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Autore: Brume    23/06/2023    2 recensioni
Di ritorno da una commissione per conto del Generale Jarjayes, Oscar e André vengono colti alla sprovvista dal maltempo che li costringe a prendere rifugio in una locanda. Non è la prima volta e si adattano, senza tanti patemi, a quell' imprevisto. Sono sereni, sembrano quasi nascondere un segreto; nei loro pensieri alberga ora qualcosa di nuovo, di bello e niente, davvero, potrebbe turbarlo.
Qualcosa che non avevano messo in conto, tuttavia, accade...e non è piacevole, anzi: la storia inizia da qui e si svilupperà lungo sentieri talvolta complessi che, a lungo andare, potrebbe cambiare il loro destino per sempre.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La notte era scesa , ormai, nel modesto Palazzo di Quimper ed il dottor  Lassone – nonché Madame la Comtesse  -avevano lasciato la stanza da un paio d’ore; la donna, prima di uscire - ed in via del tutto eccezionale - aveva però permesso che André si potesse trattenere con Oscar ancora un po'.
In quegli attimi, nel clima sospeso e con il solo rumore  dello scoppiettare della legna nel camino ,
i due si fissavano, timorosi quasi di parlare ed affrontare ciò che era accaduto ore prima.
André era seduto, le mani in grembo,  sulla poltrona che aveva spostato accanto al letto dove Oscar era stesa e la fissava, lo sguardo perso nei ricordi.
Lei, fortunatamente, si era effettivamente ripresa dall’ incidente ed ora i suoi occhi ora vagavano per la stanza, vacui, quasi spenti, stanchi. Forse, la mente della donna aveva riportato alla memoria nuovi e ulteriori particolari che ancora non si sentiva di condividere con lui. André avrebbe voluto tanto aiutarla, ma come? Per di più, era ancora scosso dalla faccenda
Passò almeno una mezz’ ora, ancora, prima che André si alzasse iniziando a camminare per la stanza, cercando le parole adatte; più di una volta socchiuse le labbra e si schiarì la voce, quasi volesse forzarle ad uscire. Finalmente, preso coraggio, parlò.

“Ho avuto tanta paura, Oscar: vederti così come mi è capitato stasera mi ha sconvolto. Ma non ti preoccupare; tutto andrà per il meglio e, come ha detto il medico, vedrai che con il passare del tempo il problema si affievolirà fino a scomparire, ed i tuoi ricordi torneranno.”  disse, portandosi davanti al letto in cui la donna era stesa, vigile. Oscar lo aveva sentito, ma rimase immobile.
André allora si avvicinò e tornò alla sua poltrona,  le prese la mano e si sporse in avanti, per poterne baciare la pelle candida. Lei lo lasciò fare: aveva bisogno di sentirlo vicino, anche se non aveva avuto il coraggio di mostrare le proprie intenzioni.

“Ora come stai, mia cara? Non vuoi parlare di ciò che è accaduto?” domandò  ancora.

Oscar stavolta alzò il capo e gli rivolse uno sguardo.
“Non ho molto da dire, André, se non scusarmi per ciò che sei stato costretto a vedere “ rispose; e per un attimo, all’uomo sembrò di essere tornato ai vecchi tempi, a quelle risposte essenziali che era solita dare.
“…E’….è stato tremendo, vero? Ma ti prego… non disperare! …e ricorda che ci sono io, qui con te. Se hai bisogno, parla liberamente”. Gli occhi di Oscar si velarono di lacrime che la donna teneva a bada con fatica, il volto scuro e le labbra serrate. Pian piano provò a mettersi seduta, aiutata
dall’ uomo.
“ Sai, André…sono molto confusa…e  stanca. Perché la mia vita si è trasformata in questo incubo? Perché? “ disse.

André strinse ancor più la mano della donna. 

