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Autore: sonounostegosauro    28/06/2023    1 recensioni
2011, Manchester. Emily Elizabeth è una giovane ragazzina che da sempre sogna di diventare una maga e studiare nella famosa Scuola di Magia di Kingston ma, a causa di problemi legati al suo passato, sua nonna decide di tenerla lontana da quella scuola e farle scoprire il Mondo della Magia nel modo più privato possibile. Tuttavia, passato qualche anno, nonna Isabel si convince e manda finalmente Emily alla Kingston, nella speranza che niente di brutto possa accadere. Emily vivrà un sacco di nuove avventure, farà nuove amicizie e scoprirà nuove cose su se stessa, che la cambieranno per sempre.
Genere: Fantasy, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole, che si era sostituito alla pioggia di quella mattina e che aveva portato un caldo per tutto il resto della giornata, cominciò pian piano a calare, lasciando spazio ad un cielo color arancio, talmente confortante per gli occhi che sembrava un dipinto di Monet, di quelli fatti in non meno di dieci pennellate, che venivano esposti nelle gallerie d’arte più prestigiose mai esistite e che ad Emily piacevano davvero tanto.

La giovane maga si era fermata a guardare il sole tramontare per passare il tempo, dopo aver finito i compiti in men che non si dica, mentre Melissa e Caleb erano concentrati a leggere dei libri silenziosamente, rispettivamente un libro sugli Incantesimi e uno sull’Astrologia. Tutti e tre attendevano quasi impazienti le diciannove, per dirigersi in una delle aule accanto alla biblioteca, che si trovava al terzo piano della Zona Est della Kingston, proprio come aveva detto Melissa quella mattina. La biblioteca era molto silenziosa in quel preciso istante, l’unico suono che si sentiva erano i corvi che gracchiavano girando intorno alla scuola e il ticchettio del grande orologio di legno, visibile a tutti poiché era posto sulla parete che si trovava proprio sopra la porta d’ingresso della biblioteca e, grazie al quale, tutti quanti gli studenti potevano vedere l’orario, che al momento segnava le diciotto e ventitré.

Emily sbuffò sonoramente: i suoi due amici erano ancora intenti a leggere i loro libri e non aveva alcuna intenzione di disturbarli. Tuttavia, la noia stava cominciando a farsi sentire, finché un’idea brillante le venne in mente: esplorare la biblioteca per il più tempo possibile. Si alzò dal tavolo, cercando di non fare rumore per non recare disturbo a Melissa e a Caleb e cominciò ad inoltrarsi nel suo piccolo viaggio. Iniziò ad osservare ogni sezione e il suo rispettivo nome, passando per Storia della Magia Antica per poi giungere a quella più moderna. Vi erano un sacco di libri in lingue europee, sia di Letteratura che proprio di Magia, ed Emily cominciò a sfogliarne qualcuno, in particolare un grande libro chiamata “Letteratura Inglese: dal ‘900 fino ai giorni nostri”. Trovò tutti gli autori che più le interessavano, in particolare Virginia Woolf, per poi dare un’occhiata a quelli che erano i romanzi più famosi della sua epoca, che passavano dal rosa al fantasy e a cui Emily dava sempre un’occhiata quando andava in libreria. Riposò quell’enorme libro e riprese la sua esplorazione, addentrandosi ancora più all’interno della biblioteca.

Dopo aver proseguito un po’ più in là, si ritrovò davanti ad una sezione chiamata Mitologia, piena zeppa di libri su tutte le mitologie, partendo da quella greca per arrivare addirittura a quella orientale, e che ad Emily interessava parecchio. Si inoltrò in quella piccola parte della biblioteca e le saltò all’occhio un libro sulla mitologia norrena, ovvero una delle sue mitologie preferite, con una copertina verde acqua e con dei disegni ben dettagliati che raffiguravano Thor, Loki e Odino in bella vista. Gli occhi della ragazzina brillavano dalla gioia e, per leggerlo ancora più comodamente, si sedette sul pavimento a gambe incrociate. Lo sfogliò piano piano, cercando di focalizzarsi sia sulle parole che sulle immagini, ma lesse così velocemente che non si accorse di essere arrivata al capitolo che parlava del mito di Fenrir. Il sangue di Emily si raggelò all’improvviso: conosceva fin troppo bene quella storia tanto che, non appena la lesse la prima volta per capire il perché suo zio si facesse chiamare in quel modo, ebbe incubi per una notte intera e dovette per forza dormire con nonna Isabel. Nonostante ciò, continuò a leggere il capitolo ma, all’ultima pagina, trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettata di trovare. Un piccolo bigliettino, molto ingiallito e rovinato probabilmente a causa del tempo, si trovava tra l’ultima pagina del capitolo e la pagina che introduceva il capitolo successivo.

