Oggi mi sono alzata reduce della
stanchezza e degli sforzi
compiuti ieri per pulire quel locale di cui parlo nel capitolo
precedente,
quindi senza energie, trovo solo la forza per leggere. Decido di
scrivere oggi,
perché mi aspetta una bella settimana tosta e so che non
riuscirò ad aggiungere
granché nei prossimi giorni.
Ho aperto il mio diario per
casualità al 2015, periodo caratterizzato
da una depressione acuta e da un fenomeno di rimuginio psichico che
oggi le persone
chiamano overthinking, e sfogliando avanti e indietro negli anni, ho
trovato
queste testimonianze che oggi decido di condividere dato che per mia
fortuna,
ne sono uscita completamente.
Dal
2013:
“Durante le nostre giornate
siamo sempre occupati, i giorni
sono intrisi di impegni, lavoro e faccende da risolvere. In fondo non
siamo
abituati ad una vita più calma: se ci acquietiamo troppo, ci
sentiamo in colpa
perché abbiamo la sensazione di star sprecando tempo.
È così colpevolizzante rilassarsi? Nella nostra
mentalità lo è perché "chi
dorme non piglia pesci", insomma tutto viene valutato in base alla
logica
dell'utile. Se però ci fermassimo, smettessimo di lavorare e
interrompessimo
ogni attività per riflettere, ci renderemmo conto della
pochezza della nostra
esistenza.
Ringrazio Kierkegaard per avermi fatto giungere a questa conclusione
perché
ritengo sia illuminante ma ugualmente deprimente. È
illuminante perché è vero.
Quasi tutti gli uomini hanno uno spirito spento, offuscato e seppellito
da
mille preoccupazioni.
Maledizione, possibile che io sia vuota? Quando è accaduto?
In quale momento ho
smesso di essere importante? Quando ho perso il mio valore? Non me ne
sono
accorta...
Gli impegni, il lavoro, lo studio mi hanno sommersa e ho smesso di
preoccuparmi
del bene della mia anima. La cosa mi rende assolutamente inquieta,
possibile
che solo io me ne sia accorta? Nessun altro sembra soffermarsi su
questi
pensieri. Il cambiamento mi è passato tanto inosservato da
non capire la sua
posizione nel tempo, molto probabilmente perché non avevo
mai considerato un
simile rischio. Mi sono spinta verso lo studio, verso la mia densa vita
sociale, verso il mio lavoro convinta che ciò mi avrebbe
elevato, mi avrebbe
arricchita. Come è possibile che abbia sortito l'effetto
opposto?
E ora che mi resta? Dando uno sguardo freddo alla mia
realtà, trovo migliaia di
testi, libri, documenti, informazioni e anche molta cultura, ma
è tutto ciò che
ho. Gli amici appaiono in questi momenti molto lontani. Sento che non
hanno il
potere di sollevarmi da questo stato d'animo.
Forse è per via della superbia che non riesco a chiedere
aiuto. Mi rendo conto
che potrei riuscire ad uscirne da sola, come ho sempre fatto in
passato... ma
come?
Devo trovare un senso alla mia esistenza.
Voglio trovarlo.
Tutto ciò che mi circonda ha poco spessore. Mi accuso di
tanti difetti, chissà
se li ho veramente. Chi mi frequenta dice che esagero, per
ciò desumo che non
mi conoscano realmente. La cosa mi turba.
Ad ogni modo mi deprime parecchio questa condizione, quasi sicuramente
perché
non ho più una motivazione. Tuttavia ho questa vita, per cui
la devo vivere.
Wow, sono arrivata a pensare che DEVO vivere. Ciò
è molto triste. Non mi piace
troppo compiangermi sulla carta, la faccio già troppo spesso
nella mia testa.
Dal momento che il mio obiettivo è trovare un senso alla mia
esistenza,
immagino che dovrò darmi da fare per trovare qualcosa che mi
valorizzi
realmente. Del resto non posso più ignorare la sensazione di
malessere che mi
trasmettono le mie abitudini.
Studiare, stare al computer, fare una passeggiata, tutto mi fa sentire
inadeguata. Curare i miei animali mi dà la sensazione di
sembrare eccentrica e
nulla mi dà una reale soddisfazione. Cosa è
questo male di vivere? Quando mi ha
colto?