“Sappiamo entrambi il motivo. Se ti riferisci al fato, invece…temo non ci siano spiegazioni…e per entrambi… l’ unica cosa da fare e guardare avanti ed accettare ciò che ogni giorno porta, nel bene e nel male. Vorrei poterti dare una risposta diversa, Oscar, ma non ne ho nessuna, al momento.”
Infine, aggiunse:
“Non mi sembra il caso di partire. Ne convieni?” Disse. La schiena curva, i gomiti poggiati sulle gambe e le braccia lasciate morbide quasi a penzolare, rimase in attesa di una risposta; ma lei lo spiazzò. Gli occhi di Oscar sembrava volessero uscire dalle orbite.
“André, che stai dicendo? A che sarebbe valso il tuo viaggio nonché tutti gli sforzi compiuti? Ti ho già detto che partirò con te e così farò. Ho bisogno di sapere, ho bisogno di capire…ed il mio cuore mi sta indicando la via. Quindi…per favore, non torniamo sull’ argomento ” rispose decisa.
L’ uomo sostenne lo sguardo di Oscar, sorpreso.
“…Ne sei sicura? Sappi che io sono pronto a tutto, anche a rivedere i nostri piani. Devi dirmi tu cosa fare, io l’ ho ben presente. Visto l’accaduto, viste le tue condizioni, mi è parso ragionevole proporti una soluzione simile…”

Oscar picchiò i pugni sulle coperte, con una forza che nemmeno lei sapeva di avere. André si alzò in piedi.

“ NO. Io verrò con te, André. Pensi non sia stato abbastanza per me essere stata strapazzata da una parte all’ altra  come una bambola di pezza? Pensi che sia stato semplice ascoltare e assecondare
 – anche solo per poco -  le idee di mio padre per tutto questo tempo? Io nutro un profondo amore per i miei genitori, inoltre maman mi ha aiutata, rischiando tutt’ ora gravi conseguenze. Non voglio buttare questa occasione, glie lo devo. Inoltre…voglio fidarmi del mio istinto ed affidarmi a te: so che è la cosa giusta da fare…l’ unica cosa da fare. Lo sento. Lo so. ”
André venne sopraffatto dall’ emozione e dalla sorpresa.
Si avvicinò di nuovo a lei abbracciandola forte.  

“Sia, Oscar. Quando sarai pronta…partiremo., dunque” disse. La donna poggiò il viso sulla spalla di André il quale, nel frattempo, le si era seduto di fianco.
“Domani.” Rispose con un filo di voce.
“…Domani? Intendi….vuoi partire subito, domani?” domandò l’ uomo.
Oscar, senza mai staccarsi da lui, rispose affermativamente muovendo il capo.

André allora si discostò da lei, senza lasciarla , ma giusto un po' per poterne ammirarne il viso.
“Come desideri, Oscar. Io non posso che esserne felice: come penso avrai immaginato non sarà semplice, ma ce la faremo,”
La donna annuì ma…ma il suo sguardo…
“C’è qualcosa che ti turba?” chiese André.
Lei negò; ma l’ uomo capì – lo aveva preventivato, per così dire – che molti pensieri turbavano e avrebbe turbato l’ anima della donna ancora per parecchio tempo. Stretto a lei, ne ascoltò il respiro finché questo non si fece più calmo e poi, con delicatezza, si svincolò dall’ amato e caldo abbraccio, adagiò Oscar sul letto e le lasciò un bacio sulla fronte. Infine, dopo averla ammirata riempiendosi cuore e anima di tale visione, uscì dalla stanza: doveva , a quel punto, tornare nella propria camera e preparare un po' di cose. L’ indomani mattina, subito dopo aver salutato Madame, avrebbero intrapreso il viaggio, il loro viaggio, verso un destino ancora ignoto.




*******                         ********                                               *********


 
Nell’ ufficio del proprio reggimento, più o meno allo stesso tempo, il Generale stava invece meditando sulla situazione in cui il Paese versava. L’ ennesimo incontro, conclusosi nel tardo pomeriggio, gli aveva lasciato cattive sensazioni, tanto che il suo stomaco si era chiuso e la nausea aveva iniziato a pervaderlo. Non promette nulla di buono continuava a pensare ripendosi la frase in continuazione e camminando a grandi falcate attraverso il salottino privato, con le mani intrecciate dietro la schiena. Se andiamo avanti di questo passo, la Corona avrà poco da fare; la Regina è oramai invisa al popolo ed  il Re, nonostante si sforzi e si mostri determinato, non è in grado di riprendere le redini di un cavallo ormai imbizzarrito… “

