva i brividi, la pelle d'oca, una sensazione di gelo su tutta la pelle.
 "Daisy dove sei?" urlò spaventatissimo.
 E poi andò a sbattere contro qualcosa. La torcia gli sfuggì dalle mani e rotolò al suolo, mentre anche lui finiva per terra, sbilanciato all'indietro dal peso dello zaino sulle spalle.
 Sentiva vicino a sé una indefinita presenza, ma non riusciva a vederla.
 Raspò freneticamente con le dita, cercando di riprendere la torcia.
 In quel momento una mano si posò sulla sua.
 "Daisy, santo cielo, perché sei corsa via in quel modo, non avresti dovuto..." iniziò, mentre si rialzava, ma si bloccò quando si accorse che quella non poteva essere Daisy.
 Non aveva la forma di Daisy e nemmeno il suo profumo.
 "AAAAHHH! Chi diavolo sei?!" gridò.
 Strinse la torcia e la puntò di fronte a sé, spaventato dall'idea che laggiù ci potesse essere qualcuno insieme a loro.
Ciò che scorse fu la sagoma inconfondibile di un uomo dalle spalle larghe, vita sottile, portamento elegante e... una bizzarra pettinatura a spazzola.
 L'istinto di Luigi fu quello di urlare di nuovo, ma gli mancò il fiato per farlo quando sentì qualcuno abbrancarlo per le spalle, cosa che lo spaventò e lo fece agitare ancora di più.
 "Accidenti a te! Vuoi far crollare per davvero questo posto? Abbassa la voce!"
 Luigi si quietò un po', riconoscendo la voce di Daisy.
"Eccoti, ma… ma dove eri finita?" le chiese e, senza darle tempo di rispondere, si buttò addosso a lei per abbracciarla.
 "Luigi, sono sempre stata qui, dannazione. Ma si può sapere che cosa stai cercando?"
 "Qui? Ma..." Luigi si era messo a setacciare con la torcia, sicuro di rivedere l'uomo che gli era comparso di fronte, ma sembrava sparito.
 "C'era... C'era un tizio... Dove è andato? Deve essersi dileguato nell'ombra."
 "Luigi, ci siamo solo noi due qui" lo contraddisse lei. "Per favore, ora andia..."
 
E si interruppe, cacciando uno strillo più forte e acuto di quello che aveva lanciato Luigi poco prima.
"Oddio, cosa... " fece lui, confuso.
 "Ci siamo. Porca puttana, ci siamo!" gridò Daisy.
 Alla luce della torcia, Luigi vide le sue gambe aprirsi. Poi il suolo si impregnò di umori viscidi e bagnati...
 Fortunatamente, essendo buio, nessuno si sarebbe accorto del colorito bluastro che assunse la faccia del povero Luigi.
 Si sentiva sul punto di svenire, ma le urla di Daisy lo scossero.
 "Forza." disse meccanicamente, prendendola per il braccio e conducendola in avanti "Dobbiamo raggiungere quella maledetta stanza."
 E si misero a correre goffamente, lui cercando di far luce e lei arrancando, in preda alle doglie.
 
 Raggiunto finalmente il fondo del corridoio, Luigi scorse un'altra porta, questa volta una vera, provvista di una maniglia.
Attraversato da mille emozioni, la abbassò con impazienza e spalancò la porta.
 La luce improvvisa lo accecò, istintivamente chiuse gli occhi e portò il braccio a schermarseli.
 Ciò che vide, quando ottenne di riaprirli, mise veramente alla prova la sua incapacità di reagire.
 Si trovavano in quella che sembrava in tutto e per tutto la sala d'attesa di un pronto soccorso.
C'era tutto. Pareti verdi, sedie e panchine, perfino una macchinetta del caffè in fondo.
 Nell'aria aleggiava un acre odore di disinfettante, uomini e donne in camice dall'aria professionalmente indaffarata andavano qua e là e chiamavano a turno i pazienti nervosi, seduti o in piedi.
