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Autore: fiore di pesco    11/06/2023    3 recensioni
Vi propongo degli estratti dei miei pensieri più intimi, celata da un anonimato che dura da oltre un decennio.
Non è un testo delicato, non sono una persona eccessivamente sensibile e quindi potreste incappare in black humor, turpiloquio e considerazioni talvolta ciniche che potrebbero turbare i lettori più emotivi. Non voglio far finta che questo mi dolga, non sono mai stata ipocrita.
Potrete trovare capitoli composti da una vicenda che mi è successa di recente, altre molto lontane nel tempo, pensieri, aforismi, quello che mi va.
Alcune di queste riflessioni sono state scritte in bozze sul mio diario anni fa e non so perchè stasera abbia sentito l'esigenza di condividerle con qualcuno. Forse per strappare una risata o una imprecazione, ma sempre meglio della noia.
Questa "storia" è una raccolta disomogenea e non segue una trama, ogni capitolo è a sè e quindi non pubblicherò con scadenze, seguirà l'ispirazione.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oggi mi sono alzata reduce della stanchezza e degli sforzi compiuti ieri per pulire quel locale di cui parlo nel capitolo precedente, quindi senza energie, trovo solo la forza per leggere. Decido di scrivere oggi, perché mi aspetta una bella settimana tosta e so che non riuscirò ad aggiungere granché nei prossimi giorni.

Ho aperto il mio diario per casualità al 2015, periodo caratterizzato da una depressione acuta e da un fenomeno di rimuginio psichico che oggi le persone chiamano overthinking, e sfogliando avanti e indietro negli anni, ho trovato queste testimonianze che oggi decido di condividere dato che per mia fortuna, ne sono uscita completamente.

Dal 2013:

“Durante le nostre giornate siamo sempre occupati, i giorni sono intrisi di impegni, lavoro e faccende da risolvere. In fondo non siamo abituati ad una vita più calma: se ci acquietiamo troppo, ci sentiamo in colpa perché abbiamo la sensazione di star sprecando tempo.
È così colpevolizzante rilassarsi? Nella nostra mentalità lo è perché "chi dorme non piglia pesci", insomma tutto viene valutato in base alla logica dell'utile. Se però ci fermassimo, smettessimo di lavorare e interrompessimo ogni attività per riflettere, ci renderemmo conto della pochezza della nostra esistenza.
Ringrazio Kierkegaard per avermi fatto giungere a questa conclusione perché ritengo sia illuminante ma ugualmente deprimente. È illuminante perché è vero. Quasi tutti gli uomini hanno uno spirito spento, offuscato e seppellito da mille preoccupazioni.
Maledizione, possibile che io sia vuota? Quando è accaduto? In quale momento ho smesso di essere importante? Quando ho perso il mio valore? Non me ne sono accorta...
Gli impegni, il lavoro, lo studio mi hanno sommersa e ho smesso di preoccuparmi del bene della mia anima. La cosa mi rende assolutamente inquieta, possibile che solo io me ne sia accorta? Nessun altro sembra soffermarsi su questi pensieri. Il cambiamento mi è passato tanto inosservato da non capire la sua posizione nel tempo, molto probabilmente perché non avevo mai considerato un simile rischio. Mi sono spinta verso lo studio, verso la mia densa vita sociale, verso il mio lavoro convinta che ciò mi avrebbe elevato, mi avrebbe arricchita. Come è possibile che abbia sortito l'effetto opposto?
E ora che mi resta? Dando uno sguardo freddo alla mia realtà, trovo migliaia di testi, libri, documenti, informazioni e anche molta cultura, ma è tutto ciò che ho. Gli amici appaiono in questi momenti molto lontani. Sento che non hanno il potere di sollevarmi da questo stato d'animo.
Forse è per via della superbia che non riesco a chiedere aiuto. Mi rendo conto che potrei riuscire ad uscirne da sola, come ho sempre fatto in passato... ma come?
Devo trovare un senso alla mia esistenza.
Voglio trovarlo.
Tutto ciò che mi circonda ha poco spessore. Mi accuso di tanti difetti, chissà se li ho veramente. Chi mi frequenta dice che esagero, per ciò desumo che non mi conoscano realmente. La cosa mi turba.
Ad ogni modo mi deprime parecchio questa condizione, quasi sicuramente perché non ho più una motivazione. Tuttavia ho questa vita, per cui la devo vivere. Wow, sono arrivata a pensare che DEVO vivere. Ciò è molto triste. Non mi piace troppo compiangermi sulla carta, la faccio già troppo spesso nella mia testa.
Dal momento che il mio obiettivo è trovare un senso alla mia esistenza, immagino che dovrò darmi da fare per trovare qualcosa che mi valorizzi realmente. Del resto non posso più ignorare la sensazione di malessere che mi trasmettono le mie abitudini.
Studiare, stare al computer, fare una passeggiata, tutto mi fa sentire inadeguata. Curare i miei animali mi dà la sensazione di sembrare eccentrica e nulla mi dà una reale soddisfazione. Cosa è questo male di vivere? Quando mi ha colto?
Sono perseguitata dall'idea di star sprecando il mio tempo. Lo sto davvero facendo? Non lo so, ma questa idea mi ossessiona. Tuttavia sono giunta a pensare che questo malessere avrà fine solo quando cambierò vita. Il tempo scorre inesorabilmente lento, l'esame è ancora troppo lontano, io ho poche energie mentali e la fine dell'università appare come la luce in fondo al tunnel. Voglio andarmene!!
Forse allora mi sentirò meglio.... ma non voglio farmi troppe illusioni. Non voglio finire come Leopardi, che sognava di lasciare Recanati e idolatrava Roma e poi ne è rimasto tanto deluso... Non voglio finire così.”

