Crossover
Segui la storia  |       
Autore: evil 65    20/06/2023    6 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccovi un nuovo - e lungo - capitolo che chiuderà il preludio alla battaglia finale. Vi auguriamo una buona lettura!



Capitolo 40 - La settimana infernale: Parte 3


355116731-2133004213558195-7918443023853398423-n  

"Yeah, I told you before
And I'll tell you again
This life I live has been forged
And I'm backwards fire
With some hella wind
So when I walk through that door
Get me a heavy pour..."

Warren Zeiders - 
Heavy Pour 


Quando Darth Vader raggiunse l’impianto ingegneristico di Eadu, trovò la dottoressa Chelli Aphra che già lo attendeva all’imboccatura della navetta, vestita con la sua consueta divisa.
Nel momento in cui la vide, l’Oscuro Signore non poté trattenere l’ondata di nostalgia che s’impadronì di lui.
Dopo ciò che era successo alla festa per l’anniversario dell’Impero, la sua costante ricerca di Fire lo aveva tenuto troppo impegnato per permettergli di incontrarsi con la donna… una lontananza che aveva cominciato a farsi più evidente negli ultimi giorni, quando il pensiero della battaglia era diventato così forte da alimentare la sua rabbia come il fuoco di una fornace.
Dopo il modo abbastanza brusco con cui si erano separati l’ultima volta, sperava che questo incontro gli avrebbe dato la possibilità di rimediare e appianare qualsiasi potenziale rancore.
<< Lord Vader >> lo salutò la donna, con tono calmo e professionale << Grazie per essere venuto. Il Maestro vi sta aspettando ai livelli inferiori assieme al Dottor Eggman. >>
Un saluto che il Sith trovò abbastanza freddo, ma certamente non inaspettato. Dopotutto, avevano sempre fatto del loro meglio per nascondere la loro relazione ai rispettivi colleghi, consapevoli di quanti dei nemici di Vader avrebbero cercato di approfittarne per i propri scopi.
L’uomo rispose con un semplice cenno del capo, poi lasciò che la donna la condusse fino all’ascensore che li avrebbe portati ai livelli più bassi della struttura, ove si era svolto lo sviluppo di uno dei progetti imperiali più significativi degli ultimi anni.
Quando entrarono, Vader si aspettava perlomeno che Aphra avrebbe sostituito il suo sguardo impassibile con uno dei suoi sorrisi impertinenti… invece, l’espressione della dottoressa non cambiò di un millimetro, né tentò di intavolare una qualsiasi conversazione.
Fu proprio questo a sorprenderlo. Dopotutto, era sempre stata una delle persone più aperte ed esuberanti della sua vita, una qualità che con il tempo si era ritrovato ad apprezzare sempre di più. Il fatto che fosse così silenziosa era a dir poco… preoccupante.
<< Ho saputo che stai per andare in guerra >> disse all’improvviso, spingendolo a guardarla con la coda dell’occhio.
<< È così >> disse, perché se in qualche modo era stata informata, allora non vi era alcun motivo per tenerglielo nascosto.
Lei rimase nuovamente in silenzio, poi gli rivolse la sua più completa attenzione, fissandolo dritto nelle lenti scarlatte della sua maschera.
<< Quando avevi intenzione di dirmelo? >> chiese, e questa volta non c’era traccia di professionalità nel suo tono.
Era chiaramente arrabbiata per qualcosa, anche se Vader non riusciva davvero a comprenderne la ragione. Aphra conosceva perfettamente quale fosse il suo grado militare, quindi non poteva riguardare un’informazione classificata… oppure sì? Aveva bisogno di indagare più a fondo.  
<< Non era un’informazione di tua competenza >> rispose, ed ecco che gli occhi della donna si allargarono appena.
<< Competenza? >> sussurrò Aphra, quasi non potesse credere a ciò che aveva appena udito << Competenza!?  >>
Il suo corpo cominciò a tremare, animato da una miriade di sentimenti ben visibili attraverso la Forza: sorpresa, rabbia… e sorprendentemente, tristezza.
Sotto lo sguardo perplesso di Vader, dapprima strinse le mani a pugno, poi gli puntò un dito sul suo petto corazzato.
<< Pensi davvero che il mio livello di autorizzazione c'entri qualcosa?! Avresti dovuto dirmelo, perché presto andrai a combattere contro la più grande minaccia mai affrontata dall’Impero! Ti sei soffermato a pensare, anche solo per un secondo, come mi sarei sentita se non avessi più ricevuto tue notizie perché eri caduto in battaglia?! >>
Per la prima volta dopo tanto tempo, Darth Vader si ritrovò completamente senza parole.
Aphra non aveva mai mostrato una simile preoccupazione nei suoi confronti. E perché mai avrebbe dovuto? Era il Comandante Supremo dell’Impero! Il braccio destro del Maestro in persona, e una delle persone più potenti della Galassia.
Non vi era alcuna ragione plausibile per cui avrebbe dovuto sentirsi in ansia per lui… giusto?
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione rassegnata.
<< Certo che non l’hai fatto >> borbottò, sembrando improvvisamente stanca << Perché se le nostre situazioni fossero invertite, non perderesti una sola notte di sonno. Per te, la mia morte non avrebbe la minima rilevanza. >>
<< Non dire stupidaggini >> sbottò Vader, mentre le afferrava il mento con la mano guantata << Tu sei importante per me. >>
La donna assottigliò lo sguardo. << Ma non lo sarò mai quanto la donna di quella foto… ho ragione? >>
Quella domanda lo prese decisamente in contropiede.
Dunque era di questo che si trattava? Gelosia? Davvero era bastata la foto di Lada che aveva visto su Scariff a suscitare una reazione del genere?
No… c’era qualcosa di molto più profondo, in agguato nel retro della sua mente. Sembrava… tristezza. Un pesante senso di rassegnazione, come se avesse improvvisamente realizzato qualcosa di decisamente spiacevole.
<< Certo che ho ragione >> continuò Aphra, la fronte ora appoggiata sul suo petto << Perché come potrei mai competere con il tuo primo amore? Ho capito chi era nell’istante in cui mi hai guardato con quei tuoi occhi infuocati. >>
Ridacchiò amaramente.
<< Non ti avevo mai visto così arrabbiato. Eri terrificante. E intendo DAVVERO terrificante. >>
La mente dell’Oscuro Signore tornò a quel giorno di qualche settimana fa, quando per la prima volta si era lasciato controllare dal Lato Oscuro in sua presenza.
Solo dopo che lui e Anakin si erano confrontati sull’evento, aveva finalmente compreso quanto le sue azioni fossero state vergognose. Aveva quasi ferito una delle pochissime persone a cui si era sinceramente affezionato… proprio com’era avvenuto con suo figlio.
Cautamente, le passò una mano tra i capelli corvini.
<< Non era mia intenzione farti del male >> sussurrò attraverso la maschera << La mia reazione è stata eccessiva, e per questo non potrò mai scusarmi abbastanza. >>
Rimasero in quella posizione per un po’, fino a quando Aphra non si tirò indietro e tornò a guardarlo dritto negli occhi.
<< Come si chiamava? >> domandò, questa volta con sincera curiosità.
Vader esitò a rispondere. Dopo la morte di Lada, era stato piuttosto restio a discutere di lei con qualsiasi persona che non fosse il Maestro, unico tra tutti i suoi conoscenti che aveva davvero compreso il suo dolore per la scomparsa della vampira… o almeno così aveva sempre creduto.
Di recente, solo il suo figlio primogenito aveva avuto lo stesso privilegio… ma dopo ciò che era avvenuto con Aphra, ella meritava quantomeno una risposta onesta.
<< Lada >> rispose, lentamente << E sì, lei… è stata il mio primo amore. Ma questo non significa che dovrebbe essere l’ultimo… >>
<< Stai cercando di convincere me o te stesso? >> lo interruppe lei, e il primo istinto del Sith fu di negare quell’affermazione… fin quando si rese conto di non poterlo fare.
Perché per quanto le parole di Aphra fossero dolorose, non poteva negare una semplice verità: nonostante si fosse profondamente affezionato a lei, mai una volta aveva provato lo stesso tipo di amore intrinseco e sincero che per anni aveva sentito nei confronti di Lada.
Non che non ci avesse provato, più di una volta negli ultimi vent’anni… ma sfortunatamente, la riscoperta del suo figlio perduto aveva solo risvegliato dentro di lui la consapevolezza che non avrebbe mai amato nessun altro come la sua moglie perduta.
Quando rimase in silenzio, Aphra lo guardò tristemente.
<< Vader… Anakin… >> si corresse lei << da quando ti conosco, ho passato quasi ogni istante della mia vita a cercare di dimostrarmi degna del tuo amore. Ho combattuto per te, ucciso per te, creato meraviglie che hanno contribuito ad assicurare la supremazie dell’Impero, senza mai chiederti nulla in cambio. Ti ho dato la mia mente, la mia anima… il mio corpo. >>
Scosse la testa.
<< Ma ora mi rendo conto… che tutti i miei sforzi non erano altro che gli sforzi di una ragazzina illusa >> continuò << e sappi che non ho più alcuna intenzione di competere con un fantasma. >>
Ancora una volta, il respiro sibilante di Vader fu l’unico suono udibile all’interno dell’ascensore. Avrebbe potuto continuare a confortarla. Avrebbe DOVUTO… ma invece, rimase completamente in silenzio.
Perché? Perché in fondo sapeva cosa sarebbe successo dopo la battaglia con le forze del Dottore.
Era stato sciocco da parte sua illuderla che insieme avrebbero potuto avere un futuro. O forse, era stato proprio lui ad illudersi, nel tentativo di dimenticare il piano che lui e il suo signore avevano ideato negli ultimi vent’anni? Un piano di cui nessun altro membro della cerchia del Maestro era a conoscenza… uno che gli avrebbe finalmente assicurato ciò che il suo cuore desiderava di più.
<< Ne riparleremo quando sarò tornato >> disse, mentre si rivolgeva alle porte del mezzo.
Queste si aprirono e…
<< No >> sussurrò Aphra << Non lo faremo. >>
E prima che l’uomo potesse anche solo provare a fermarla, lo superò con passo felpato e continuò a camminare senza degnarlo di un’altra occhiata. E questa volta, lui non tentò nemmeno di richiamarla. Ormai, avevano entrambi fatto la loro scelta, una da cui nessuno dei due poteva più tornare indietro.
Giunsero entrambi al di sopra di una pedana metallica, sospesa a diversi metri d’altezza in un vasto hangar immerso nell’oscurità. Ad attenderli nel mezzo della passerella vi era il Maestro, in compagnia dell’imponente figura del Dottor Ivo Robotnik, alias Eggman, l’ingegnere più brillante al servizio dell’Impero e il più stretto collaboratore di Aphra.
<< Ben arrivato, amico mio! >> lo salutò il Signore del Tempo, con quel suo sorriso cordiale << Giusto in tempo per assistere al realizzarsi di una delle più grandi conquiste della nostra industria bellica. >>
Si rivolse a Robotnik.
<< Coraggio, Ivo. Mostraci cosa tu e la Dottoressa Aphra siete riusciti a creare! >>
<< Con estremo piacere, mio signore >> rispose prontamente lo scienziato, gonfiando il petto con orgoglio.
A quel punto, tirò fuori un olo-proiettore dalla tasca del camice, e subito l’immagine di un cervello si materializzò di fronte al gruppo.
<< Il cervello umano! Un’opera evolutiva davvero prodigiosa, non pensate anche voi? >> disse con quel suo ghigno tutto denti << Così complessa e creativa, testimonianza del progresso… ma anche così debole, piena di tutte quelle fastidiose limitazioni che hanno sempre impedito alla nostra specie di ascendere a livelli ben più appaganti… almeno fino ad ora. Perché cosa succederebbe, se potessimo prendere tutto quelle debolezze… e spazzarle via come se fossero misera polvere sotto i nostri stivali? Dolore, paura, rabbia, tristezza… emozioni! Tutte andate, poof! Come sabbia al vento! Non sarebbe forse una prospettiva da sogno? Io mi ci butterei subito! >>
Volse lo sguardo al di sotto della pedana e spalancò le braccia.
<< Attraverso le vostre specifiche, mio Maestro, siamo riusciti a creare qualcosa di sbalorditivo >> continuò, con voce più alta << Un endoscheletro capace di connettersi al cervello umano e amplificarne la capacità di elaborazione a livelli fin’ora inimmaginabili! Il tutto aggiungendo anche una buona dosa di potenza bellica ai nostri flaccidi corpi di carne e sangue… con giusto qualche piccolo effetto collaterale che siamo riusciti ad eliminare dopo qualche anno di lavoro. Dopotutto, il progresso scientifico richiede sempre una buona dose di lacrime, sudore e sacrifici! Ma anche… cavie. E la Ribellione è stata così gentile da fornirci numerosi prigionieri su cui lavorare. >>
Schioccò le dita della mano destra… e le luci dell’hangar si accesero, rivelandone il contenuto: centinaia… no… migliaia di figure argentate che posavano ritte come soldati di una legione pronta alla guerra. Una descrizione che, si rese conto Vader, non era poi così lontana dalla realtà dei fatti, basandosi sulle informazioni che aveva raccolto fino ad ora sul progetto.
Per queste creature così simili ai robot – eppure tutt’altro che organismi meccanici autonomi – rappresentavano il futuro della guerra imperiale e forse l’arma più letale mai partorita dagli scienziati di questa galassia.
<< Miei signori… ecco a voi la razza senziente del futuro: i Cybermen! >> esclamò Eggman, e subito il Maestro cominciò a battere sonoramente le mani.
<< Magnifici >> ridacchiò, prima di inclinare la testa verso il suo braccio destro << Non pensi anche tu, Vader? Un esercito che non proverà mai dolore o ansia, incapace di stancarsi o fermarsi, guidato unicamente dalla mia volontà. L’armata perfetta! Più uccideranno, maggiori diventeranno i loro numeri… e in questo modo, anche la perdita dei nostri soldati mortali diventerà solo una minuscola nota a piè di pagina nella salvaguardia dell’Impero. >>
<< Davvero notevoli, mio maestro >> fu tutto quello che disse l’Oscuro Signore, ma internamente non avrebbe potuto essere più disgustato.
Perché quelle… erano persone ancora in vive i cui corpi erano stati diluiti e smembrati come animali da macello, mentre erano ancora coscienti, e poi stipati all’interno di gabbie di metallo da cui non sarebbero più fuggite.
La loro assenza di emozioni era l’unica garanzia che non sarebbero morti nel processo per semplice trauma celebrale… e così facendo, il Maestro e Ivo erano riusciti a creare una razza di soldati incapaci di provare dolore o paura di fronte al nemico, animata dall’unico desiderio di servire i loro padroni, ma dotati di una capacità di adattamento impossibile da replicare nei semplici droidi.
“Un piccolo prezzo da pagare per raggiungere i miei obbiettivi” si costrinse a pensare. Perché in fondo, ogni atrocità da lui commessa era servita al solo scopo di ottenere il suo desiderio… e questa non faceva alcuna eccezione. 


