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Autore: IndianaJones25    28/06/2023    1 recensioni
Nei meandri del mio computer, ho ritrovato alcuni brevi racconti scritti tra il 2017 e il 2021 che non ho mai pubblicato qui su Efp. Visto che oggi arriva al cinema la nuova avventura di Indy, intitolata INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO, ho deciso di condividerli qui.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Walton Jones Jr.
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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MARSHALL COLLEGE

 

 

Ormai avevi fatto l’abitudine all’idea che, prima o dopo, tutte le tue studentesse cercassero di irretirti in qualche maniera, di dichiararti il loro folle amore nei più astrusi e impensabili dei modi. Quegli sguardi innamorati con cui ti osservavano mentre tenevi le tue lezioni di archeologia - sguardi decisamente più interessati a te che ai complicati schemi che eri solito tracciare, con qualche imprecisione, sulla lavagna - erano ormai divenuti normale routine e, molto spesso, quelle giovani intraprendenti arrivavano a fare ben altro, pur di riuscire a sorprenderti e catturare la tua attenzione. E il problema, in quei casi specifici, era sempre lo stesso: tu non eri affatto capace di opporre un rifiuto.

Soltanto due ore prima, per esempio, mentre facevi colazione, con indosso solamente la vestaglia da casa, pronto a vestirti per andare in Università, avevi sentito suonare al campanello e, quando avevi aperto la porta, ti eri trovato di fronte Susan Ryan. Vent’anni o poco più, visino incantevole ma dallo sguardo un po’ troppo furbo, lunghi e cotonati capelli castani, maglioncino di lana bianco e lunga gonna a scacchi marrone, quella ragazza stava diventando il tuo persecutore, un dolcissimo persecutore a cui avevi cominciato ad abbandonarti prima di partire per il Sud America e a cui, dopo il tuo ritorno, non avevi ancora perduto la voglia di sottrarti. Da quando le avevi affidato la scrittura di quell’articolo sul rapporto tra folklore e artefatti archeologici non perdeva una sola occasione per cercarti e chiederti qualche consiglio. Ma che si presentasse addirittura a casa tua, di prima mattina, non lo avresti mai ritenuto possibile.

«Vorrei domandarle un’informazione, professor Jones» era stato il suo saluto, la voce piena di malizia, mentre la facevi entrare in salotto.

Non avevi nemmeno perso tempo a chiederti come avesse fatto a rintracciare il tuo indirizzo. La conoscevi abbastanza bene per sapere quanto fosse scaltra e, inoltre, quanto ormai le andasse stretto donarsi a te sempre nel chiuso del tuo ufficio al Marshall, dove bisognava sempre fare in fretta ed in silenzio perché chiunque avrebbe potuto scoprirvi da un momento all’altro. Qui, a casa tua, sarebbe stato tutto più semplice, ci sarebbe stata molta più libertà, ne eravate consapevoli entrambi. E, dato che non ti eri ancora stancato del tutto di lei, come di solito ti accadeva con tutte le tue focose e passeggere amanti, per ancora qualche giorno ti sarebbe andato più che bene di ospitarla a casa per qualche incontro galante e romantico, molto galante e romantico.

Non facesti neppure in tempo a chiudere la porta che lei ti stava già baciando con passione e crescente desiderio. E tu, anziché respingerla come sarebbe convenuto ad un docente con la sua studentessa, la prendesti in braccio e la trasportasti in camera tua, sul letto ancora disfatto. Del resto, le donne ti avevano sempre fatto questo effetto e non saresti mai riuscito a cambiare il tuo atteggiamento nei loro confronti, ne avevi la più piena certezza. Così, mentre la spogliavi lentamente, assaporando il gusto delle sue labbra, mentre le sue mani vagavano al di sotto della tua vestaglia bordò, dimenticasti completamente di essere un professore che avrebbe dovuto valutare i suoi scritti e decidere se promuoverla o bocciarla.

Ma qualche ora più tardi, tuttavia, cominciasti a pensare che quelle ragazze - insieme la tua estasi e la tua dannazione, di cui non parevi proprio in grado di sbarazzarti - stessero cominciando a diventare un po’ troppo audaci. Ad esagerare, insomma.

Dopo aver scritto con qualche difficoltà la parola neolitico sulla lastra nera della lavagna, infatti, ti girasti di nuovo verso la classe e fu solamente una tua impressione o, invece, quella giovane carina della prima fila si era veramente scritta ti amo sulle palpebre? La osservasti meglio, mentre sbatteva di nuovo gli occhi, e non avesti più alcun dubbio. Né ti passò per la mente, neppure per un istante, che quella frase potesse essere rivolta a qualcun altro, perché quello sguardo sognatore era indirizzato a te e a nessun altro. La giovane fanciulla, di cui non conoscevi nemmeno il nome, ti stava facendo una vera e propria dichiarazione d’amore, chiedendoti implicitamente di darle soddisfazione in ben altri ambiti che non fossero i banchi di scuola.