«Chi avrà mai messo questo bigliettino in mezzo al libro? E poi perché proprio in questo preciso capitolo?». Emily era presa dalla confusione e quasi dalla paura, anche perché quel bigliettino sembrava tutto fuorché nuovo e qualcuno doveva averlo messo lì o per sbaglio o per farlo leggere proprio a lei. Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno che Melissa aveva incominciato a chiamarla, rompendo il silenzio che c’era stato fino a quel momento in biblioteca, segno che si era fatto quasi l’orario di raggiungere William.

Curiosa e spaventata allo stesso tempo, prese il bigliettino e se lo mise nella tasca della giacca della divisa, posò il libro al suo posto e tornò dai suoi amici, cercando di sembrare il più tranquilla possibile. Nonostante si fidasse già di Caleb e Melissa, ancora non poteva parlare loro del suo passato e di suo zio, per non metterli in pericolo. Sapeva le intenzioni di Fenrir e non aveva alcuna intenzione di mettere in mezzo a questa situazione nessuno dei suoi amici. E soprattutto non durante la sua prima settimana alla Kingston.

«Eccoti, stavamo iniziando a preoccuparci». Caleb tirò un grande sospirò di sollievo e le passò la borsa che si trovava nel posto accanto al suo. «Dove eri finita?».

«Mi sono messa ad esplorare la biblioteca in preda alla noia, e non avevo alcuna intenzione di disturbare la vostra lettura, perciò sono stata il più silenziosa possibile».

«Io sarei venuta volentieri, è Junior quello che non devi assolutamente disturbare durante la sua ora di lettura. Non avevo mai visto nessuno leggere così in silenzio come lui, avevo anche io paura di disturbarlo o chiedergli qualcosa». Melissa indossò la giacca e riposò il libro che aveva letto al suo posto, vicino a quello che Emily riconobbe come il loro libro di testo di Incantesimi.

«Questo è quello che io chiamo pace, Melissa. Se avessi iniziato a chiedermi come funzionavano gli Incantesimi all’albore dei tempi, soprattutto mentre stavo leggendo dell’importanza dello zodiaco nella Magia Moderna, ti avrei lanciato uno sguardo di disprezzo e non ti avrei nemmeno risposto».

«Beh, per fortuna IO sono bravissima in Incantesimi e non ho mai avuto bisogno dell’aiuto di nessuno». Il trio stava finalmente abbandonando la biblioteca alle diciotto e quarantanove, per dirigersi nell’aula 4 dove avrebbe incontrato William in dieci minuti.

«Dici queste cose come se non avessi sussurrato in continuazione “Come farebbe Eliza questo incantesimo?” o “Cosa farebbe Emily in questa situazione?”». Melissa arrossì e, fingendo di essere offesa, superò i suoi due amici e raggiunse l’aula per prima, lasciando da soli Caleb e Emily. Quest’ultima era ancora un po’ su di giri a causa della sua scoperta in biblioteca e, purtroppo, non stava riuscendo a smascherarlo molto bene. E Caleb l’aveva notato benissimo.

«Em, stai bene?». Caleb la fermò, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla «Hai un’aria strana da quando sei tornata da me e Melissa, è successo qualcosa?».

Emily si girò, voltandosi verso il ragazzo. «No Caleb, stai tranquillo, sarà che sono solo molto stanca dopo la giornata pesante che abbiamo avuto. Non ero abituata a fare tutte queste materie in un giorno». Piccola bugia bianca perché era più che abituata a fare tutte quelle materie e a volte, con Russell e Juliet, ne faceva anche di più.

