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Autore: Harry Fine    23/06/2023    2 recensioni
Iselen Surana, Runaan Mahariel, Aida Tabris, Persephone Cousland, Micah Brosca e Aura Aeducan vivono ognuno la propria vita, tutti bloccati dai loro problemi e deliziati dai loro affetti. Nessuno di loro sa chi siano gli altri, ma molto presto dovranno unirsi e affrontare il Flagello, la calamità peggiore che loro e il loro mondo abbiano mai visto e che minaccia di inghiottire ogni cosa, insieme ad un'improbabile compagnia di alleati, facendo tutto ciò che è necessario per salvare il paese che conoscono. Anche se il prezzo potrebbe essere troppo alto.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Morrigan, Nuovo personaggio, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ormai stava cominciando ad albeggiare. Il sole stava colorando di rosa le nuvole e le mura della città di Denerim e una figura incappucciata stava avanzando zoppicante verso l'arco di pietra che dava l'accesso.
Le due guardie ai lati dormivano pesantemente, le teste chine contro le lance. Puzzavano di alcol.

Sotto barba scura, gli venne quasi da ridere mentre le superava con il suo passo discontinuo, la mano ben salda sulla stampella e il cappuccio calato sul viso.
Mesi prima avrebbe visto la loro negligenza come un'offesa a chiunque avesse mai tenuto un'arma in mano, mentre adesso ne era felice. Grazie ad essa, poteva finalmente entrare indisturbato nella città.
Poteva sentire il cuore battere per l’agitazione, per il sollievo quando sentì l'odore familiare della città! Aveva viaggiato per settimane pur di arrivare lì, con provviste appena sufficienti per sopravvivere.
Aveva sentito i morsi della fame e del gelo, celandosi come un ratto alla vista di chiunque, sempre con il terrore di venire catturato. Si era ridotto ad un'ombra di chi era un tempo, ma il Creatore lo aveva ripagato.

Alzò gli occhi verso le case di legno oltre le mura, poteva vedere la piazza del mercato già da lì. E soprattutto il Palazzo dell'Arle di Redcliffe!
Cominciò ad avanzare verso di esso, la stampella che risuonava sorda sul terreno polveroso.
《Aspettami. Sto arrivando》 Sussurrò rauco.



**



《Cerere, dacci un taglio!》Sbuffò irritata Persephone evitando l'ennesimo schizzo d'acqua e continuando a passare la spazzola sul pelo rossiccio e umido, le maniche tirate fino ai gomiti e le forbici nell'altra mano
La mabari uggiolò implorante, tentando inutilmente di intenerire la padrona, senza smettere di agitarsi negli stretti confini della tinozza, muovendo il grosso muso infastidita quando un grumo di peli ci scivolò sopra.
La corvina però andò avanti spietata, scostando una ciocca umida dalla fronte 《Puoi fare la vittima quanto vuoi, conosci l’accordo: un taglio ogni mese. E abbiamo rimandato per sei!》 Disse, per poi ghignare sorniona. 《Sappi Invel non fa tutte queste storie.》

A dire la verità, lei non sapeva come Iselen e il suo mabari affrontassero la questione dei bagni e dell'accorciare il pelo, dopotutto al mago sarebbe bastato uno schiocco di dita per risolvere tutto, ma conoscendo la sua amica, un commento del genere l’avrebbe fatta rimanere ferma almeno per un po'.
Cerere infatti lasciò perdere il tentativo di commuoverla e voltò il muso dall'altra parte, la coda che si muoveva indignata, e la ragazza si lasciò sfuggire una risatina.
Se c'era una sola cosa che la sua amica aveva sempre odiato, fin da cucciola, era accorciarsi il pelo. Era un'azione necessaria per i mabari, per evitare incrostazioni o nodi dolorosi, e soprattutto perché non soffrissero per la calura afosa con cui i mesi estivi ormai stavano avvolgendo il paese.
Non era doloroso o fastidioso, ma Cerere non lo sopportava! Più di una volta lei e Fergus avevano dovuto trascinarla nel bagno, o addirittura inseguirla per tutto il castello per costringerla a darsi una ripulita.


Si ricordava un’occasione in particolare, ormai cinque anni prima, in cui la mabari in fuga si era precipitata nella sala da pranzo durante la visita da parte di due nobili alquanto importanti, ospiti dei suoi genitori.
Sua madre non aveva fatto altro che parlare di quella cena per settimane, e aveva preteso che ogni cosa nel castello fosse tirata al lucido, Cerere inclusa. Peccato che, appena la mabari aveva capito le intenzioni sue e di Fergus, era fuggita via come un fulmine!
Lei e suo fratello avevano cercato di catturarla, ma lei aveva raggiunto la porta della sala da pranzo e appena era piombata dentro, era esploso il finimondo.
Piatti, bicchieri e argenteria erano volati da ogni parte al passaggio di Cerere, rovesciando vino e portate sul pavimento ed imbrattando le tovaglie immacolate.

Fergus l'aveva rincorsa attraverso tutta la stanza e lei aveva cercato inutilmente di afferrarla da sotto le sedie, mentre la mabari si divertiva a rubare cibo dal tavolo ed evitare con grazia ogni tentativo di cattura, scodinzolando come se volesse prenderli in giro!
Alla sola vista, la moglie del nobile aveva iniziato a strillare come una pazza. E quando Cerere era saltata sul tavolo, leccandole allegramente la faccia, lei aveva alzato talmente tanto l'enorme gonna ricamata in un ridicolo tentativo di proteggersi che era caduta dalla sedia, mostrando a tutti gli spessi mutandoni di pizzo!
E la situazione era definitivamente precipitata quando Nan era entrata portando dentro il suo capolavoro: una torta a più strati costituita da un trionfo di crema, panna e pan di spagna sulla quale l'anziana balia aveva lavorato per settimane. E sulla quale Cerere si era abbattuta nel tentativo di continuare la sua fuga!


La corvina stavolta ridacchiò al ricordo dello schianto da infarto con cui la torta era precipitata al suolo, sporcando persino i soffitti e le pareti, e le facce sconvolte dei suoi genitori e soprattutto di Nan. Per un attimo aveva temuto che la vecchia balia sarebbe morta sul colpo.
Cerere invece aveva leccato la panna dal pavimento, scodinzolando felice, mentre i loro ospiti fissavano la scena con gli occhi sgranati, impiastricciati di crema.
Ne lei ne Fergus erano riusciti a trattenere le risate davanti a quello spettacolo assurdo, ed era certa di aver visto anche suo padre soffocare un sorriso, ma la loro ilarità si era spenta in un lampo quando Eleanor Cousland gli aveva rivolto una delle sue micidiali occhiate: quella sgridata non l'aveva mai dimenticata.