 E Luigi, che ormai credeva di non potersi stupire più di niente, restò senza parole.
 Però non era il momento di cercare di capire COME quel corridoio sotterraneo fosse sbucato all'interno di un ospedale, ormai poco importava. Daisy stava gridando e imprecando in tutte le lingue del mondo…
 "Sta per partorire!" gridò "Aiutateci! Per favore!"
 
Quello che doveva essere un infermiere si avvicinò, spingendo una sedia a rotelle vuota, e si rivolse a Daisy.
 "Sapevamo che sarebbe arrivata. Da questa parte, principessa, prego, si sieda, la portiamo immediatamente in sala parto" e, insieme a Luigi, la aiutarono a salire.
Luigi poi fece per seguirli, ma l'infermiere lo bloccò gentilmente con una mano.
 "Lei si sieda, per favore, e attenda. Non può venire in sala parto, mi spiace. Solo il dottore può"
"Ma io sono il padre!" protestò lui.
 "Mi rincresce, a nessun familiare è permesso di presenziare al parto. È la politica dell'ospedale." Disse in tono categorico l'infermiere, e si accinse a portar via Daisy.
 Luigi guardò meglio quell'uomo e si accorse che aveva le spalle larghe, la vita sottile e i capelli a spazzola... E che la sua pelle appariva di un insolito colorito verdastro.
 "Tu... tu sei... " abbozzò, credendo di riconoscerlo, ma quello se ne era già andato via.
 "Daisy!" chiamò "Andrà tutto bene, io ti... ti aspetto qui."
 Lei, di rimando, cacciò un altro strillo.
 Frastornato, Luigi abbandonò torcia e zaino per terra, si sedette su una delle panchine e si mise le mani tra i capelli.
 E ci rimase per un po', cercando di assimilare tutto quello che era successo.
 Gli era parso che andasse tutto molto veloce. Solo adesso aveva un momento di tregua.
 "Ci stavano aspettando" mormorò, dopo qualche minuto "Noi non abbiamo detto a nessuno che saremmo venuti qui. Solo Mario sapeva che ne avevamo intenzione, ma nemmeno a lui avevamo detto quando..."
 Sollevò la testa di scatto quando una mano gli si pose sulla spalla.
 Era l'infermiere di prima, che aveva dipinta sul viso un'aria di compassione.
 "Signor Mario, non tema. Sua moglie è in buone mani, il dottore è uno dei più esperti di tutta Sarasaland, porterà a compimento la sua gravidanza con successo, glielo garantisco."
Luigi ebbe modo di riguardare per bene l'uomo e constatò che veramente la sua pelle era di colore verde, non era stata solo una sua impressione.
 Ciò non doveva sembrare poi così strano, negli ultimi tempi aveva visto tante di quelle creature diverse, ma di solito le ritrovava catalogate nel libriccino di istruzioni che Daisy gli aveva regalato anni prima.
 Questo però, nonostante la bizzarria del colore della pelle e le dimensioni della testa un po' più grandi del normale, aveva un aspetto indubbiamente molto umano. Ma ovviamente non lo era. Non era plausibile. Al di fuori della famiglia reale, la popolazione umana in quei luoghi era molto limitata.
 Comunque, registrò da qualche parte nel cervello l'istruzione di andarselo a cercare per bene nel suo libro, quando ne avesse avuto occasione. Magari gli era semplicemente sfuggito.
 
"Tu eri con noi prima, nel tunnel..." disse, e non si trattava né di una domanda né di una accusa.
 Quello annuì "Come ho detto prima, vi stavamo aspettando. Ci eravamo immaginati che sareste venuti qui per perpetrare la tradizione. Tutti i membri della famiglia reale lo hanno fatto, partorire qui in questa clinica è fondamentale per loro, anche la principessa Daisy deve aver sentito il bisogno irresistibile di farlo…"
 Luigi si diede mentalmente dell'idiota, pensando che avrebbero dovuto aspettarsi di non essere gli unici a essere a conoscenza di quelle cose.