Dal 2014:

“È un lungo corridoio oscuro.
Ti passa accanto chi potrebbe aiutarti, ma non lo fa. Sono sempre impegnati a parlare di quanto stiano male loro e di quanto sia inutile e nullafacente tu.
È un percorso buio e pieno di macigni acuminati e vetri rotti. Non so perché lo sto attraversando a piedi nudi.
La stanchezza ti coglie ogni giorno. Vorresti dormire sempre e non svegliarti più. La morte non fa più paura e diventa immagine di dolce pace e riposo. Potrei chiudere finalmente gli occhi e tutto scomparirebbe. Posso scegliere di scappare e sopravvivere in un altro mondo, oppure fuggire semplicemente chiudendo la porta a questa vita. Che gesto coraggioso sarebbe resistere fino alla fine. Ma nessuno lo apprezzerebbe davvero perché nessuno immagina cosa voglia dire attraversare da sola questo inferno. L'inferno non è caldo e rosso.
È buio. Non c'è rumore. C'è solo una solitudine senza fine. Continuano a illuderti che non sei solo. Non è vero. Sei solo e lo sai.
Dio non ti aiuterà. Puoi credere in lui ma lui non crede in te.
Il coraggio ha bisogno di testimoni, la vigliaccheria si soddisfa da sé. E così togliersi la vita è un atto di coraggio o di vigliaccheria? Se fosse da vigliacchi, lo farebbero in molti. È coraggioso andare volontariamente incontro a qualcosa di oscuro e sconosciuto. È un atto di coraggio senza precedenti proseguire da soli.
Essere soli è una realtà certa, qualsiasi cosa dicano, non proseguiranno insieme a te. Si farciscono di buoni consigli e belle parole. Sono solo stronzate. Loro sanno come va la vita. Loro capiscono, loro ti sanno dire cosa è giusto e cosa no. Non vale la pena contraddirli perché hanno ragione a priori. Di ciò che pensi tu in fondo non fotte un cazzo a nessuno.
Qualcuno ti dirà di voler stare al tuo fianco, ma temo che mentano. Ciò che fanno in fondo è condizionato da ciò che ne guadagnano.
Ti diranno che non è vero. Qualcuno cercherà di dimostrarti che davvero ci tiene a te. Ma ci sarà sempre qualcosa ad impedirglielo e forse le intenzioni non sono le più sincere.
Risparmiati di amare e voler bene. Coloro che davvero ti amano, ti accettano così come sei.
Rifugiati in un mondo di fantasia per resistere un altro po'.
Resisti. Combatti.
Più che puoi.
Non lasciare che ti sconfiggano.
La notte ti girerai nel letto e lo troverai vuoto. Nessuno al tuo fianco. A nessuno importa.