Interruppe per un attimo i movimenti della forbice, il solito groppo che tornava a ostruirle la gola col suo peso agrodolce. Cosa non avrebbe dato per vivere ancora una volta esperienze simili, per poterli stringere tutti a sé un'ultima volta, sentire le loro voci e il loro calore.
Scosse la testa, gli angoli degli occhi che pizzicavano. Ormai mancava poco. L’incontro dei Popoli distava pochi giorni: se tutto fosse andato secondo i piani, avrebbero spodestato Loghain e mostrato a ogni nobile del Ferelden i crimini suoi e di Howe.
Tutti quanti avrebbero saputo ciò che avevano fatto e finalmente la sua famiglia avrebbe potuto riposare in pace al fianco del Creatore. E anche lei avrebbe avuto la vendetta che stava aspettando da quasi un anno.

Annuì decisa, ripensando ancora a quel verme, a come lo aveva visto tremare nel suo sotterraneo, un brivido di aspettativa lungo la schiena. Aveva deciso di non svegliarlo dal sonno magico che Morrigan gli aveva imposto: non aveva bisogno di sentire altre bugie. Aveva fatto sì che fosse portato in una stanza sorvegliata, e lì sarebbe rimasto finchè non avrebbero parlato ai Bann dell’Incontro, inconsapevole di tutto. Era ben più misericordioso di quanto meritasse.


Trasse un lungo respiro, riprendendo la forbice in mano, ma Cerere, approfittando della sua distrazione guizzò via con un calcio, facendole perdere l’equilibrio e finire di faccia direttamente dentro la tinozza!
《CERERE!》 Urlò furibonda Persephone venendone fuori sputando acqua, in bocca un saporaccio di sapone e peluria, appena in tempo per vedere la mabari uscire rapidissima dalla porta, abbaiando allegramente.

La inseguì immediatamente, il volto e i vestiti impiastricciati di peli rossicci e schiuma, mentre i capelli fradici, appiccicati alla faccia e ormai liberi dalla treccia sfatta, le inumidivano la schiena e il retro dei pantaloni!
Corse alle calcagna della mabari per tutto il corridoio, svoltando bruscamente a destra quando lo fece lei, evitando per un pelo una domestica. Le lenzuola che aveva in mano caddero quando perse l'equilibrio
La ragazza fu certa di sentire degli insulti soffocati, ma non ebbe il tempo di scusarsi, gli occhi sempre puntati sulla coda impertinente di Cerere. Sbuffò furibonda mentre scendevano una rampa di scale dopo l'altra!
Lei e la sua dannata pelliccia tagliata solo a metà la stavano prendendo in giro! Per lei stavano giocando, non affrontando una questione che interessava il benessere di tutti i segugi da guerra!

La vide saltare oltre l'ennesima scalinata con un balzo, atterrando allegra con la testa abbassata e la lingua penzoloni, come a sfidarla per correre più in fretta, prima di dirigersi, ovviamente, verso le cucine. Cercò di fare lo stesso, ma calcolò male il momento del salto, atterrando dolorosamente sul proprio didietro!
《Per le tette di Andraste, Cerere! Aspetta che ti prenda e vedrai!》 Urlò, riprendendo l’inseguimento e strappandosi i capelli fradici dal volto, i denti digrignati.

La mabari attraversò il corridoio, evitando ogni povero servitore elfico con un’agilità incredibile. L'aria ormai era pregna del delizioso odore di carne, patate arrosto e biscotti glassati, ma Cerere cambiò bruscamente strada, dirigendosi verso una scala che portava verso l'alto, verso una stanza in particolare: l'armeria.
La corvina sorrise vittoriosa quando la vide entrare: si era messa in trappola da sola!
Spalancò la porta con un calcio 《Tana per Cerere!》
《Persephone? Che succede?》

La voce di Alistair la bloccò: il giovane era in ginocchio di fronte a Cerere, la sua spada e il suo nuovo scudo erano appoggiati poco lontano, e la stava coccolando sotto il mento, la sua amica che scodinzolava allegra. Di solito avrebbe trovato dolce una scena simile, ma ora era troppo arrabbiata!
Il custode soffocò una risatina nel vederla così scompigliata. 《Ti senti bene?》
《No! Quella!》 Indicò la mabari, che aveva iniziato ad uggiolare. 《Si rifiuta di farsi accorciare il pelo!》


Si rendeva conto di sembrare una pazza piuttosto che una nobile: coperta di peli canini, bagnata fradicia e sudata per la corsa, con i capelli sciolti e rossa in viso, ma non le fregava nulla!
Stavolta Alastair non riuscì a contenere le risate. Il suono rimbombò fragoroso per le pareti, al punto che il ragazzo si piegò in avanti per reggersi lo stomaco.
Persephone lo fissò irritata. 《Lo trovi divertente!?》
《No…》 Il ramato cercò inutilmente di zittire un’altra risata. 《Oh, e va bene, Si!》 Disse, gli occhi lucidi.

La corvina lo fissò piegarsi in due con aria indignata, finché lui non riuscì a ricomporsi almeno un po'. 《Andiamo, Persephone, Cerere è un cane! Che ti aspettavi?》
《Che, visto quanto è pericolosa una pelliccia lunga per i mabari, imparasse a sopportare un taglio almeno una volta ogni tanto!》

L'altro si fece sfuggire una nuova risatina di fronte a tutta quella determinazione, scuotendo la testa, mentre Cerere si nascondeva il muso con le zampe anteriori, guaendo pietosamente.
《Non ci provare!》 Esclamò determinata la ragazza, ma la mabari scoprì uno di quei grandi occhioni da cucciola. Quegli stessi occhioni a cui lei non aveva mai saputo resistere. Capitolò per l'ennesima volta.
《Sappi che la sfida è solo rimandata!》 Sbuffò con la voce più minacciosa di cui fosse capace, ma Cerere si limitò a leccarle allegra la faccia, lasciando una lunga, densa, disgustosa striscia di saliva sulla sua guancia, prima di fuggire. Di sicuro verso le cucine.


La ragazza fece del suo meglio per pulirsi, mentre Alistair sorrideva di nuovo. 《Siete molto legate.》
Annuì. 《È un dono di mio padre. Mi ha aiutata in ogni battaglia che ho affrontato. Ma per quanto tempo passi, cercare di accorciarle il pelo resta un'impresa》

《E ci hai provato perché speravi di colpire I nobili con una mabari pulita e profumata?》 Scherzò il ramato
《Ovvio.》 Rispose lei divertita 《Quale modo migliore di colpire i nobili del Ferelden?》

《Geniale》 Sorrise lui, avvicinandosi e baciandole l'angolo della bocca. 《Ma io preferisco la padrona.》
La ragazza si sentì avvampare a quel commento impertinente, rispondendo al contatto con altrettanto trasporto e avvolgendo le braccia intorno al suo collo.
Sentì le sue mani cingerle la schiena, il proprio corpo che aderiva morbido al suo, però un gran trambusto proveniente dall'ingresso li costrinse a staccarsi.
《Cos'è stato?》 Chiese Alistair


Persephone scosse il Capo, altrettanto confusa, ma entrambi inforcarono la porta senza pensarci un attimo e si avviarono verso il salone. Potevano sentire delle voci maschili urlare, e più si avvicinavano, più diventavano concitate, così come il suono di armature.
Giunsero entrambi appena in tempo per vedere un paio di guardie tenere ferma contro il terreno una figura incappucciata che continuava a dibattersi, una stampella rudimentale a pochi passi da loro.