 "Mi presento, mi chiamo Peasley" continuò l'uomo verde, e si chinò leggermente verso di lui.
Luigi fece istintivamente per stringergli la mano, ma poi si accorse che in realtà non gli stava porgendo quella. Ciò che gli tendeva era una rosa dai bellissimi petali gialli.
 "Questa è per lei." disse Peasley "Dalle mie parti è un simbolo... Di speranza e di rinnovamento. La si regala ai padri per augurare loro buona fortuna."
 Molto colpito e anche piuttosto perplesso da quel gesto, Luigi prese in mano la rosa.
 "Grazie" abbozzò. Stava per aggiungere un istintivo “Di dov’è lei?” ma qualcosa lo fece sentire leggermente a disagio, quindi cambiò argomento. "Ma lei, ehm, non può proprio fare niente per farmi assistere al parto? Io... ecco, è il mio primo figlio e ci tenevo a esserci..."
 "Glielo sconsiglio, sinceramente." disse Peasley, in tono secco "Non si immagini tutta questa poesia. È uno spettacolo molto peggiore di come lo si dipinge. Le donne strillano da perforare i timpani, c'è tanto sangue... E un sacco di robe schifose che vengono fuori dalla... beh, ha capito.
 Nove padri su dieci si sentono male durante il travaglio e il dottore si trova impossibilitato a soccorrerli perché impegnato con la madre."
 Il discorso ebbe l'effetto sperato su Luigi, che sbiancò e si irrigidì, restando fermo al suo posto, a giocherellare con la rosa tra le dita.
Non si era aspettato di certo che gli venisse detto questo, ma adesso si accorgeva di non essere preparato affatto. Si biasimava per non averci pensato abbastanza.
 
 Peasley si sedette accanto a lui sulla panchina che aveva occupato e, con scioltezza, gli tirò una pacchetta sulla schiena, come a volerlo incoraggiare.
"Le donne..." lo sentì sospirare "dispensatrici di gioia, di vita, ma anche di immondi orrori..."
 "Ma cosa sta dicendo?" fece Luigi, sobbalzando.
 "Dico che tutto questo figliare, per cui il corpo femminile è predisposto, disgusta piuttosto che regalare buone emozioni." continuò Peasley "Il figlio, nascendo, esaurisce tutte le energie della madre, le succhia via le risorse insieme al latte materno, le sottrae la bellezza, la giovinezza, la linea, finanche la personalità, poiché tutta la sua vita, da quel momento, sarà orientata unicamente verso di lui. Quale spreco…"
 "Beh, ehm" Luigi non capiva il discorso "Mi sembra che stia un po' esagerando..."
 "Una donna smette di essere donna nel momento in cui diventa madre" insistette Peasley "Non sarà altro che quello, per sempre. Non comprenderò mai perché vi ostiniate a metterle incinte. È il modo migliore per perderle!"
 "Mi scusi... non mi pare che sia la cosa migliore da dire a qualcuno che sta per diventare padre..." obiettò Luigi, sbalordito.
 "No. Ha ragione. Le chiedo scusa." Peasley si ricompose, guardò Luigi negli occhi in modo triste "Il fatto è che lei mi sembra una brava persona e mi dispiace per lei."
 "Le dispiace?" ripeté Luigi "Ma io sono felice. Anzi, sono molto felice."
 "È ciò che dicono tutti, all'inizio, ma poi si rendono conto di quello che comporta... Ed è troppo tardi."
 Avevano decisamente idee contrastanti.
 Luigi ora si sentiva decisamente non a suo agio, perciò tacque, cercando di evitare il dialogo.
 Lui quella gravidanza l'aveva voluta. Era stata sì inaspettata, ma non c'era mai stato un secondo in cui l'avesse rifiutata.