 

La stanza scelta da King Dedede per ospitare l’incontro era adeguatamente spaziosa, ma non abbastanza da dare l’impressione di una sala per le conferenze: più piccola e accogliente negli interni, a detta del sovrano era stata inizialmente costruita come una stanza ricreativa, prima di essere trasformata in una biblioteca.
Aveva comunque un lungo tavolo capace di ospitare almeno una ventina di persone, e questo sarebbe stato più che sufficiente per l’imminente riunione.
Dopo che il Dottore e lo stesso Dedede ebbero preso posto a capotavola, i Times Warriors seguirono a ruota e si sistemarono nelle sedie a disposizione, questa volta accompagnati anche dall’alta figura di Auth e della sua compagna vampira, Marie Von Dracul.
Quando nella sala calò il silenzio, il Dottore scrutò i partecipanti uno ad uno e prese un lungo respiro.
<< Grazie per essere venuti >> enunciò << Innanzitutto, vorrei congratularmi con tutti voi per aver mantenuto i nervi saldi fino ad ora, e soprattutto per non esservela data a gambe. Potrebbe sembrare un complimento superfluo, visto ciò che abbiamo passato, ma… be’, tra un paio di giorni combatteremo contro l’essere più potente dell’intero universo, quindi non avrei condannato nessun per un po’ di piedi freddi. >>
Rivolse loro un sorriso a metà tra l’ironico e il rassegnato. << In secondo luogo, vorrei sapere come stanno andando i vostri allenamenti. Ci sono stati progressi? >>
<< I miei compagni di squadra si sono dimostrati degli allievi modello, e mi hanno anche dato modo di migliorare le mie abilità con Gáe Bolg >> rispose Angel.
<< Non posso che concordare con il giovane Hikarus >> si aggiunse Thor. << Tutti loro hanno affrontato gli allenamenti con pazienza e dedizione degne dei guerrieri più rinomati di Asgard. Dobbiamo sfruttare questi due giorni per riposare, recuperare le energie e preparare tutti gli armamenti necessari. >>
Il dio del tuono era ottimista, ma in fatto di battaglie era il più esperto, e quindi sapeva che non sarebbe stato per niente semplice. Nonostante i rigidi allenamenti, le probabilità di morte erano molto elevate, e contando i poteri cosmici del Maestro... l’ago della bilancia pendeva pericolosamente verso il dittatore di Battleground.
Ma come ogni battaglia, l’esito non era scritto. Se dovevano cadere, allora sarebbero caduti con onore e dignità.
I membri dei team RWBY e JEKP portavano sui rispettivi volti i segni di stanchezza degli allenamenti cui si erano sottoposti, in alcuni casi anche quelli di altri progetti che avevano incominciato nella speranza di darsi l’un l’altro ulteriori chance di sopravvivere.
<< Vi siamo tutti enormemente grati per averci aiutato >> dichiarò Penny, sorridendo a Thor ed Angel << Non credo di essermi spinta tanto al limite come in questi giorni. >>
<< Io sono soprattutto felice di essermi tenuta impegnata con l’allenamento per l’Haki >> aggiunse Yang << senza qualcosa a tenermi la mente occupata, penso sarei impazzita per lo stress già giorni fa. >>
<< A questo proposito, sono molto lieta di affermare che il nostro giovane Royston è diventato un notevole rampollo delle tenebre >> intervenne la voce calda di Marie, ritta col suo portamento regale proprio in mezzo a Baelfire e alla sua compagna dea. << Non è certo al livello di un vampiro adulto, ma sicuramente il suo dono saprà difenderlo egregiamente. >>
<< Sì, finché prima o poi non avrò sete di sangue >> borbottò il giovane visibilmente scontento, le braccia incrociate, ma poi il suo sguardo si addolcì << Ma state tranquilli. Per ora sono... a posto. E poi, con la Forza come mia alleata sarei perfettamente in grado di gestirmi. >>
<< Non sottovalutare il tuo lato oscuro, allievo >> lo ammonì Marie, cupa << La tua predisposizione, per quanto essa possa risultare sgradevole da ammettere, va sempre presa in considerazione. >>
<< Ciononostante, tutto questo è un segno di maturità da tutti voi >> intervenne King Dedede, con un lieve sospiro << e mi dispiace molto che voi giovani abbiate dovuto raggiungerlo così presto… ma sono felice di sapervi pronti, per quanto possiate esserlo. Io sono stato fino a ieri in trattative coi presidi delle altre quattro Accademie e altri team di Cacciatori d’un certo rango. Molti di loro aspettano una decisione dai superiori per scegliere da che parte stare e, per quanto non possa biasimarli, sono ancora divisi: Leonardo e Ozpin, rilasciato poco dopo la vostra escursione su Asgard, preferirebbero mantenersi neutrali, mentre Ironwood e Sienna Khan insistono per un intervento al nostro fianco. Vorrei sperare si decida in nostro favore… ma nel poco tempo che ci resta, lo ritengo improbabile. >>
<< Perché non credono che possiamo vincere >> sospirò il Dottore, cupamente << E sapete una cosa? Non posso biasimarli. Per quanto le vostre forze siano certamente aumentate, stiamo pur sempre parlando di combattere non solo i più potenti alleati del Maestro... ma anche colui che per vent’anni è riuscito a mantenere la sua posizione praticamente incontrastata. E come se non bastasse, abbiamo anche l’altro elefante nella stanza. >> Incrociò le mani davanti al viso. << Se per puro miracolo riuscissimo a vincere... questa realtà è ancora connessa al potere del Maestro. Senza lui a tenere sotto freno l’azione distruttiva dello Scisma, potremmo condannare ogni singolo abitante di Battleground. è davvero un rischio che siamo disposti a correre? >>
<< Onestamente, questo mi fa pensare ad un’unica soluzione praticabile per evitare un inutile massacro >> intervenne Fire, storcendo le labbra, senza nascondere la preoccupazione << Dobbiamo per forza tenerlo in vita, una volta sconfitto. Quindi la soluzione più logica… sarebbe imprigionarlo, affinché non faccia più del male a nessuno. >>
<< È qualcosa che ho preso in considerazione >> concordò Auth, con un cipiglio contemplativo << Quando era al massimo del mio potere, ho avuto a che fare con diversi immortali. Alcuni di natura benigna... altri fin troppo pericolosi per essere lasciati in vita, ma anche troppo potenti per poter essere abbattuti con mezzi convenzionali. Scelsi così di usare metodi alternativi per costringerli ad un’eterna prigionia... >> Sospirò stancamente << Ma sfortunatamente, il mio attuale livello di potere non è sufficiente per replicarli, specialmente non con qualcuno come il Maestro. >>
<< So che mia madre conosceva molti incantesimi di sigillo >> rivelò Angel << ma contro uno come il Maestro? Non funzionerebbero mai. In verità, nulla nel mio arsenale potrebbe aiutare per un’operazione del genere. Me ne rammarico, ma è la dura realtà. >>
Accelerator, fino rimasto in silenzio, schioccò la lingua e si grattò la nuca.
<< Ormai siamo in ballo, pertanto balliamo. O combattiamo… o lasciamo che ci uccida, non ci sono vie di mezzo. Io non sono un esperto di entità e cazzate varie, ma una cosa la so: se proveremo a tirarci idietro, le nostre vita saranno ugualmente condannate. >>
<< Meglio cadere in battaglia, dico io >> affermò Thor.
<< Noi tutti siamo venuti qui per combattere >> continuò Ruby << e non siamo disposti a ritirarci all’ultimo secondo solo per rimpiangerlo. Anche se non ho la minima idea di come potremmo imprigionare qualcuno come il Maestro. Insomma, è una centrale di potere cosmico ambulante! Come si trattiene una cosa del genere? >>
<< Forse potremmo usare il TARDIS? >> azzardò Emil << Voglio dire, è composto dalla più avanzata tecnologia rimasta su Battleground. Se esiste una cella che può imprigionare quel tiranno...>>
<< Deve esserci! >> sbottò Fire, frustrato innanzi a quei discorsi << Sentite, sono pronto all’eventualità di morire in questa battaglia… ma il nostro non deve essere per forza un sacrificio. Siamo pronti a morire, è vero, ma non significa che dobbiamo. Se c’è un modo perché una cosa del genere funzioni... >>
<< Forse c’è >> disse all’improvviso il Dottore, attirando lo sguardo di ogni singola persona presente << ma è un FORSE molto grande. È un forse così forse che probabilmente si guadagnerebbe la sezione “forse” di qualsiasi dizionario. Ci sono alte probabilità di insuccesso, e anche in caso di riuscita qualcuno di noi potrebbe rimanerci secco. E anche in quel caso, il rimanerci secco sarebbe una benedizione rispetto alle alternative! >>
<< La storia non si fa con i forse. Se conosci un metodo, Dottore, ti prego di esporcelo, anche se le probabilità sono limitate >> replicò il dio del tuono.
A quelle parole, il Signore del Tempo prese un respiro profondo.
<< Potrei provare... e sottolineo la parola “provare” ... a rubare i suoi poteri >> disse tutto d’un fiato.
Un breve silenzio di incredulità calò sui presenti, i quali deglutirono rumorosamente. Solo Dedede restò apparentemente calmo, tradito solo da un’invisibile goccia di sudore che gli scivolò lungo la fronte.
<< Rubare... i suoi poteri!? >> esclamò a quel punto Thor.
<< Non so se è esattamente chiaro, Dottore, ma qui si sta parlando dei poteri di un accidenti di entità cosmica dentro al corpo di un alieno immortale con capacità rigenerative! >> sbottò Emil.
<< A me sembra una fregatura >> si intromise Accelerator, senza nascondere il suo stupore. << Se esiste un modo per rubare i suoi poteri, sicuramente il Maestro ne è a conoscenza e avrà preso qualsiasi contromisura in merito. Mi sembra un piano fallace, per non dire impossibile. >>
<< Senza contare >> intervenne Marie << il prezzo da pagare. Non avresti fatto una tale premessa, Signore del Tempo, senza che ci fosse un’implicazione del genere. E se fosse così facile, l’avresti già fatto da molto tempo. >>
<< O forse non avevi i mezzi per farlo >> aggiunse Auth, i suoi occhi che scrutavano attentamente quelli dell’anziano << Mi sbaglio, Signore del Tempo? >>
E con ulteriore sorpresa dei presenti, l’alieno annuì in conferma alle parole dell’entità.
<< No, non ti sbagli >> sospirò << Mi mancava un ingrediente fondamentale. Uno di cui non sapevo neppure di aver bisogno, fino a quando non ho parlato con Yūko. E quell’ingrediente... era il TARDIS. Najimi può aver conferito al Maestro il suo immenso potere... ma ricordate perché scelse proprio lui, tra tutti gli esseri del suo universo? Era l’unico a possedere una caratteristica fondamentale: l’aver guardato il Vortice del Tempo, una lacrima della realtà da cui puoi scorgere l’eternità nella sua forma più pura e indomita. Solo una mente capace di scrutarvi dentro e resistere potrebbe sostenere l’immenso potere che ora è nelle mani del Maestro. >>
Fire lo fissò con gli occhi sgranati. << ...E tu sei in grado di farlo? >> mormorò, la voce che tremava sotto il peso di quella rivelazione.
Il Dottore incontrò lo sguardo del ragazzo... e per la prima volta da quando lo conosceva, egli scorse sincera paura nei suoi occhi grigi.
<< Sì, ora che ho il TARDIS in mio possesso >> ammise << Ma... non c’è la garanzia che sopravviva. Né che l’esperienza mi lasci abbastanza sano di mente da poter anche solo contemplare l’idea di rubare i poteri al Maestro. Perché... perché io non ho mai davvero provato a guardare nel Vortice del Tempo. Quando ero ancora uno studente all’Accademia di Gallifrey e venne il mio turno... scelsi di fuggire, e da allora non mi sono più guardato indietro. E sapete perché? Perché all’epoca non ero sicuro che sarei riuscito a superare la prova, e francamente non so se dopo tutto questo tempo sia cambiato qualcosa. >>
Abbassò la testa.
<< Ma... ma... è anche la nostra unica possibilità di ribaltare la situazione. è l’unica cosa che possiamo... no... che posso fare per rimediare a tutto... io... scusate... >> Si portò una mano al viso. << Parlare di quei tempi riesce sempre a rovinarmi l’umore. Che bel capobanda che vi siete ritrovati, eh? Non riesco nemmeno a trattenere le lacrime durante un consiglio di guerra. >>
Accelerator non sapeva cosa dire, pertanto non disse nulla, ma provò a immaginare se stesso in una situazione simile: se le sorti dell’intero Creato fossero dipese da lui, che cosa avrebbe fatto? Si sarebbe tirato indietro? Provare paura era giusto. Era umano. Paura di morire, paura del nulla, paura di perdere la sua famiglia. Ma per quella bambina, l’esper avrebbe dato tutto quello che aveva: carne, sangue, anima. Tutto. Lo aveva detto anche a Fire quel pomeriggio: avrebbe sacrificato volentieri la propria vita per salvare quella di Last Order. Il Level 5 aveva speranza. Credeva nel Dottore. Doveva.
<< Un piano rischioso, Dottore, ma necessario >> affermò Thor, sorprendendo i presenti. << Non abbiamo nessun’altra alternativa, e in una situazione critica come questa… è l’unico piano che possiamo escogitare. >>
La voce del dio era bassa, poiché aveva capito quanto sarebbe stato rischioso. Lui non poteva sapere cosa fosse esattamente il Vortice del Tempo, ma il discorso del Signore del Tempo lo aveva compreso perfettamente.
<< Mio padre, Odino, fece una cosa simile, svariati millenni orsono: attraversò Yggdrasil, l’Albero del Mondo, e scese giù, nelle profondità del suo fusto, fino a imbattersi nella mitica Fonte di Mimir. Qui, per ottenere la conoscenza suprema e l’onniveggenza, dovette sacrificare il proprio occhio, per poi impiccarsi al ramo dell’albero cosmico. Per nove giorni e nove notti rimase appeso, lottando tra la vita e l’oblio, sfidando i suoi limiti. E in nome dell’affetto e della stima che nutro nei tuoi confronti… io pregherò che la forza che trovò allora ti accompagni in questo viaggio. >>
Lo sguardo della divinità divenne determinato come non mai.
<< Tu sei forte, Dottore, molto più forte di qualsiasi dio che abbia mai conosciuto. >>
<< Tu sai che all’inizio non nutrivamo molta fiducia in te >> aggiunse Ruby << Ma dopo tutto quello che ti abbiamo visto fare in questi mesi, anche quando ogni speranza sembrava ormai persa… be', sono fermamente convinta che, se esiste qualcun altro oltre al Maestro capace di resistere al Vortice del Tempo, quello sei sicuramente tu.>>
Contro ogni previsione di tutti, Fire si avvicinò al Signore del Tempo, e gli strinse una mano sulla spalla.
<< Non vergognarti di piangere in questo momento >> affermò il ragazzo, risoluto << È giusto così. La tua forza, la tua umanità, viene anche da questo. Stai provando paura e rimorso, e questo ti rende umano, come tutti noi. >>
Si passò una mano sull’occhio: quel momento così emotivo stava contagiando anche lui.
<< Ma sono d’accordo con i miei compagni: sei forte, molto più forte di quanto credi. E non solo. Ho imparato a conoscerti: oltre ad essere forte sei anche buono. Perché fai tutto per rimediare agli errori del passato e perché sai che è sempre bene fare la cosa giusta. Sei una brava persona... e non potrei desiderare un leader migliore. >>
Prese un respiro profondo.
<< Abbiamo bisogno di te, Dottore. Abbiamo bisogno del tuo coraggio, della tua bontà… abbiamo bisogno che ci infondi speranza. Ma la scelta... è solamente tua. >>
<< Allora credo di non avere molta scelta in merito >> sospirò l’alieno, pur senza nascondere un sorriso grato per le loro parole gentili << D’accordo. Vogliamo fare i pazzi? Facciamo i pazzi… >>
* * *