《Per Elger'Nan, che succede ora!?》 Chiese Runaan seccato, mentre lui, Shale e Wynne entravano a loro volta nel salone, chiaramente attratti dal rumore.
Le due guardie abbassarono il capo. 《Ci scusiamo per il trambusto, custode, ma quest’intruso ha cercato di introdursi nel castello. Temiamo sia una spia.》
La figura sotto di loro, un uomo vista l'altezza e la barba nera e poco curata che spiccava sul suo mento, tornò a dibattersi. 《Vi ho già detto che non sono una spia! Devo parlare con l'Arle di Redcliffe! So che è qui!》


Persephone sentì il cuore saltare un battito. Quella voce… era roca, stanca, quella di un uomo che aveva passato l'inferno, ma le ricordava le ore passate a tirare di spada nel cortile, le prese in giro bonarie, la dolcezza con cui aveva salutato sua moglie e suo figlio. Era una voce che avrebbe riconosciuto tra mille.
Scosse la testa. Non era possibile. La sua mente le stava giocando un brutto tiro. Quello non era suo fratello. Lui era morto, perso per sempre tra le rovine di Ostagar.
Ma le sue labbra formarono il nome prima che se ne rendesse conto. 《…Fergus?》
Lo vide bloccarsi, il capo girato quel tanto che bastava per guardarla. Il suo viso era pallido e smagrito, non più sano come ricordava. I capelli, come la barba, erano lunghi e disordinati, ma quegli occhi castani colmi di stupore erano sempre gli stessi. Erano caldi e buoni, come quelli di suo padre. Come quelli di Oren!
《Pers?》 Sussurrò, incerto, e lei temette di crollare in ginocchio, le mani davanti alla bocca.

Quella ridicola storpiatura del suo nome! Fergus l'aveva inventata da bambino per darle fastidio, nessun altro l'aveva mai chiamata così!
《Lasciatelo immediatamente!》 Esclamò, le ginocchia molli e la testa in subbuglio.
Le due guardie la guardarono confuse. 《Ma Lady Cousland, potrebbe essere…》
《Non è una spia!》 Urlò la corvina, spazientita 《È mio fratello!》


Sentì Alistair sobbalzare dietro di lei a quelle parole e persino Runaan si girò sorpreso verso di lei con gli occhi sgranati, così come Wynne, mentre un silenzio tombale scendeva sulla stanza. Fu Shale a romperlo con un plateale sbuffo seccato. 《Questo vuol dire che non posso schiacciarlo?》
La ragazza le rivolse un’occhiataccia, prima di tornare a fissare il fratello, che stava cercando di rialzarsi ora che l'anziana maga gli aveva restituito la stampella. Ancora non ci credeva: lui era vivo! Era davanti a lei! Come?!

Il suo cuore martellava contro le costole, un miscuglio di emozioni ribollenti le stava facendo girare la testa. Confusione, felicità, sorpresa e paura. Voleva correre verso di lui, abbracciarlo, eppure non si sentiva in grado di muovere un solo passo.
Aveva il terrore che se lo avesse toccato, Fergus si sarebbe dissolto nel nulla. Si stava ancora chiedendo se quello non fosse un sogno: faticava ad associare l'uomo che aveva davanti a quello che ricordava.

Suo fratello era sempre stato un uomo vigoroso, il suo corpo era degno del miglior guerriero, ma ora era così esile e pallido da mostrare le ossa. Delle sue armi e della sua armatura non era rimasto che un ricordo, ora i vestiti cadevano informi su di lui e aveva un’aria provata irriconoscibile.
E questo non faceva che affollare la sua mente di nuovo quesiti. Come aveva fatto a sopravvivere al massacro di Ostagar? Dove era stato tutto quel tempo? Come si era ridotto così?! Perché non aveva chiesto aiuto o inviato un messaggio!?


Ma tutte quelle domande le morirono in gola quando abbassò lo sguardo. Ora capiva perché suo fratello non era riuscito ad opporsi alle guardie e il perché di quella stampella: della sua gamba sinistra non rimanevano che pochi centimetri di coscia.
Tutto il colore defluì dal suo volto, la sua voce che emergeva spezzata. 《Oh, Fergus… che cosa…?》
《Lo so, sono in forma smagliante》 Sorrise debole lui, mentre la sorella sentiva qualcosa sciogliersi nel suo petto. Trovò finalmente il coraggio di avvicinarsi, e gli gettò le braccia al collo, gli occhi pieni di lucciconi e le spalle scosse dai singhiozzi. Sprofondò nuovamente nel calore del suo petto senza pensarci un secondo. Non le importava di star piangendo davanti ai suoi amici, era solo felice di poterlo abbracciare di nuovo.

《Pensavo di averti perso. Che cosa è successo!? E la tua gamba?! E Ostagar? Come hai fatto a…?》
《Non ho partecipato alla battaglia di Ostagar, ecco come.》 Rispose lui. 《Ero in avanscoperta con altri uomini e la prole oscura ci ha teso una trappola. Loro furono uccisi e io fui ferito gravemente. Persi i sensi prima che potessi cercare aiuto e mi svegliai giorni dopo in una tenda di un clan Chasind: loro mi dissero quanto era accaduto al re e ai custodi e che i loro cacciatori mi avevano trovato. Il loro capoclan aveva usato la sua magia per salvarmi, ma la lama era imbevuta di sangue corrotto.》 Accennò alla gamba. 《Non c'era altro modo per guarirmi.》
Ricordava ancora il momento in cui aveva scostato le coperte e aveva visto il moncone. Aveva rischiato di vomitare. Per settimane aveva lottato per abituarsi alla sua nuova condizione: a volte gli era parso di impazzire per il dolore che sentiva ad un arto che non c'era più, altre semplicemente non avrebbe voluto muoversi affatto dal letto. Banalità come camminare o alzarsi in piedi erano diventate un'impresa, e anche se si era abituato ormai, a volte quel dolore tornava a mordere.


Sua sorella deglutì alla sola idea di quanto avesse passato. Con attenzione, lo guidò su un divano lì vicino, gli occhi di Alistair, Runaan, Wynne e Shale sempre puntati addosso.
Provò a parlare ancora, ma lui la precedette, usando la mano libera per darle una carezza, il suo tono carico di sollievo. 《Mi sei mancata》
La corvina sentì nuove lacrime sollevate gonfiarsi sul suo viso. 《Per quanto sei rimasto con i Chasind?》 Gli domandò, cercando di mantenere un tono fermo.
Fergus sospirò 《Mesi. Ho dovuto imparare a camminare di nuovo e non fosse stato per il Clan, non ci sarei riuscito. Ero tornato abbastanza in forze solo da poco quando ho saputo di…》 Si morse il labbro e la sorella capì. Il nodo al suo stomaco strinse ancora.
Aveva passato mesi a crederlo morto, al fianco del Creatore con i loro genitori, Oren e Oriana. Aveva pianto notti intere per lui! Rivederlo, risentire il suo calore, persino le sue battute, per lei era un miracolo!
Però rivederlo significava ammettere le sue colpe, e lei non era pronta. Le aveva affidato sua moglie e suo figlio, e lei aveva fallito. Non era riuscita salvare loro, i loro genitori o la loro casa. Se, in fondo al cuore, lui l'avesse incolpata, non l’avrebbe biasimato.

