Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Stefhanie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.
WHEN THE LOVE CHANGES YOUR LIFE
!?...“Quando
l’amore ti cambia la vita”…!?
CAPITOLO
27
DELUSIONE
D’AMORE
POV EDWARD
Bella si
addormentò quasi subito tra le mie braccia, io invece ci misi decisamente di più. Alice e Rosalie mi mandarono un
messaggio per chiedermi come stesse Bella e gli risposi
che sembrava stare meglio e che si era addormentata. Io non riuscivo proprio a
prendere sonno, non riuscivo a capire cosa fosse successo per averla turbata così tanto. Sembrava così tranquilla e allegra, quando ad un
tratto il suo viso sembrava essere diventato una maschera di dolore. Cosa
diavolo c’era che la faceva soffrire così tanto? Non
volevo essere invadente nel chiederglielo, ma se non sapevo
cosa gli passasse per la testa non potevo sperare di aiutarla più di tanto. Mi
misi ad osservarla e sembrava un angelo mentre
dormiva. Era stretta a me e mi stringeva forte come
per impedirmi di allontanarmi da lei, come se davvero io avessi potuto farlo.
Lei era, ormai, la mia droga, la mia qualità preferita di eroina,
ormai io dipendevo in tutto e per tutto da lei. Ero felice solo
quando lo era lei ed ero triste quando vedevo i suoi occhi spegnersi. Mi
costava tanto stargli accanto solo come un amico, ma
meglio questo di niente. Non la consideravo assolutamente come un’amica, ma lei
sembrava non accorgersene. Avevo perso ogni interesse verso
tutte le altre ragazze, il mio mondo, ormai, era lei. Non sapevo ancora
come, ma avrei portato di nuovo il sorriso sul suo volto, un sorriso che non
gli avrei più permesso di togliere. Lei era un angelo,
e gli angeli sono felici, gli angeli non possono e non
devono essere tristi. La baciai sulla fronte e mi addormentai con questi
pensieri. Il mattino dopo fui svegliato dal un dolce
bacio di Bella sulla mia guancia. Aprì gli occhi e la vidi più tranquilla
rispetto alla sera prima, poi guardai l’orario. Le dieci e mezza. Per fortuna oggi era sabato e non c’era
scuola. Tornai a posare gli occhi su di lei che mi guardò e mi sorrise.
- Lo sai
che sei un ottimo tranquillante? – mi chiese dandomi un altro bacio sulla
guancia.
- Ah si? –
gli feci io.
- Il mio
tranquillante preferito. Ti adoro – mi disse lei.
Come era bello sentire quelle
cose dalle sue labbra. Come era bello sapere che per
lei ero importante, anche se però non come avrei voluto e sperato io.
- Anch’io piccola – gli dissi baciandogli la punta del naso.
Lei mi
sorrise e poi tornò seria, quasi preoccupata. Stava iniziando a dire qualcosa,
ma Alice entrò in camera come una furia.
- Come sta
la mia sorellina stamattina? – disse lei mentre anche Rosalie comparve in camera.
- Molto
meglio – gli disse Bella.
- Dobbiamo
crederti? – gli disse Rosalie.
- Certo,
ed è tutto merito del signorino – disse lei.
- Cosa hai fatto alla mia sorellina? – disse Emmett entrando
anche lui in camera e buttandosi a peso morto sul letto.
Anche Jasper fece la sua
apparizione.
- Cos’è?
Una riunione di famiglia? – chiesi io notando che tutti erano entrati in
stanza.
- Una
specie – disse Jasper.
- Allora,
potremmo rimandare questa riunione di mezz’ora? – chiese Bella.
- Motivo?
– domandarono Alice e Rose all’unisono.
- Devo parlare con Edward – disse Bella.
Con me? E cosa doveva dirmi?
- Devi
parlare o devi giocare? – disse Emmett malizioso.
- Fuori da qui, subito – gli dissi io facendo il finto
arrabbiato.
- Ok, ok,
calma. C’è ne andiamo – disse Jasper.
- Vi
aspettiamo per la colazione? – disse Alice.
