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Autore: dirkfelpy89    31/05/2023    0 recensioni
1998 - il il Canada–France–Hawaii Telescope osserva per la prima volta, dalla terra, il satellite di un asteroide: 45 - Eugenia. In cerca di ispirazione per dare un nome a quel piccolo satellite, a Lucienne, una ricercatrice, viene chiesto di portare il diario di sua nonna, contenente, tra tante cose, la triste storia di Eugenio Napoleone, l'unico figlio dell'ultimo imperatore francese Napoleone III.
Questa è la storia dei suoi ultimi anni.
"Un piccolo asteroide che orbita intorno a 45 Eugenia… non è possibile," sussurrò Lucienne, osservando il quaderno e cercando ancora una volta di ricacciare indietro le lacrime. "Le Petit Prince."
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Napoleonico, Età vittoriana/Inghilterra
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Capitolo 11, L’Ultimo Viaggio



"Cara madre,
Non so quando questa lettera Vi arriverà, il servizio postale di sua maestà è all'avanguardia ma chiaramente tra Sudafrica e Camden House vi sono molte, forse troppe, miglia di distanza.
Ma comunque non importa entro quanti giorni questa mia sarà vostra, ci tengo a scrivere questa lettera un po' per confermarvi che la mia salute è buona, così come il mio morale, e un po', lo ammetto, per trascorrere il tempo altresì lento e noioso.

"La nave solca lenta, ma costante, la superficie piatta dell'Oceano Atlantico da ormai diversi giorni monotoni.
La parte migliore di tutto questo è il fatto che sono riuscito a riprendere in mano le tante conoscenze fatte ai tempi dell'Accademia. Loro, i miei vecchi compagni, sono diretti alla prima linea, io ovviamente no, per questo le nostre strade si divideranno ancora una volta, appena metteremo piede in Africa, ma non me ne cruccio. Questi giorni sono stati molto divertenti e sono sicuro ci rivedremo, una volta che la guerra contro gli Zulu sarà terminata.

"Non so quando ancora potrò scrivervi, nel frattempo vi mando il mio più grande abbraccio e vi prometto che il mio proposito è ancora più forte, man mano che i giorni che mi allontano da Inghilterra aumentano e quelli che mi separano dall'Africa diminuiscono.

“A presto,
Louis-Napoleon."


Luigi Eugenio osservò la lettera con attenzione, rileggendola più volte. Era stata la missiva più difficile che avesse mai dovuto scrivere, cosa che gli era costata diverse ore e numerosi fogli gettati nella piccola stufetta nella cabina.
Infine, apparentemente soddisfatto, mise il foglio da parte.
Osservò l'orologio (era mezzogiorno in punto) si alzò e camminò per qualche minuto nella stanza per sgranchirsi le giunture e schiarirsi le idee.

Oltre la porta poteva sentire la cornamusa del Tenente MacGuaire, la tirava fuori ogni volta che aveva nostalgia di casa, e la voce squillante del capitano Barreage, sicuramente intento a raccontare qualche barzelletta sconcia alla truppa.

Non aveva mentito nella lettera che aveva intenzione di spedire a sua madre: nonostante fosse un principe di sangue reale, si trovava bene in mezzo a quella compagnia variegata.
Peccato che loro fossero diretti in prima linea e a lui quell'onore fosse stato precluso direttamente da Vittoria. E da sua madre.
Poco male, pensò, mettendosi nuovamente a sedere e afferrando un foglio di carta ancora vergine, avrebbe trovato un modo per farsi notare lo stesso.

"Cara Beatrice,
Ti scrivo questa lettera quando mancano più o meno tre giorni al mio arrivo in Africa.
Ovviamente, quando avrai questo foglio di carta tra le mani sarò già in mezzo all'azione, o perlomeno spero, ma sappi che questa traversata si sta rivelando particolarmente interessante.
In questa nave non sono un principe, un erede al trono, sono soltanto un semplice sottotenente. Sì, lo so, quando sarò sbarcato molto probabilmente torneranno a chiamarmi 'principe' o 'altezza' ma qui non conta, in mezzo ai miei ex commilitoni sono solamente Luigi… o Eugenio, come più gli aggrada.

"Se non avessi sulle mie spalle la causa Imperiale penso che forse mollerei tutto e mi unirei in pianta stabile all'esercito… ma, tranquilla, so che non è possibile. Troppe cose dipendono da me e già il fatto che sia partito alla volta del Sudafrica rappresenta un qualcosa che ha turbato molti francesi.
Figuriamoci farlo in pianta stabile.