Abbassò il capo, colpevole, gli occhi umidi. 《Fergus, mi dispiace per Oren e Oriana. Con tutto il cuore. Gli uomini di Howe li hanno uccisi a sangue freddo. Io… io sono subito corsa da loro appena ho capito cosa stava succedendo, ma erano già… mi dispiace.》
Vide il fratello abbassare gli occhi, i denti digrignati, ma scosse il capo. 《La colpa non è tua. Io e nostro padre avremmo dovuto capire che qualcosa non andava quando le truppe di Howe non sono arrivate in tempo. Nulla di tutto ciò sarebbe successo se solo...》 La sua voce si incrinò. 《Non avrei dovuto lasciarli.》


La sorella sentì una stretta al cuore, il ricordo del viso senza vita del suo nipotino che le tornava in mente. Aveva provato a consolarsi dicendosi che Fergus almeno non aveva dovuto vederli così, ma quale uomo avrebbe voluto sapere che sua moglie e suo figlio erano stati uccisi mentre lui era lontano da loro!?
Allungò una mano verso il fratello, un banale tentativo di lenire un dolore che lei poteva immaginare, ma non comprendere davvero. La abbassò quando lui riprese.
《Appena ho potuto, sono partito. Ero molto grato al Clan, ma ero convinto di essere l'ultimo Cousland, e dovevo farla pagare ad Howe. Volevo parlare con Arle Eamon, dirgli tutto, ma poi ho saputo che era partito per prendere parte all’incontro dei Popoli a Denerim, ho deciso di venire qui. Non so se le voci su Teyrn Loghain siano vere, ma non potevo lasciare che il Ferelden credesse alle bugie di Howe!》 Alzò di nuovo gli occhi verso la sorella. 《Ho impiegato settimane per arrivare, nascondendomi come un ratto. Temevo che se fossi morto, nessuno avrebbe mai saputo la verità, ma tu sei qui! C’è ancora speranza!》
Il tono con cui lo disse, quella gioia così stremata, spinse la sorella a stringere la sua mano tra le proprie, un sorriso sicuro in viso. 《Hai ragione Fergus, c'è speranza! Ormai Howe non è più una minaccia.》

Il fratello sbarrò gli occhi. 《Tu lo hai…!?》
《Non ancora. Ma presto.》 Lo rassicurò la sorella, seria. 《Lo trascineremo all'incontro dei popoli e lo costringeremo a confessare i suoi crimini. Tutto il Ferelden saprà cosa ha fatto.》

《E comunque, Lord Cousland.》 Disse Alistair, tagliente 《Le voci su Loghain e il suo tradimento sono vere. Ha lasciato i custodi e re Cailan a morire e si era alleato con Howe per mantenere il suo potere. Hanno rapito e torturato i figli di molti nobili importanti e persino sequestrato la regina Anora.》
Fergus divenne ancora più pallido. 《Se quello che dite è vero, il Ferelden non ha speranze! Con la situazione attuale… non abbiamo un esercito unito o modo di difenderci contro la prole oscura! E se Loghain ci ha traditi, allora siamo perduti.》
《Calma, Shem. Ce l'abbiamo l’esercito.》 Lo interruppe Runaan con tono quasi annoiato.

L'uomo lo fissò sbigottito, e Persephone si fece sfuggire una risatina. 《Credo sia il momento di alcune presentazioni. Fergus, ti presento Alistair e Runaan dei custodi grigi, l'incantatrice Wynne del Circolo dei Magi e la Golem Shale. Sono alcuni dei compagni e carissimi amici che mi hanno accompagnata fino ad ora.》 Disse, prima di iniziare a raccontare a grandi linee tutto quello che avevano dovuto affrontare da quando si erano conosciuti.
Raccontò del loro incontro a Redcliffe e dei non morti, del Circolo, della foresta e dei Lupi mannari, degli scontri di Caer Oswin, di Orzammar e della loro ricerca dell'Incudine del vuoto nelle vie profonde, ma soprattutto di come fossero riusciti ad avere la lealtà dei maghi, dei dalish e dei nani. E ad ogni parola, lo sguardo dell'uomo si fece sempre più sorpreso, tanto da sfiorare il terrorizzato!
《Avete… avete davvero fatto tutto ciò?!》 Domandò esterrefatto, gli occhi puntati su Persephone.
《Questo e anche di più! E vostra sorella è stata indispensabile!》 Esclamò Alistair, facendola arrosire. 《Questo incontro dei Popoli si svolgerà soprattutto grazie a lei e alle sue abilità Diplomatiche!》
La corvina strinse le sue dita, riconoscente, mentre il fratello si accasciava sul bracciolo del divano, la mente che cercava di assimilare quanto aveva sentito.
Sua sorella aveva lottato contro prole oscura, demoni, lupi mannari, banditi ed eretici, si era sobbarcata il destino del Ferelden insieme agli ultimi custodi grigi e aveva organizzato l’incontro dei Popoli! Tutto mentre lui tentava per mesi di tornare a camminare.


Si portò una mano al volto. 《Mi dispiace così tanto Pers. Se solo avessi saputo…》
La sorella gli mise una mano sulla spalla. 《Fergus, averti qui davanti a me è un miracolo! Inoltre, tu non hai superato prove più difficili delle mie.》

《Ma sono uno storpio adesso!》 Esclamò il fratello. 《Non posso reggermi in piedi da solo, figurarsi tenere in mano una spada. Come posso rivendicare Altura Perenne?! Come posso aiutarti se…?!》
Persephone non sapeva cosa rispondere, ma Wynne intervenne con calma. 《Lord Cousland, so che vi sentite impotente, ma in quanto guaritrice, vi voglio dire che la vostra ripresa è incredibile. Voi siete molto forte, gli sforzi che avete sopportato ne sono prova, e nei miei anni ho visto molte persone come voi tornare non solo in salute, ma anche sul campo di battaglia. Non nego che sarà molto dura, ci vorranno tempo e gli strumenti adatti, ma la vostra vita non è finita. Sarà solo diversa.》

《E inoltre》 Esclamò Alistair. 《Potrete aiutarci con i nobili testimoniando come Howe e Loghain vi abbiano tradito! Anche grazie a voi tutti sapranno la verità! e voi e Persephone potrete reclamare Altura Perenne come vostra.》
Fergus lo guardò per un istante, sorpreso, poi annuì. 《Grazie, custode. Io… prego che abbiate ragione》 Disse.
Wynne gli poggiò una mano sulla sua spalla.《Venite Lord Cousland. Vi porteremo da Arle Eamon e poi cercheremo una stanza per farvi riposare.》


Persephone li osservò allontanarsi insieme a Runaan e Shale. Rivolse un cenno di saluto al fratello, che ricambiò con un sorriso, e si sentì crollare contro il bracciolo del divano. Si sentiva di colpo esausta, addirittura spossata, come se quella conversazione l’avesse prosciugata di ogni forza.
Sentì la mano di Alistair sulla sua spalla. 《Ti senti bene?》 Chiese lui dolcemente.
《Fatico a crederci. Lui è qui. È vivo. Io... non lo sapevo. È rimasto solo… io…》 Sentì altre lacrime scendere, e il ragazzo le accarezzò una guancia.