“Generale de Jarjayes, mi avete mandato a chiamare? Perdonate se mi presento solo ora, ero di già sulla via di casa…”
Il conte, sorpreso, si voltò in direzione della voce. Girodel.
“Victor, prego, accomodati” rispose con la solita confidenza, senza neanche salutare e allungando il braccio ad indicare una sedia “ …si, ti ho mandato a chiamare per un motivo preciso: presto dovrai partire per Quimper, la Contessa ed Oscar dovranno rientrare quanto prima. Ho intenzione di anticipare il matrimonio, se tuo padre è d’ accordo. Dovrete lasciare la Francia prima che questa immensa polveriera esploda.”
Il Visconte de Girodel capì l’ antifona, chiara a tutti da tempo ormai, tranne che ai reali; un paio di passi lo avvicinarono ad un tavolo dove posò il cappello che teneva sotto braccio e poi allentò la fusciacca che sosteneva la spada. Fatto ciò, prese posto, senza mai togliere gli occhi dal futuro suocero.
“Non credo che mio padre abbia nulla da obiettare, tanto meno il sottoscritto. Avrei comunque una domanda, se permettete: pensate che aspettare ulteriormente sia controproducente? E’ solo una curiosità. Avrei voluto celebrare il matrimonio in Provenza, nella casa dei miei avi materni …“ disse.  Il Generale si avvicinò all’ uomo e poggiò la propria mano sulla spalla di Girodel.
“Vista la situazione, vorrei farlo il prima possibile. Si, aspettare ulteriormente sarebbe deleterio: temo che arrivare a luglio senza che nulla accada sia pressoché impossibile.” rispose con voce greve. Girodel annuì con un cenno del capo.
“Capisco. Quando dovrei partire?” domandò.
Il Generale tornò a sedersi oltre il tavolo ed, afferrata la pipa, iniziò a pulirla.
“Domani. I miei uomini riferiscono che Grandier si trova già nei pressi, ma lo hanno perso di vista; tu dovrai raggiungere la città, cercare di capire dove si trovi e  poi tornare il più velocemente possibile a Parigi insieme a lei. Da qui, organizzeremo la fuga.”  Disse senza nemmeno guardare la persona davanti a sé.
Victor  si alzò in piedi, andò a recuperare il cappello e si sistemò. “Avete già pensato ad una data?” chiese, infine, con voce ferma, fissando la propria figura riflessa per metà nello specchio posto sopra una mensola dalle volute dorate.
“Tra due settimane al massimo “ rispose Jarjayes. L’ altro non si mosse.

“E Grandier? Che ne devo fare di lui?” sibilò tra i denti.

I due uomini incrociarono il loro sguardo. Jarjayes prese un paio di profonde boccate emettendo, poi, piccole nuvolette di fumo. Lo sguardò si fermò a mezz’ aria, in un punto oltre le spalle del Visconte.

“Ha già avuto una considerevole buonuscita dal sottoscritto ed è realmente innamorato di mia figlia quindi…non si lascerà corrompere facilmente. Aggiungi questi due sacchetti colmi di livres e questo atto di proprietà, caricalo su una nave in partenza da Brest e mettigli alle calcagna due dei tuoi” rispose allungano soldi ed una pergamena verso Girodel.
“Non…non devo…eliminarlo?” domandò.
Jarjayes scosse il capo.
“No. Per quanto non apprezzi la situazione e possa avere dei risentimenti nei suoi confronti, ho ancora una grossa riconoscenza verso sua nonna. Una punizione simile sarà più che sufficiente.”

 Anche se insoddisfatto da una tale risposta, Girodel annuì e si portò sull’ attenti.

“A vostra disposizione, Generale. Vi aggiornerò ad ogni mio passo.” disse.
Il padre di Oscar allungò e  strinse lui la mano.
“Credo sia opportuno iniziare i preparativi, Victor. Avviserò personalmente il mio caro amico, tuo padre. Non più tardi di doman l’ altro, mi recherò a casa vostra..”
Victor  sorrise e, senza aggiungere altro, girò sui tacchi ed uscì dall’ ufficio, soddisfatto come non mai, quasi allegro; prima di salire in carrozza informò il cocchiere che non si sarebbe recato come ogni sera da almeno quindici giorni dalla Marchesa di Rivalle, ma sarebbe rientrato a casa.