Nonostante le sue dimensioni modeste, il TARDIS sembrava ergersi nei giardini di Dreamland come un’imponente tomba in attesa di ricevere il defunto predestinato.
Quello che un tempo era stato un monumento alla libertà e all’avventura, ora appariva agli occhi del Dottore come la fine di un viaggio. Ma in fondo, se le cose fossero andate male, il Signore del Tempo dovette ammettere che sarebbe stato alquanto poetico esalare il suo ultimo respiro in compagnia della sua più vecchia amica.
Mise una mano sul legno bluastro della nave e prese un respiro profondo, assaporando la sensazione del materiale indistruttibile sotto i polpastrelli, l’odore di vernice immutato dal tempo… l’energia infinita che scorreva nelle sue vene metalliche, ultima reminiscenza della razza che in un altro universo aveva dominato lo spazio e il tempo.
Poi, si rivolse al resto dei Time Warriors.
<< Ora dovrete legarmi all’esterno del TARDIS >> disse, come se stesse semplicemente ordinando un caffè.
La maggior parte dei Time Warriors, ad eccezione di Auth, Marie e Thor, rimase con un palmo di naso al primo ordine del loro leader.
<< Dottore, so che il domani è incerto >> commentò Yang dopo qualche istante d’imbarazzante silenzio << ma ci sono modi migliori per soddisfare le tue ultime voglie di sad-... >>
Prima che potesse finire, le mani di tre dei membri del Team JEKP le tapparono la bocca, e James indicò severo Penny con un cenno della testa.
<< Casomai Penny imparasse quella parola... avremmo da temere più da suo padre e dal generale Ironwood che dal Maestro. >>
<< Ho visto cose più assurde nel mio universo d’origine >> dichiarò Accelerator con una scrollata di spalle. << Esper con poteri strani e passioni strane, suore dalle gonne corte, bambine mercenarie… di cui una con un mecha a forma di coniglio >> sbuffò. << C’è un modo preciso per legarti al TARDIS? >>
<< E soprattutto, perché? >> domandò Fire, stranito << Voglio dire, abbiamo capito che stai facendo tutto questo per la storia del Vortice, ma vorrei capire come funziona. Sai, no... per essere sicuro, non sono tipo da sadomaso. >>
<< Fire, e che cazzo! >> sbottò Emil.
Il Dottore cominciò a massaggiarsi la fronte.
<< Voi giovani d’oggi siete una delusione su così tanti livelli >> borbottò stancamente << Va bene, ve la renderò molto semplice: ogni volta che il TARDIS si sposta da un momento A ad un momento B, attraversa il Vortice del Tempo per setacciare le linee temporali più rapide. Visto che non abbiamo una spaccatura dimensionale da usare per il rituale, dovrete legarmi all’esterno della nave... e teletrasportarla, così da espormi al Vortice per almeno, vediamo... direi che cinque minuti basteranno, altrimenti l’energia prodotta dal viaggio mi ridurrebbe ad un mucchietto di cenere. Una volta nel mezzo del Vortice, non dovrò fare altro che aprire gli occhi e... be’... il resto si vedrà. Tutto chiaro? >>
<< Più che chiaro >> fu la risposta pacata di Thor <<  Che gli Dèi Anziani ti proteggano, mio vecchio amico. >>
<< Non ho dei da poter nominare che mi ascoltino >> fece Marie << ma pregherò comunque per te, anche se non è mia abitudine. >>
Accelerator scrollò le spalle. << Non sembra poi così diverso da un calcolo vettoriale. Cinque minuti… non un minuto in più e non un minuto in meno. Va bene, possiamo farcela. >>
<< Ricordati che siamo tutti con te >> replicò Fire, stringendogli una spalla.
<< Assolutamente! >> esclamò James a nome di tutti i compagni, battendosi il cuore sul petto.
Blake premette un pulsante sull’elsa di Gambol Shroud, estendendo il nastro che la legava alla spada in tutta la sua lunghezza.
<< Negli ultimi giorni l’ho rinforzato coi migliori materiali disponibili, infondendolo costantemente con la mia Aura. Dovrebbe resistere >> disse la fauna gatta con tono incerto, ma speranzoso.
<< Anche io vorrei dare una mano >> disse Auth. << Il mio potere non è più quello di una volta, ma vorrei tracciare un simbolo sulla tua fronte. Non ti renderà immune, ma potrebbe aiutare la tua mente a non soccombere davanti agli effetti del Vortice… almeno per un po’. >>
<< Potrei fare qualcosa di simile anch’io >> si intromise Angel << Niente di così sofisticato, ma conosco un paio di rune che potrebbero rinforzare la sua. >>
Il Dottore guardò ciascuno dei presenti, sentendosi rinvigorito dal loro sostegno. Malgrado la prospettiva di un successo fosse tutt’altro che a portata di mano, per lo meno avrebbe affrontato questo viaggio con la testa alta... perché per loro ne sarebbe valsa la pena.
Sorrise toccato alle proposte di Blake, Auth e Angel, e offrì loro un cenno d’assenso.
<< Ne sarei onorato. >>
Thor si premurò di prendere la corda della fauna, e così legare il Dottore all’esterno del TARDIS.
In epoca remota, il dio del tuono non era estraneo ai viaggi in mare in compagnia dei suoi fedeli adoratori. Sebbene quei tempi fossero passati, ancora ricordava come creare dei nodi eccezionali. Non era poi così diverso dal dover ammainare una vela, e si assicurò che il nodo fosse ben saldo e impossibile da sciogliere.
Una volta fatto ciò, Auth si leccò il pollice e disegnò un simbolo sulla fronte del Dottore. Era una lettera di un alfabeto bizzarro e mai visto prima, forse proveniente dalla sua terra natale.
La saliva brillò di magia, segno che l’incantesimo aveva avuto successo. Fu poi il turno di Angel, che invece usò la sua magia per incidere una lettera più piccola al di sopra della runa.
Il Dottore sbatté le palpebre un paio di volte e alzò gli occhi al cielo, nel vano tentativo di capire cos’avessero scritto.
<< Uhmmmm... mi sento già più al sicuro >> ridacchiò divertito, prima che i suoi occhi si posassero su Fire << Ora resta solo l’ultima fase del piano. Fire... ho bisogno che tu piloti il TARDIS ancora una volta. Tra tutti i presenti, sei l’unico con un po’ di esperienza nel farlo, quindi anche la sola persona che potrebbe riportarmi indietro con tutti gli organi al posto giusto. Te la senti? >>
<< Stai scherzando? Assolutamente no >> borbottò Fire, sfacciatamente sincero << Sono terrorizzato a morte, e al pensiero l’ansia mi sta già mangiando vivo. Ma se è in questo che posso contribuire ad aiutarti… lo farò. Dimmi solo precisamente come. >>
Il Dottore gli sorrise comprensivo.
<< Proprio come quando ci hai portato via da Trenzalore, dovrai collegarti ai sistemi telepatici del TARDIS e immaginare lo stesso luogo in cui ci troviamo adesso... solo che questa volta dovrai anche riflettere attentamente sul “quando”, ovvero cinque minuti nel futuro. Dovrai essere ancora più concentrato, dimenticare ogni preoccupazione e focalizzare quel momento come se fosse il più importante della tua intera esistenza. Una cosa da niente, no? >>
<< Buona fortuna, ragazzo >> disse Thor, mettendogli una mano sulla spalla.
Sebbene molto preoccupato, aveva comunque fiducia nelle capacità del giovane. Sapeva che poteva farcela.
Accelerator, d’altro canto, fece un passo in avanti.
<< Voglio venire anche io >> dichiarò, senza alcuna esitazione. << Il fatto che lui piloti il TARDIS ha senso, da quanto ha detto il Doc lo ha già fatto … Ma stavolta sarà diverso, e richiederà una precisione di calcolo che non possiede. Tuttavia, con il mio potere potremmo ridurre al minimo le probabilità di sbagliare. >>
<< In effetti >> intervenne Kirby << se c’è una persona che può alzare le vostre probabilità nel Vortice, è proprio Accel. Ma se possibile vorrei aggiungermi anch’io, ho sempre sognato di vedere il TARDIS in azione, e due mani in più ai comandi non guasteranno di certo. >>
Il rosato non disse però che una parte di lui, quella che pur avendo perdonato Fire era ancora un po’ diffidente, intendeva tenerlo d’occhio.
Il Dottore ronzò contemplativo, valutando attentamente i tre adolescenti.
<< L’aiuto di Accel potrebbe certamente rivelarsi utile per evitare spiacevoli complicazioni. Inoltre, una volta legati ai circuiti telepatici del TARDIS, sarete entrambi virtualmente privi di difese... e la presenza di un terzo membro sarebbe decisiva per liberarsi di potenziali inconvenienti, o prestarvi soccorso in caso di un contraccolpo mentale. >>
Quindi annuì d’accordo.
<< Così sia. Avete il mio permesso per entrare nel TARDIS e assistere Fire in questa impresa. Non fatemene pentire! >>
Accelerator non disse niente, si limitò solamente a fare un cenno col capo. Anche Thor fece un cenno e un sorriso. Era lo sguardo di un uomo fiero di loro.
Fire prese un respiro profondo. << Che la Forza sia con noi >> bofonchiò istintivamente << D’accordo. Facciamolo. >>
Senza ulteriori indugi, i tre si diressero all’interno della macchina del tempo.
La prima volta che era salito sul TARDIS, Kirby non aveva avuto modo di apprezzarlo appieno a causa del veleno con cui il Joker l’aveva infettato. Cresciuto tra catene di montaggio di astronavi e test di volo, il giovane Knight non poteva che essere meravigliato da una simile meraviglia tecnologica, sebbene anche una simile definizione sarebbe stata riduttiva per la cabina.
Nel momento in cui compì il primo passo all’interno, il rosato comprese all’istante come l’astronave non fosse una semplice macchina… ma viva in ogni senso della parola.
Il momento della partenza fu non meno spettacolare, ma decisamente più movimentato di quanto avesse inizialmente pensato.
<< Va bene >> disse Fire, mentre armeggiava con i circuiti telepatici del TARDIS << Credo di essere pronto. Accelerator… fa' quello che devi. >>
L’albino annuì risoluto e mise le sue mani sopra la testa dell’arciere.
All’inizio non accadde niente… ma dopo appena un paio di secondi, la potenzia delle linee temporali di Battleground investì l’astronave come un treno.
Il Vortice del Tempo era qualcosa che avrebbe messo alla prova chiunque, perfino l’uomo con la forza di volontà più grande, e quei tre erano solo dei ragazzi. Troppo giovani… ma comunque dotati di un grande cuore e immenso coraggio.
Un impulso elettrico collegò i cervelli di Fire e Accelerator, e nel giro di pochi istanti erano connessi. Ora, entrambi, erano come delle matriosca immaginarie: potevano sentire ciò che sentiva l’altro e vedere ciò che vedeva l’altro.
Anche i loro ricordi erano visibili, sia quelli di Fire che di Accelerator. L’infanzia di Fire a castello Royston, gli esperimenti dei Kihara, le battaglie con Shen, l’esperimento Sisters, il dolore della morte di Logan e le vicissitudini nell’arena; tutto era collegato da intercapedini immaginarie.
Per quanto i due fossero forti insieme, il Vortice del Tempo era inesorabile e doloroso.
Fire aveva già sperimentato una volta il dolore di un attacco psichico, ma quello del Vortice era tutt’altra cosa, lo costrinse a rimanere ancorato alla propria mente con tutte le sue forze, perché altrimenti si sarebbe perso in un oceano di dolore frammentato.
Rimanere cosciente si rivelò ben presto un impresa. Ebbe l’istinto di lottare, di cacciare via quell’intrusione aggressiva e respingerla con violenza, ma se così avesse fatto… tutto sarebbe stato per nulla. Perciò, cercò di ricordare il proprio addestramento e si costrinse a mantenere sia la calma che la concentrazione.
Anche Kirby cominciò a sentire gli effetti collaterali del salto spazio-temporale. Tenendosi con quanta più forza possibile ai bordi della console, il Cacciatore avvertì in misura di poco minore ai compagni l’energia del vortice, una tempesta indefinibile ma di immane potenza che sembrava premere sulla sua Aura e la sua mente.
A pochi passi da lui Accelerator, rammentò il momento in cui aveva cercato di connettersi alla mente alveare degli Angeli Piangenti. Rammentò come la loro essenza fosse simile a quel Vortice, anche se meno intensa.
L’impulso di staccarsi da Fire era enorme. Voleva cedere, il dolore stava diventando insopportabile! Ma sapeva che se lo avesse fatto, il Dottore sarebbe sicuramente morto. Non poteva permetterlo, non doveva permetterlo!
Per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che prendere delle vite, ma quel giorno... quel giorno ne avrebbe salvate, poco ma sicuro.
L’esper lanciò un forte grido di dolore… e una strana ombra color pece cominciò si a fuoriuscirgli dalla schiena, prendendo la forma di rozze ali. Quelle stese ali, poi, iniziarono a vorticare assumendo la forma di vortici, violenti e indomiti.
Quando questo accadde, l’albino sentì che il suo potere stava crescendo a dismisura… proprio come su Trenzalore.
Kirby udì il risucchio provocato da quel fenomeno. Aprendo affannato gli occhi, si volse verso i suoi compagni, e vide quelle maestose ali apparire e mutare dalla schiena dell’esper.
<< Accel, ma cosa…? >>
Nel caos di sensazioni che aveva nel cervello, Fire eseguì uno sforzo sovrumano: affidandosi ai suoi poteri come una bussola, si fece strada nella mente di Accel, che pure cercava di aiutarlo… e alla fine, ecco che riuscì a trasmettergli i calcoli e la focalizzazione per trasportarli avanti nel tempo di soli cinque minuti.
Ci fu un sibilo, uno scoppio, e poi un lampo di luce verde, nera e rosa.
Poi un tonfo sordo, e un dolore atroce che si trasmetteva dalla testa a tutto il corpo.
Si erano fermati, ed erano caduti a terra di schiena, malconci, traumatizzati, provati, ma vivi.
<< Ha funzionato? >> borbottò Kirby << Ce l’abbiamo fatta davvero? >>
C’era un solo modo per esserne sicuri.
Uscirono dal TARDIS, e con loro grande gioiga scoprirono di essere tornati nei giardini di Dreamland, dove i Time Warriors li accolsero con espressioni decisamente sollevate.
<< Sì >> sussurrò Fire, con un sorriso tremante << Noi… ci siamo riusciti. Hai visto, Doc? Ce l’abbiamo fat-… >>
Il respiro del ragazzo gli si mozzò in gola, così come quello di ogni singolo Time Warrior presente. Perché sebbene il Dottore fosse ancora incatenato al TARDIS… nessuno di loro lo aveva mai visto in uno stato tanto pietoso.
Aveva gli occhi chiusi, la testa cadente e il vestito pieno di bruciature, quasi fosse stato lanciato in una casa in fiamme e tirato fuori poco prima che il suo corpo prendesse fuoco. E il suo viso, pallido come i capelli di Accelerator… era coperto di sangue che gli fuoriusciva dalle orecche, dal naso… e perfino dalla bocca. E non si muoveva.
Di fronte ad una simile vista, Fire non riuscì a frenare l’urlo che gli risalì in gola.
<< DOTTORE! >>
* * *
 