《Ma adesso siete di nuovo insieme.》 La rassicurò, sedendosi accanto a lei. 《E presto avrete tutto il tempo che vi servirà. Ormai manca poco.》
La ragazza annuì, guardando fuori dalla finestra. Ormai il sole stava tramontando e non le era sfuggito che Runaan aveva già l’arco e la nuova tenuta da custode addosso. Tra poche ore, lui, Aida, Zevran e Iselen si sarebbero introdotti nell’enclave per trovare delle risposte e forse anche delle altre prove per Inchiodare Loghain. Dopo, l’incontro dei Popoli sarebbe arrivato.
Già, mancava davvero poco.



**



Aida atterrò oltre il muro di cinta intorno all'enclave, gli occhi, il naso e le orecchie pronti a cogliere ogni segnale di pericolo o movimento.
Vide Runaan atterrarle accanto dopo un attimo, la sua nuova armatura da custode celata da un mantello scuro, e Zevran e Iselen lo seguirono poco dopo.
Gettò uno sguardo verso l'antivano. Nessuno lo aveva visto negli ultimi due giorni. Le avevano detto che una sua vecchia conoscenza gli aveva teso un'imboscata, morendo nel tentativo, e che questo lo aveva turbato.

Pensava che lo avrebbero trovato svenuto in qualche taverna e invece era ricomparso come se nulla fosse poche ore prima di lasciare il castello, il solito sorriso in faccia. Però lui era l'ultimo dei suoi pensieri: sentiva il suo cuore battere a mille e dei ringhi risalire la gola.


Si guardò intorno, gli occhi brillavano tra le ombre. La notte era scesa da ore, il silenzio regnava tra le catapecchie, come sempre. Ma lei non era tranquilla.
Da quando era tornata a Denerim, aveva fatto di tutto per evitare l'Enclave, e anche se ora assicurarsi che suo padre, Shianni e Soris stessero bene era la sua priorità, sentiva la paura riaffiorare, così come i ricordi,

Conosceva ogni angolo di quel posto, ne ricordava perfettamente gli odori e i suoni, ognuno faceva riaffiorare sensazioni fin troppo familiari. E per quanto volesse ignorarli, con i suoi sensi da Lupo era impossibile.
Qualcuno aveva acceso delle candele, forse per pregare o per avere almeno una luce, e c'era un tenue profumo di fiori, ma nell'aria sentiva anche sangue, paura, rabbia. Tutto ciò che aveva provato e visto la mattina delle sue nozze.
Si morse le labbra fino a farle sanguinare. Aveva tentato di smettere di pensarci, ma non poteva scordare la morte di Nola, le risate crudeli di Vaughan o le lacrime di Shianni e la scomparsa di sua madre. E nemmeno tutti quegli anni passati a inghiottire il suo odio e ad abbassare la testa di fronte ai soprusi.


Quel luogo era stata la sua casa per anni, ma ormai era consapevole che non poteva far parte del suo futuro. Non quello che aveva iniziato a costruire quando aveva ucciso quel bastardo.
Quell'ultimo anno era stato folle: aveva rischiato la vita, affrontato i mostri peggiori del Thedas e rischiato di diventarlo lei stessa, eppure non provava rimpianti. Aveva provato paura, ma anche eccitazione, felicità e voglia di conoscere! Si era sentita viva! E non voleva smettere! Voleva scoprire cosa si celava in quel mondo che le era sempre stato precluso!
Quel mondo che Leliana le aveva offerto con quel bellissimo sorriso sulle labbra. E che purtroppo suo padre non sarebbe mai stato capace di affrontare.

Si morse di nuovo il labbro: sapeva che lui avrebbe voluto vederla restare. Ma la sola idea di rinunciare a tutto ciò che era diventata, di appendere al chiodo il suo arco per tornare a vivere nella banale speranza di un matrimonio decente e una casa solida, come aveva fatto lui prima di conoscere sua madre, era sufficiente per rivoltarle lo stomaco. Non sarebbe mai più stata un lupo in trappola!
Ma sarebbe stata capace di dirglielo? Se si fossero ritrovati, avrebbe avuto la forza di dirgli che lei non voleva tornare? Che lo voleva lasciare ancora per andare all’avventura con Leliana? Non lo sapeva.
E se invece lui fosse morto?! Avrebbe sofferto per la sua perdita? O una parte di lei sarebbe stata felice del non dovergli dare l’ennesima delusione?!

Scosse la testa all’istante. Che idiozia. Mai nella vita lei avrebbe gioito se suo padre fosse stato ferito. e lui era fin sveglio, cauto e ben cosciente della sua incapacità come guerriero per fare delle mosse avventate. Non avrebbe mai partecipato attivamente ad una ribellione, nemmeno se lei ci fosse finita in mezzo. Giusto!?
Annuì furiosamente, obbligandosi ad avanzare e cercando di ignorare la voce che anche lui avrebbe lottato se lei fosse stata davvero uno dei motivi per cui il malcontento era esploso. Lui era vivo, doveva essere vivo! E loro non avevano tempo da perdere!


Fece segno agli altri di seguirla attraverso le strade fangose, il naso sempre teso per percepire eventuali nemici, e soprattutto cercando di non fare rumore!
L’Enclave era come la ricordava, ma la condizione delle vie era peggiorata davvero molto da quando lei se n'era andata. I suoi passi suonavano umidi e ciò la riempiva di terrore e di fastidio! Per quanto costasse ammetterlo, lei non avrebbe mai avuto il passo di Runaan e Zevran, che si muovevano senza un suono.