 Sì, gli faceva paura. Sì, aveva devastato il fisico e soprattutto la psiche di Daisy. Sì, non aveva idea se sarebbe riuscito a essere un bravo padre.
 Ma sapeva che avrebbe fatto del suo meglio.
 L'idea di avere generato un figlio lo riempiva di felicità e di orgoglio.
 E, sotto sotto, era anche soddisfatto di averne generato uno prima di suo fratello.
 D’altra parte, Mario arrivava sempre primo in tutto, non c’era mai stata partita.
 Luigi era sempre stato l’eterno second player. Seppure non gli fosse mai pesato troppo, non avrebbe potuto negare che fosse indubbiamente bello batterlo finalmente in qualcosa…
 No, le considerazioni di Peasley non lo avevano convinto.
Anche nei panni di madre, la sua Daisy sarebbe tornata a essere quella di sempre, ne era fermamente convinto.
 Quella rappresentava semplicemente un'altra delle prove a cui la loro vita li sottoponeva.
Ne avevano affrontate già parecchie, e questa era una delle più grandi.
L'avrebbero superata insieme.
 
 Immerso in questi pensieri, trasalì quando Peasley parlò di nuovo.
 "Senta, le posso dare del tu?" Gli stava sorridendo.
 "Certo, sì, non c'è problema" rispose Luigi, riprendendosi.
 "Bene." fece l'altro, tutto contento "Sai, ti devo dire che sei diverso da come ti avevo immaginato. Tutti hanno parlato della vostra impresa e ammetto che avevo pensato che, visto che tua moglie è una principessa, tu fossi un tipo un po' snob"
 "Daisy non è più una principessa, ha rinunciato al proprio titolo" precisò Luigi "E io sono un umile idraulico, ho poco da tirarmela, non sono di certo un principe…"
 "Peccato" fece Peasley "Perché io, invece, lo sono."
 
 In quell'istante, dalla direzione della sala parto provenne un urlo straziante, una specie di ululato.
 Luigi balzò in piedi "È Daisy!" esclamò "Ma è normale che gridi in questo modo?"
 "Piuttosto normale, direi" fece Peasley, in tono annoiato.
 Si alzò e gli mise una mano sulla spalla, invitandolo a risedersi.
 Ma si udì di nuovo la voce della donna, che stavolta scandì delle parole precise:
 "NO! NON POTETE, NON POTETE, QUALCUNO LI FERMI!"
 Luigi si sentì come mancare, percependo in tali parole un pericolo e una chiara richiesta di aiuto.
 "È normale... " ripeté Peasley, ma stavolta Luigi reagì, scuotendoselo bruscamente di dosso e compiendo uno dei suoi proverbiali salti in avanti.
 "Aspetta, non puoi andare lì dentro!" tentò di fermarlo, ma fu inutile.
Incurante del divieto, Luigi spalancò la porta della sala parto.
 E vide che dentro non c'erano solamente il dottore e Daisy, come gli avevano detto, ma anche due estranei che non erano certamente degli infermieri.
 Erano due martelkoopa.
 Uno di loro stava trattenendo giù Daisy sul letto con la forza e cercava di zittirla.
 La poveretta era in lacrime e si dibatteva ferocemente, gridando disperata, aveva il volto rosso e dei graffi sul viso.
 L'altro aveva preso in braccio il piccolo appena nato.
 Il dottore giaceva sul pavimento, stordito e con un bernoccolo sulla testa.
 Daisy girò la faccia verso Luigi, con gli occhi spalancati e iniettati di sangue, la sua espressione sfinita era di terrore puro "Vogliono portarselo via. Non permetterglielo. NON PERMETTERGLIELO!" lo supplicò.
 Quella scena, totalmente inaspettata, sconvolse e fece arrabbiare moltissimo Luigi.
 Suo figlio aveva appena visto la luce e già qualcuno tentava di rapirlo.
 Si diede uno slancio e si gettò addosso a quello che lo aveva preso, atterrandolo.