«Ne sei sicura? Se vuoi puoi anche non trattenerti troppo all’incontro, tanto penso che ci saranno solo mio fratello, la sua ragazza e dei ragazzi più grandi a presentare cosa faremo e un semplice giro di presentazioni, quindi se non te la senti puoi anche andare via prima.»

«Va tutto bene, Caleb, davvero. Anzi, sono super curiosa di sapere cosa mi aspetta» disse Emily, guardando Caleb dritto negli occhi e mostrandogli il suo sguardo elettrizzato. Il ragazzo non poté far altro che sorridere in risposta a quello sguardo, che la rendeva particolarmente adorabile ai suoi occhi.

«D’accordo, mi fido di te, ma per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, va bene?».  

Emily si ritrovò a sorridere: non aveva mai sentito nessuno, o almeno nessuno della sua stessa età, esordire con quelle parole e le sentiva così confortanti, così vere che in qualche modo le levarono qualsiasi pensiero dal cervello. Mormorò un sottile grazie ed entrambi raggiunsero la loro amica, che intanto stava parlando con Eliza, Giselle e un’altra ragazza. L’orologio che si trovava in corridoio segnava esattamente le diciannove, e di William non c’era la minima traccia.

«Non vi preoccupate, è tipico suo» disse Caleb, appoggiando le spalle al muro «non so da chi abbia preso perché né mia madre né mio padre sono ritardatari, tantomeno io. Ma lui riesce ad esserlo. In qualsiasi occasione».

Nell’attesa che William arrivasse, i tre ragazzi si presentarono alla ragazza nuova, scoprendo che si chiamava Isobel O’Clary, ed era la compagna di stanza di Giselle. A primo impatto, sembrava una ragazza molto simpatica: era più bassa di Giselle, aveva dei bellissimi capelli ricci biondo ramato, che le arrivavano a metà schiena, occhi verdi e un gran paio di occhiali, simili a quelli che portava Eliza. Notò inoltre che aveva sostituito gli scomodi mocassini della divisa con un paio di stivaletti neri con un tacchetto che la facevano sembrare più alta.

«Che sono belli…» pensò Emily tra sé e sé «dovrei aver visto un paio di stivaletti molto simili ai suoi al mercato che si tiene vicino l’appartamento di Juliet e Russell. A Natale dovrei ripassarci per vedere se ci sono ancora».

Erano passati circa dieci minuti, fino a quando il gruppetto non sentì dei passi arrivare da lontano. Alzando lo sguardo, Emily vide William camminare verso di loro, seguito da un altro gruppetto di ragazzi e ragazze, probabilmente anche loro del primo anno, che lo seguiva insieme ad un’altra ragazza a cui William stava tenendo saldamente la mano. In mezzo a quel piccolo gruppetto, Emily non si rese nemmeno conto che c’era anche Lip e, non appena intravide quella folta chioma bionda, le venne quasi un capostorno. Melissa, che aveva già capito, si girò verso la sua amica e le diede la mano, spostandola per darle una, citando ciò che avrebbe detto lei, visuale migliore. Emily arrossì prepotentemente e cercò di nascondersi dal ragazzo, che intanto stava parlando con William e due altri ragazzi.

«Allora, ci siamo tutti?». William si era spostato e si era messo davanti alla porta dell’aula, guardando tutto il gruppetto che si era formato e cercando di individuare le facce che conosceva. O anzi, che aveva conosciuto solo quel giorno.

«Innanzitutto, grazie mille a tutti per essere venuti. Capisco la vostra stanchezza dopo questo primo giorno molto pesante, perciò non staremo molto. Spero davvero che questa idea vi piaccia, anche perché i ragazzi del terzo e del quarto anno stanno morendo dalla voglia di farvi vedere cosa hanno combinato questo anno. Nat, a te l’onore». William diede questo piccolo discorso con calma e serietà, completamente inusuali da parte sua. Fece un passo indietro, lasciando spazio alla ragazza a cui prima teneva la mano, che gli sorrise e si girò verso la porta. Tirò fuori la sua bacchetta e, sussurrando Aperio, spalancò la porta e lasciando entrare tutti i ragazzi all’interno dell’aula, che era già occupata da alcuni ragazzi, sicuramente i ragazzi del terzo e quarto anno di cui parlava William.