Attraversarono la piazza del Vhenadahl, le fronde del gigantesco albero che svettavano verso la Luna. Runaan rivolse uno sguardo tagliente ai piccoli stendardi recanti il simbolo della Chiesa Andrastiana appesi ad esse, ma Aida non lo degnò di uno sguardo.
Imboccarono una via laterale, che lei aveva percorso decine di volte negli anni per tornare a casa, i sensi all'erta. Attorno a loro molte case avevano finestre e porte sbarrate da pesanti assi, altre invece erano state sfondate o tirate giù dai cardini. Una grossa macchia scura risaltava su una parete, colando fino al terreno. L'odore di sangue vecchio era inconfondibile.
Aida la toccò con un dito. Quello era il lascito di un omicidio e a quanto poteva vedere dai segni sulla parete, l'assassino era armato di spada: un soldato.
A quel punto, si costrinse ad inspirare a fondo, a cercare ogni odore, anche il più piccolo, e lo sentì! Sangue. Ne aveva percepito le familiari note ferrose, seppur tenui, in tutta l'Enclave, ma lì era molto più forti. Qualcuno aveva cercato di nasconderlo, ma in quello stesso vicolo erano morte almeno una decina di persone. E solamente una di loro era umana.

Ricordò con un brivido tutti quegli elfi incatenati e torturati a morte nei sotterranei di Howe. Anche loro erano parte della ribellione? Avevano subito tutti quella fine tremenda solo per aver cercato di reagire?


《Aida, stai bene?》 Chiese Iselen in un sussurro, il bastone spento, però sempre stretto in mano.
La ragazza provò a rispondere, ma l’improvviso rumore della caduta di alcune casse li fece girare di scatto, le armi in pugno, ma tutto quello che videro fu un gatto nero che li fissava curioso con i suoi grandi occhi gialli dalla cima della catasta.

Runaan sbuffò un insulto in elfico abbassando l'arco, mentre l'elfa dalla pelle scura scuoteva la testa irritata, prima di costringersi a distogliere lo sguardo dalla chiazza e trascinarli tutti in avanti. C'erano quasi!
Seguirono la stradina fino ad arrivare ad una casa. Alla sua casa! O almeno, quella che un tempo lo era.
Il portone, un tempo dipinto di verde per desiderio di sua madre, pendeva scardinato sul lato, il chiavistello rotto e inutile contro il legno ormai nero e vecchio.

《È questa?》 Domandò Runaan, cercando di non far trasparire il disgusto nel sapere che una guerriera abile come Aida fosse stata costretta a crescere in un posto simile. Sapeva che gli elfi di città non vivevano bene, ma quel luogo era puro squallore.
Gli umani avevano imposto loro la propria religione e il proprio governo. Li avevano chiusi tra quelle mura, tolto loro la dignità e l'abilità di lottare. Forse c'era da ammirate chi riusciva a resistere, ma lui provava solo pietà. Non era sorpreso che l'elfa fosse fuggita.
Aida, ignara dei suoi pensieri, annuì, guidandoli lungo un pavimento di legno cigolante. Il buio era assoluto, così come il silenzio, però lei poteva distinguere in modo nitido tutti gli odori che riempivano la stanza
Quello stanco, ma caloroso di suo padre, stranamente fievole, quello di vino che spesso accompagnava Shianni e persino quello più sottile di Soris. Odori che portavano a galla vecchi ricordi senza che lei potesse farci nulla.
Le serate passate a giocare coi cugini da bambina, le storie di sua madre su antichi guerrieri elfici, la volta in cui Shianni le aveva fatto provare del vino e Soris aveva vomitato dopo due bicchieri. Ma soprattutto suo padre: la gioia nel suo sguardo quando l’aveva vista vestita da sposa, il suo dolore quando lei era dovuta fuggire, il suo ultimo abbraccio.

Sospirò pesantemente, ma poi sentì un forte odore di alcol alle sue spalle e si spostò rapidissima quando qualcuno cercò, alquanto maldestramente, di colpirla.
Sentì un suono di vetro in frantumi contro il tavolo e poi il suo aggressore, una donna a quanto poteva vedere, cercò di attaccare ancora. Zevran le fu subito addosso, piegandole il braccio dietro la schiena, mentre qualcun altro gemeva di dolore dietro di loro: un uomo stavolta.
《Lasciami andare, maiale!》 Urlò la ragazza che li aveva aggrediti, dibattendosi inutilmente.
《Ne ho sentite di peggio.》 Rispose l'antivano, ma Aida sbarrò gli occhi a quella voce conosciuta.

《Shianni?!》 Domandò ad alta voce, e la ragazza smise di divincolarsi, Sollevando il capo verso di lei.
《Chi…?! Aida?!》 Chiese lei a sua volta, proprio mentre Iselen alzava il bastone per illuminare la stanza.
Grazie alla luce, vide che, rispettivamente nelle prese di Runaan e Zevran, c'erano due elfi. Uno era magro, dalle guance incavace e la pelle altrettanto pallida, con una zazzera castana inconfondibile e la stava guardando con gli occhi sbarrati! L'altra era minuta, dalla pelle pallida, i vividi capelli rossi raccolti in tante treccine e la bottiglia rotta ancora in pugno.

Si abbassò al suo livello, facendo mollare la presa all’antivano, sua cugina che la guardava come se fosse stata un fantasma, lasciando cadere la bottiglia, e Soris si unì a lei quando il Dalish lo lasciò libero.
Aida li guardò nervosamente, non aveva idea di cosa dire loro, ma poi entrambi le gettarono le braccia al collo, affondando le fronti nel suo petto.
《Sei viva. Sei viva…》 Sussurrò Soris con gli occhi lucidi, mentre l'elfa ricambiava la stretta.
《Le guardie hanno detto che ti avevano Uccisa!》 Gemette Shianni, gli occhi lucidi. 《Sono tornati una mattina, le spade sporche di sangue… zio Cyrion è svenuto appena ce l’hanno detto!》 Disse lasciandola, il suo sguardo che si spostava dal suo occhio d’oro alle sue zanne, poi ai suoi artigli e alla sua armatura e infine su Iselen, Runaan e Zevran. 《Cosa ti è…?》

《Vi spiegherò tutto dopo. Dov'è mio padre!? Cosa è successo qui!?》 Chiese Aida.
《Si fanno chiamare i Guaritori.》 Ringhiò Shianni con rabbia. 《Sono comparsi qualche mese dopo lo scoppio dell'epidemia, per aiutarci dicono loro. Hanno reso la bottega di Alian una specie di ospedale per dispensare le cure, ma so che è tutto un inganno! Tutti gli elfi che hanno ricoverato non sono mai più usciti!》

Aida la guardò confusa. 《Epidemia?》
《È iniziata poco dopo la ribellione.》 Sussurrò Soris. 《All'inizio erano pochi casi con febbre, tosse, vomito. Ma presto si è diffusa in tutta l’enclave: alcuni sono morti. Quando sono giunti i Guaritori, abbiamo creduto che il Creatore avesse avuto pietà, ma poi…》

《Quella che state descrivendo sembra una semplice influenza. Forse virulenta, ma solo influenza.》 Disse Iselen. 《Sapete dirci altro su questi Guaritori?》
《Vengono dal Tevinter.》 Rispose Shianni. 《Hanno bastoni da mago, vesti strane e un accento ridicolo. Hanno iniziato a mettere gruppetti di persone in quarantena non appena sono arrivati! Ma vi giuro sul Creatore che quasi tutto erano sani!》 Strinse le labbra, il volto scuro. 《Mi spiace così tanto, Aida. Hanno preso tuo padre e Nelaros l'altro giorno. Erano andati all’ospedale a indagare sulla scomparsa di Valendrian. Però nessuno dei tre stava male!》