I Time Warriors attendevano con il fiato sospeso all’entrata dell’infermeria. E nonostante alcuni dei loro tentativi più insistenti di superare le porte dell’ala, i medici avevano espressamente proibito a ciascuno di loro di stare alla presenza del paziente. Non tanto per meschinità, ma semplicemente perché la presenza di troppe persone all’interno della stessa stanza avrebbe potuto limitare i movimenti del personale.
Ragion per cui, solo a King Dedede era stato permesso di rimanere in compagnia del Signore del Tempo, e infatti fu il primo volto che videro i ribelli quando il medico di turno disse loro che potevano finalmente entrare.
<< Allora? >> chiese Angel, gli occhi che subito vagarono sul corpo dell’anziano disteso sul lettino ospedaliero << Come sta? >>
E con sua crescente inquietudine, il sovrano sembrava tutt’altro che portatore di buone notizie.
<< Stabile… ma in coma >> rispose, stancamente << E al momento non ha ancora mostrato segni di volersi svegliare. In tutta sincerità, i medici dubitano che avverrà tanto presto… ammesso che possa davvero svegliarsi. >>
Thor era irrequieto. Gli sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo, in tutte quelle occasioni in cui suo padre era sprofondato nel sonno di Odino, lasciando Asgard in balia degli eserciti del caos.
Questa volta, però, la situazione era ben diversa: gli Aesir erano sempre stati in grado, grazie all’aiuto di Thor e degli altri dèi, di respingere le forze del male, ma ora... senza il Dottore, la situazione svolgeva terribilmente a sfavore.
<< Ci deve essere qualcosa che possiamo fare! >>
<< Potrei provare ad usare i miei poteri per cercare di farlo riprendere? >> propose Auth. << Forse, se passassi una parte del mio potere e della mia essenza in lui... potrebbe risvegliarsi. >>
Era rischioso? Molto. Ma valeva la pena tentare.
Weiss si morse il labbro e rigirò nervosamente le mani, ripensando alla discussione avuta col Dottore poco prima dell’intrusione in casa Skywalker.
Quella volta l’uomo era riuscito, se non a dissipare i suoi dubbi, almeno ad alleggerire il peso che le gravava sulle spalle. Adesso si sentiva in trappola proprio come allora, se non di più.
<< E se esplorassimo il TARDIS? >> propose Emil << Lì dentro dev’essere il sapere di migliaia di civiltà, come minimo, forse anche la procedura con cui svegliarlo! >>
<< Non possiamo fare niente. >>
La voce di Baelfire si levò alta, per farsi udire chiaramente da tutti.
<< Sentite, non voglio fare il disfattista, ma... abbiamo sentito com’è il Vortice del Tempo. Non l’abbiamo visto… ma il semplice stare alla sua presenza si è rivelato più che sufficiente per prosciugarci di tutte le nostre energie. Non penso sia la cosa più furba del mondo forzare il Dottore a svegliarsi adesso. Probabilmente, al momento il suo cervello sta cercando di elaborare il trauma di quello che ha visto… perché se noi siamo stati scossi solo dalle radiazioni, potete immaginare cosa abbia significato per lui vederci attraverso. >>
Angel abbassò cupamente la testa, le mani strette in pugni serrati.
<< Quindi... è così che finisce? >> borbottò stancamente << La nostra ultima possibilità di ribaltare questa guerra... andata, come se niente fosse. Il nostro leader... no... il nostro amico potrebbe anche non risvegliarsi, e domani saremo costretti a combattere contro un dio vivente e la totalità dell’esercito imperiale. Oh, sì, non dimentichiamo anche i suoi combattenti più potenti... ho forse dimenticato qualcosa? >>
<< Non finisce niente, Angel Hikaru >> disse Thor con tono solenne e posandogli una mano sulla spalla. << Anche se non abbiamo la sicurezza che il Dottore si svegli prima della battaglia, anche se ci fosse il 99% di probabilità di fallire… noi dobbiamo lottare per quell’1%. Abbiamo tutti il dovere di farlo in quanto guerrieri della ribellione >>
<< Ammetto io stesso che la situazione non appare rosea >> sbuffò Dedede << se non ci presentassimo domani, è probabile che Dreamland venga stavolta distrutta senza troppe cerimonie, e ogni altra base della Resistenza seguirà subito dopo. Se sorgerà un’altra organizzazione a succederci, sarà costretta a ricominciare da zero. L’unica cosa che possiamo fare è decidere se scendere comunque in campo domattina, o arrenderci e sperare di strappare qualche condizione al Maestro. Voi cosa decidete? >>
Il dio del tuono sostenne lo sguardo dei presenti.
<< Noi resteremo, e ci batteremo. Perché anche se cadremo, altri emuleranno le nostre gesta. L’intera Battleground saprà che i pochi si sono opposti ai molti! Che i Time Warriors hanno dato la vita per proteggerla! >> Fece una pausa, poi continuò dicendo: << Sarò sincero con voi: io non nutro speranze ottimistiche. E nessuno è obbligato a combattere, se non se la sente. Nessuno vi biasimerà… Ma io non voglio tirarmi indietro. Io ci voglio provare. E chiunque è d’accordo con me, allora tocchi il Mjolnir. >>
Estrasse il mitico martello e lo porse avanti.
Angel rimase in silenzio per quasi un minuto buono, lo sguardo che continuava a passare tra il potente maglio e gli occhi blu elettrico di colui che ne aveva fatto il suo simbolo.
Le sue parole erano cariche di speranza e determinazione... ma quanto sarebbero bastate sul campo di battaglia?
C’era stato un tempo in cui credeva che il semplice desiderio di fare del bene e il sostegno dei suoi compagni sarebbero stati sufficienti per affrontare ed eliminare qualsiasi nemico.
Ma quei giorni erano ormai lontani... così com’era lontano il ricordo di quelle persone che avevano sanguinato assieme a lui... che erano morte, così che lui potesse vivere. Un monumento ai suoi fallimenti... ecco perché non poteva lasciare che quel ricordo si perdesse nelle sabbie del tempo.
Lui non sarebbe morto in quel campo di battaglia! E se anche fosse suo destino incontrare la mietitrice in persona... di certo non l’avrebbe fatto da vigliacco, spaventato alla prospettiva di cosa si trovasse al di là del mondo fisico.
No... lui avrebbe affrontato la Morte con coraggio, proprio come i suoi amici avrebbero voluto. Proprio come Blue si sarebbe aspettato da lui! Proprio come sua madre!
Con determinazione rinnovata, evocò la sua fidata lancia, simbolo di ciò che restava dei suoi genitori, e la incrociò con il maglio del tonante.
<< Combatterò al tuo fianco, dio del tuono... mio amico e compagno d’armi >> disse, fissandolo dritto negli occhi << Sanguinerò con te per un’ultima volta. E che i Beyonders in persona ci siano testimoni! Che se questa battaglia dovesse essere il nostro requiem... allora ci assicureremo di renderlo MEMORABILE. >>
<< Ci scuserai se io e il mio allievo non accettiamo la proposta di sfiorare una reliquia sacra che potrebbe danneggiarci permanentemente, figlio di Odino >> ridacchiò Marie, snudando i canini << ma non ti serve questa prova pratica per sapere che siamo dalla vostra parte. >>
<< Fino alla fine >> confermò Fire, serrando i pugni << anche se significasse morire, cosa piuttosto probabile. >> Si strinse nelle spalle. << Sono pronto? Assolutamente no. Non credo che nessuno di noi lo sia. Ma io voglio farlo, sento che devo. Non posso tirarmi indietro dopo essere arrivato fino a qui. >>
<< Come ha detto sua maestà, se rinunciassimo, qualunque gruppo provi a continuare il lavoro della Resistenza dovrebbe ricominciare da zero >> continuò James << ma se non ci presentassimo in battaglia, solo perché il nostro leader non è agibile a guidarci, avranno anche meno di niente. >>
La mano coperta d’ossa del giovane soldato si poggiò sul maglio d’uru, seguita da quelle dei compagni.
Si aggiunse Ruby con la sua falce. << Condivido in pieno, non possiamo lasciare un simile messaggio a chi continuerà la lotta contro il Maestro. E soprattutto, potrebbe non esserci mai più una simile occasione finché Battleground resta in piedi. >>
Un tempo Accelerator avrebbe detto di no senza pensarci due volte. Avrebbe camminato fuori da quella stanza sbattendo la porta, avrebbe preso Last Order e se ne sarebbe andato via da quel posto.
Non voleva morire, dopotutto, e se sapeva di non poter vincere... allora non aveva senso lottare.
Tuttavia, questa decisione l’avrebbe presa il vecchio Accelerator. Che gli piacesse oppure no, ormai era maturato molto dalle esperienze vissute. Last Order, Yoshikawa, Yomikawa  e tutti gli altri... contavano su di lui.
Thor non aveva torto, perché una possibilità di vincere esisteva. Era molto bassa, ma forse... forse l’aiuto dell’albino si sarebbe rivelato indispensabile. Forse potevano ancora vincere, in qualche modo.
Era troppo ottimista? Sì. Ma lo doveva a quella bambina. E se anche fosse morto, almeno avrebbe espiato le sue colpe. Nella morte, avrebbe trovato la pace e avrebbe saldato il debito che aveva con Last e le sue sorelle.
<< Non sono bravo con le parole, ma vi dico che lotterò. Non lascerò che quegli stronzi la facciano franca, non senza combattere! E giuro che se anche dovessi schiattare, porterò con me nella tomba uno di quei figli di puttana. >>
Una piccola lacrima scese lungo il paffuto viso di King Dedede, che unì la mano a quella dei Time Warriors.
<< Non potrei essere più orgoglioso di voi, di coloro al cui fianco ho già combattuto e di coloro che la mia generazione ha visto crescere. Domattina scenderemo in campo come donne e uomini liberi, e in un mondo intrappolato dalla tirannia penso che sia qualcosa per cui vale la pena combattere. Sono certo che anche il Dottore penserebbe stesso. >>
Auth annuì. << Il mio cuore vacilla... ma non temo la morte. Invece, temo cosa succederà alle persone di questa galassia se non agiamo. Quindi combatterò con voi e darò il massimo per aumentare le nostre possibilità di vittoria! Non è la promessa di un’entità... ma di una Time Warrior. >>
Non ci fu altro da aggiungere. Il gruppo si separò per procedere alle preparazioni dell’imminente battaglia.
Accelerator, Fire e Kirby erano ancora scombussolati dall’esperienza vissuta, desiderosi di qualcosa che potesse svegliarli un po’. Così, sotto indicazioni di Dedede, si diressero alle cucine del castello, con l’albino segretamente il più zelante dei tre all’idea di prendersi un buon caffè.
<< Ragazzi, non voglio togliervi troppo tempo, ma volevo parlare di una cosa successa sul TARDIS >> disse Knight, dopo qualche istante di assoluto silenzio << Riguarda Accelerator. >>
L’esper si girò verso il rosato mentre sorseggiava dalla lattina. << Hm? Che vuoi? >>
<< A un certo punto, quando il Vortice ha cominciato a picchiare veramente, quasi al punto di spaccarmi la testa in due.... ho visto delle ali di luce nera che ti spuntavano dalla schiena. Ti è mai successo? >>
Accelerator contrasse le sopracciglia, ascoltando la domanda di Kirby con vivo interesse. Il ragazzo aveva percepito che qualcosa nel suo corpo era cambiato quando aveva analizzato l’Angelo Piangente… e la stessa emozione l’aveva provata poco fa nel Vortice del Tempo.
<< Ali... nere? >> chiese sbigottito. << Io... >> sospirò. << Non lo so. Nel senso... non so cosa cazzo siano queste ali di cui parli, ma… quando ero su Trenzalore ho affrontato degli strani alieni simili a statue. Ho provato ad analizzare i vettori di uno di loro e... non lo so... era come se nel farlo stessi al contempo risvegliando qualcosa dentro di me. Lo stesso è accaduto nel Vortice. È nell’istante in cui è successo... mi sono sentito più forte. Quasi invincibile. >>
Kirby si grattò i capelli color confetto e si poggiò a un distributore. << I poteri di voi esper.... anche se paragonati alle nostre Semblance, sono capaci di evolvere in qualcosa che va ben oltre le normali leggi della fisica. Forse i tuoi poteri si stanno semplicemente adattando a tutto quello che hai affrontati? >>
<< Può darsi >> replicò l’albino, con una sicurezza che sorprese gli altri due << Questa cosa che ho sentito... è mia. Non so come spiegarlo, ma si tratta sempre di manipolazione vettoriale, solamente più amplificata. >>
Kirby e Fire lo fissarono un po’ interdetti, e lui sospirò.
<< La realtà è fatta di vettori, ok? >> Fece con una smorfia, mentre cercava loro di spiegare in maniera semplice. << Forza, calore, direzione, materia, velocità... ogni cosa ha dei vettori, e io sono capace di manipolarli attraverso semplici calcoli. Ma al mondo, in questo universo, esistono vettori... immaginari. Sì, esatto, delle forze astratte. Prendiamo ad esempio proprio la Forza, okay? Quando lottai per la prima volta contro Darth Vader, lui era capace di ferire il mio corpo grazie ad essa, perché i vettori che la componevano non erano concreti, bensì astratti. Ho dovuto subire parecchi colpi prima di poter adattare i miei calcoli alla Forza, e quando mi compaiono queste “ali nere”, io… sento di poter calcolare questi vettori immaginari in pochi secondi. >>
L’albino si grattò la testa, insicuro quanto gli altri della sua spiegazione.
<< Lo so, è complicato ma... oh, e che cazzo! >> sbottò esasperato, battendo il pugno contro un’anta della macchinetta << Forse è solo semplice stress. Il Vortice... io non so cosa hai visto tu, Kirby, ma... noi... >>
L’albino lanciò un’occhiata ricambiata al ragazzo dai capelli verdi, ed entrambi distolsero lo sguardo, a disagio e non poco scossi.
Presero entrambi un respiro profondo.
<< C’è stato un effetto collaterale assai poco piacevole >> spiegò Fire, cupo << Le nostri menti si sono connesse e abbiamo osservato l’uno i ricordi dell’altro. E non è nemmeno la parte peggiore. L’avevo già sperimentato... con Shen. >>
<< Diavolo >> fischiò Knight, impressionato e un po’ inquietato << Mi dispiace, ragazzi. No, a me non è successo nulla del genere. Per lo più ho avuto solo un gigantesco mal di testa, anche se potrei aver percepito in parte la coscienza del TARDIS. Ad ogni modo, riguardo quelle ali, credo di essermi fatto un’idea generale! Pensi che riusciresti ad usarle in battaglia? >>
<< Onestamente non lo so >> rispose Accelerator con uno sbuffo.
Incredibilmente si sorprese della facilità con cui si era confidato con loro. Con Fire era un conto, aveva avuto il tempo di legare molto, ma Kirby era quel genere di persona che avrebbe volentieri, per usare un francesismo, mandato a fanculo.
Eppure eccolo lì, a parlare con lui con la tranquillità e la pacatezza di chi sapeva di potersi fidare.
Sì, era cambiato, e più di quanto avesse inizialmente pensato.
Kirby aveva scelto spontaneamente di venire con loro nel Vortice, di rischiare la vita. Lui, Fire, Thor, Angel e tutti gli altri... erano una famiglia. Non c’erano solo Last Order e quelle due donne.
<< Sentite, voglio solo dirvi... grazie. Davvero, grazie per avermi ascoltato. Ma ho bisogno di stare da solo per un po’. Ho bisogno di riflettere su molte cose. >>
E detto questo si avviò. Non lo aveva detto ad alta voce, ma la meta era chiara: si stava dirigendo da Last Order. Aveva bisogno di lei più che mai.
<< Aspetta. >>
Fire esitò per qualche istante. Attese pazientemente che Kirby fosse lontano, prima di incrociare nuovamente lo sguardo dell’esper. C’era qualcosa che voleva dirgli, ma era titubante perché aveva paura di turbarlo, e francamente non sapeva da che parte cominciare.
<< Ho notato una cosa molto inquietante nei tuoi ricordi dei Kihara. Non ho potuto farne a meno, lo sai. Penserai sia stupido, voglio dire, TUTTO dei Kihara è inquietante, ovviamente, ma... questa lo è particolarmente. >>
<< Inquietante è un eufemismo quando si tratta di quei figli di puttana. Che cosa hai notato? >>
<< Non so se te ne sei mai accorto, ma tu e uno dei Kihara... vi somigliate. >>
Gli occhi rossi dell’albino si accesero come due fiamme. << Che cazzo hai detto!? >> sbottò.
Aveva voglia di afferrarlo per il bavero e sbatterlo contro il muro, ma decise di lasciargli la possibilità di spiegarsi.
<< Ti consiglio di ponderare attentamente le prossime parole che dirai, perché ora pretendo che tu mi spieghi tutto. Cosa vuoi insinuare? >>
<< Non voglio insinuare niente! >>
Era una mezza verità. Fire non gliel’aveva certo detto tanto per dire, ma nemmeno voleva saltare a conclusioni affrettate.
Ciò che aveva visto semplicemente non si poteva ignorare.
<< Ho visto uno di loro, con te, credo fosse avesse una specie di tatuaggio sul volto, non lo so… ho visto una somiglianza fisica, e... onestamente, anche un po’ caratteriale. Mi perdonerai se non ricordo il suo nome, ma ero un po’ impegnato per rimembrare tutti i dettagli. >>
Accelerator aveva intuito a chi si stava riferendo. Sapeva che il ragazzo aveva visto ogni suo ricordo legato all’infanzia, agli esperimenti sul famigerato Level 6, e c’era solo un Kihara che corrispondeva alla sua descrizione.
<< Amata >> rispose con un sibilo iracondo. << Si chiamava Amata, e lui... lui non mi assomiglia per niente, e io non assomiglio a lui. Tutto quello che riguarda quell’uomo mi disgusta… e non ne voglio sentire parlare. Lui non c’è più, è crepato nello Scisma, non esiste più, perciò argomento chiuso! Ora, se vuoi scusarmi, devo andare! >>
<< Okay >> si limitò a dirgli Fire, incrociando le braccia: ormai sapeva quando era il caso di non insistere << Se torni indietro… salutami Last. Credo che sia con Rowlet. Puoi chiedergli di venire da me? >>
<< Lo farò. >>
Una semplice risposta, ma detta con la calma necessaria. Accelerator camminò per allontanarsi e, mentre pensava alle parole del ragazzo dai capelli verdi, sentì il suo cranio divenire pesante.
“Non so se te ne sei mai accorto, ma tu e uno dei Kihara... vi somigliate.”
Si portò una mano sulla tempia. La frase gli era rimbombata come il suono di un tamburo, e successivamente apparve un ricordo di Amata Kihara alle prese con un Accelerator di appena cinque anni.
“Ascolta, marmocchio, ora voglio che tu uccida quella merdina davanti a te” disse indicando un bambino, all’apparenza innocuo e spaventato.
“Ma Kihara-kun, io...” replicò il piccolo esper, ma venne interrotto bruscamente dallo scienziato.
“È solo un Level 3, di che hai paura? Uccidilo, merdina. Fallo! Sai cosa ti accadrà se non ubbidisci, vero? Muoviti, Ratto Senza Nome!”
“Quello che ho visto è una somiglianza fisica, e... onestamente, anche un po’ caratteriale, fra te e uno di loro.”
Le gambe dell’albino divennero leggere, tanto da sentirle deboli. Tremavano. Barcollò e dovette aggrapparsi alla parete per non cadere.
Un altro ricordo di Amata saettò nel suo subconscio.
“Ti è bastata la lezione, marmocchio? Ne vuoi ancora? Ti prego, alza ancora la cresta, Ratto Senza Nome. Che c’è? Solo perché ora hai un po’ più controllo dei tuoi poteri, pensavi sul serio di poterti ribellare a me?”
“Io... io ti ammazzerò... ti ammazzerò!” esclamò un Accelerator di otto anni, mentre era a terra grondante di sangue e col volto tumefatto dai lividi.
“Uh, sentite questo Ratto Senza Nome come si dimena! Ascoltami bene, piccola merdina, e ficcatelo bene in quella zucca: sono IO che ti ho dato gli artigli, hai capito? E solamente perché io non ho poteri, non significa necessariamente che tu sia più forte... giusto?” chiese Amata con il timbro vocale di un pazzo, prima di colpire il viso del bambino con un ultimo calcio che ne oscurò la vista.
Accelerator si sentì svenire, e trattenne il respiro, come se avesse percepito il dolore di quell’attacco.
Era davanti alla porta della camera di Last Order. Era aperta. La bambina lo guardava con degli occhi preoccupati.
<< Accelerator, va tutto bene? Chiede Misaka come Misaka in pensiero per la tua salute. >>
Il Level 5 non rispose subito alla domanda, prima guardò il barbagianni e disse: << Fire mi ha detto che ti vuole vedere. È importante. >>
Detto questo, Rowlet emise un bubolio, salutò la bambina e volò via.
Quando il ragazzo rimase solo con lei, rispose alla sua domanda.
<< No, non sto bene... non sto bene per niente. >>
Completamente esausto si inginocchiò, fino a raggiungere l’altezza della piccola. Lei non perse tempo e corse ad abbracciarlo per sorreggerlo. Non servivano ulteriori parole. Bastava solo questo.
E così rimasero. E nulla più.
 