- No, fate
pure. Dì alla domestica di salirla in camera la colazione per noi due – gli
disse Bella.
- Ok
scricciolo – disse Emmett spingendo fuori Rosalie seguiti
a ruota da Jasper e Alice.
Ero
proprio curioso di sapere cosa dovesse dirmi.
- Allora? Spara – gli dissi ridendo.
Lei smise
di sorridere e si rattristò. Questo mi preoccupò parecchio.
- Io e te dobbiamo parlare – mi disse solamente.
- Di cosa?
– gli chiesi.
- Di quello che è successo ieri sera. Ti devo delle spiegazioni – mi disse
lei senza guardarmi.
- Non sei
obbligata a farlo. Non devi dirmi nulla che tu non voglia – gli dissi io
seriamente.
- Devo farlo – mi disse lei.
- Forse
non mi sono spiegato bene, tu non mi devi niente.
Adesso aspettiamo la colazione e poi scendiamo giù dagli altri – gli dissi.
Non volevo
si sentisse obbligata a darmi della spiegazioni,
soprattutto considerando la faccia che aveva in quel momento. Non volevo
vederla triste.
- No, sono
io che non mi sono spiegata bene. Io voglio farlo. Voglio spiegarti cosa mi
passa per la testa - mi
disse lei guardandomi finalmente.
- Sei
sicura? – gli chiesi.
- Si certo – mi disse lei sorridendomi e dandomi un bacio
sulla fronte.
Uscì dalle
coperte e si mise seduta sul letto con le gambe incrociate, anche io feci lo
stesso. Quando stava iniziando a parlare bussò la
cameriera con la colazione. Entrò e posò la colazione sul letto poi uscì.
Iniziammo a mangiare e dopo aver mangiato un cornetto
e aver bevuto un po’ di succo Bella iniziò a parlare.
- Non ci
conosciamo da molto, ma, in realtà, è come se ci conoscessimo da una vita.
Riesci a capirmi in ogni momento e non è facile, perché sono molto strana,
soprattutto riesci a capire quando è il momento di parlare
e quando quello di stare zitti. Mi capisci perfettamente e credo che tu sappia
che per me non è facile aprirmi o raccontare di me, ma devo farlo perché hai il
diritto di saperlo, ma soprattutto voglio farlo perché pur non sapendo cosa mi
passa per la testa non ti sei mai tirato indietro tutte le volte che avevo
bisogno di una spalla su cui piangere. Non mi hai presa in giro per la mia
fragilità e non mi hai fatto sentire fuori luogo nei momenti in cui sentivo di
sprofondare in un baratro senza fine. Mi hai aiutato molto, soprattutto con i
tuoi silenzi e i tuoi abbracci. Sei
molto importante per me, per questo voglio raccontarti quello che mi
succede – mi disse lei sorridendomi.
Dire che ero felice delle
sue parole era dire poco. Mi considerava importante ed ero euforico per questo.
La mia Bella mi stava dicendo che io ero importante
per lei, mi stava aprendo se stessa, pronta a raccontarmi la sua vita. Prese un
respiro e continuò.
- La mia
storia non è interessante, ne bella, è piuttosto
dolorosa e ricca di sofferenza. Non ho passato di certo quella che tutti
possono considerare un’infanzia felice. Tutti credono che basta avere dei
soldi, tanti soldi perché tutto vada bene, perché
tutto sia semplice e perché vi sia la felicità, ma non è così e l’ho imparato a
mie spese. I soldi aiutano molto, ma non fanno la felicità. Io a causa dei
soldi, del potere, della carriera ho perso la felicità, o
forse, non l’ho mai avuta. I soldi offuscano la mente delle persone e
non ti permettono di vedere lucidamente, non ti permettono
di vedere nulla se non di fare di tutto per accumulare sempre più denaro.
Quello che c’è intorno, non ha importanza. Non hanno importanza, i figli, la famiglia,
la serenità e l’amore. Solo i soldi sono importanti, questo è quello che la
vita mi ha insegnato, anche se non è questo quello per
cui vivo, quello a cui credo – mi disse completamente assorta nei suoi pensieri.