La ragazza sentì il cuore fermarsi a quelle parole. Ecco perché il suo odore in casa stava svanendo! Strinse l'arco, la mente di colpo piena delle torture a cui quei mostri stessero riservando ma Runaan si fece avanti 《E la ribellione di voi orecchie piatte? Che è successo?》
Soris fissò il suo viso, il suo vallaslin, sorpreso. 《Tu sei un Dalish! Pensavo foste solo storie!》 Esclamò, ma alla gomitata di Shianni si ricompose subito. 《Noi volevamo giustizia per ciò che Vaughan aveva fatto. Siamo andati a protestare davanti al nuovo Arle, ma Howe è peggio di Kendells. I soldati hanno ucciso o messo in catene decine di elfi. E a causa dalla malattia e dei Guaritori, l’Enclave si sta svuotando.》
《Non per molto.》 Ringhiò Aida. 《Li tireremo fuori》

《Potreste non uscire!》 Esclamò la rossa. 《Se usassero la magia del sangue!? Se…?!》
《Abbiamo affrontato di peggio.》 La liquidò Runaan.

L'elfa sbarrò gli occhi, ma Zevran arrivò con il solito sorriso. 《Non temete signorina, ho un piano che non include attacchi diretti. A proposito, io sono Zevran dei Corvi di Antiva e loro Iselen e Runaan dei custodi grigi. Mi scuso per come ci siamo conosciuti》 Disse, eseguendo un baciamano che fece sbuffare il dalish.
《Zev, basta moine e dicci questo felasil di piano.》
L'antivano si voltò verso di lui, il sorriso che si faceva più affilato.



**



Iselen sentiva i secondi scivolargli addosso, gli occhi puntati fuori dalla finestra in attesa dell'alba, come voleva il piano di Zevran. Accanto a lui, Runaan dormiva in posizione fetale, mentre Aida, Soris e Shianni stavano parlando dall'altro capo della stanza, aggiornandosi su quanto era successo.
Lui però non riusciva a rilassarsi. Il suo sguardo volò all'antivano, intento a lucidare i coltelli fuori della stanza: ancora non si erano neanche guardati da quando era tornato.

Micah gli aveva detto che non sarebbe stato via per molto e aveva avuto ragione, ma lui voleva capire perché fosse sparito per giorni senza spiegarsi. Perché ora lo evitava.
Sapeva che la morte di Taliesin lo aveva turbato, ma c'era altro sotto. E qualunque cosa fosse, non aveva intenzione di sopportare oltre quel disagio. Non con lui.
Ormai aveva capito che la sua non era una banale infatuazione, non sarebbe semplicemente svanita. E avrebbe dovuto accorgersene quando aveva accettato di andare a letto con lui senza provare istantanea repulsione, quando aprirsi a lui era stato naturale.
Non era il luogo, né il momento per confessioni simili, ma quando mai sarebbe stato il momento giusto?!

Si avvicinò a lui. Sentiva la mancanza di Invel: lui non era bravo ad esternare i sentimenti, e il mabari sapeva sempre come dargli il coraggio necessario.
Si sedette accanto a lui senza neanche chiedere e Zevran smise di lucidare le lame. La sua espressione non era diversa dal solito sorriso rilassato, ma Iselen aveva comunque paura.
《Ti senti bene?》 Domandò titubante.
《Pronto a lottare per le cause più assurde, mio custode. Come sempre.》 Disse con un occhiolino

《Non mi riferivo a quello》 Il mago si morse il labbro, nervoso. 《Chi è Rinna?》 Domandò a bruciapelo.
L'antivano non parve sorpreso dalla domanda, anzi sorrise di nuovo, tenue, e ripose del tutto le lame. 《Rinna era una donna speciale. Anche lei era un Corvo ed era tutto ciò che potessi desiderare: sveglia, astuta, maliziosa, letale e con due magnifici occhi neri che sapevano leggerti dentro. Lei, Taliesin ed io eravamo il trio di apprendisti più promettente della gilda e lo sapevamo. Noi tre eravamo amici e… anche di più》 Il suo sguardo si velò di una dolce malinconia che Iselen non aveva mai visto.

《La amavi》 Sentenziò.
Zevran annuì. 《Era impossibile non amarla. Con lei, tutto sembrava possibile, anche i contratti più assurdi. Eravamo giovani e arroganti. Già, più di adesso.》 Disse intercettando lo sguardo dell'altro. 《Al punto da prendere parte ad una missione d’élite per uccidere davanti ad una gigantesca folla un principe venuto per parlare con il re di Antiva.》 Tirò fuori dalla tasca un orecchino, una bellissima perla d'oro. 《Questo è tutto ciò che resta di lui.》
Il suo tono era nostalgico, ma non c'era la teatralità con cui di solito raccontava le sue vecchie imprese. Iselen gli fece cenno di continuare.

《Eravamo nascosti dal pubblico, pronti a colpire, ma quando arrivò il momento, la guardia del principe ci stava aspettando. Fu uno scontro cruento e anche se alla fine il bersaglio morì, così fecero tutti gli altri Corvi. E quando Taliesin mi disse che era stata Rinna a tradirci, io mi infuriai con lei. La guardai tremare e giurare di non essere una traditrice, ma non le credetti. Sputai su di lei quando lui le tagliò la gola.》
《Ma non era lei la spia, vero?》 Intuì Iselen.

Zevran annuì, cupo. 《Un altro assassino ci aveva scoperti e aveva avvertito il principe. Io e Taliesin temevamo le ripercussioni e così mentimmo, ma scoprimmo presto che non importava a nessuno di lei, ne di noi: il nostro capogilda me lo disse in faccia. Solo allora mi sono reso conto di quale errore avessi commesso. Ho tenuto l'orecchino per non dimenticarla. Ma quando Taliesin mi ha chiesto di tradirti… è stato come tornare a quel giorno. E io per un attimo... ho pensato alla sua richiesta. So di non averlo seguito, ma ci ho comunque pensato》 Ammise, volandosi verso di lui. 《Per questo ho preferito andarmene: mi vergognavo e avevo bisogno di riflettere. Ho ripensato alle lacrime di Rinna, a quello che le avevo fatto… non voglio ripetere lo stesso errore e soprattutto non voglio tornare dai Corvi. Mi piace la libertà. E devo ringraziare te per avermela donata.》
Il mago sentì un tenue sorriso sulle labbra. 《E sai già cosa farai dopo il Flagello con la tua nuova libertà?》. Sapere che avesse meditato di tradirli non era piacevole, ma alla fine aveva scelto, volontariamente questa volta, di rinunciare alla realtà che aveva sempre conosciuto per loro e aveva combattuto con loro. Questo contava.