Sono perseguitata dall'idea di star sprecando il mio tempo. Lo sto
davvero
facendo? Non lo so, ma questa idea mi ossessiona. Tuttavia sono giunta
a
pensare che questo malessere avrà fine solo quando
cambierò vita. Il tempo
scorre inesorabilmente lento, l'esame è ancora troppo
lontano, io ho poche
energie mentali e la fine dell'università appare come la
luce in fondo al
tunnel. Voglio andarmene!!
Forse allora mi sentirò meglio.... ma non voglio farmi
troppe illusioni. Non
voglio finire come Leopardi, che sognava di lasciare Recanati e
idolatrava Roma
e poi ne è rimasto tanto deluso... Non voglio finire
così.”
Dal
2014:
“È un lungo
corridoio oscuro.
Ti passa accanto chi potrebbe aiutarti, ma non lo fa. Sono sempre
impegnati a
parlare di quanto stiano male loro e di quanto sia inutile e
nullafacente tu.
È un percorso buio e pieno di macigni acuminati e vetri
rotti. Non so perché lo
sto attraversando a piedi nudi.
La stanchezza ti coglie ogni giorno. Vorresti dormire sempre e non
svegliarti
più. La morte non fa più paura e diventa immagine
di dolce pace e riposo.
Potrei chiudere finalmente gli occhi e tutto scomparirebbe. Posso
scegliere di
scappare e sopravvivere in un altro mondo, oppure fuggire semplicemente
chiudendo la porta a questa vita. Che gesto coraggioso sarebbe
resistere fino
alla fine. Ma nessuno lo apprezzerebbe davvero perché
nessuno immagina cosa
voglia dire attraversare da sola questo inferno. L'inferno non
è caldo e rosso.
È buio. Non c'è rumore. C'è solo una
solitudine senza fine. Continuano a
illuderti che non sei solo. Non è vero. Sei solo e lo sai.
Dio non ti aiuterà. Puoi credere in lui ma lui non crede in
te.
Il coraggio ha bisogno di testimoni, la vigliaccheria si soddisfa da
sé. E così
togliersi la vita è un atto di coraggio o di vigliaccheria?
Se fosse da
vigliacchi, lo farebbero in molti. È coraggioso andare
volontariamente incontro
a qualcosa di oscuro e sconosciuto. È un atto di coraggio
senza precedenti
proseguire da soli.
Essere soli è una realtà certa, qualsiasi cosa
dicano, non proseguiranno
insieme a te. Si farciscono di buoni consigli e belle parole. Sono solo
stronzate. Loro sanno come va la vita. Loro capiscono, loro ti sanno
dire cosa
è giusto e cosa no. Non vale la pena contraddirli
perché hanno ragione a
priori. Di ciò che pensi tu in fondo non fotte un cazzo a
nessuno.
Qualcuno ti dirà di voler stare al tuo fianco, ma temo che
mentano. Ciò che
fanno in fondo è condizionato da ciò che ne
guadagnano.
Ti diranno che non è vero. Qualcuno cercherà di
dimostrarti che davvero ci
tiene a te. Ma ci sarà sempre qualcosa ad impedirglielo e
forse le intenzioni
non sono le più sincere.
Risparmiati di amare e voler bene. Coloro che davvero ti amano, ti
accettano
così come sei.
Rifugiati in un mondo di fantasia per resistere un altro po'.
Resisti. Combatti.
Più che puoi.
Non lasciare che ti sconfiggano.
La notte ti girerai nel letto e lo troverai vuoto. Nessuno al tuo
fianco. A
nessuno importa.
-
Quando non si è
più abituati a vivere in tranquillità per
troppi anni, ogni momento di calma viene vissuto con uno stato di ansia
crescente e variabile, logorante e inquietante. Quando poi capita
qualcosa di
negativo quasi tiri un sospiro di sollievo perché almeno
puoi prendere una
pausa dallo stato ansioso che ti perseguita.
I pensieri intrusivi si fanno sempre
più pressanti.
La stanchezza si fa sentire ormai da
mesi come un macigno.
Ho bisogno di staccare. Non mi
interessa la mia carriera.
Vorrei andare lontano e dimenticare molte persone, molto passato.