La capivo
perfettamente. I soldi non sono nulla, in confronto ai valori quali l’amore, la
famiglia, la serenità. L’avevo capito a mie spese. Un giorno, anche io gliene
avrei parlato, gli avrei parlato della mia vita, ma
adesso toccava a lei. Iniziò a raccontarmi di tutta la sua infanzia. Dei problemi economici che all’inizio avevano i suoi genitori,
della nascita di tutte e tre le ragazze, dei primi soldi quando suo padre
diventò avvocato, del primo libro della madre e del loro progressivo smettere
di prendersi cura dei figli. Mi raccontò del divorzio, del collegio dove
erano state picchiate e della felicità provata quando andarono a vivere con la
zia. Poi mi parlò del fatto che i suoi due anni dopo andarono a prenderle
perché erano tornati insieme, del loro periodo di amore
e poi di nuovo dei loro litigi, fino a quando riuscirono a trovare un punto
d’unione e a stare insieme senza litigare, anche se comunque erano ancora
assenti nei confronti delle figlie. Spesso si interrompeva
e calde lacrime gli solcavano le guance. Io mi avvicinavo la abbracciavo e poi
lei continuava. Gli feci molte domande per capire bene la storia e alla fine
del suo racconto ero davvero scioccato. Non potevo credere che quelle tre
avessero passato tutto quell’inferno, non potevo
credere che dietro la loro maschera si nascondesse tanto dolore e tanta
sofferenza. Quando Bella terminò il suo racconto
scoppiò a piangere, e io la abbracciai forte a me. Lei continuava a
singhiozzare e io cercavo di calmarla come meglio potevo.
- Basta,
Bella, è tutto finito. Non permettere al passato di
rovinarti ancora la vita – gli dissi io dopo avergli dato un bacio tra i capelli.
- Non è
tutto finito. Devo ancora raccontarti cosa è successo a me – mi
disse lei asciugandosi le lacrime e facendo un respiro profondo.
Non potevo
credere che ci fosse dell’altro. Ma cosa avevano fatto
di male per meritarsi tutto quello?
- Se vuoi me lo racconti un’altra volta – gli dissi vedendo
che era in uno stato pietoso.
- No, lo farò adesso – mi disse lei.
- Come
vuoi – gli dissi io prendendogli le sue mani tra le miei.
- Mamma e
papà smisero di litigare, o per lo meno, lo facevano, ma come tutte le coppie
normali, come è giusto che sia. Nonostante questo noi
continuavamo a non esistere per loro, come ti ho detto eravamo solo dei trofei
da mostrare quando gli faceva comodo, quando dovevano
fingere che fossimo una famiglia felice. La situazione restò così per un paio di anni. Noi, nel frattempo, ci eravamo
costruite una maschera per difenderci da tutto quello che era successo. Eravamo
diventate fredde e superficiali con tutti, con tutti tranne che con zia Rachel
quelle volte che veniva a trovarci, che ci chiamava o che andavamo a trovarla
noi. Per il resto del mondo eravamo impenetrabili e fredde. Nulla poteva scalfirci, o così, volevamo apparire. Io ero l’unico a
credere che l’amore vero esistesse, io ero quella qui
romanticona, quella che credeva nella metà che ci completa, ma nonostante
questo non ero capace di aprirmi con qualcuno. A quindici anni conobbi un
ragazzo, era quello che tutti possono definire il bello
e impossibile, nulla a che fare con te, ovviamente, ma veniva considerato così,
magari perché la gente non aveva conosciuto te e i tuoi fratelli – mi disse lei
ridendo.
Sapevo che
il suo intento era stemperare la tensione e io la aiutai nel mio intento.
- Questo
mi sembra scontato. Ricorda che al mondo belli e impossibili ne
esistono solo tre, Edward, Emmett e Jasper Cullen – gli dissi ridendo
anch’io.