 Iniziò a lottare furiosamente, pazzamente, cercando di strapparglielo dalle braccia, ma era impacciato perché allo stesso tempo doveva cercare di non colpire il bambino e di non farlo cadere.
 Il secondo martelkoopa lasciò stare Daisy e andò ad aiutare il suo compare, afferrando Luigi da dietro e tirandolo via, facendogli poi passare un braccio possente sotto il collo per trattenerlo, ma quello non smise di tirare pugni.
 "Cavolo, che furia" commentò il primo.
 
 Sulla porta si stagliò la figura elegante di Peasley.
 "Ebbene" disse, aveva cambiato totalmente espressione "Che succede?"
 "Peasley, aiutaci, questi due vogliono..." cominciò Luigi.
 "Peasley?" ripeté Daisy sgranando gli occhi "Oh... Porca miseria!" e si batté una mano sulla fronte.
Lui guardò la donna e le rivolse un cenno.
 "Toh. Mi hai riconosciuto." fece con un mezzo sorriso, ma mantenendo uno sguardo di ghiaccio.
 Luigi li guardò alternativamente, senza capire.
Peasley si rivolse ai due koopa, rimproverandoli.
 "Dovevate far tacere la partoriente, siete due incompetenti, non riuscite mai a fare le cose per bene!"
 "Ci scusi, principe, ci abbiamo provato…" si scusarono i due, in tono contrito.
"Ma questa bestia di donna mi ha morso!" disse quello che tratteneva Luigi, mostrando un grosso segno di denti sulla mano.
L’idraulico approfittò del momento per tirargli un calcione e liberarsi dalla sua stretta.
 "Peasley, che cosa significa?" chiese poi, andandogli incontro furioso "Sei in combutta con loro?"
 "In combutta? Ma come parli? Loro lavorano per me.”
“Cosa?” fece, digrignando i denti.
“Come ti ho anche detto, ci aspettavamo che sareste venuti. Era l'occasione perfetta per tendervi una trappola"
 "Che cosa avete intenzione di fare?" lo minacciò con un pugno.
 "Oh, tranquillo. Vogliamo solo il vostro bambino" disse Peasley, con noncuranza.
 "No!" e il pugno partì, colpendo la faccia del principe, che si deformò.
 "Daisy. Tu conosci questo tizio?" chiese poi.
 La povera donna annuì. "Ricordi quando ti dissi che i miei genitori avevano scelto per me un fidanzato? Beh, eccolo. È lui. Il principe Peasley, il sovrano di Fagiolandia. Il partito perfetto per una principessa capricciosa come me. Quello che mi avrebbe rimesso in riga riportandomi sotto l’autorità paterna..."
 "Li avresti dovuti ascoltare" fece Peasley da terra, tenendosi la guancia con una mano "Avessi accettato di essere mia moglie, ora ci saremmo risparmiati questa scena pietosa"
 "Oh, ma per favore, ma se a te nemmeno piacciono le donne." lo rimbeccò Daisy.
 "Non capisco... Perché sta cercando di prendere nostro figlio?" chiese Luigi.
"Sono pronta a scommettere che lo sta facendo per conto dei miei genitori" ipotizzò Daisy, in tono sia amaro che accusatorio.
 "Supponi bene." confermò Peasley, rialzandosi.
 "Ah, ma certo! Che stupida!" continuò lei "Come poteva essere altrimenti? Avrei dovuto saperlo che non avrebbero rinunciato a loro nipote!"
 Peasley rise. "È l'erede al trono. Tu ci avrai anche rinunciato, ma non hai nessun diritto di decidere per lui. È il momento di farla finita. Dammelo." ordinò al martelkoopa che ancora stringeva il piccolo.
 "Nemmeno per sogno!" Luigi si interpose tra loro "Non ve lo lascerò prendere!"
E, come a compimento della sua minaccia, mise una mano in tasca e ne tirò fuori una super stella.