* * *
 
Quando Rowlet raggiunse la stanza di Fire, lo trovò ad attenderlo sul suo letto, lo sguardo più serio che il giovane barbagianni gli avesse mai visto fare… e questo lo mise subito in allerta.
L’uccello si appollaiò accanto a lui… e allora il ragazzo cominciò a parlare.
<< Le cose potrebbero mettersi male per me, Rowlet. >>
Fire lo abbracciò stretto, come non aveva mai fatto prima d’ora. Ascoltò il battito del suo cuoricino attraverso le piume, mentre sentiva le lacrime scendergli lungo gli occhi.
<< Potrei non tornare, come Logan. O peggio… potrei… diventare cattivo come il governatore… o come il mostro col casco. Lo capisci, questo? >>
<< No, Rowlet non capisce cosa stai dicendo! >> bubolò il barbagianni << Tu non sei come loro, padron Fire! Tu sei un eroe! E sei forte, tanto forte! Perché dici questo? >>
<< Perché ormai sei grande, Rowlet. >>
Lentamente lo prese fra le mani, carezzandogli la gola e guardandolo negli occhi.
<< Ti sto parlando da adulto. È vero… forse sono un eroe, forse no. Non è questo quello che conta. Quello che conta è che correrò grandi rischi, andando là fuori… enormi rischi. Non solo per la mia vita, ma anche per ciò in cui credo. Potrei vincere? Certo. Ma potrei anche perdere, e tu devi saperlo, e devi essere pronto… nel caso questo succeda. Mi capisci? Devi andare avanti, devi farti forza… senza di me. >>
<< Stai dicendo che Rowlet potrebbe rimanere da solo. >> Gli occhi neri del barbagianni si riempirono di lacrime come quelli del suo padroncino. << Rowlet non potrebbe sopportarlo. Non potrebbe. Non fare questo a Rowlet! >>
<< No! Non sarai mai da solo. Tu… hai Last, e hai Accel, e tutti gli altri. >>
<< Ma anche Accelly rischia la vita! Anche Last potrebbe restare da sola! >>
<< Se non corressimo questo rischio… moriremo comunque. >> Fire sentì un tremendo groppo alla gola. << E morirebbero tante altre persone, voi compresi. Stiamo lottando affinché ci sia una possibilità di un futuro migliore, per tutti noi. Insieme. >>
Il barbagianni affondò nel collo del giovane, singhiozzando sonoramente. << Voglio venire con te. >>
Il ragazzo strinse le dita sulle sue piume. << Non puoi. Devo saperti al sicuro. Devo sapere che c’è qualcuno che mi aspetta, a casa. >>
<< Rowlet è sempre al sicuro con te! >>
<< Non questa volta. >>
Gli prese delicatamente il corpicino fra i palmi e gli baciò la testolina. << Tornerò. Farò tutto il possibile per rivederti. Mi hai sentito? >>
Il barbagianni gli appoggiò il capo sul petto.
<< Rowlet sarà sempre con te, padron Fire. >>
* * *