- Direi
piuttosto che adesso ne esiste solo uno. Emmett
l’abbiamo perso, ormai, è completamente fuori per Rose e Jasper, beh lui l’abbiamo perso pure. Questione di poco e si mette con Alice. Sono entrambi innamorati, solo un cieco non lo vedrebbe. Quindi, mi sa che sei rimasto solo tu – mi disse lei
sorridendomi.
Beh diciamo che, ormai, mi ero perso pure io, ma meglio evitare
di farglielo notare.
- E va beh, che ci vuoi fare? Si vede che è rimasto solo il
migliore – gli dissi.
- Sei sempre il solito – mi disse lei ridendo.
- Squadra
che vince non si cambia – gli risposi.
- Beh, non
è detto, comunque devo ancora finire di raccontarti
quello che è successo – mi disse lei.
- Si scusa, hai ragione. Continua – gli dissi.
- Allora, dicevo che questo ragazzo era il classico tipo bello e
impossibile. Aveva tre anni più di me. Era uno di quei ragazzi a cui andavano
dietro un sacco di ragazze, tutte completamente pazze di lui e che avrebbero
fatto follie. E chi scegliere tra tutte? Semplice,
quella che di lui non ne voleva sapere – mi disse lei
indicandosi.
- Com’è
che snobbi sempre tutti? – gli dissi io per farla
ridere riuscendo nel mio intento.
Quando
smise di ridere tornò seria e riprese a parlare.
- Iniziò a
corteggiarmi, ma io come ti ho detto non ne volevo sapere neanche a morire. Ero
troppo chiusa e le ferite del mio passato erano ancora aperte perché io potessi
riuscire ad aprirmi con qualcuno. Eppure, lui non si
arrese. Smise di corteggiarmi e iniziò a fare l’amico. Mi faceva morire dal
ridere, era sempre con la battuta pronta e non prendeva mai nulla sul serio.
Per lui tutto era semplice e lo invidiavo per questo. Lui a differenza mia
aveva avuto un padre e una madre che gli volevo bene
ed era enormemente legato ai suoi, legato in modo quasi viscerale. Aveva anche
un fratello e una sorella. Con il fratello aveva un legame perfetto e con la
sorella pure, anche se era molto geloso di lei. La sua poteva essere
considerata la classica famiglia felice, al contrario della mia. E, per questo, lo invidiavo. La mia, però, non era
un’invidia cattiva, ma una sana e genuina invidia. Lo invidiavo solo perché
aveva avuto l’affetto che a me era stato negato. Lui era un libro aperto,
bastava guardarlo e gli leggevi dentro. Per un paio di mesi fece l’amico per
me, anche se sapevo che il suo intento era un altro. Alla fine mi lascia andare
e mi misi con lui. Non provavo amore se questo è
quello che ti stai chiedendo, gli volevo solo un gran bene. Lo consideravo un
amico, nulla di più. Lui era praticamente perfetto. I
suoi amici si chiedevano cosa gli avessi fatto per farlo
diventare così, e io mi sentivo in colpa per quello che stavo facendo. Mi
piaceva, era davvero bello, ma non si può basare una
relazione solo sull’aspetto fisico. Caratterialmente era perfetto, ma non mi
scattava nulla quando stavo con lui. Passò così un
mese e mezzo da quando ci mettemmo insieme e, io, continuavano a non provare
nulla per lui. Iniziai così a inventargli, a
volte, bugie su bugie per non uscire con
lui. All’inizio mi credeva, si fidava ciecamente di me, ma poi con l’andar del
tempo, iniziò a capire che c’era qualcosa che non andava. Mi chiedeva cosa
avesse di sbagliato per indurmi a comportarmi così, ma io non sapevo cosa
dirgli. Nonostante tutto mi rimase affianco e si
comportava sempre benissimo. Iniziò a dirmi che quello
che provava per me era diventato amore e tutte le volte che mi diceva “ti amo”
mi mancava un battito, perché io non potevo dirglielo. Io gli volevo solo bene.