Portava sempre addosso una piccola scorta di power up, era un'abitudine che aveva preso da un po' di tempo, non si poteva mai sapere quando avrebbero potuto essere utili.
 Il secondo martelkoopa gli fu addosso nel tentativo di non fargliene assorbire il potere, ma Luigi fu più veloce di lui, la luce lo avvolse.
 Gli bastò dargli un colpetto per mandarlo a schiantarsi contro il muro.
 Si rivolse quindi a quello che ancora teneva il bambino.
 "Ti conviene riconsegnarlo alla madre" gli consigliò a denti stretti "Se non vuoi fare la fine del tuo amico."
 "Non ascoltarlo, sei ai miei ordini." gli intimò Peasley.
 "Dallo a me" supplicò Daisy.
 "Zitti, state zitti tutti e tre!" berciò il koopa, adesso confuso, continuando a stringere a sé il piccolo.
 "Come ti permetti?" lo rimbrottò Peasley facendosi avanti, ma non riuscì a raggiungere il suo sottoposto perché Luigi fece uno scatto fulmineo e, sfruttando nuovamente il potere della stella, lo spostò di lato.
 Ma come tutti sappiamo, l'effetto di questo particolare power up è veramente limitato, e pertanto si esaurì lì.
Vedendo sparire il brillio che aveva avvolto il suo nemico, l'energumeno ne approfittò, gli diede una spallata e corse fuori dalla stanza, portandosi appresso il piccino.
 "Mio figlio! No, no, ti prego. Prendilo! Salvalo!" Daisy strillò un'ultima volta, prima di accasciarsi sulle lenzuola, esausta.
 Rintronato per la botta, Luigi si costrinse a riprendersi e partì all'inseguimento.
 Erano tornati di colpo la pesantezza del corpo, il dolore alle membra, il batticuore.
 Ma non crederete che la scorta nelle sue tasche fosse finita?
 No, infatti comprendeva ancora una foglia tanooki, che in determinate occasioni si era guadagnata un posto tra i suoi potenziamenti preferiti.
 Il resto era ancora nello zaino che aveva abbandonato in sala d'aspetto.
 Assorbendone il potere, si sollevò a mezz'aria, roteando la coda di procione che gli era istantaneamente cresciuta.
 Intercettato il koopa, che stava tentando di svignarsela dalla porta principale che riportava al tunnel, gli saltò sulla schiena a piedi uniti.
 In tal modo riuscì a fermarlo, ma il risultato inaspettato fu che il fagottino gli sfuggì dalle braccia e volò via. Un errore fatale.
 
 "OH NO!" strillò, tendendo inutilmente le mani verso di lui.
Realizzò, ancor prima di vederlo sparire dal suo campo visivo, che non sarebbe mai riuscito a prenderlo prima che si schiantasse a terra.
 La sua avventura di padre così era finita ancor prima di cominciare.
 Suo figlio, venuto al mondo da pochissimi minuti, era irrimediabilmente perduto, come sarebbe mai potuto sopravvivere a quel volo?
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Crollò sulle ginocchia, contemplando il proprio fallimento.
 Il dolore era così intenso da schiacciarlo. Non osava alzare la testa perché non voleva assistere a un simile disastro, sarebbe stato troppo per il suo povero cuore che, già così a lungo straziato, questa volta non avrebbe retto e si sarebbe infine spezzato. E di sicuro anche la sua salute mentale sarebbe finalmente venuta meno...
Ma poi udì un singolo vagito.
 Sollevò lo sguardo, con il cuore in gola.
 Lo spettacolo raccapricciante che si era affacciato alla sua mente non si presentò.
 Al suo posto, apparve una figura umana, illuminata da un'aura azzurra.
 Una donna molto alta, dai lunghi capelli biondo-argentei con un ciuffo che le copriva un occhio.
Indossava un lungo abito color celeste, dall'ampia gonna tutta sgualcita, come se fosse appena ritornata da un lungo viaggio, e una minuscola coroncina malconcia sulla sommità della testa.