Si comincia a percepire la sconfitta
quando non riesci ad
esternare ciò che pensi, ciò che provi, con
nessuno. Forse non hai voglia,
forse non te la senti. È molto peggio quando non
puoi.”
Dal
2015:
“La depressione
può avere infinite cause, ognuna di queste
cause può essere valida per la persona interessata in quanto
ogni individuo ha
una sensibilità e dei trascorsi differenti dagli altri.
Tra le cause della depressione
può esserci quindi anche una
relazione sentimentale malsana. Si intende malsana una relazione in cui
uno o
entrambi i partner vivono una condizione di malessere che
può avere varie
cause.
Quando una relazione non vi
dà più buone sensazioni, quando
l'amore si tramuta in ansia, angoscia, preoccupazione, frustrazione o
anche
solo in indifferenza: dateci un taglio. Sul momento potreste stare
male, ma se
siete consapevoli di non essere più innamorati e che non vi
potrete più fidare
di quel soggetto a causa di rancori, brutte esperienze e simili...
lasciate
perdere.
Continuando a stare con una persona
che non vi rende più
felici e che sentite di non amare più, potrete rimetterci
molto più di quanto
pensiate.
Non sto parlando di relazioni che
implicano la violenza
domestica, psicologica o altre cose di tale gravità,
tuttavia non c'è bisogno
che due si picchino o insultino per farsi del male.”
3.07.2017
“Anni fa mi fu
diagnosticata una depressione caratterizzata
da una tendenza ansiosa generalizzata, caratterizzata principalmente da
pensieri intrusivi di cui non riuscivo a liberarmi razionalmente.
Da allora ho potuto notare che la
depressione effettua delle
vere e proprie fasi, una sorta di fenomeno psichico i cui apici opposti
(brevi
sprazzi di felicità o di lungo buio soffocante) si possono
affrontare sia in
modo ciclico e lento, che veloce e casuale, causato per lo
più da stimoli
esterni, ma che a volte compaiono proprio senza alcuna razionale
spiegazione.
Nell'ultimo anno ho cercato di
studiare questo mio
atteggiamento, questi miei pensieri, in modo tale da poter osservare
come nel
mio caso si è sviluppata la depressione e cosa ho fatto per
combatterla.
Nel 2015 ho subito un periodo di
fortissimo stress che è
culminato in un crollo emotivo alla fine dell'anno.
La psichiatra mi prescrisse delle
benzodiazepine e la
sertralina, un ansiolitico che mi avrebbe dovuto aiutare a gestire
l'ansia e i
miei pensieri intrusivi, oltre al fatto che avrei dotuto dormire meglio.
Allettata dai felici propositi, ma in
parte contraria agli
psicofarmaci, decisi di sottopormi a un periodo di cura giusto per
vedere se
veramente la mia situazione sarebbe migliorata.
Ovviamente unii la psicoterapia alle
medicine. Le sedute di
psicoterapia risultarono essere dei lunghissimi monologhi da parte mia,
in cui
la psicoterapeuta più che altro annuiva. Questa è
una cosa che non sopporto. Se
voglio parlare con qualcuno a ruota, scrivo su un diario, un blog,
chiamo una
amica samaritana, di sicuro non pago una estranea per sentire la storia
della
mia vita.
Ad ogni modo continuai ad andarci per
qualche mese.
Mi dissero chiaramente che prima di
un mese o due i farmaci
non avrebbero fatto alcun effetto e quindi dovevo dimostrarmi paziente
per
sentire dei risultati.
Presi la sertralina per 4 mesi e
saltuariamente (secondo le
disposizioni del medico) presi i calmanti quali lexotan, che
però temevo per
paura di cadere in un circolo vizioso di dipendenza.
Ebbene, la sertralina non mi
aiutò in alcun modo. Sarà che
forse non le diedi molto modo di funzionare perché ero un
po' un po' dubbiosa
sulle sue reali capacità, ma fisicamente ho potuto
constatare degli effetti. Mi
sentivo più confusa, più stordita, meno
impulsiva, ma non rilassata. Facevo
fatica ad incazzarmi, ma un senso di frustrazione restava comunque in
me. Non
sentivo di stare meglio, non sentivo proprio nulla, cominciavo ad
essere un po'
depersonalizzata.