Quando la luce del tramonto incendiava l’orizzonte, i raggi morenti del sole si schiantavano contro la cascata del castello, dando vita a giochi di luce fra i flutti rumoreggianti. Le pareti interne della caverna, quelle più vicine all’imboccatura, luccicavano di umidità, le gocce scivolavano sulla pietra, disegnavano lunghi rivoli sino a terra.
Auth sedeva sul margine della caverna, i suoi occhi ambrati fissavano la scogliera, il mare oltre la cascata, la spuma che brillava al tramonto come fosse argento, le onde che si ritraevano e avanzavano.
L’odore della salsedine era intenso, il vento fischiava fra gli anfratti della scogliera, le insenature, le colonne di arenaria e il sale trasportato dal vento le inzaccherava la pelle dorata. La sua figura, perfetta e del colore dell’oro sembrava solo un puntino in mezzo alla furia esterna degli elementi e nella sua mente, la donna pensava. Da quando tutto quello era iniziato, da quanto era precipitata in quel mondo che non conosceva, da quando era stata coinvolta con Hans Landa, da quando era fuggita nel deserto, trasportata da Marie… da quando l’aveva incontrata, Auth aveva pensato a lungo, intensamente.
Aveva riflettuto su sé stessa, su cosa era diventata, sulla sua vita prima e dopo lo Scisma. Aveva detto al Maestro che un creatore non poteva controllare l’esistenza, che il libero arbitrio era un diritto, che la capacità di decidere per sé stessi non poteva essere negata… Tuttavia, da quando si era ritrovata in quel corpo mortale, la sua visione delle cose era mutata, aveva cambiato prospettiva. Dall’istante in cui era nata, Auth aveva sempre creduto che fosse venuta al mondo per dominare il prossimo… ma ora quella sua convinzione vacillava, franando su sé stessa.
Si portò le ginocchia al petto, con le braccia, e vi poggiò il mento, agitando malinconica la lunga coda. Era così che si erano sentiti i popoli che l’avevano venerata? Nel costante terrore di essere annientati? Consapevoli di non essere nulla? Spaventati al pensiero che tutto venisse spazzato via in base ai capricci di una dea?
“Io non ero così” si disse, ma era un vano tentativo di negare i suoi peccati,  e lo sapeva anche lei.  Aveva lastricato la sua strada col sangue di regni ed eserciti, aveva costruito la scala verso il cielo con la guerra, il ferro e la tirannia… poteva davvero dirsi così diversa? Poteva guardarsi alle spalle e dire “Sì, sono stata una dea migliore?”.
<< No >>
La sua voce suonava flebile, e non solo per il fragore degli elementi.
Sentì dei passi alle sue spalle, sollevò la testa e si guardò da sopra la spalla, incontrando gli occhi rubinei di Marie; ciocche di capelli corvini le ricadevano ai lati del volto ovale, le labbra scarlatte coronate dal naso delicato, appena all’insù. Al fianco sinistro portava la lunga spada dai riflessi vermigli, il busto stretto in un corsetto di cuoio, braghe di pelle attorno alle gambe.
La Nosferatu non disse nulla, si sedette accanto a lei, slacciando le fibbie del fodero e ponendolo sul terreno. Rimasero in silenzio, il bagliore del sole non superava la barriera ruggente dell’acqua e Marie osservò la distesa del mare che si protendeva verso l’orizzonte.
Fu lei la prima a rompere quel silenzio.
<< Era sempre stato così… >> disse con un sorriso perso, malinconico, aggrappato alle memorie << prima di una grande battaglia. Si sentiva da una parte il rumore delle incudini e delle coti, l’acciaio e il ferro, e dall’altra gli uomini gozzovigliavano, non sapendo se avrebbero visto il prossimo tramonto… è una scena che ormai mi è molto familiare >>
La coda di Auth guizzò alle loro spalle, ma la dea non rispose, limitandosi a fissare l’oceano. Marie sospirò, stiracchiò le braccia verso l’alto e spostò gli occhi sulla sua alta figura, distendendo le gambe sul terreno.
<< Sai che ora ricordo tutto della mia vita precedente? Nel mio vecchio mondo, i vampiri erano considerati mostri… beh, lo siamo >> aggiunse con uno sbuffo di risa << voglio dire, ci cibiamo di sangue umano, ci trasformiamo in nebbia o pipistrelli, spalanchiamo enormi, livide ali e ci stagliamo contro la luna, prendendoci ciò che vogliamo, entrando nelle case di notte, nuotando nel sangue del nemico. È la natura insita in noi. Alcuni ne soffrono, molti ne godono… io mi sono sempre limitata ad essere ciò che ero. Perché dovermene pentire? >>
Fece spallucce, puntando lo sguardo sul soffitto della caverna.
<< Mi hai letta nella mente >> non era una domanda, non era un’accusa, ma una semplice constatazione, una realtà immutabile.
Era così, come molte cose: un fatto innegabile, puro e semplice.
<< Se non riesco più a nascondere i miei pensieri, immagino di essere caduta davvero in basso. Sai una cosa? Checché ne dicesse il Dottore, non riesco a togliermi dalla testa il fatto che molto di quello che sia successo possa essere colpa mia. Se fossi stata più forte, o diversa, se non mi fossi adagiata sugli allori… forse avrei potuto evitare molto di ciò che è successo. >>
Marie sospirò, un sospiro pesante, esasperato. Auth la guardò curiosa ma la Nosferatu si sporse in avanti e fece schioccare con impazienza le labbra, gonfiando le guance. << Quindi per tutto questo tempo non hai fatto altro che assillarti con queste domande? Ti sei chiesta ancora e ancora cosa farne della tua seconda vita? Ti sei chiesta se te la meritavi, se magari Kyrie ti stia guardando da qualche parte? Ti sei chiesta… se la tua vita, qui, abbia un senso? >>
Il vento risalì la scogliera, il mare risuonò furioso dal basso. Auth si sciolse da quella posizione avvolgendosi la coda attorno alla vita stretta e si prese i capelli fra le mani, facendoli scorrere contro i palmi, sollevando le iridi sulla Nosferatu.
<< Quando ero ancora una dea relativamente giovane, mi ero fabbricata una grande teca di vetro a immagine e somiglianza di un giardino, un piccolo mondo tutto mio; davo da mangiare agli animali, li osservavo, li studiavo… li guardavo accoppiarsi, nascere, crescere… uccidersi a vicenda. La loro vita tuttavia dipendeva da me: dargli da mangiare, l’acqua, far prendere loro il sole… Da quando sono nata, Marie, tutta la mia esistenza ruotava attorno ad impormi sul prossimo. Ora, per la prima volta è il contrario. Sono io in una teca, chiedendomi cosa ne sarà di me… ed ho paura. Ora che siamo alla fine, come noi sull’orlo di questa caverna… ho paura di cadere >> si alzò in piedi, avvicinandosi all’ingresso e guardò in basso.
Il mare s’infrangeva contro gli scogli, vi spumeggiava attorno e il sole moriva ad occidente, la notte allungava quasi timidamente le proprie dita su Remnant e le prime stelle iniziarono a brillare, dapprima adagio, poi sempre con maggior intensità.
Marie la guardò tristemente.
<< Auth, forse tu non potevi saperlo… ma per moltissime anime, ogni passo, ogni mattina, ogni nuovo dannatissimo giorno… era un’incognita. >>
Portò l’avambraccio destro sul gomito e vi poggio sopra il mento. << Un contadino si chiedeva cosa ne sarebbe stato del raccolto, un allevatore delle vacche, una madre dei figli, un soldato della sua famiglia. Persino io mi chiedevo spesso se avrei avuto la forza di sopravvivere alla prossima notte, quando ero solo una piccola bambina confusa e terrorizzata. Eppure, anche se la terra del contadino veniva distrutta, lui si rimboccava le maniche, un allevatore prendeva altre vacche se le sue venivano uccise e una madre piangeva i figli, per poi darne altri alla luce… e il soldato? Il soldato sapeva una cosa: era lui lo scudo della sua famiglia. Vedi Auth, se non si ha più il controllo del mondo, allora la cosa migliore da fare è resistergli o venirne spezzati. >>
Si portò accanto a lei.
 La cascata andava schiantandosi sul mare e la donna che era stata una divinità sospirò, abbassando le palpebre e stringendosi nelle braccia, tremando impercettibilmente.
<< Avevo dimenticato cosa fossero le emozioni, le sensazioni  >> sussurrò, lasciando sgorgare le lacrime, fili dorati che le rigavano le guance << il freddo e il caldo, il dolore e il piacere, la fame, la sete e… e il sollievo, la paura… solo ora mi rendo conto che, convinta di aver raggiunto il picco dell’esistenza e avendone trasceso i limiti… in realtà ero come morta, sospesa in un limbo eterno. >>.
Si voltò a guardarla, chinandosi sul suo volto, spingendo molto delicatamente una mano sul suo viso di porcellana, insinuando la punta delle dita sotto i suoi capelli neri.
<< Ma la cosa peggiore… >> sussurrò con un filo di voce << è che dopo la morte di Kirye… mi ero quasi dimenticata cosa significasse il desiderio di un bacio >>
Marie incontrò il suo sguardo sollevando il proprio; sentì la bocca secca, la aprì e la richiuse, stringendo i pugni.
Ad essere sincera, non sapeva quali fossero i propri sentimenti nei confronti di quella donna che, cadendo dal cielo, aveva squarciato il velo di finta sicurezza del suo mondo… ma lì, davanti a lei, sull’orlo degli abissi marini, con la prospettiva di un domani che avrebbe potuto non esserci più, decise che alla fine non aveva importanza. Amore? Lussuria? Desiderio? Al diavolo tutto, pensò Marie lasciando che Auth la sollevasse adagio, premendola contro di sé.
Le loro labbra si incontrarono lentamente, la tenera carne si piegò, le bocche si cercarono e si trovarono, Marie si lasciò stringere, affogando in quel dolce oblio.
<< Una cosa l’ho capita >> sospirò Auth fra i baci, guardandola negli occhi, spostando le labbra sulla sua mascella, stringendola come un serpente con la preda << questo mondo… questo mondo merita una possibilità e ora… ora so che io posso contribuire a dargliela. >>
Marie le sorrise, portandole due dita sulle.
Forse il loro non era amore, ma si erano trovate… era una certezza, una solida realtà e vi si aggrapparono disperatamente.

 
Ormai da qualche ora, Angel era rimasto ostinatamente a vegliare sul corpo privo di sensi del Dottore. Ogni tanto si alzava dalla sedia facendo meccanicamente avanti e indietro, in preda all’ansia e all’attesa.
Stava aspettando con tutto se stesso che il Signore del Tempo si risvegliasse dal sonno in cui era piombato, era aggrappato alla speranza che si risvegliasse prima dell’inizio di quel conflitto.
Ma niente. Non era ancora tempo.
<< Non serve che ti preoccupi tanto per lui. Non lo vorrebbe. >>
La figura di Yūko Ichihara era apparsa lungo la soglia dell’infermeria, con il suo solito sguardo enigmatico e il portamento regale, gli occhi brillanti di mistero.
<< Lei che ci fa qui? E come ha fatto ad entrare? >>
<< Sono solo molto brava a raggiungere quei posti che vorrebbero restare nascosti. Quanto al perché sono qui? Semplicemente, mi accingo a svolgere il compito che spetta ad una balia millenaria di desideri, e non ad un ragazzo stanco e in costante tensione. >>
<< Non posso proprio farne a meno. Sono preoccupato per lui. >> Il soleano blu emise un lungo sbuffo. << Vorrei che tutto fosse più semplice. >>
<< Le cose non sono mai semplici, ragazzo >> dichiarò Ichihara << e voi esseri mortali lo siete ancora di meno. So che potrebbe sembrare l’affermazione tendenziosa di un’entità superba… >>
<< Ma questo non la rende meno vera. >>
La donna sorrise, soddisfatta. << Indubbiamente. >>
Rimasero per qualche istante a contemplarsi, in silenzio, finché Yūko non lo ruppe.
<< Hai pensato al dopo della battaglia, Hikaru? >>
Angel la fissò stupito. Non si aspettava una domanda del genere. Probabilmente, aveva fatto di tutto per non pensarci.
<< È difficile guardare così lontano. Cioè… io… >>
<< Devi avere in mente qualcosa da fare. Sarà un incentivo per la vittoria >> disse Ichihara.
Il giovane, per qualche istante, rimase in silenzio, socchiudendo le palpebre.
<< Credo… vorrei partire. >>
Si strinse nelle spalle.
<< Sono stato un Guardiano del Multiverso per così tanto tempo… le vecchie abitudini sono dure a morire. Penso di voler visitare Battleground, conoscere i popoli che abitano nei vari mondi, darmi da fare per aiutarli. Lo devo a mio padre… ma soprattutto a mia madre. >>
<< Ah, la possente Scáthach, l’immortale Ombrosa. In pratica, programmi un’avventura infinita da eroe senza macchia e senza paura >> commentò Yūko, divertita << Ma prima o poi ti dovrai fermare. Tua madre aveva l’immortalità, ma la sua storia si è comunque conclusa. >>
<< È morta com’è vissuta: con onore e coraggio >> sussurrò il rosso << Credo di non poter fare altro che seguire le sue orme. È ciò che mi ha insegnato, è ciò che significa essere un Calak’ant. >>
<< Non è una prospettiva così malvagia, sopratutto se sentita dalla bocca di un mortale >> disse Yūko soddisfatta << Normalmente avete così paura della morte, a volte avete paura perfino di vivere. >>
<< È sempre fautrice di discorsi così allegri? >>
<< Ormai dovresti conoscermi bene, mio caro inserviente. >>
Angel sbuffò e poi sorrise. << Sì. È così. >>
<< Vai, adesso. Rimarrò io a vegliare su di lui. >>
Il ragazzo dovette convenire che aveva ragione. Non poteva rimanere lì in attesa. Doveva darsi da fare come tutti gli altri, perché era ciò che il leader della Resistenza avrebbe voluto.
Così si mise le mani nelle tasche e si incamminò fuori, perdendosi nei propri pensieri… finché non sentì il suo telefono squillare.
Perplesso, lo tirò fuori: il numero era sconosciuto, eppure qualcosa lo spinse a rispondere comunque.
<< Pronto? >>
<< Ciao, meticcio. >>
Era Vorkye.
 
***
 
Vorkye Bloodbless si trovava nel suo ufficio, completamente immerso in pensieri tutt’altro che allegri.
Dopo aver scoperto che il Maestro aveva offerto a quello sporco meticcio una tregua temporanea, il suo primo istinto era stato di recarsi al palazzo del tiranno e tentare di costringerlo a revocarla. E così era stato negli ultimi giorni, anche ora, mentre contemplava l’idea di portare avanti quel piano da un momento all’altro.
Fu quindi assai grato quando qualcuno bussò alla porta, prima che potesse compiere un azione tanto impulsiva e rischiare morte certa.
<< Avanti >> disse con noncuranza.
Nella stanza entrò Ellen Mathers, la sua fidata segretaria e assistente.
<< Signore, ho qui dei documenti che richiedono la sua attenzione >>
<< Lasciali sul tavolo. Li vedrò dopo >> rispose Vorkye in tono atono.
La bionda obbedì. Notò poi il bicchiere e la bottiglia sulla scrivania. Conosceva le abitudini del suo capo, e sapeva che non li lasciava mai lì.
Che fosse ubriaco? No, lo escludeva. Lo aveva visto bere quantità ingenti di alcolici e restare perfettamente sobrio.
<< C’è altro che devi dirmi? >> chiese il biondo senza girarsi.
<< Ho una comunicazione del Maestro >> rispose prontamente Ellen, tornando a fissarlo << Ha detto che la sua parte di promessa verrà mantenuta prima del grande evento. >>
Nel sentire queste parole, la mente di Vorkye fu liberata da quei pensieri e un’espressione soddisfatta si disegnò sul suo volto. << Ho capito. >>
Ellen sentì che il tono usato dal suo capo era cambiato di nuovo. Pareva… allegro.
<< Posso sapere che cosa vuol dire? >> domandò dubbiosa.
<< Che a breve rivedrò qualcuno di molto caro >> le rispose << Fa’ preparare gli alloggi vicino ai miei. Che sia tutto ordinato e pulito. >>
<< Sissignore >> disse Ellen che fece un inchino e si diresse all’uscita… ma prima che potesse prendere la maniglia della porta, fu richiamata.
<< Desidera altro, signore? >> domandò lei, girandosi.
<< Hai fatto un ottimo lavoro. Non so come sopravvissuto fino ad ora senza di te. >>
La donna lo osservò senza parole. Aveva davvero ricevuto un complimento del genere? Per di più con un tono così… solare?
Un turbinio di emozioni si impadronì di lei. Non riusciva davvero a capire cosa stesse succedendo.
<< La ringrazio. Faccio semplicemente il mio lavoro >> mormorò, raddrizzando le spalle << Perdoni la sfacciataggine, ma… è sicuro di star bene? >>
<< Sto bene, Ellen, tu non devi preoccuparti >> la rassicurò il suo capo << Piuttosto, prepara gli alloggi, presto. Vedi… io e il mio vecchio “nemico” discuteremo a breve. >>
<< Sì, signore, come desidera. >>
 