 Ed era lei ad aver arrestato la fuga del piccino, che ora piangeva disperatamente, al sicuro tra le sue forti braccia.
 Luigi rimase instupidito a fissarla, completamente senza fiato, senza voce, con le lacrime di terrore che gli colavano giù per le guance.
 "Mio caro cognato" disse Rosalinda, con una faccia stupita "Cosa sta succedendo?"
 Chiaramente era capitata lì per un caso fortuito. Oppure... era stato destino?
 Luigi si rialzò lentamente, carico di ringraziamenti che non riusciva a esprimere a parole e si affrettò a prendere dalle braccia di lei il bambino che ancora strillava, se lo strinse al petto pulsante e chiuse gli occhi, mormorando un debolissimo "Grazie". Era la personificazione del sollievo.
 Il martelkoopa si alzò a propria volta, imprecandogli addosso.
 Rosalinda comprese dunque la situazione, serrò gli occhi, la sua faccia divenne di marmo.
 Poi una sorta di onda di energia partì da lei e si scaraventò tutta addosso al nemico.
Ciò che venne detto dopo suonava come attutito nella testa di Luigi, che non riusciva a processarlo nel dettaglio, si era come bloccata.
 Fu vagamente consapevole di ciò che vide.
 Vide i martelkoopa che battevano scompostamente in ritirata; Peasley che li prendeva a pedate urlando insulti circa la loro incapacità; Rosalinda che non smetteva di scusarsi e che cercava di spiegargli in maniera del tutto inefficace come li avesse seguiti lì in quel mondo, come le loro anime gli avessero fatto involontariamente da guida verso la civiltà, fino a raggiungerli, spinta dalla propulsione delle luci degli Sfavillotti nello spazio; Daisy che sopraggiungeva cercandoli, sorretta da quei pochi ex sudditi che non l’avevano in fondo mai biasimata per le sue decisioni o che semplicemente avevano avuto pietà di lei…
 Tutto questo accadeva, sì, ma perdeva di significato, poiché Luigi riusciva a focalizzarsi unicamente su suo figlio.
Una microscopica creatura, con due iridi brillanti già di un colore verdissimo, pieni di una luce abbagliante, calda e paterna.
Un essere così minuscolo e innocente, già così carico di tantissime responsabilità.
Di fronte a lui, al suo corpicino piccolo e insudiciato, ma vivo, sano e pulsante, il mondo sarebbe potuto anche precipitare. Niente aveva importanza, nessunissima di fronte alla consapevolezza che fosse vivo, che fosse salvo.
La vita di Luigi era cambiata, allo stesso modo in cui la vita di qualsiasi genitore cambia nel momento stesso in cui si rende conto che il proprio figlio non è altro che un vero e proprio essere vivente in miniatura.
 Non una bambola, non un fantoccio. Un essere umano a tutti gli effetti.
Mortale, dunque in grado di morire.
Da quel momento, la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla prospettiva di perderlo per sempre.
Una paura devastante, ma necessaria.
Piangendo di fronte alla grandezza spaventosa di una tale cognizione, Luigi sapeva che non gli avrebbe mai potuto chiedere scusa abbastanza volte per averlo lasciato in quello stato di vulnerabilità.
Decise che non sarebbe mai più ricapitato. Se lo impose come missione.
 Sarebbe stato suo compito assicurarsi che suo figlio restasse al sicuro.
Ma in fondo, non è proprio questo il ruolo di un papà?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
Passano gli anni, ma le cose non cambiano… Quando racconto di Luigi, la narrazione assume toni tragici e surreali. Le situazioni in cui si ritrova sono sempre parecchio assurde. Una sorte a cui non scampa mai, nemmeno nel film. Chissà se avrà mai pace, sto pover’uomo.
Spero che il capitolo non sia risultato troppo pesante. 😊 grazie per aver letto, se qualcuno volesse farmi sapere cosa ne pensa con una recensione ve ne sarei grata.
 
  
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