Quindi, pregustando il proprio, personale trionfo, sorrise e prese posto all’ interno del mezzo.



***                               ***                                           ***                                           ****


Quimper, il mattino seguente.



“Oscar, è ora.”

Andrè, infilato mantello e cappello per celarsi a sguardi indiscreti, si guardava intorno mentre aspettava la donna vicino all’ anonima carrozza scura; per non destare sospetti aveva espressamente chiesto gli venisse noleggiato un mezzo integro ma non perfetto, senza insegna alcuna. Oscar si trovava a poca distanza dall’ uomo, di fronte alla madre. Le due donne avevano parlato fitto fitto per una buona mezz’ora ma, oramai, era tempo di partire: non potevano indugiare oltre. Se poi si univa alla già presente premura  una fitta neve che aveva ricominciato a scendere, vi era pure il serio pericolo di poter incappare in disguidi, sulla via:le strade, fuori città, si sarebbero presto rese pantani impraticabili.
Oscar aveva sentito la voce di André, ma si era soffermata ancora un attimo, le mani giunte con quelle di sua madre; infine, senza mai voltarsi indietro, raggiunse il compagno.Insieme salirono in carrozza facendosi spazio tra i bagagli che – per non dare nell’ occhio – avevano stipato
all’ interno.
“Sei pronta?” le aveva chiesto quest’ utlimo. Oscar, in tutta risposta, aveva annuito, silenziosa.
Allora lui si era sporto da finestrino, aveva rivolto una ultima occhiata alla donna cui doveva tutto e si era rivolto al cocchiere.
“Didier…possiamo andare…” disse.
 Il factotum che in quei mesi si era occupato della casa, diventato ora vetturino e preziosa guardia del corpo, annuì e diede una voce al cavallo, che partì immediatamente. Erano partiti: da quel momento in poi,  i giochi erano fatti.

Una volta accomodato, André fissò Oscar, che sedeva di fronte a lui. Era assonnata, stanca, pensierosa.

“…dove andremo?”  domandò la donna stringendosi nella cappa foderata di pelliccia.
André infilò la mano in tasca e ne prese un foglio che posò tra le mani di Oscar.
“Verso sud, sulla costa. Li ho un amico che potrà darci una mano…” rispose.
Lei sembrò quasi sorridere.
“Non ho mai visto la costa sud, è bella?”
André sorrise a sua volta.
“Non l’ ho mai vista, ma credo di si. La persona che me ne ha parlato è ntaa li…Ci stabiliremo in un paesino sull’ Oceano; non appena arrivati,  questa persona ci fornirà delle identità fittizie.” rispose André.
Oscar annuì, chiedendosi come Andrè facesse questa persona, visto che per quanto ne sapesse non si era mai mosso da Parigi e dintorni; poi  lo sguardo si posò sulla neve che , al di la della piccola finestrella, continuava a scendere, i fiocchi sempre più grandi. Passarono così due, forse tre ore durante le quali si alternarono sorrisi, domande, silenzi, sguardi. Di tanto in tanto André richiedeva a Didier che fermasse il mezzo per poter controllare che non ci fossero problemi lungo via ma, ad un certo punto del loro cammino, dopo l’ ennesima sosta, i due uomini si resero contro che sarebbe stato impossibile proseguire: davanti alla carrozza un vecchio albero – neppure tanto grande, ma troppo pesante comunque -  aveva ceduto al peso degli anni e della neve ed era crollato, occupando il larghezza la strada.