***
 
Vorkye Bloodbless l’aveva chiamato al telefono – probabilmente scovando il suo numero per vie illegali – per dirgli di incontrarsi, faccia a faccia, nella sua villa privata. Per parlare.
Detta così, pensata in quel modo, ad Angel veniva seriamente da ridere, anche se non c’era oggettivamente poi molto di divertente. Insomma, Bloodbless, in quel conflitto, era chiaramente il suo avversario più diretto, si sarebbe potuto dire la sua nemesi, considerato chi era e tutto quel che aveva fatto. Era legittimo e logico sospettare di lui e ostacolarlo.
Quella proposta puzzava veramente di trappola… tuttavia, il rosso sapeva che c’era la tregua di mezzo, quindi Vorkye non avrebbe potuto torcergli un capello, e viceversa. Ma forse il Maestro aveva mentito e voleva romperla così? Sarebbe stato da lui. Non c’era da fidarsi in alcun modo.
Eppure… era andato lo stesso, spinto dalla curiosità. In fondo, loro non si erano mai confrontati da quel punto di vista. Lui conosceva il tiranno di fama, ma oltre questo? Nient’altro. Che cos’aveva Vorkye contro di lui, a tal punto da volerlo morto e poi chiedergli un incontro?
Inoltre… loro erano praticamente gli ultimi due soleani rimasti. Non ricordava più quand’era stata l’ultima volta che aveva parlato con qualcuno della sua razza.
Forse, inconsciamente, era alla ricerca un appiglio al suo passato, anche se si trattava di un individuo orribile come Bloodbless.
Si recò nel quartiere privato e in breve tempo fu intercettato dalla segretaria dell’uomo, una certa Ellen Mathers, che lo condusse direttamente all’appartamento dove il suo capo risiedeva. A quel punto, il ragazzo proseguì da solo, trovando il proprio rivale in un salotto di lusso, con un tavolo sopra cui erano stati adeguatamente riposti una bottiglia di vino o due calici.
<< Vostra Maestà >> lo chiamò Angel, con sarcasmo ben evidente << non mi aspettavo questo onore. >>
<< Finalmente faccia a faccia, meticcio. Prego, accomodati >> lo invitò Vorkye, non di meno sarcastico. << Gradisci da bere? Ho del vino di ottima qualità. Un’annata eccezionale, così come il suo valore monetario. Non ti dispiace se mi servo per primo, vero? >>
Così dicendo versò il suddetto liquido nel proprio calice.
<< Che cortesia impeccabile, ma non credo ti interessi granché fare bella figura con me, altrimenti non mi daresti del “meticcio” >> fu la risposta gelida del soleano blu. << Non siamo amici, quindi per te sono Hikaru. Tienilo bene a mente. >>
<< Ma certo, Angel Arthur Hikaru. Come potrei dimenticare il nome dell’ultimo soleano blu? >> Vorkye gli regalò un ghigno irto di zanne, mentre si avvicinava il liquido sanguigno alle labbra.
Angel strinse i pugni lungo i fianchi, trattenendo a stento la rabbia e guardandolo di sottecchi quasi volesse scrutare nel suo animo. Decise di andare dritto al punto.
<< Perché mi hai fatto venire qui? >>
Il soleano cremisi, dopo il suo sorso, appoggiò il bicchiere sul tavolino. << Tu sai perché ho fatto quel che ho fatto? Mi riferisco alla distruzione della tua… metà non umana. >>
Il ragazzo assottigliò lo sguardo. << Quel che so di te… è che sei qualcuno che si è arrogato il diritto di essere re del sole, provocando una guerra civile che ha coinvolto la nostra intera razza. Mio padre e mia madre hanno fatto tutto quello che era in loro potere per fermarti. L’unico motivo per cui non mi sono potuto unire a loro è stato l’avvento dello Scisma e i miei doveri di Calak’ants. Ma sì, lo ammetto, non ho mai compreso perché ce l’avessi tanto con la mia sottospecie in particolare. Sai, il tuo modo adorabile di apostrofarmi mi ha fatto avere certe conclusioni poco tolleranti che personalmente alla nostra razza non si addicono… ma considerata la tua campagna da despota, non mi sorprenderebbe poi più di tanto. Dunque, quale sarebbe il vero motivo? >>
Vorkye si prese ben dieci secondi di silenzio.
<< Dimmi un po’, Hikaru… >> calcò con una certa enfasi il tono di voce quando pronunciò il suo cognome << che cosa faresti se, un giorno, si presentasse qualcuno tanto pericoloso da minacciare la tua vita? Immagina di essere destinato a una morte prematura per mano di qualcuno. Un destino di morte. Un destino che sai quando e come si avvererà. Capisci ciò che voglio dire? >>
Angel sbatté le palpebre, poi sollevò il mento con sicurezza. << Lo affronterei a testa alta. >>
<< Esatto. Ed è quello che ho fatto io. Il mio destino, Hikaru, è perire per mano di un soleano blu. Ma, come tutte le profezie, l’identità di quel soleano era ignota, e pertanto non avevo altra scelta se non… distruggervi tutti. Uno per uno. >> Lo sguardo di Vorkye era terribilmente serio. << Ma a quanto pare, uno è riuscito a scappare, e quel qualcuno eri tu. Tu sei l’ultimo soleano blu, e quindi… il mio potenziale mietitore. >>
Angel sussultò. Per qualche istante, non proferì parola, palesemente sconvolto. Aveva iniziato a capire il filo del discorso già dall’inizio, ma sentirselo dire direttamente era tutta un’altra cosa. Lo rendeva reale, e ancora più terribile di quanto immaginasse. 
Subito dopo, sentì montare la rabbia e lo sdegno.
<< Tu hai distrutto la vita di un’intera fetta di popolo, il NOSTRO popolo, ciò che faceva parte di quello stesso popolo che avresti dovuto difendere in quanto sovrano... per arrivare a me!? >>
Gli occhi azzurri del ragazzo non erano mai stati più glaciali. C’era disprezzo, disgusto e rammarico.
<< E tu osi definirti un re!? Con quale diritto!? Che cosa mai ti renderebbe così degno da considerarti un re? >>
<< La mia forza. Non c’era nessuno più adatto di me a ricoprire questo ruolo >> affermò convinto il biondo.
Per degli interminabili istanti, Angel rimase in silenzio. Quel modo di pensare era quello più sbagliato che potesse esistere per essere un sovrano, specialmente per i soleani.
<< E a che cosa ti serve quella forza, ora che sei solo!? >> Senza timore gli si stagliò davanti, trafiggendolo con lo sguardo. << Non sono solo i soleani blu che hai ammazzato a tradimento, non è vero, grande re? Dov’è? Dov’è il resto del nostro popolo? È ancora sul sole a perpetrare la sua saggezza!? >>
Il silenzio e l’espressione fredda di Bloodbless furono piuttosto eloquenti. Per qualche istante, non batté neanche ciglio.
<< Lo Scisma non conosce pietà per nessuno, meticcio. Tu più di tutti dovresti saperlo bene. >>
<< Stai mentendo! >>
Il vino dentro la bottiglia e dentro il calice iniziò pericolosamente a turbinare, emettendo sonori gorgoglii, mentre gli occhi del giovane si illuminavano di luce blu.
<< Tu sei nella cerchia del Maestro! Ad ognuno di voi ha concesso privilegi e desideri, altrimenti perché avrebbe tentato lo stesso trucchetto con tutti noi?! Se avessi voluto, li avresti potuti salvare! Ma non è andata così, non è vero!? Hai lasciato che morissero durante lo Scisma! I nostri fratelli e le nostre sorelle, morti, annientati, disintegrati! E per cosa!? >>
<< Per un sacrificio necessario. A dispetto di quanto credi, anche io ho un cuore. E tutto ciò che faccio, non è solo per me stesso. Presto, mio fratello, il mio unico e solo fratello, tornerà al mio fianco, mentre tu, al contrario, cadrai. >> Vorkye sorrise. << Uno scambio equo, non trovi? Una vita per un’altra. Anche se sinceramente non cambia molto. Se non fosse stata la tua testa, ne avrei staccata volentieri un’altra o altre mille se necessario. Ed è quello che ho fatto. >>
Ghignò. << Perciò, vedi… non importa davvero cos’è accaduto al resto dei soleani. Era il loro annientamento contro di me, il loro re supremo che è il solo ad avere il diritto di sopravvivere. Ciò che importa davvero è che tu, ora, sei qui davanti a me. Sai, sarebbe facile, per me, ucciderti ora… ma non lo farò. Non ti ucciderò perché, come ben sai, ho delle direttive ben precise. Quel che ti serve sapere ora, Hikaru, è che io cambierò il mio destino. E se devo ucciderti per farlo, non esiterò un istante. >>
<< Neanch’io >> sibilò Angel << Ma lascia che ti illustri la differenza fra me e te: io lo farò, perché so di avere la volontà di farlo. Non perché “devo”. La volontà è ciò che difendo, è il mio vessillo di Calak’ants, l’ultimo che respira! E come tale, so bene quanto profondamente ti sbagli! Tu racconti a te stesso delle sciocchezze per giustificare ciò che hai fatto, ciò che fai e che farai! C’è sempre una scelta! Ogni sentiero che percorri, conduce alla strada che scegli tu personalmente, Bloodbless. Io non ho mai avuto niente contro di te, non più della solita avversione contro i bastardi che ho sempre dovuto combattere come Guardiano del Multiverso. Ma ora ti odio più di quanto dovrei, perché ciò che hai fatto mi tocca nel profondo. Per colpa tua e delle dimensioni gigantesche del tuo ego, io sono rimasto l’ultimo dei miei avi, e ora… uno di noi due rimarrà l’ultimo della nostra razza. >>
Le sue iridi erano inumidite.
<< Hai fatto tutto questo per ricongiungerti con tuo fratello. So cosa significa. Ho perso più persone amate di quante ne possa contare. Così come molti altri. Ma tutto questo è un prezzo irrisorio di fronte alle vittime che hai provocato sul tuo cammino. >>
In un battito di ciglia, Vorkye si ritrovò la punta scarlatta di Gae Bolg dolorosamente premuta alla base della gola.
<< Oggi vivrai, tiranno del sole, perché io debba ricordare come hai sputato sulle vite degli altri. E perché mi importa di tenere in vita i miei compagni. La tua morte per mano mia, in questo istante, li condannerebbe, romperebbe la tregua. Per questo oggi respirerai ancora. Ma voglio che tu sappia una cosa, Bloodbless. Tutto questo... è solo colpa tua. È colpa tua se sono rimasto in vita. È colpa tua se la tua disfatta è stata profetizzata! È colpa tua se alla fine, tutto quello che hai fatto non sarà valso a nulla. E sarà così perché tu hai voluto tutto questo. Queste non sono altro che le conseguenze delle tue azioni, quindi della tua volontà! >>
Vorkye sostenne il suo sguardo senza  un solo accenno di paura.
<< Parole forti, meticcio. Accusami pure, ma sappi questo… >> scostò la punta della lancia per avvicinare il viso e guardarlo dritto negli occhi, sorridendo perfidamente << Io non mi pento di nulla. E così come ho ucciso i tuoi avi con gioia… ucciderò anche te. >>
Angel sostenne quello sguardo senza vacillare un istante, sebbene dentro di sé, ribollisse per quella dichiarazione .
<< Se fosse così facile... mi avresti già ucciso da molto tempo. >>
Ritirò con un gesto fluido la lancia facendola sparire.
<< Ti compatisco, o re, oltre al disprezzarti. Ma ormai hai fatto la tua scelta. Ci rivedremo sul campo di battaglia. >>
E si allontanò, chiudendo la porta con un colpo secco.
Dopo qualche istante, ci fu di nuovo un bussare, ed Ellen entrò.
<< Mi scusi, signore. Volevo solo assicurarmi che andasse tutto bene. >>
Quando la voce della donna lo richiamò, Vorkye si girò a guardarla. La tensione che sentiva prima, ora era sparita; la semplice vista di quella donna era sempre riuscita a rilassarlo.
<< Va tutto bene, Ellen, non preoccuparti. È stata una normale chiacchierata ed ora mi sono fatto un’idea precisa del mio nemico. >>
Mathers lo fissò, incuriosita. << È davvero quel ragazzino? Non sembra poi così... minaccioso. >>
<< Le apparenze ingannano, mia cara. Mai sottovalutare l’avversario. Piuttosto… c’è qui un bicchiere di vino inutilizzato. Vuoi tenermi compagnia? >> chiese con un sorrisetto furbo.
<< Sarebbe poco divertente >> commentò la donna con un sopracciglio inarcato << lei non si ubriaca mai. >>Eppure andò a sedersi sulla sedia. << Ma per la compagnia non ci sono problemi. >>
<< Voglio solo godere di questo vino in tua compagnia. Voglio ringraziarti ancora, Ellen, di tutto >>
<< La prego, non lo faccia di nuovo. È il mio lavoro. >>
La donna sorseggiò un po’ dal calice, poi lo tenne in mano, osservandolo pensierosa.
<< Ritengo… >> dichiarò dopo qualche istante << di doverla ringraziare io per tutto quello che ha fatto per me. >>
<< Allora siamo pari >> dichiarò Vorkye con un sorriso, prima di restare in silenzio per qualche istante. << Ellen, volevo chiederti una cosa: quando la battaglia sarà finita, vorresti… vorresti vivere insieme a me? >>
La donna ammutolì, evidentemente colpita. Perse la solita gelida compostezza, sbattendo sonoramente le palpebre.
<< Mi sta facendo una proposta seria, o sto osando troppo nel pensare? >>
<< Non stai osando nulla. Sì, la mia proposta è seria. Dico davvero. Vedi, Ellen, io sento il bisogno… di averti vicina a me. Capisci ciò che intendo? >>
<< Mi permette di essere franca e di darle del tu? >>
Quando lui annuì, Ellen prese un respiro profondo, prima di guardarlo dritto negli occhi.
<< Io ti trovo… attraente >> disse, più imbarazzata di quanto il soleano l’avesse mai vista << Il tuo attuale comportamento indica che tu provi la stessa cosa nei miei confronti, eppure i consueti rituali umani richiedono un certo numero di attività platoniche prima di fare sesso. Ma la verità è che… io voglio avere un rapporto sessuale con te il prima possibile. >>
Poggiò il calice sul tavolo e lo allontanò.
<< Tuttavia >> proseguì << non serve che ti dica quanto un atto del genere potrebbe rivelarsi compromettente a livello professionale, legale e morale. Anche così, vorresti proseguire nelle tue advances? >>
Ciò che la donna aveva detto colpì Vorkye, più di quanto si aspettasse. Lui aveva sempre considerato gli umani e tutti gli altri popoli dell’universo come degli scarafaggi, nient’altro che degli insulsi insetti.
Ellen era diversa. Lei era sempre schietta, professionale, impeccabile e, ovviamente, bellissima. Una donna del genere non poteva che fare breccia nel cuore di uno come Vorkye.
Un lato di lui gli diceva che Ellen aveva ragione, che non doveva abbassarsi a giacere con una… mortale. Ma un’altra parte di lui lo spronava a fare diversamente.
<< Tra non molto io dovrò scendere in guerra. Ogni convenzione sociale, legale o professionale non ha valore in tempo di guerra. E poi… io sono un re, e un vero sovrano non deve rispondere a nessuno se non a sé stesso. Io ti voglio, Ellen Mathers. Voglio bearmi del tuo corpo qui ed ora. >>
Ellen rimase in silenzio per qualche istante, socchiudendo gli occhi, evidentemente scombussolata fra l’attrazione e il buonsenso.
<< Immagino che per una volta, possa mandare al diavolo anch’io le convenzioni. Almeno per stasera. >> Si alzò in piedi. << Non devo ripetermi sul fatto che ti voglio. Ciononostante, se vuoi che accetti, devi farmi una promessa: che questa non sarà l’ultima volta che ti rivedrò, e che da ora in avanti, tutto ciò rimarrà solamente fra noi. Nessun altro dovrà sapere. >>
Anche lui si alzò. Le prese delicatamente la mano e la baciò, mentre posava i suoi occhi scarlatti su quelli azzurri di lei.
<< Hai la mia parola, Ellen. Non la parola di un re, bensì quella di un uomo. >>
Con una mano le cinse i fianchi e la attirò più vicina a sé.
<< Io tornerò. Te lo prometto. >>
 