Questa situazione mi portò
ad avere dei problemi anche dal
punto di vista lavorativo, ragion per cui ho deciso di interromperla.
La mia
psichiatra insistette molto sul fatto che io non dovevo per nessuna
ragione
interromperla di colpo o fermare l'assunzione senza averla
interpellata, perché
sarei ricaduta nella depressione e nelle crisi di astinenza.
Io semplicemente una mattina mi
dimenticai di comprare le
pastiglie e fu così che interrompi la sertralina, i cui
effetti di stordimento
continuarono per oltre un mese e da cui non ebbi mai alcun tipo di
dipendenza.
Non ne sentii mai la mancanza.
Durante l'estate del 2016 subii un
altro periodo di stress
dal punto di vista lavorativo e della mia carriera professionale,
soprattutto
con sfumature di ansia e angoscia a causa di un progetto che sarebbe
dovuto
cominciare a settembre del 2016, ma lo stato di ansia negativo che il
mio
lavoro aveva lasciato impresso in me, mi portò a cominciare
il mio progetto in
uno stato di stanchezza (fisica e mentale) piuttosto avanzato.
L'obiettivo era tra l'altro
estremamente difficile da perseguire,
avevo bisogno di una mente sveglia, concentrata, veloce nell'apprendere
e
soprattutto in vena di sacrifici, e io non ero assolutamente in nessuna
di
queste fasi.
Stordita e sfiancata da tutto
ciò che era stato il mio
passato, non ero assolutamente nello stato d'animo adatto a voler
apprendere
nuove cose, a fare altre fatiche, e di sicuro non ero pronta a fare dei
sacrifici dal momento che per mantenere la mia salute mentale avevo
sprecato
veramente tantissime energie mentali.
Ho resistito in quello stato di
stanchezza fisica e mentale
fino all'inizio di quest'anno, poi a febbraio 2017 ho buttato la spugna
sul
progetto e ho deciso di prendermi un periodo di tempo per pensare a me
stessa.
Il baratro si stava facendo sempre più vicino, i giorni bui
erano diventati la
quotidianità e non sentivo una giornata positiva da troppi
mesi. Quando
cominciai a sperare di morire nel sonno e considerare nuovamente
l'ipotesi del
suicidio, capii di dovermi fermare.
Dopo un altro paio di mesi di forte
stress lavorativo, a
causa del mio fallimento nel progetto, finalmente riuscii a tirarmi un
po' su.
Quindi posso dire che dopo un periodo
si adattamento a
maggio, il mese di giugno 2017 si è rivelato per me
sì ricco di impegni, ma
anche un mese piuttosto felice come non capitava da anni.
Ma chi come me ha passato anni con la
depressione, sa che
non è un mese di felicità a fare la cura. Lei
è sempre acquattata, pronta ad
avvelenarti come una serpe nella sterpaglia. Per questo motivo ho
deciso di
monitorare i miei successivi stati d'animo in modo tale da poter
analizzare il
mio stato depressivo nel dettaglio.
Negli ultimi tre giorni ho infatti
esperito uno strano stato
di ansia, del tutto immotivato razionalmente, e voglio cercare di
capire in che
modo la mia mente tenterà di sabotare questa situazione di
tranquillità che si
è venuta a formare negli ultimi tempi.
Oggi riflettevo su questo argomento e
pensavo "di
preciso quali pensieri mi hanno portato ad avere un periodo
più sereno?". Riflettendoci,
credo che un ruolo importantissimo lo abbia giocato il superamento
delle paure
più gravi.
Nel mio caso, ho avuto paura di
perdere il mio lavoro, di
far finire la mia carriera professionale, di rimanere senza amici,
senza il mio
compagno, senza soldi e di conseguenza, senza casa.
Tutte queste paure si insinuavano
continuamente nella mia
mente, come dei trapani. Tenerli a bada costava tantissime energie. A
volte il
loro rumore era tanto forte da superare quello della vita reale.
Passavo intere
ore a pensare a questi problemi, così tanto intensamente che
spesso ho avuto
veri e propri buchi di memoria. Tutto ciò rendeva difficile,
se non
impossibile, concentrarsi e applicarsi nel modo corretto.