“Accidenti… ora che si fa? Servirebbe un’ ascia per farlo a pezzi, così com’è non possiamo di certo spostarlo…” borbottò André, sbuffando ed imprecando. Didier, in silenzio, si era invece avvicinato  al tronco grosso e mezzo ed in quel momento lo stava esaminando.
“E’ inutile: è troppo pesante” borbottò. Ad André non rimase che rassegnarsi, così tornò verso la carrozza e prese subito la situazione di petto.
“Oscar, credo che dovremo fermarci qui. Tu aspetta qui con Didier, io vado avanti a controllare se vi è una locanda: Jean , colui che mi sta aiutando, nell’ ultima lettera che ha scritto mi ha mandato anche alcune informazioni. Non preoccuparti: sarò qui tra pochi minuti” le disse, aprendo giusto un poco la portiera per non fare entrare il freddo. Ad Oscar non restò che annuire ed attendere.
“Didier, sarò qui tra poco. Bada tu ad Oscar” disse. Lui annuì.
Andrè si avviò dunque -di gran carriera- per la strada, sprofondando talvolta nella neve, aggrappandosi a rami e piante; la via era davvero messa male, ancora peggio di quanto pensasse.
Speriamo di trovare qualcosa…accidenti, questa non ci voleva ! pensò mentre avanzava, un passo dopo
 l’ altro … se almeno trovassimo un riparo… domattina, a Dio piacendo, potremo riuscire a trovare una soluzione e partire…
Le cose però non andarono troppo bene. Girovagò parecchio, prima di scorgere, in lontananza, quella che sembrava una abitazione. Si trovava in una piccola radura ad un paio di chilometri dal punto in cui era partito.
Una locanda, forse? Ma non vedo alcuna insegna… disse tra sé, mentre osservava , fermo, la casupola. L’ unico modo per saperlo…era avvicinarsi e controllare quindi, non senza un filo di agitazione, si avvicinò alla modesta abitazione, notando che dall’ interno proveniva della luce.
André tergiversò un attimo, ma alla fine si spostò dalla finestra alla porta e con un gesto deciso,  provò a bussare. Ben presto, sentì la porta cigolare ed aprirsi; dal misero spazio, intravide due occhietti curiosi semi coperti da capelli di un colore strano, tra il rossiccio ed il grigio.
“Che volete?” domandò la persona che si era palesata.
“Sono rimasto bloccato poco più in la con la mia carrozza “ rispose pronto André, indicando con il braccio la direzione “ …ed ora sono alla ricerca di una locanda o un posto dove poter passare la notte. Con me ci sono una donna ed un altro uomo. Potreste aiutarmi, per favore?”.
La porta si aprì un poco e lasciò intravedere la figura di un uomo, modestamente vestito. Sembrava che in casa ci fosse solo lui.
“Mi dispiace, di locande…beh, una c’è, ma dovreste camminare ancora un po'.  “ rispose. Infine , fece per chiudere la porta ma André lo fermò.
“Voi non avreste un fienile , un riparo? “ domandò, fissando la persona dal piccolo spazio rimasto tra mura e legno.
Il proprietario della casupola chiuse la porta di scatto lasciando André a bocca asciutta. Tuttavia, quando quest’ ultimo stava per incamminarsi e riprendere le ricerche, sentì una voce.
“Venite, seguitemi!”
André si voltò e notò l’ uomo fermo a poca distanza dalla porta.
“Dite sul serio?” chiese incredulo.
L’ uomo annuì.
I due raggiunsero, quindi, il retro della casupola e da li attraversarono un piccolo boschetto.
“Ecco, è quello.” disse il contadino indicando, tra le fronde, delle mura a tratti ricoperte di edera.
André osservò quello che doveva essere un vecchio stabile, molto più vecchio della casa che aveva trovano;  non molto grande ed una porzione di esso era effettivamente conciata parecchio male ma l’ altra…l’ altra sembrava a posto. Il tetto era ancora integro, il legno sembrava ancora in discrete condizioni ed i muri non davano segni di cedimento.
“Credo possa andare…meglio che niente. Vi ringrazio ancora” disse André, sollevato.
Ora non restava che tornare indietro ed avvisare gli altri quindi,senza aggiungere altro, girò sui tacchi.
Non aveva percorso che una decina di metri quando sentì l’ urgenza di fare una domanda al proprio ospite. Ci pensava da un bel po'.