"So che, cosa molto importante, in mezzo a questi uomini semplici finalmente la mia mente è più libera, meno oppressa dai pensieri che mi turbavano a Camden House.
Si sta facendo strada nella mia intima convinzione che qualunque cosa accadrà in Sudafrica non potrà che farmi del bene.

“Un caloroso ed affettuoso bacio,
Louis."


Questa lettera invece fu molto più facile da scrivere: con Beatrice non sentiva così asfissianti il peso delle aspettative e delle convenzioni sociali. Chissà, forse quel viaggio in Sudafrica avrebbe potuto giovare anche alla sua vita sentimentale…
Scosse la testa, divertito, e poi corse fuori dalla cabina per consegnare le lettere all'addetto postale.

/ / / / / / /



Durban apparve finalmente all'orizzonte e l'atmosfera a bordo della nave cambiò completamente nel giro di pochi istanti. Tutti i soldati corsero in coperta, osservando la costa bagnata dall'Oceano Indiano.
La loro destinazione dopo giorni di noia e disagio.

Immediatamente si udì un lungo fischio: era il segnale convenuto. A quel suono, infatti, tutti i soldati avrebbero dovuto correre in cabina, prendere il loro equipaggiamento e prepararsi a sbarcare in Sudafrica.
Il principe accolse quel segnale con un groppo in gola.
Si affrettò a correre alla cabina che gli era stata assegnata all'inizio del viaggio, la mente già andava lontano: finalmente era arrivato a destinazione, avrebbe potuto mostrare il suo onore a se stesso e a tutta la nazione.

In realtà i suoi bagagli erano già pronti da ore, ma approfittò di quei pochi minuti per indossare la giubba rossa, con i gradi di Sottotenente, in maniera quasi maniacale e osservarsi nel piccolo specchio presente sopra il letto scomodo.
Sì, tutto sommato faceva una buona impressione.

"Sei pronto?"
Era Henry Burke, uno dei suoi vecchi compagni di accademia. Era pronto? I suoi bagagli erano fatti, mancavano pochi minuti al suo arrivo in Sudafrica, ma dentro di sé…
"Sì."
Non trovò una risposta migliore e più rapida di quella.
Sì, nonostante l'incertezza della guerra lo preoccupasse, in realtà non aspettava altro che scendere quella passerella e darsi da fare.
Henry gli strinse brevemente la mano e si affrettò a salire in coperta.
Poco dopo, dopo un'ultima preghiera e un pensiero alla madre, a Beatrice e alla causa Imperiale, Luigi Eugenio lo seguì.

La confusione, gli ordini gridati al vento, sudore e imprecazioni che si mischiano. Scendendo a Durban, il principe non poté non pensare alla sua breve esperienza durante la guerra Franco-Prussiana. Alla riunione con il padre, l'ultima volta che lo vide Imperatore, quando l'uomo, ormai distrutto dalla malattia, ordinò che le loro strade si dividessero. Chissà che cosa sarebbe successo se avesse disobbedito e fosse rimasto a fianco di Napoleone III.

Scese la passerella, un po' in disparte, e con la coda dell'occhio vide numerose altre giubbe rosse scendere dalla nave e riordinarsi al più presto sulla banchina di quello squallido porto. La sua direzione era altrove: avrebbe dovuto, come prima cosa, conferire con il comandante delle operazioni in Sudafrica, lord Chelmsford.

Prima che potesse anche solo pensare alla sua prossima mossa, però, il suo naso venne letteralmente assalito da numerosi odori che mai aveva sentito prima di allora, le orecchie soffocate da urla e rumori assillanti.
Rimase per qualche istante in piedi, in fondo alla passerella, non sapendo bene dove andare ma per fortuna, dopo qualche secondo, si fece avanti un ragazzo che evidentemente era in attesa del Principe.
"Bonsoir, Prince. Volete seguirmi da lord Chelmsford?" Disse in un francese tutto sommato accettabile.
Luigi annuì e, grato, seguì il nuovo arrivato mentre fendeva la folla, diretto verso un'uscita secondaria del porto.

"Come avete fatto a riconoscermi?" Chiese, mentre velocemente si allontanavano dal caos della banchina.
"Sono mesi che riceviamo uomini e rifornimenti. Dopo un po' si riesce facilmente a riconoscere un principe dalla marmaglia, anche se graduata," rispose il ragazzo, mostrando un lasciapassare a una guardia.
Finalmente il caos e il rumore del porto arrivarono con meno intensità alle loro orecchie e Luigi vide il mezzo che, immaginava, lo avrebbe portato dal comandante in capo delle operazioni: una carrozza rossa con sopra il simbolo della Marina Inglese.