Un po’ imbarazzato, tentando di darti un contegno, sperando che gli esercizi ginnici della mattina insieme a Susan fossero stati più che sufficienti a placare i tuoi ardori, perlomeno fino a sera, riprendesti la tua lezione, ritrovando con qualche difficoltà il filo del discorso.

La classe pendeva dalle tue labbra mentre ricominciavi a raccontare della scoperta e delle cattive condizioni, dovute alle varie profanazioni avvenute nel corso dei secoli, del tumulo di Turkdean, vicino ad Hazelton. Però, pur ritrovando il tuo entusiasmo, non riuscisti a non domandarti se quegli occhi attenti, che seguivano ogni tuo movimento, fossero veramente lì per la tua capacità di insegnamento o, piuttosto, per qualche altra tua dote. Riguardo agli studenti non avevi alcun dubbio che fossero davvero interessati all’archeologia, mentre sulle studentesse… sì, riguardo a loro la cosa era parecchio strana e, ogni tanto, ti saliva anche un po’ di frustrazione all’idea che tutte quelle donzelle non si trovassero nella tua classe per la tua grande preparazione accademica, bensì solo per il tuo fascino, esattamente come Susan, che di quell’articolo non aveva scritto ancora una mezza parola e che, semmai, sembrava avere una grande esperienza di anatomia umana.

Un rumore attrasse la tua attenzione, facendoti voltare per un momento verso la porta. Un uomo alto e dai capelli neri, lo sguardo intelligente ma impaziente, era appena entrato in aula e si era appoggiato ad un muro, come a voler seguire l’ultima parte della tua lezione. Sapevi bene che non era lì per quello e, per un momento, esitasti con un certo imbarazzo, pensando alle parole giuste da rivolgergli: insomma, Marcus Brody ti aveva inviato nell’America latina con l’incarico di recuperare l’idolo d’oro dei Chachapoyan e tu avevi fatto ritorno quasi a mani vuote, con in tasca solamente qualche piccolo reperto di secondaria importanza. Che cosa avresti detto, questa volta, per giustificare il tuo ennesimo fallimento?

Sotto lo sguardo indagatore di Marcus - e a tratti anche decisamente ironico, quasi che già il curatore del museo fosse a conoscenza dell’esito disastroso della tua impresa - terminasti la lezione e, quando suonò la campanella che indicava la fine dell’ora, assegnasti la lettura di un paio di capitoli del Michaelson per la prossima volta.

Adesso era giunto il momento di affrontare Brody e decidesti di farlo direttamente, senza troppi giri di parole. Che altro avresti potuto fare, altrimenti?

«Era fatta, Marcus. Ce l’avevo in mano, quasi.»

Il tono con cui il vecchio amico ti rispose fu ancora più sarcastico del suo sguardo. Sapeva già tutto, come sempre. Brody poteva anche sembrare un pesce fuor d’acqua, quando lo si faceva uscire dal suo museo, ma per il resto aveva sempre goduto di un’intelligenza sopraffina, capace di fargli intuire le cose prima ancora che accadessero. Per questo motivo lo avevi sempre ammirato molto e, soprattutto, eri sempre stato fiero di poterti fregiare della sua amicizia incondizionata. Sapeva già perfettamente che l’idolo non era più nelle tue mani ma in quelle di Belloq. E, probabilmente, aveva già intuito anche che cosa stavi per dirgli.

«È stupendo, Marcus, e io posso recuperarlo. Ho già calcolato tutto. C'è solo un posto dove può venderlo: Marrakech. Ho bisogno di duemila dollari.»

Brody, però, parve distratto, come se ci fosse stato qualcos’altro, in quel momento, a occupare la sua mente. Quell’atteggiamento ti parve davvero molto strano, perché di solito era sempre molto attento, quando si trattava di reperti, specialmente di reperti che sarebbero potuti andare ad arricchire le collezioni del museo del Marshall College.

«Stammi a sentire, vecchio mio…» cominciò a dirti, mentre si passava tra le mani i diversi e strani oggetti che tenevi sempre in disordine sulla cattedra per mostrarli ai tuoi allievi. Ma tu lo interrompesti, senza badare al suo discorso riguardo certa gente che avrebbe voluto incontrati, mostrandogli alcuni dei pochi e piccoli oggetti che riuscisti a riportare a casa dal Sud America. Se gli fossero piaciuti, forse, avrebbe acconsentito a pagarti il prezzo necessario a recarti in Marocco ed a recuperare l’idolo.

Oh, certo, Brody parve apprezzarli, al punto che se li infilò in tasca. Ma continuò a dimostrarsi distratto, impaziente di comunicarti qualcosa che, a quel che potevi vedere, lo stava interessando molto più del tuo lavoro abbastanza fallimentare in Perù. Alla fine, decidesti di lasciarlo parlare, per sentire che cosa accidenti potesse essere più importante del recupero di quell’idolo che avevate cercato di rintracciare per mesi.