“…Voi conoscete per caso un ragazzo di nome Baptiste?” domandò a bruciapelo.
Il contadino impallidì e lasciò cadere la lanterna che portava appresso.
“Avevo un figlio che rispondeva a questo nome…perché lo chiedete?” rispose con voce tremante, le braccia distese lungo i fianchi.
“Bizzarro, il destino, sapete? Vicino a Domfront ho incontrato un ragazzo di nome Baptiste. Ha i capelli rossi come i tuoi e, a ben vedere, ti somiglia parecchio” rispose.
“E’ vivo, dunque? Lo avete visto…visto davvero?” chiese.
André annuì.
“Si…” rispose “ ma cosa è accaduto, perché non è con voi? Le persone che se ne prendono cura mi hanno riferito che i suoi genitori sono morti per fame l’ anno passato…”
L’ uomo, accanto ad un André parecchio confuso, trasalì.
“…Mia moglie è andata via da casa insieme a mio figlio…al tempo aveva due anni. Li ho cercati ovunque per almeno sei mesi poi…mi sono arreso. Non avevo più soldi e lavoro per poter andare avanti” disse.
André abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace, Monsieur. In ogni caso..se volete ne possiamo parlare con calma. Vi indicherò esattamente il luogo in cui potrete trovarlo.
Il presunto padre di Baptiste sorrise.
“Ve ne sarò eternamente grato. Ora…andiamo. Vi aiuterò a recuperare le vostre cose…” rispose.
I due, quindi, ripresero il cammino. La neve aveva smesso di scendere e, dopo un quarto d’ ora dalla loro partenza– fu più veloce il ritorno che l’ andata, grazie ad una scorciatoia indicata da Bernard, il loro ospite – arrivarono nei pressi della carrozza. Non era tardi e la sera era ancora lontana; tuttavia, il cielo plumbeo faceva si che si potesse facilmente perdere la cognizione del tempo. Ancora stupiti dall’ inaspettata svolta, i due si avvicinarono ad Oscar e Didier.
“Oscar, siamo qui.” disse André.
Didier stava cercando di tenere calmi i cavalli. La donna, spinta da quel ‘siamo’ fece capolino
dall’ interno del mezzo. Bernard la salutò con un cenno del capo.
“Lui è Bernard, ci darà ospitalità per questa notte. Lei è Françoise, mia moglie” disse …mentì André. Oscar aprì la portiera e scese, andando incontro ai due.
“Grazie, siete molto gentile “ disse con voce un po' roca. 
“Di nulla, Madame. Vostro marito era alla ricerca di una locanda ma, purtroppo, qui nei dintorni non vi è nulla. Posso solo offrirvi un riparo, un tetto, ma sempre meglio che niente. Inoltre, nella stanza c’è un vecchio camino. Starete al caldo…” rispose.
Oscar non poteva credere alle proprie orecchie. Grata, sorrise.
“Monsieur, se volte vi do una mano con quell’ albero. In tre persone possiamo farcela a spostarlo”  disse poi rivolgendosi ad André, mostrando l’ ascia che aveva tra le mani.
“Faremo in un attimo, poi andremo al caldo”  disse André. Oscar dunque rientrò nella carrozza, aveva freddo; si strinse nel mantello e appoggiò il capo alla parete.

Quell’ uomo…perché mi ricorda qualcuno?  pensò , cercando di fare mente locale. I suoi ricordi, smossi, frugarono a lungo attraverso pensieri e ipotesi; doveva parlarne con André, non appena si fossero recati al sicuro…

…Domfront?
… Un viaggio?


Un improvviso mal di testa la colse e lei, spaventata, pregò non fosse una di quelle crisi; per fortuna, uno spiffero d’ aria fresca proveniente dall’ esterno  la fece stare meglio. Oscar si voltò ed incrociò gli occhi del compagno.
“Fatto. Oscar, se vuoi puoi scendere” sentì dire da André.
Accidenti, quanto tempo è passato? Fu il primo pensiero che la colse: evidentemente, i pensieri che
l’ avevano portata lontano avevano occupato più tempo di quanto lei pensasse.
“Esco subito” disse; la portiera di aprì, ed una mano comparve. Lei si alzò e accettò l’ aiuto che André le stava dando. Una volta scesa, si guardò in giro.
“La strada è sgombra, domattina potremo ripartire. Per ora meglio andare a ripararci, Didier ha già slegato i cavalli ed ora ci incammineremo” disse.  Lei annuì.