-

Quando non si è più abituati a vivere in tranquillità per troppi anni, ogni momento di calma viene vissuto con uno stato di ansia crescente e variabile, logorante e inquietante. Quando poi capita qualcosa di negativo quasi tiri un sospiro di sollievo perché almeno puoi prendere una pausa dallo stato ansioso che ti perseguita.

I pensieri intrusivi si fanno sempre più pressanti.

La stanchezza si fa sentire ormai da mesi come un macigno.

Ho bisogno di staccare. Non mi interessa la mia carriera. Vorrei andare lontano e dimenticare molte persone, molto passato.

Si comincia a percepire la sconfitta quando non riesci ad esternare ciò che pensi, ciò che provi, con nessuno. Forse non hai voglia, forse non te la senti. È molto peggio quando non puoi.”

 

Dal 2015:

“La depressione può avere infinite cause, ognuna di queste cause può essere valida per la persona interessata in quanto ogni individuo ha una sensibilità e dei trascorsi differenti dagli altri.

Tra le cause della depressione può esserci quindi anche una relazione sentimentale malsana. Si intende malsana una relazione in cui uno o entrambi i partner vivono una condizione di malessere che può avere varie cause.

Quando una relazione non vi dà più buone sensazioni, quando l'amore si tramuta in ansia, angoscia, preoccupazione, frustrazione o anche solo in indifferenza: dateci un taglio. Sul momento potreste stare male, ma se siete consapevoli di non essere più innamorati e che non vi potrete più fidare di quel soggetto a causa di rancori, brutte esperienze e simili... lasciate perdere.

Continuando a stare con una persona che non vi rende più felici e che sentite di non amare più, potrete rimetterci molto più di quanto pensiate.

Non sto parlando di relazioni che implicano la violenza domestica, psicologica o altre cose di tale gravità, tuttavia non c'è bisogno che due si picchino o insultino per farsi del male.”

3.07.2017

“Anni fa mi fu diagnosticata una depressione caratterizzata da una tendenza ansiosa generalizzata, caratterizzata principalmente da pensieri intrusivi di cui non riuscivo a liberarmi razionalmente.

Da allora ho potuto notare che la depressione effettua delle vere e proprie fasi, una sorta di fenomeno psichico i cui apici opposti (brevi sprazzi di felicità o di lungo buio soffocante) si possono affrontare sia in modo ciclico e lento, che veloce e casuale, causato per lo più da stimoli esterni, ma che a volte compaiono proprio senza alcuna razionale spiegazione.

Nell'ultimo anno ho cercato di studiare questo mio atteggiamento, questi miei pensieri, in modo tale da poter osservare come nel mio caso si è sviluppata la depressione e cosa ho fatto per combatterla.

Nel 2015 ho subito un periodo di fortissimo stress che è culminato in un crollo emotivo alla fine dell'anno.

La psichiatra mi prescrisse delle benzodiazepine e la sertralina, un ansiolitico che mi avrebbe dovuto aiutare a gestire l'ansia e i miei pensieri intrusivi, oltre al fatto che avrei dotuto dormire meglio.

Allettata dai felici propositi, ma in parte contraria agli psicofarmaci, decisi di sottopormi a un periodo di cura giusto per vedere se veramente la mia situazione sarebbe migliorata.

Ovviamente unii la psicoterapia alle medicine. Le sedute di psicoterapia risultarono essere dei lunghissimi monologhi da parte mia, in cui la psicoterapeuta più che altro annuiva. Questa è una cosa che non sopporto. Se voglio parlare con qualcuno a ruota, scrivo su un diario, un blog, chiamo una amica samaritana, di sicuro non pago una estranea per sentire la storia della mia vita.

Ad ogni modo continuai ad andarci per qualche mese.

Mi dissero chiaramente che prima di un mese o due i farmaci non avrebbero fatto alcun effetto e quindi dovevo dimostrarmi paziente per sentire dei risultati.

Presi la sertralina per 4 mesi e saltuariamente (secondo le disposizioni del medico) presi i calmanti quali lexotan, che però temevo per paura di cadere in un circolo vizioso di dipendenza.