L'altro prese la borsa del Principe e la gettò, senza apparente sforzo, nel piccolo portabagagli presente dietro la carrozza, poi si affrettò ad aprire la porta.
"Sarà un viaggio breve ma Lord Chelmsford ci tiene affinché voi non viaggiate con la truppa." Se quello era il desiderio del comandante non vedeva perché non accettarlo, perciò Luigi annuì e quindi si accomodò nello stretto, ma comodo, sedile di dietro. Dopo circa un minuto erano già in viaggio verso il quartier generale.

/ / / / / / /



Ben presto Il principe poté notare il cambiamento repentino tra la zona del porto, con i suoi quartieri malfamati e affollati, e le zone più residenziali e borghesi. Lontano dall'aria inquinata e dai rumori acuti e penetranti, Durban, tutto sommato, non sembrava un brutto posto dove vivere.
Mentre la carrozza filava su una strada polverosa, Luigi Eugenio tirò fuori, da una delle tasche della giubba, una lettera di presentazione del Duca di Cambridge, un regalo personale prima della partenza.
Dubitava che ne avrebbe avuto bisogno, a quanto pareva, la sua fama lo precedeva.

Infine, dopo quello che parve un quarto d'ora, la carrozza entrò in un quartiere piuttosto antico di Durban e si fermò in quello che pareva un lungo vialone alberato. Il principe si affrettò ad uscire.
Si trovò di fronte a una villa piuttosto elegante che si affacciava direttamente sulla strada, all'apparenza antica e spartana. La sua guida scesa dalla carrozza e gli si avvicinò.
"Lord Chelmsford l'attende già nel suo ufficio, al primo piano," disse. "Andate pure, troverete il vostro bagaglio al piano terreno."
"Merci," sussurrò Luigi Eugenio, avviandosi con passo malfermo, un po' per l'emozione e un po' perché non camminava sulla terraferma da diversi giorni ormai.
Il giardino, perfettamente curato, era deserto ma, una volta entrato all'interno della villa, l'atmosfera cambiò improvvisamente: una moltitudine di soldati, assistenti e personale di servizio sciamavano, in un perfetto caos controllato, tra le varie stanze del quartier generale.

"Salve, altezza," un ragazzo di colore, in divisa bianca lo accolse. "Lord Chelmsford vi sta attendendo al primo piano nel suo ufficio. Terza porta a destra."
Il principe annuì e si affrettò a salire al piano superiore tramite una scalinata di marmo ormai sbeccata qua e là.
Era ovvio che la guerra che il personale di servizio stava portando avanti contro lo sporco, e la confusione, non stesse andando molto bene ma non se ne crucciò. Era in un quartier generale, non in una villa di qualche aristocratico campagnolo.

Il primo piano, per molti versi, non era molto diverso da quello inferiore: un grande corridoio con numerose porte aperte dalle quali diversi soldati, ufficiali e personale vario, sbucavano ogni pochi secondi.
Il principe notò come la terza porta a destra fosse una delle poche porte chiuse, evidentemente era la sua destinazione.
Si avviò quindi deciso, evitando un paio di soldati intenti a correre come forsennati, e bussò, attendendo una risposta, un invito a entrare.

"Entrate pure."
Luigi non esitò ad obbedire, abbassò la maniglia ed entrò nell'ufficio.
Se nell'intera villa a regnare era il caos, in quella stanza l'ordine faceva da sovrano.
Sulle pareti erano appese alcune mappe dettagliate del regno degli Zulu e della colonia del Sudafrica mentre il pavimento era interamente ricoperto da preziosi, e all'apparenza antichi, tappeti.
Lord Chelmsford sedeva, composto, dietro una grossa scrivania in legno pregiato, l'intera superficie lignea coperta da mappe, schemi e tabelle: tutto il necessario per la seconda fase della guerra.
Quella volta avrebbero fatto le cose per bene, non avrebbero sottovalutato l'avversario.

L'uomo si alzò, strinse brevemente la mano del principe e indicò l'unica sedia posizionata di fronte a lui.
Frederic Thesiger, lord Chelmsford, si mise stancamente a sedere, lisciandosi quasi automaticamente i folti baffi neri.
"Dovrete perdonare il fracasso e la confusione che, in questo momento, fanno da padrone nel mio quartiere generale ma i preparativi per un'invasione non sono mai semplici né tantomeno pacifici e ordinati," borbottò l'uomo.
Luigi Eugenio rimase in silenzio, scuotendo appena le spalle. Non sapeva bene cosa aspettarsi da quell'uomo sicuramente energico, desideroso di vendicarsi della sconfitta cocente subita nella prima fase della guerra.
Suo padre gli aveva insegnato che, quando non riusciva a capire la persona che aveva di fronte, la migliore strategia era quella di giocare di rimessa.