La compagni di mise allora in viaggio; fu un percorso alquanto silenzioso, l’ unico rumore era quello dei loro passi sulla neve. Bernard li condusse in ogni caso, senza problemi, presso quella che sarebbe diventata la loro sistemazione per la sera e la notte.
“Voi andate pure, io tornerò tra poco con la legna e alcune coperte. Al momento, quella stanza è il deposito dove tengo il poco fieno rimasto; potete darne un poco anche ai vostri cavalli, a me non serve, non ho più animali…” disse una volta raggiunto il retro della casa. Didier fu il primo ad entrare, seguito dagli altri della compagnia.

“E’ più grande di quanto pensassi” disse Oscar. André si guardò in giro: la stanza, che un tempo probabilmente aveva accolto una famiglia o comunque altre persone, era spoglia ma decisamente spaziosa e proprio di fronte all’ entrata un grande camino troneggiava, alto, fino al soffitto. In un angolo vi era il  fieno, accatastato e legato in fasci di media dimensione.
“…potremo spargerne un poco per terra, per non dormire proprio sul pavimento” suggerì Didier. Un breve cenno del capo da parte di Andrè e l’ altro uomo iniziò a fare ciò che si era prefissato; poi, ne trattenne una certa quantità e la portò ai cavalli, legati fuori.
Oscar, stanca, non attese oltre: cercò un angolo e li si lasciò cadere, delicatamente, poggiandosi con la schiena al muro. Subito André accorse al suo fianco e le aggiustò il mantello a guisa di coperta. Felice per aver trovato un riparo, si lasciò finalmente andare. Seduto con le spalle appoggiate al muro, prese la mano della donna e la baciò.
“Stai bene?” domandò, allungando la mano libera e passandola tra i capelli di lei. Oscar aveva un buon colorito, solo gli occhi erano leggermente cerchiati; non aveva dimenticato ciò che aveva vissuto la notte precedente e pregò, dentro sé, che tutto procedesse per il meglio.
Lei sorrise rassicurando il compagno.
“Non preoccuparti, André, sto bene. Sono solo un po' scossa, per ciò che sta accadendo.”
André annuì.
“Lo immagino. Non sei, quindi, pentita di avermi seguito?” domandò.
Oscar poggiò il capo sulla spalla dell’ uomo.
“No, affatto…mi fido di te, André…e mi auguro vada tutto bene.”
Lui sospirò per il sollievo. Certo, l’ inizio di quel viaggio non era come lo aveva immaginato, questo poco ma sicuro: ma, come faceva da sempre, si concentrò sul presente.
André allungò un braccio cingendo Oscar. Insieme osservarono Didier sistemare il fuoco per la notte e, in quell’ istante, arrivò anche Bernard con legna e alcune provviste.
“E’ tutto ciò che ho” disse entrando recando con sé alcuni involucri contenenti formaggio, alcune gallette, del pane che sembrava fresco. Poi, senza attendere alcuna risposta uscì e rientrò subito dopo con una cesta colma di legna da ardere.
“Grazie, Monsieur” rispose Oscar, seguita da Andrè. Bernard fece loro un cenno con il capo.
“Non ringraziatemi, Madame… stasera, vostro marito mi ha riportato alla vita!” rispose.
La donna rivolse ad André uno sguardo interrogativo.
“Vedi, Oscar….Bernard, probabilmente…è il padre di una persona che abbiamo incontrato a Domfront….” Disse.
Lei provò a capirci qualcosa di più, ma era talmente stanca che ogni pensiero si accavallava all’altro creando una grande confusione.
“…ti spiegherò, Oscar…ti dirò, quando sarai pronta” rispose André. “Ora…mangiamo.”

Lei accettò di buon grado la scodella che Didier, prontamente, aveva preparato. Arrivò anche un bicchiere di vino piuttosto aspro.
“… Credo che avrai molto da dirmi…sento che sarà una storia lunga” rispose.
André annuì.
“Mangiamo, ora…e riposiamo. Ne parleremo con calma” fu la risposta.

La piccola compagnia cominciò quindi a nutrirsi, mentre il fuoco cresceva lento. Oscar e André, silenziosi, di tanto in tanto si regalavano sguardi furtivi.






 
   
 
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