Emily si guardò intorno, incredula: i banchi di legno erano stati spostati e messi al muro, tranne due che erano stati posizionati in fondo all’aula, uno ordinato e pieno di libri, pezzi di carta e fotografie e l’altro pieno di cibo e bevande per i ragazzi. Le sedie erano state distribuite in cerchio, in modo che le persone potessero immediatamente sedersi ed iniziare l’incontro. Fuori dalla finestra, intanto, il sole era completamente calato e aveva lasciato spazio ad un cielo completamente stellato, illuminato solo dalla luna bianca. Nel giro di dieci minuti, dopo un po’ di chiacchere per conoscersi, tutte le persone all’interno dell’aula si sedettero e l’incontro poté ufficialmente iniziare.

«Buonasera ragazzi, io sono Ivy LeBlanc e sono la responsabile di questo piccolo club che abbiamo creato solamente l’anno scorso. Prima di spiegare nel dettaglio cosa vogliamo fare nei prossimi giorni e soprattutto come lo faremo, voglio ringraziarvi per essere qui e ringraziare il nostro William per aver radunato così tante persone. E soprattutto, per rompere un po’ il ghiaccio, vorrei che ognuno di voi si presentasse. So che per i più timidi sarà dura, ma sappiate che nessuno di noi ha intenzione di giudicarvi o di mettervi a disagio. Vogliamo solo conoscervi meglio». Ivy si sedette e diede la parola al ragazzo alla sua sinistra, che si alzò dalla sedia, cercando di non far cadere il cappotto che aveva poggiato su di essa e si presentò.

«Salve a tutti, sono Alexander Wilson, sono uno dei tre ragazzi del quarto anno qui alla Kingston e sono un ragazzo transgender. Sono molto felice di vedere così tante facce nuove e non vedo l’ora di farvi vedere che cosa abbiamo in servo per voi». Vi fu un piccolo applauso e Alexander si risedette. Emily, nel mentre, lo ammirava da lontano: fin da quando si erano seduti, non aveva fatto altro che guardare il suo stile e quanto elegante fosse, desiderando disperatamente di avere un giorno uno stile simile al suo. Intanto, si erano alzati due ragazzini, probabilmente della stessa età di Emily. Uno di loro aveva i capelli biondi ed ondulati, al contrario dell’altro ragazzo che invece aveva una chioma nera e riccia. L’unica cosa che li accomunava erano gli occhi: entrambi avevano un occhio verde e uno azzurro.

«Buonasera a tutti, io sono Gilbert Fitzroy... » disse il ragazzo corvino.

«…e io sono Hunter Fitzroy. E, anche se non sembra, siamo gemelli. Fidatevi di noi: siamo talmente uniti che finiamo…»

«…le frasi l’uno dell’altro. O panini, quando abbiamo fame». Quella battuta suscitò delle forti risate e un piccolo applauso, al quale i gemelli risposero con un goffo inchino. Mentre gli altri ragazzi continuavano il giro di presentazioni, Emily si guardava intorno e sorrideva: la felicità di essere finalmente circondata da persone sue coetanee, che la capivano e la comprendevano perché erano dei maghi come lei la pervase completamente, talmente tanto che non si rese nemmeno conto che era arrivato il suo turno di presentarsi.

«Perdonatemi, ero solamente immersa dei miei pensieri» disse la ragazzina, alzandosi e cercando di mantenere il contatto visivo con tutti i presenti «io sono Emily Elizabeth Smith, ma voi mi potete tranquillamente chiamare o con il mio nome o con Em. Non ho la minima idea di cosa faremmo in questo gruppo, ma sono comunque molto felice di poter finalmente conoscere persone come me…». Si fermò prima di continuare, prima di dire qualcosa che potesse dire qualcosa anche minimamente riconducibile a suo zio o al suo passato «…che possono praticare la magia, senza problemi. E che magari mi possono aiutare a migliorarmi». Anche per lei, vi fu un piccolo applauso per poi continuare il giro di presentazioni.