"Lord, vi porgo i saluti personali dell'imperatrice Vittoria. Ho anche una lettera di raccomandazione scritta di proprio pugno dal Duca di Cambridge," disse, infine, porgendo all'uomo la lettera.
Un inizio di conversazione perfettamente neutrale. Ora toccava all'altro.
Frederic lesse brevemente le parole scritte, nella grafia precisa del Duca, poi la richiuse e la consegnò nuovamente a Luigi Eugenio.
"Perché vi trovate qui?" Chiese, secco.
La domanda, posta in maniera così decisa, senza tanti fronzoli, sulle prime sorprese e spiazzò il giovane Principe.
"Insomma, sono qui per combattere, ovviamente."
"E perché volete combattere? Perché qui?"
L'uomo insistette.

Perché.
Cosa gliene importava del perché?
Era lì e tanto bastava, no? No, evidentemente quella spiegazione non era sufficiente all'uomo che rimase immobile, fissandolo, lisciandosi i baffi.
Che cosa doveva dire? La risposta vera e propria oppure una di comodo? Quanto poteva, o doveva, aprirsi con quell'uomo che non aveva mai conosciuto prima?
Optò per una via di mezzo: una risposta sincera ma decisamente più breve.

"Sono un Bonaparte. Negli ultimi anni ho sempre cercato un modo di distinguermi, di emergere dalla massa, ma solo recentemente mi sono reso conto che l'unica possibilità per me, per noi, è quella di farlo attraverso la guerra. Attraverso la guerra," rispose, "l'onore, e tutto quello che ne comporta, noi Bonaparte riusciamo a scolpire il nostro nome nella storia. Quando ho scoperto, da un mio amico purtroppo deceduto durante una battaglia, che tra Zulu e Inghilterra ci sarebbe stata guerra, non ho esitato a contattare l'imperatrice Vittoria."
"Se voi siete qui per darvi da fare, per combattere in nome di sua maestà, allora siete assolutamente ben accetto. Ma, una cosa che non so se avete imparato, è importante, nella guerra, sublimare se stessi per una ragione, una causa più grande," esclamò l'altro, "quindi se voi siete qui alla ricerca esclusiva di onore e gloria…"
"Non si tratta solo di questo. Ho intrapreso questo viaggio per scoprire chi sono davvero, scoprire cosa voglio e come posso ottenerlo," il principe lo interruppe. "Certo, non nego che l'onore e la gloria siano una parte dei motivi che mi hanno messo in viaggio, ma non sono qui esclusivamente per queste ragioni."

Lord Chelmsford rimase qualche secondo in silenzio, continuando a lisciarsi i lunghi baffi mentre fuori dalla porta il caos controllato regnava sovrano.
"Ad ogni modo ho le mani legate," esalò, infine, prendendo un foglio di carta e scrivendoci sopra due righe con la sua stilografica. "A quanto pare avete amici potenti, non posso certo negare un ordine dell'Imperatrice."
“Verrete con me, vi unirete poi allo staff di Richard Harrison, responsabile per il trasporto e ricognizione della spedizione che invaderà il regno degli Zulu. Dovrebbe essere una posizione di responsabilità ma, allo stesso tempo, abbastanza sicura,” propose l’uomo.
"L'imperatrice lo ha reso molto chiaro nelle sue istruzioni. Dovreste rimanere al sicuro, per quanto possibile in una guerra."

“Perfetto, non vi deluderò,” esclamò, raggiante, Luigi Eugenio.
"Farete meglio a non farlo perché, se vi dovesse succedere qualcosa, non sarebbe il solo a rimetterci."
"Ho già partecipato a una guerra, so cosa può essere, o non essere, pericoloso in una battaglia," replicò Luigi.
Lord Chelmsford annuì, distratto, ma al ragazzo non importava.
Avrebbe davvero partecipato alla guerra e con un ruolo di responsabilità, per giunta!
“Date questa al ragazzo alla reception, giù. Vi darà una stanza,” rispose lord Chelmsford, sorridendo, porgendo all’altro il foglio di carta sul quale aveva appena scritto.
Il principe si alzò di scatto, prese la lettera e, dopo un breve saluto, corse fuori dalla stanza.

Il sorriso sul volto del lord si incrinò leggermente mentre tornò a tormentarsi i baffi. “Povero illuso,” borbottò, scuotendo la testa.

/ / / / / / /



Non sapevo bene come affrontare questa parte, se dividere questo capitolo in due ma poi mi sarei trovato di fronte due capitoli parecchio noiosi ed ho quindi preferito unirli.

Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare presto, siamo ormai nella fase conclusiva di questa storia.

  
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