«Quella persone che ho portato qui sono molto importanti, stanno aspettando.»

Finalmente capisti che c’era qualcosa di strano, nel nervosismo della sua voce, e ti persuadesti che, forse, sarebbe stato meglio lasciar perdere per qualche minuto l’idolo e concentrarti su questa strana novità.

«Quali persone?» domandasti, non proprio certo di voler conoscere la risposta.

Risposta che, in effetti, ti lasciò abbastanza spiazzato.

«Servizio segreto» ti disse Brody, le mani nelle tasche, avviandosi fuori dall’aula, senza nemmeno avere bisogno di fare un cenno per invitarti a seguirlo. «Hanno saputo prima di me del tuo ritorno. Sanno tutto, a quanto pare. Non hanno voluto dirmi che cosa vogliono.»

Ti parve di cadere dalle nuvole mentre, carico di cartelloni e di vecchie carte geografiche che ti sarebbero servite per preparare la prossima lezione, lo seguivi fuori dalla porta.

«Be’, io perché dovrei vederli?» domandasti, pur consapevole che Brody non avrebbe certo saputo fornirti una risposta. «Che c'entro io con i servizi segreti?»

Marcus non fece in tempo a risponderti, perché proprio in quel momento da un’aula lungo il corridoio uscì Susan, che ti rivolse un sorriso delizioso. Servizi segreti? Al diavolo! Ti sarebbe piaciuto molto di più portare la ragazza nel tuo ufficio e ripassare insieme, a modo vostro, ovviamente, i prossimi passaggi del suo articolo.

Quando i suoi occhi incrociarono quelli del curatore, il sorriso della giovane si fece tutto ad un tratto molto timido. Trovavi sempre sbalorditivo quanto quella gattina fosse in grado di trasformarsi da un secondo all’altro, a seconda delle circostanze.

«Professor Jones?» ti disse.

«Sì?» rispondesti, sorpreso della sua crescente audacia: adesso, addirittura, arrivava a parlarti di fronte a Marcus! Sempre più impudente, questa ragazzina!

«Dovrei fare un colloquio con lei» mormorò la ragazza, per tutta risposta.

Sfacciata che non era altro!

«Sì, Susan, ricordo di avertene promesso uno e…» ti guardasti attorno, in cerca di altre parole da poter aggiungere, ma non ti venne in mente nulla di migliore rispetto ad un: «Quindi, se vuoi seguirmi nel mio ufficio…»

«Un momento!» intervenne Marcus, sollevando una mano e, addirittura, di un mezzo tono la voce. Non era da lui, il che bastò a farti comprendere quanto fosse stato innervosito dagli uomini dei servizi segreti militari. «Adesso il professor Jones è molto occupato. Temo che dovrete rimandare a un altro momento il vostro colloquio.»

Tu e Susan vi guardaste negli occhi e, poi, rivolgeste entrambi lo sguardo a Brody che, tuttavia, non accennò minimamente a volersi allontanare da voi, nemmeno di pochi passi. Di parlare di qualcos’altro, di ciò di cui veramente volevate parlare, non c’era proprio la possibilità.

«Giusto… giusto…» rispondesti, con voce leggermente roca, trattenendo meglio le carte che ti stavano sfuggendo di mano. «Susan… dovremo rimandare la nostre… ehm… chiacchierata.»

Gli occhi della giovane lampeggiarono pericolosamente e si fecero freddi. Evidentemente, il vostro incontro mattutino non le era bastato e, quel giorno, avrebbe tanto desiderato una doppia dose, che mai avrebbe creduto potersi veder negata proprio da quel vecchio rompiscatole di Brody.

«D’accordo» rispose seccamente, guardandoti negli occhi e fulminandoti con lo sguardo. «Le auguro buona giornata, professor Jones.» E, senza aggiungere altro, vi voltò le spalle e se ne andò a passo rapido lungo il corridoio.

Al tuo fianco, sentisti Brody ridacchiare.

«Che accidenti c’è, adesso, Marcus?» gli chiedesti, spazientito.

«Scusami, Indy, ma non cambi mai» replicò lui, cercando di bloccare quella sua risatina. «Comunque ti capisco, è veramente molto carina.»

Preferisti non rispondere, anche perché non ce ne sarebbe stato bisogno: Marcus Brody aveva perfettamente ragione. Del resto, quest’uomo ti conosceva meglio di chiunque altro e non aveva mai avuto bisogno di troppe domande per capire perfettamente che cosa ti passasse per la mente. Perciò, ti limitasti a fargli un cenno con il capo, invitandolo a farti strada per andare a questo vostro misterioso incontro con gli uomini dei servizi segreti.

   
 
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