L'altro ghignò furbo. 《Oh mio bel custode, è mia intenzione rapirti e portarti a vedere le bellezze della mia Antiva! Sentirai il suo profumo di spezie, sangue, mare e sesso! Saremo due affascinanti e misteriosi viaggiatori sulle cui imprese i bardi canteranno per anni, sia quelle sul campo di battaglia che a letto!》
Sussurrò l'ultima parola proprio nel suo orecchio, il tono carico di promesse, e Iselen sentì le guance arroventarsi. 《Ma di che parli!?》
Zevran intrecciò le proprie dita con le sue, sempre sorridente 《Tu per me conti molto, Iselen. I mesi passati con te e gli altri sono stati i più divertenti della mia vita! Dunque, perchè smettere di viaggiare insieme? Tu ti sei perso tantissimo vivendo in quella torre e non potresti trovare guida più affascinante, non trovi?》


Stavolta il mago fece molta fatica a trattenere le risate, le guance ancora bollenti e il cuore che batteva potente per quello che aveva appena sentito. Gli aveva praticamente chiesto di andare all'avventura insieme a lui. Il pensiero lo eccitava più di quanto avrebbe mai potuto credere.

Si adagiò contro di lui, ascoltandolo mentre tornava ad elencare tutte le meraviglie della sua terra natia, le loro dita ancora intrecciate. Si sentiva leggero.
Se qualcuno un anno prima gli avesse detto che si sarebbe trovato in una situazione simile, adagiato contro l’assassino di cui si era innamorato, pronto a parlare di fronte a tutti i nobili del Ferelden e poi affrontare un arcidemone, gli avrebbe dato del pazzo. Eppure eccolo lì, ad ascoltare le incredibili descrizioni delle strade e i mercati di Antiva, colmi di follia e colori che non si potevano trovare da nessun'altra parte. E non gli parlò solo dell’esotica capitale, ma anche delle città costruite sui fiumi, dei continui scontri per il potere tra le casate nobiliari, dei loro intrighi, della vita che la animava! che gli stava facendo Zevran, aspettando l'alba.
Lasciò che la sua voce lo portasse lontano, verso quei luoghi, e quando Zevran fece scivolare l'orecchino nella sua mano, quello che aveva tenuto per chissà quanto per non dimenticare Rinna, lo strinse.

Non sapeva come sarebbe finita per loro, se avrebbero vinto o meno, ma decise di non pensarci. Per la prima volta in un anno, si lasciò andare alla dolce immagine di un futuro diverso.



**



Shianni non aveva esagerato: appena l'alba era arrivata, l’Enclave era subito piombata in attività. Molti si erano recati al lavoro, ma un folto gruppo di elfi si era già radunato davanti all’ospedale.
《Quindi sei davvero un Dalish?》 Sussurrò Soris a Runaan, gli occhi brillanti. 《E un custode grigio?!》
《Già.》 Commentò laconico lui, l'arco ben nascosto sotto il mantello, ma Aida fece loro segno di tacere.
Stavano osservando i Guaritori da un vicolo, attenti a non farsi vedere. Due si erano già piazzati ai lati della porta: uno era alto e tarchiato, con una folta barba rossa, mentre l'altro era più alto e sottile. Entrambi avevano delle vesti intricate con cappucci appuntiti, colme di cinghie e catenelle tintinnanti, e i loro affilati bastoni da mano ben stretti in mano. Erano inquietanti
Stavano anche facendo entrare alcuni degli elfi ammassati davanti all'entrata, dicendo loro che era necessario che venissero messi in isolamento. Ma molte di quelle persone parevano in perfetta salute.

La ragazza ringhiò. Iselen aveva detto che quella era banale influenza: solo individui deboli erano in vero pericolo. L'unico motivo per cui si era diffusa tanto era per via dell'eccessiva vicinanza tra i cittadini e la paura aveva esacerbato tutto. Quegli uomini la stavano semplicemente sfruttando per il proprio tornaconto!
Strinse il suo arco. Pregava il Creatore che suo padre stesse bene.
《Sei sicura di volerlo fare, Shianni?》 Sussurrò.
L'altra annuì convinta 《Sono sempre stata bravissima a fare scenate no?》


La cugina suo malgrado annuì, tornando a spiare i maghi. Il piano di Zevran non le piaceva: Shianni avrebbe dovuto agire come distrazione, dando il tempo a lui e ad Iselen di introdursi dal retro dentro la struttura, mentre lei e Runaan sarebbero rimasti appostati lì, in caso fosse scoppiato uno scontro.
Osservò l'elfa avviarsi convinta in mezzo alla piazza, un dito accusatore puntato contro i maghi. 《Voi! Voi siete solo un branco di ciarlatani! Dove sono le persone che dovreste aver curato!?》
《Ancora tu!?》 Esclamò il Guaritore dai capelli rossi

《Si Shianni, torna alle tue bottiglie! Stai cercando di farci ammazzare!?》 Gli diede corda un elfo.
L'altra divenne paonazza. 《Ma non capite che è una trappola!? Se vogliono aiutarci, perché le persone che stanno prendendo sono del tutto sane!?》

Una donna più anziana sgomitò in mezzo alla folla, le rughe rese più evidenti dal suo pallore. 《Solo perché ci vuole del tempo, non vuol dire che non funzioni!》
《Siete un mucchio di ingenui! Ma non capite che così moriremo tutti!?》 Urlò nuovamente Shianni.
Una ragazza accanto a lei scoppiò in lacrime e decine di elfi cominciarono a ribattere a voce alta, creando una cacofonia di voci che i Guaritori stavano cercando inutilmente di domare.


《Davvero, fare scenate è la sua specialità.》 Rise nervoso Soris, ma Aida non gli rispose.
I suoi occhi e quelli di Runaan erano puntati su Iselen e Zevran: i due avevano quasi raggiunto il retro dell’edificio, dei vecchi vestiti di Soris addosso per non attirare l'attenzione.
Avanzarono lenti, le urla degli altri elfi nelle orecchie, e quando raggiunsero la porta, sorvegliata da due guardie armate di spada, l'antivano si piegò in avanti, simulando un violento colpo di tosse.
Uno dei due lo guardò disgustato. 《Ehi, rattus, levati…》 Ma la sua voce morì in un gorgoglio quando un pugnale si piantò nella sua gola.
Crollò in avanti vomitando sangue, e il suo compare lo seguì poco dopo, quando degli spessi rovi di ghiaccio si piantarono nel suo collo.
Zevran recuperò la chiave, aprendo la porta di scatto.


Cinque guardie armate fino ai denti si voltarono a fissarlo sgomenti, mentre un terzetto di elfi in lacrime e chiaramente terrorizzati era tenuto legato da un mago dalle intricate vesti rosse.
L'assassino sorrise con sicurezza. 《Ben trovati signori.》 Disse, le lame in pugno, mentre una spessa coltre di ghiaccio iniziava a ramificarsi lungo le pareti. 《Vogliamo iniziare?》
   
 
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