Ebbene, la sertralina non mi aiutò in alcun modo. Sarà che forse non le diedi molto modo di funzionare perché ero un po' un po' dubbiosa sulle sue reali capacità, ma fisicamente ho potuto constatare degli effetti. Mi sentivo più confusa, più stordita, meno impulsiva, ma non rilassata. Facevo fatica ad incazzarmi, ma un senso di frustrazione restava comunque in me. Non sentivo di stare meglio, non sentivo proprio nulla, cominciavo ad essere un po' depersonalizzata.

Questa situazione mi portò ad avere dei problemi anche dal punto di vista lavorativo, ragion per cui ho deciso di interromperla. La mia psichiatra insistette molto sul fatto che io non dovevo per nessuna ragione interromperla di colpo o fermare l'assunzione senza averla interpellata, perché sarei ricaduta nella depressione e nelle crisi di astinenza.

Io semplicemente una mattina mi dimenticai di comprare le pastiglie e fu così che interrompi la sertralina, i cui effetti di stordimento continuarono per oltre un mese e da cui non ebbi mai alcun tipo di dipendenza. Non ne sentii mai la mancanza.

Durante l'estate del 2016 subii un altro periodo di stress dal punto di vista lavorativo e della mia carriera professionale, soprattutto con sfumature di ansia e angoscia a causa di un progetto che sarebbe dovuto cominciare a settembre del 2016, ma lo stato di ansia negativo che il mio lavoro aveva lasciato impresso in me, mi portò a cominciare il mio progetto in uno stato di stanchezza (fisica e mentale) piuttosto avanzato.

L'obiettivo era tra l'altro estremamente difficile da perseguire, avevo bisogno di una mente sveglia, concentrata, veloce nell'apprendere e soprattutto in vena di sacrifici, e io non ero assolutamente in nessuna di queste fasi.

Stordita e sfiancata da tutto ciò che era stato il mio passato, non ero assolutamente nello stato d'animo adatto a voler apprendere nuove cose, a fare altre fatiche, e di sicuro non ero pronta a fare dei sacrifici dal momento che per mantenere la mia salute mentale avevo sprecato veramente tantissime energie mentali.

Ho resistito in quello stato di stanchezza fisica e mentale fino all'inizio di quest'anno, poi a febbraio 2017 ho buttato la spugna sul progetto e ho deciso di prendermi un periodo di tempo per pensare a me stessa. Il baratro si stava facendo sempre più vicino, i giorni bui erano diventati la quotidianità e non sentivo una giornata positiva da troppi mesi. Quando cominciai a sperare di morire nel sonno e considerare nuovamente l'ipotesi del suicidio, capii di dovermi fermare.

Dopo un altro paio di mesi di forte stress lavorativo, a causa del mio fallimento nel progetto, finalmente riuscii a tirarmi un po' su.

Quindi posso dire che dopo un periodo si adattamento a maggio, il mese di giugno 2017 si è rivelato per me sì ricco di impegni, ma anche un mese piuttosto felice come non capitava da anni.

Ma chi come me ha passato anni con la depressione, sa che non è un mese di felicità a fare la cura. Lei è sempre acquattata, pronta ad avvelenarti come una serpe nella sterpaglia. Per questo motivo ho deciso di monitorare i miei successivi stati d'animo in modo tale da poter analizzare il mio stato depressivo nel dettaglio.

Negli ultimi tre giorni ho infatti esperito uno strano stato di ansia, del tutto immotivato razionalmente, e voglio cercare di capire in che modo la mia mente tenterà di sabotare questa situazione di tranquillità che si è venuta a formare negli ultimi tempi.

Oggi riflettevo su questo argomento e pensavo "di preciso quali pensieri mi hanno portato ad avere un periodo più sereno?". Riflettendoci, credo che un ruolo importantissimo lo abbia giocato il superamento delle paure più gravi.

Nel mio caso, ho avuto paura di perdere il mio lavoro, di far finire la mia carriera professionale, di rimanere senza amici, senza il mio compagno, senza soldi e di conseguenza, senza casa.

Tutte queste paure si insinuavano continuamente nella mia mente, come dei trapani. Tenerli a bada costava tantissime energie. A volte il loro rumore era tanto forte da superare quello della vita reale. Passavo intere ore a pensare a questi problemi, così tanto intensamente che spesso ho avuto veri e propri buchi di memoria. Tutto ciò rendeva difficile, se non impossibile, concentrarsi e applicarsi nel modo corretto.