«Psst, sei stata grande» le sussurrò Melissa, sorridendole e indicandole la sua sinistra «e non penso di essere stata l’unica a pensarlo».

Emily si girò confusa per capire a chi si stesse riferendo Melissa,e  vide Lip che, con la coda dell’occhio, la stava guardando ammiccando un sorriso sotto i baffi, che fece diventare Emily completamente rossa, scena che suscitò in Melissa una piccola risata.

In men che non si dica, il giro di presentazioni finì e Ivy cominciò a parlare. «Come sono felice che la maggior parte di voi, nonostante sia passata solamente un’ora, si sentano così a loro agio. Anche perché era questo il mio intento, anche perché, per quello che dovremmo fare, servirà che andiate tutti d’accordo. Vuoi avere tu l’onore, Alex? »

«Lascio solo l’onore a te, Ivy. D’altronde hai avuto tu l’idea di questo club». Alex le mise una mano sulla spalla e la accarezzò, soprattutto perché sapevo quanto impegno la sua amica ci aveva messo e quanto volesse che tutto fosse perfetto.

«Come tutti voi sapete, saranno ormai quattordici anni che il Mondo dei Maghi è minacciato da un terribile cattivo, che agisce di nascosto e si fa raramente vedere, lasciando che i suoi seguaci, se così si possono chiamare, facciano tutti il lavoro sporco. Nessuno sa dove si trova e solo in pochi l’hanno visto di persona, scoprendo la sua vera identità. E il suo vero volto, che di solito copre con una maschera che ricorda un famoso mito della mitologia norrena, dal quale prende il nome…»

 «Fenrir». Non appena Ivy iniziò quell’accurata descrizione, Emily aveva già capito di chi stava parlando. Ovviamente, come si era ripromessa, non avrebbe detto a nessuno del suo passato e di come il cattivo che quei ragazzi tanto temevano era suo zio e che, probabilmente, stava cercando proprio lei. O i suoi genitori, nascosti chi sa dove. Anche al solo pensarci le venne la pelle d’oca, ma cercò di non darlo a vedere, in modo da non attirare alcun tipo di attenzione su di lei.

«E io che mi volevo tenere lontana da quel maledetto…» pensò tra sé e sé leggermente angosciata.

«Mio padre è stato attaccato cinque anni fa: stava tornando tranquillo a casa quando, all’improvviso, è stato attaccato da due dei suoi sostenitori. Per fortuna nulla di grave, è riuscito a difendersi e si è procurato solamente qualche graffio. Ma è inammissibile che delle persone innocenti debbano rischiare la loro vita o che, addirittura, debbano perdere la vita a causa sua. Ed è per questo che sono voluta venire qui alla Kingston e, soprattutto, creare questa sorta di club per esercitarci e trovare un modo per sconfiggerlo. O anche solo fermarlo».

Calò un profondo silenzio dopo il discorso di Ivy: ognuno di quei ragazzi sapeva che minaccia fosse quell’uomo. Probabilmente anche parenti loro avevano vissuto ciò che aveva vissuto il padre di Ivy e sapevano quanto fosse pericoloso anche solo provare a tentare di fermarlo o addirittura pensarci, considerando il potere che aveva. Ma volevano comunque di fare qualcosa. Migliorando le loro doti magiche, aiutandosi e confrontandosi a vicenda e creando un ambiente il più confortevole possibile, in modo da non causare situazioni che si sarebbero ripercosse.

«Non rattristiamoci, però. Faremo tutto nel modo più calmo possibile e, se volete lasciare il club, siete liberi di farlo in qualsiasi momento. Ma mi sembrate tutte persone abbastanza determinate e coraggiose e già sento di potermi fidare di voi». Ivy si alzò dalla sedia, alzò lo sguardo verso l’orologio che segnava le 20:46 e concluse questo primo incontro.

Emily, che era ancora un po’ sconvolta, si alzò e controllò se il biglietto fosse ancora nella tasca della giacca. E se fosse stato scritto da Fenrir stesso? E se fosse una minaccia per lei? E se fosse un indizio che poteva servire a lei e ai ragazzi? Recuperò la sua borsa ma, per pura coincidenza, colpì l’unica persona con cui non riusciva a parlare: Lip.

