Se sono sicuro, mi hai chiesto.
Chi più di te può farlo?
La croce sulla guancia, quella può vederla chiunque.
Ma i segni sul petto, quelli no. Sono miei, sono tuoi, sono la tua firma su di me.
E allora taglia la carne, lasciami sanguinante ai tuoi piedi. Marchiami a fuoco, tu che sei fatto di acqua. Tu che scivoli via tra le mie dita, fluido, sfuggente, inafferrabile. Quando credo di averti sei già altrove, e devo lottare ancora ed ancora per un posto che è mio di diritto.
E quindi prendi il coltello, gemello della tua spada, e scavati sul mio torace il tuo spazio.
Scava a fondo, taglia la carne, spargici il sale. E poi acqua di mare, e la tua bocca, che è come il bacio del mare stesso. Scava ancora, ripeti il rituale, lascia cerchi slabbrati e dolenti, come strappati dai tuoi tentacoli. Il Kraken che stritola e spacca le ossa. E sono le costole rotte a forarmi il cuore ed i polmoni, non la tua assenza quando ti vedo avvinghiato a qualche altra persona, leccare dentro la bocca di qualcuno che non sono io. Compagni d’arme, non d’amore, e questo è solo un gioco, almeno per te.
Ma tu strappa, e tira, e mordi, marchia la mia pelle, succhia via il mio sangue.
Così sarò dentro di te, almeno quel poco che mi farò bastare.