Ciò che davvero mi ha
aiutato ad uscire dal periodo dei
pensieri intrusivi, fastidiosi e dolorosi, è stato il
superamento delle paure
stesse e la creazione di autostima. Poche frasi sono più
vere di quella
espressa dal Signor Gibson “Prima di diagnosticarti
depressione o scarsa
autostima, accertati di non essere semplicemente circondato da
stronzi.”
La mia forza vitale si è
attivata sottoforma di una grande
rabbia, che ha divampato con violenza.
Nel momento in cui il mio istinto di
conservazione si è
attivato contro il desiderio di suicidio, ho capito che in fondo non mi
fotteva
un cazzo di perdere il lavoro. Perdo il lavoro? Fanculo, io ho talento,
so
vendermi. Se dovessero licenziarmi, troverò un altro posto.
Se non ci riuscissi
in fretta, sarei disposta ad aprire una ditta mia. In qualche modo io
continuerò a lavorare, costi quel che costi (allerta spoiler, ho
fatto così nel
2020). Se in qualche modo lavorerò,
sarò indipendente economicamente, avrò
stima di me per esserci riuscita, la paura si affievolisce.
Ho avuto il timore di restare senza
amici dato che quando si
è depressi, stanchi e demoralizzati non si ha alcuna voglia
di uscire,
divertirsi, parlare... Si diventa monotoni e pesanti. Gli "amici" si
allontanano e solo i pochi veri individui che ti vogliono bene per
ciò che sei
rimangono ad aspettarti. Sanno che tu lo faresti per loro.
Mi sono stupita di quante persone
siano rimaste vicine a
me... Meno di cinque. Eppure mi rendo conto che ogni tanto si sente di
persone
che non avevano nemmeno un amico vicino. In tal caso non dovrete
comunque avere
paura. Anche se fossi rimasta senza nessuno, mi sarei risollevata
comunque.
Per una semplice ragione: si fottano
gli altri, io vivo per
me stessa. Adoro i miei amici e li stimo, darei la mia vita per loro,
ma sono
individui liberi. Liberi di stare al mio fianco, come di mandarmi a
fanculo. Se
i miei amici si sono legati così a me, è merito
mio. Se pensate di non avere
nemmeno un amico, riflettete su voi stessi e verificate se le persone
non vi
sono vicine perché voi tendete ad allontanarle o se caso
voglia che siete davvero
circondati da stronzi (anche a me è capitato di entrare in
ambienti in cui
proprio non sono riuscita a legare con nessuno, nonostante io di norma
faccia
"amicizia" con relativa facilità). Se siete circondati da
stronzi, dedicate
le vostre energie a metodi efficaci per liberarvi di loro. A 19 anni ho
passato
2 mesi della mia vita a dormire in auto e altri 2 mesi ad alternarmi
tra case
di amiche e amici perché non potevo più
sopportare la presenza di una madre
narcisista che mi schiacciava sotto al tallone.
Se davvero vi preme stare meglio,
trovate il coraggio di
andare via o di scacciare chi vi danneggia. Ne va della vostra
serenità.
Tutte queste risposte mi sono giunte
in modo stranamente veloce.
Un giorno di colpo ho preso e ho risposto male al mio datore, che come
al
solito stava tentando di sminuirmi e andava giù di mobbing.
Improvvisamente non
ero più remissiva. Improvvisamente la mia lingua si
è sciolta: vaffanculo, o mi
porti rispetto o puoi morire, infame. Qui svolgo il 60% del lavoro
amministrativo
di tutta l’azienda, cosa farai senza di me? Io me la
vedrò male, tu te la
vedrai di merda per trovare qualcuno che resti così
sottopagato e nonostante
tutto ti dia questi risultati, fidati.
Incredibilmente, la mia reazione deve
aver ristabilito
l'equilibrio. Ora io rispondo. E se le mie risposte non vanno bene, me
ne vado.
Incredibilmente, le mille minacce di lasciarmi a casa erano a vuoto.
Quando ho
preso io a minacciare di licenziarmi, la tormenta è svanita
più veloce di un
pirito nel vento.
Non temo più nessuno.
Negli ultimi mesi mi sono tolta
macigni dalle scarpe e
vaffanculo a tutti.
Una volta questi pensieri non mi
venivano. Non so cosa sia
accaduto. So che ho deciso di dire basta. Un istinto dentro di me ha
finalmente
funzionato e spero non si fermi ora.”