«Eccoti, ti stavo cercando». Il biondo si era piazzato davanti ad Emily, che intanto cercava da lontano lo sguardo di Melissa., senza però trovarla, sia perché voleva tornare nella loro camera sia perché non aveva la minima idea di come comportarsi.

«Stavi cercando me? E come mai?». Domanda leggermente idiota, lo riconosceva, ma nessuno l’aveva mai cercata ed era la prima cosa che aveva pensato, anche per fare conversazione.

«Volevo sapere come stavi e se ti era piaciuto questo incontro, tutto qui. Sai, mio padre e il padre di Ivy sono amici da molto tempo e posso solo immaginare quanta dedizione ci abbia messo per creare una cosa del genere».

Emily guardò Ivy, che in quel momento era circondata da persone che probabilmente si stavano congratulando con lei e sorrise, pensando a quanto forza quella ragazza deve avere. «Hai ragione, è proprio una ragazza fortissima».

«Sei stata forte anche tu, sai? Presentazione breve ma profonda, me l’aspettavo da te».

Emily arrossì e sorrise a Lip, contenta di aver fatto una buona impressione. «Ti ringrazio, anche la tua presentazione non era da meno. Ho cercato di ascoltare un po’ tutti così da imparare a conoscervi, penso già di aver memorizzato i vostri nomi».

Lip rise, domandosi che razza di memoria aveva per aver già imparato i nomi di tutte le persone nel giro di un’oretta. I due ragazzi parlarono per un po’, fino a quando Melissa ed Eliza spuntarono all’improvviso dietro ad Emily e si unirono alla conversazione.

«Eccovi qui, di che stavate parlando?» Melissa si piazzò in mezzo ai due ragazzi, e rivolse ad Emily uno sguardo incuriosito e pieno di speranza, come se le stesse chiedendo con gli occhi di raccontarle ogni singolo dettaglio di quella piccola conversazione.

«Ci stavamo solamente confortando su questo incontro, nulla di che». Disse Emily, che ringraziò mentalmente le due ragazze per essere arrivate e aver continuato la conversazione, nella speranza di poter finalmente andare in camera e raccontare a Melissa tutto quello che si erano raccontati. Melissa ed Eliza si guardarono e risero sotto i baffi e si unirono alla conversazione che durò poco, poiché Ivy, dopo aver finito di sistemare le sedie e i banchi, invitò cordialmente tutti ad uscire. Lip ed Emily si salutarono molto velocemente, dandosi appuntamento al giorno seguente, e seguì Melissa ed Eliza, ripensando al biglietto che aveva in tasca e quale poteva essere il suo contenuto.

Dopo la cena, squisita come quella della sera prima, Emily e Melissa tornarono in camera e si cambiarono in men che non si dica. Un po’ lentamente, anche perché la stanchezza le stava mangiando vive, e soprattutto perché entrambe avevano molto a cui pensare dopo quella riunione.

Mentre Melissa si stava lavando, Emily tirò fuori dalla tasca il biglietto e si sedette sul suo letto e, dopo aver controllato che la sua migliore amica non uscisse all’improvviso dal bagno, lo aprì. A causa del tempo, le parole risultavano leggermente sbiadite ma si leggeva comunque il contenuto:

 

Rimani dove sei, e non bloccare Gleipnir.

 

Emily guardò il biglietto, un po’ confusa e un po’ preoccupata: era a conoscenza di cosa fosse Gleipnir e dell’importante ruolo che essa aveva all’interno del mito, ma era quasi sicura che Gleipnir fosse il nome in codice per qualcuno, o addirittura per qualcosa che sarebbe accaduto quella notte. La ragazza rilesse per un’ultima volta il bigliettino e lo posò sotto il suo cuscino, cercando di nasconderlo nel miglior modo possibile, e aspettò che Melissa uscisse dal bagno, ancora un po’ sconvolta, preoccupata e un po’ impaurita, sperando con tutta sé stessa che nulla potesse accadere.  

   
 
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