Ciò che davvero mi ha aiutato ad uscire dal periodo dei pensieri intrusivi, fastidiosi e dolorosi, è stato il superamento delle paure stesse e la creazione di autostima. Poche frasi sono più vere di quella espressa dal Signor Gibson “Prima di diagnosticarti depressione o scarsa autostima, accertati di non essere semplicemente circondato da stronzi.”

La mia forza vitale si è attivata sottoforma di una grande rabbia, che ha divampato con violenza.

Nel momento in cui il mio istinto di conservazione si è attivato contro il desiderio di suicidio, ho capito che in fondo non mi fotteva un cazzo di perdere il lavoro. Perdo il lavoro? Fanculo, io ho talento, so vendermi. Se dovessero licenziarmi, troverò un altro posto. Se non ci riuscissi in fretta, sarei disposta ad aprire una ditta mia. In qualche modo io continuerò a lavorare, costi quel che costi (allerta spoiler, ho fatto così nel 2020). Se in qualche modo lavorerò, sarò indipendente economicamente, avrò stima di me per esserci riuscita, la paura si affievolisce.

Ho avuto il timore di restare senza amici dato che quando si è depressi, stanchi e demoralizzati non si ha alcuna voglia di uscire, divertirsi, parlare... Si diventa monotoni e pesanti. Gli "amici" si allontanano e solo i pochi veri individui che ti vogliono bene per ciò che sei rimangono ad aspettarti. Sanno che tu lo faresti per loro.

Mi sono stupita di quante persone siano rimaste vicine a me... Meno di cinque. Eppure mi rendo conto che ogni tanto si sente di persone che non avevano nemmeno un amico vicino. In tal caso non dovrete comunque avere paura. Anche se fossi rimasta senza nessuno, mi sarei risollevata comunque.

Per una semplice ragione: si fottano gli altri, io vivo per me stessa. Adoro i miei amici e li stimo, darei la mia vita per loro, ma sono individui liberi. Liberi di stare al mio fianco, come di mandarmi a fanculo. Se i miei amici si sono legati così a me, è merito mio. Se pensate di non avere nemmeno un amico, riflettete su voi stessi e verificate se le persone non vi sono vicine perché voi tendete ad allontanarle o se caso voglia che siete davvero circondati da stronzi (anche a me è capitato di entrare in ambienti in cui proprio non sono riuscita a legare con nessuno, nonostante io di norma faccia "amicizia" con relativa facilità). Se siete circondati da stronzi, dedicate le vostre energie a metodi efficaci per liberarvi di loro. A 19 anni ho passato 2 mesi della mia vita a dormire in auto e altri 2 mesi ad alternarmi tra case di amiche e amici perché non potevo più sopportare la presenza di una madre narcisista che mi schiacciava sotto al tallone.

Se davvero vi preme stare meglio, trovate il coraggio di andare via o di scacciare chi vi danneggia. Ne va della vostra serenità.

Tutte queste risposte mi sono giunte in modo stranamente veloce. Un giorno di colpo ho preso e ho risposto male al mio datore, che come al solito stava tentando di sminuirmi e andava giù di mobbing. Improvvisamente non ero più remissiva. Improvvisamente la mia lingua si è sciolta: vaffanculo, o mi porti rispetto o puoi morire, infame. Qui svolgo il 60% del lavoro amministrativo di tutta l’azienda, cosa farai senza di me? Io me la vedrò male, tu te la vedrai di merda per trovare qualcuno che resti così sottopagato e nonostante tutto ti dia questi risultati, fidati.

Incredibilmente, la mia reazione deve aver ristabilito l'equilibrio. Ora io rispondo. E se le mie risposte non vanno bene, me ne vado. Incredibilmente, le mille minacce di lasciarmi a casa erano a vuoto. Quando ho preso io a minacciare di licenziarmi, la tormenta è svanita più veloce di un pirito nel vento.

Non temo più nessuno.

Negli ultimi mesi mi sono tolta macigni dalle scarpe e vaffanculo a tutti.

Una volta questi pensieri non mi venivano. Non so cosa sia accaduto. So che ho deciso di dire basta. Un istinto dentro di me ha finalmente funzionato e spero non si fermi ora.”

 

 

  
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