***
 
Angel si allontanò a passo svelto da quel dannato edificio e da quel dannato quartiere. Più sarebbe rimasto, più sicuramente la nausea l’avrebbe piegato in due costringendolo a rannicchiarsi in un angolo. Camminava velocemente, tentando di impedire alle lacrime di scendere e bruciargli gli occhi. Poco dopo, si accorse di essersi messo a correre: sentiva il vento sferzargli pelle e capelli.
Si lasciò la città alle spalle finché non raggiunse un campo di grano abbandonato. Sopra di lui, il cielo si scuriva sempre di più, in risposta al suo animo inquieto, finché un acquazzone torrenziale non straripò dalle nubi.
Così il ragazzo incespicò, cadendo sulle ginocchia… e urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola verso il cielo, scoppiando definitivamente in un pianto dirotto, mentre contemporaneamente la pioggia lo travolgeva, bagnandolo da capo a piedi.
Tutto ciò che aveva tenuto dentro finora stava infine venendo a galla. Nonostante tutti i buoni propositi, la sua determinazione, la sua ritrovata volontà… non era abbastanza forte. Ascoltare Vorkye era stato doloroso, molto più doloroso di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Rimase per qualche istante fermo in quella posizione, cercando di placarsi, di ritrovare la calma perduta, nonostante tutto l’orrore che provava dentro: i sensi di colpa per quell’intera dannata situazione stavano tornando a mangiarlo vivo e lui non sapeva come frenarli.
“Dopo tutto quello che mi ha detto il mio maestro!” si rimproverò “Sono un ipocrita. Un dannato ipocrita.”
Quando infine decise di incoraggiarsi, di muoversi, si voltò… e ciò che vide, o meglio, chi vide lo lasciò stupito.
Najimi Ajimu.
La ragazza era lì davanti a lui, con un mazzo di fiori tra le mani. I suoi occhi fissarono a lungo quelli di Angel, turbinanti di emozioni contrastanti.
Il rosso non le disse nulla. Si sollevò in piedi, senza staccarle gli occhi di dosso neanche per un istante. Serrò i pugni con tanta forza da farsi male e poi distolse il volto.
<< Mi dispiace. >>
Non reagì nemmeno quando udì la voce di lei. Socchiuse le palpebre, serrando le labbra.
<< Mi dispiace davvero, Angel. >>
<< Non me ne frega un cazzo. >>
Najimi inarcò appena le sopracciglia, un po’ interdetta da una tale secca risposta. Poi sospirò. << Hai ragione. Hai i tuoi motivi per essere arrabbiato con me. >>
<< Dopo tutto il dolore che ho dovuto sopportare? >> Il soleano si girò a guardarla, il volto deformato da sarcasmo velenoso << Dopo la falsa vita che ho trascorso qui? Wow, come hai fatto a capire che sono arrabbiato con te? Si vede che sei una dannata entità multiversale. >>
<< Ho tentato, Angel >> dichiarò Ajimu, stringendosi nelle spalle. << Ma non ci sono riuscita. Non sono riuscita a salvarvi tutti. Ho potuto farlo solo con te, e alla fine, ho dovuto chiedere aiuto a un pazzo che si è dimostrato indegno del mio potere. Ho odiato la mia debolezza e me stessa per questo. Dopo secoli di quasi totale indifferenza, ho provato rabbia. Una rabbia enorme, per la mia impotenza verso i Beyonders e per quello che il Maestro ha fatto a questo mondo. >>
<< Rabbia!? Tu hai provato rabbia!? CHI TI HA DETTO CHE VOLEVO ESSERE SALVATO!? >>
La dea non rispose. Si limitò a guardarlo, inflessibile, mentre finalmente sfogava con lei tutto quello che finora si era tenuto dentro.
<< Per tutti gli dèi, Najimi, ma come fai a non capirlo!? Sono morti! SONO MORTI TUTTI! La mia famiglia, i miei compagni e amici, il mio popolo! Sono rimasto solo! Anzi, no! L’unico che mi è rimasto è il diretto carnefice della scomparsa di metà dei miei avi! >>
Angel si morse le labbra. Cercò di prendere un respiro profondo, contando fino a dieci.
<< Ma ormai è troppo tardi. Il tuo dispiacere non riporterà indietro le persone che amo, e la mia rabbia nemmeno lo farà. Tutto ciò che posso fare è continuare a combattere fino al mio ultimo respiro, come ho promesso… >>
Najimi lo fissò ancora negli occhi… e, un attimo dopo, gli si avvicinò e lo baciò.
Il rosso rimase spiazzato. Il gesto era stato così inaspettato, così spontaneo… quasi fuori luogo, visto il modo in cui le aveva parlato fino a pochi secondi prima, eppure si ritrovò incapace di rifiutarlo.
Semplicemente, questa ragazza era l’unica persona che conosceva da prima dello Scisma… ecco perché accolse quella manifestazione d’affetto senza ritrarsi, quasi sperando che gli avrebbe permesso di dimenticare tutta la sofferenza patita negli ultimi giorni. Ma così non accadde, e quando lei si tirò indietro riuscì solo a provare vergogna per il modo in cui l’aveva trattata.
<< Io… anche io devo scusarmi >> sussurrò, stancamente << Molte persone sono vive anche grazie a te. Forse non hai dato al Maestro i tuoi poteri con lo scopo di aiutarle… ma ciò non toglie che Battleground e tutti coloro che lo popolano sono sopravvissuti per quello che hai fatto. >>
<< Forse è così >> disse Najimi, sorridendogli tristemente << O forse avrei potuto cercare un’altra soluzione. In ogni caso, spero che con il tempo sarò in grado di riguadagnare il tuo rispetto. >>
Gli afferrò le mani con le proprie.
<< Ma per poterlo fare… avrò bisogno che tu sopravviva a quest’ultima prova. Quindi vinci e vivi… È il mio primo e unico ordine. >>
E questa volta, il sorriso che Angel le rivolse – per quanto stanco – fu decisamente più ottimista.
<< Io… lo farò. Dopotutto, con qualcuno come te a fare il tifo per noi… come potremmo perdere? >>
Era l’unica rassicurazione che potesse offrirle… e dare a se stesso.


 
***

La mente di King Dedede non era mai stata più in fermento.
Fin dal giorno in cui aveva scelto di credere al Dottore e fondare la Ribellione assieme a Metal Knight, sapeva che le sue azioni avrebbero rischiato non solo di farlo uccidere… ma anche di mettere in pericolo la vita di tutti gli abitanti del suo regno.
Era stato un azzardo fin dall’istante in cui avevano trovato il vecchio Signore del Tempo su quella spiaggia, e con il proseguire degli anni la portata di quella scommessa non aveva fatto altro che crescere. Domani, avrebbero finalmente ricevuto lo scotto… e proprio per questo, tanto valeva fare uso di tutti gli assi nella manica che avevano accumulato da allora, compreso l’ultimo regalo del Dottore: un messaggio da trasmettere a tutti gli abitanti di Battleground attraverso ogni singola rete o forma di comunicazione dell’Impero.
Dopo aver contato mentalmente fino a dieci, si rivolse agli addetti della stazione di trasmissione del castello, modificata dal Signore del Tempo proprio per quello scopo.
<< Fatela partire >> ordinò, e subito gli operatori fecero come ordinato.
Dopo qualche istante, gli schermi di ogni televisore o olo-proiettore di Battleground cominciarono a glitchare… prima di lasciare posto al volto anziano dell’uomo che aveva aperto gli occhi a tutti i membri della Ribellione.
<< Salve a tutti >> disse con quel suo tono di voce a metà tra l’allegro e il professionale << Alcuni di voi mi conoscono. Per la maggior parte degli altri sono stato solo un volto inciso su un brutto poster appeso per le strade, o magari sulla porta della vostra casa, o addirittura in ufficio, o nel bagno di una scuola. Per quei pochi che non sanno nemmeno il mio nome, premettetemi di presentarmi: sono il Dottore… e sono il fondatore della Ribellione >> 
Il volto dell’uomo si arricciò in un sorriso tutto denti, mentre offriva al suo pubblico un elegante inchino.
<< Sono onorato di poter parlare con tutti voi, nel giorno che precede quella che potrebbe essere la battaglia più importante della mia vita. E credetemi, ne ho combattute molte… così tante da farmi desiderare di non imbracciare mai più un’arma. E credetemi, ho fatto del mio meglio per accontentare questo mio piccolo desiderio, anche se non sempre si è rivelata la scelta più furba! Ma lo sapete tutti come funziona, no? A volte, devi solo sperare che la buona sorte abbia la meglio sulla sfortuna… e altre volte, devi lottare con le unghie e con i denti per assicurarti che ciò avvenga. >>
L’ologramma tremolò qualche istante, mentre il Signore del Tempo rilasciava un lungo sospiro.
<< Eppure, ancora un volta, sarò costretto a combattere, forse per quella che potrebbe essere la mia ultima battaglia. Ma… non ho paura per me stesso. Gli dèi solo sanno quante volte ho rischiato di morire, e ormai l’idea di incontrare la vecchia mietitrice non mi sembra poi così spaventosa >>
Scosse la testa.
<< No, io… ho paura per voi. Per TUTTI voi, dal bambino più piccolo all’anziano più vecchio. Temo per il vostro futuro… e per ciò che mi lascerò alle spalle se non dovessimo vincere. Perché voi state dormendo. Lo fate da molto tempo, consapevoli o meno di ciò che sta realmente accadendo nell’universo… eppure avete scelto di continuare a tenere gli occhi chiusi, convinti di avere l’un l’altro, e che questo vi sarebbe bastato… ma non è così, e in fondo lo sapete bene. Perché? Perché c'è una ferita al centro di questa Galassia che non guarirà mai >>
Lo sguardo dell’uomo divenne di ghiaccio.
<< C'è un'oscurità che come ruggine ha passato gli ultimi vent’anni a corrompere i vostri sogni, le vostre speranze, la possibilità che le cose potessero migliorare. Alcuni di voi l’hanno sempre vista… altri no, perché eravate addormentati.  E così le avete permesso di crescere! E non importa quanto intensamente proverete a chiudere gli occhi e far finta che non ci sia, perché prima o poi arriverà anche nelle vostre case, e vi assicurò che non se ne andrà mai! >>
* * *

Sul pianeta Cybertron, assieme ai suoi più fidati soldati, Lord Megatron osservava la trasmissione con i suoi occhi vermigli, il volto contorto da una smorfia chiaramente dispiaciuta.
Quest’uomo… questo Dottore… gli ricordava fin troppo il suo più vecchio nemico, Optimus Prime, e il solo pensiero che un misero organico potesse associarsi agli ideali del fondatore degli Autobot lo riempiva di un disprezzo viscerale.
<< Il Maestro non è un dio… >> continuò il Signore del Tempo, con voce sempre più alta << ma una malattia che prospera nell'oscurità, e più continuerete a dormire più diventerà forte. È facile per un morto che cammina dire agli altri di combattere, e forse è vero, forse combattere è inutile! Forse è già troppo tardi… Ma vi dirò una cosa: se dovessi risvegliarmi ancora una volta come allora... combatterei di nuovo, ancora e ancora… questi bastardi, senza mai voltarmi indietro! >>
* * *

Nei recessi più oscuri della sua tana, Pitch Black sogghignò disgustato alle parole dell’uomo, gli occhi animati da un luccichio furioso.
Ogni singola frase fuoriuscita dalla sua bocca sembrava quasi un affronto alla sua stessa esistenza! Un sentimento che ben presto venne condiviso da tutti i suoi colleghi sparsi per i quattro angoli della Galassia… e naturalmente, anche dal Maestro, che stava osservando la trasmissione con lo sguardo più collerico che Vader gli avesse mai visto fare.
 << Ci saranno momenti in cui la lotta vi sembrerà impossibile… >> riprese il suo acerrimo nemico << in cui vi sentirete soli, insicuri, sminuiti dalla portata del nemico. E in quei momenti, dovrete rammentare un’unica e semplice verità: la libertà è un'idea pura. Prospera  spontaneamente e senza alcuna istruzione! Al contrario, il bisogno del Maestro di controllare tutto è così disperato… perché è innaturale. La tirannia richiede uno sforzo costante! Si sfalda, perché l'autorità è fragile… e l'oppressione è la maschera della paura. Quindi combattete… e fatelo alle vostre condizioni! >>

* * *

<< Combattete il Maestro! >> urlò il Signore del Tempo, un pugno sollevato in aria << Combattete l’Impero! >>
E fu allora che la trasmissione s’interruppe.
Nel suo soggiorno – circondato dagli innumerevoli criminali dell’organizzazione Joker – il Principe Clown del crimine in persona era rimasto in silenzio per tutta la durata del messaggio, gli occhi fissi sul televisore come se la sua vita dipendesse da questo.
Fu Killer Croc a rompere quella quiete spettrale, emettendo un fischio impressionato.
<< Devo ammetterlo >> borbottò, le fauci arricciate in un sorrisetto << Quel tizio ha proprio stile… >>
La sua testa esplose in un turbinio di cervella e pezzi cranio vaganti, facendo sussultare e imprecare tutti i presenti… o meglio, quasi tutti, poiché il Joker non aveva emesso nemmeno un suono, e presto i suoi scagnozzi si resero conto del perché.
La mano destra del gangster era sollevata… e reggeva tra le dita una pistola caricata a Polvere e avvolta da un malsano alone di vapore verdastro. Andato era il suo classico sorriso tutto denti, sostituito da un cipiglio grottesco, quasi innaturale sul suo pallido volto.
<< P-Pudding? >> balbettò Harley, mentre compiva un passo indietro << Ti senti bene? >>
Ma Joker non le rispose.
Invece, si limitò a prendere il suo telefono e comporre un numero, poi rimase in attesa per qualche istante.
<< Maestro >> disse all’improvviso, con tono molto più serio di quanto i suoi collaboratori lo avessero mai udito << Avrei una piccola richiesta da farti. Dimmi… c’è ancora posto tra i partecipanti della vostra prossima performance? No, perché improvvisamente mi sento davvero, DAVVERO volenteroso di arruolarmi… >>
 
 
 




 

Boom! Direi che il palcoscenico è pronto per accogliere tutti i giocatori. Stiamo per entrare nell’ultima fase di questa fic, che ormai dura da più di cinque anni.
Sarà valsa la pena aspettare tutto questo tempo? Beh… lasceremo che siate voi lettori a giudicare.
Ci vediamo al prossimo capitolo con la battaglia più titanica di questa storia!
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: evil 65