Decisi così di lasciarlo, di punto in bianco non mi feci
più sentire. Non gli diedi nessuna spiegazione, nulla. Lui chiese del mio
comportamento a Alice e Rosalie, ma loro ovviamente
non gli dissero nulla, anche perché pure loro non sapevano come spiegarselo. Non
ero una di quelle che sfugge ai problemi, ma in quella
situazione non riuscivo ad affrontarlo. Non riuscivo a dirgli
che ero stata con lui pur non provando nulla. Lui non fece nulla, si arrese a
quello che era il mio comportamento stupido e piuttosto bambinesco – mi disse
lei, guardandomi
negli occhi quando pronunciò l’ultima frase.
- Avevi
quindici anni, eri una bambina, non potevi certo comportarti da adulta – gli
dissi io cercando di consolarla e poi, quelle cose le pensavo davvero.
- Avevo
quindici anni ed ero una bambina, ma quello che avevo passato mi aveva fatto
crescere troppo in fretta. Avevo quindici anni, ma era come se ne avessi il doppio per tutto quello che avevo dovuto
affrontare – mi disse.
- Si lo so, ma magari hai avuto paura. Tutti sbagliano nella
vita. Errare è umano – gli dissi io.
- Ti è mai
capitato che un errore ti distrugga la vita? – mi chiese.
- Dove vuoi arrivare? – gli domandai.
- Tu rispondimi – mi disse.
- Ho fatto tanti errori, ma nessuno che mi ha distrutto la vita o
comunque che me l’abbia cambiata – gli dissi sincero.
- Ecco,
appunto. Solo a me poteva succedere – mi disse.
- Non riesco a seguirti – gli dissi.
- Dopo due
settimane dalla nostra rottura lo vidi insieme ad una
ragazza e in quel momento scattò qualcosa dentro di me. Lui era mio, come si
permetteva quella ragazza a stare con lui? Era questo quello
che mi chiedevo, ma subito la realtà mi schiaffeggiò. Lui era stato mio, ma non
lo era più. Mi resi conto che, forse, quel ragazzo era davvero importante per
me, ma non come un amico, mi resi conto che provavo qualcosa per lui, qualcosa
che andava al di là dell’amicizia, ma la mia freddezza
mi aveva impedito di rendermene conto in tempo. Non riuscivo a capacitarmi di
come fosse potuto succedere e non facevo altro che chiedermi
cosa provassi davvero per lui. Quella ragazza con cui lo vidi,
in poco tempo divenne la sua ragazza. Io e lei ci conoscevamo, frequentavamo la
stessa scuola e spesso ci fermavamo a parlare e ridevamo e scherzavamo insieme,
ma da quando si mise con lui iniziò a uccidermi con lo
sguardo e iniziò a comportarsi come una bambina, nel senso letterale della
parola. Quando mi vedeva ed era con lui, mi guardava e
poi si buttava addosso a lui. Non so perché lo facesse,
sapevo solo che ogni volta mi strappava il cuore. Quattro mesi dopo le ragazze
mi consigliarono di parlargli e a dirgli che mi ero
resa conto di aver sbagliato, ma io non me la sentivo. Non sarei riuscita a
dire nulla guardandolo negli occhi, così mi decisi a mandargli un messaggio,
dove gli scrissi tutto ciò che dovevo dirgli. La sua risposta? Il silenzio. Non
disse e non fece nulla. In quel momento mi spezzai. Iniziai a non mangiare più
e a dormire poco. Piangevo, ero sempre triste e non uscivo più di casa per non vederli insieme. Alice e Rose erano
disperate non sapevano cosa fare. Chiamarono zia Rachel e la fecero venire a New York, ma nemmeno lei riuscì a farmi calmare. I miei si
accorsero che qualcosa non andava e iniziarono a preoccuparsi per noi.
Finalmente, iniziarono a fare i genitori. Diventarono protettivi al massimo nei
nostri confronti e papà divenne gelosissimo di tutte e tre, soprattutto di me. Odia quando un ragazzo si avvicina a me, forse, per paura di
vedermi di nuovo in quello stato. Con il passare del tempo iniziai a
riprendermi, ma cambiai totalmente. Diventai una stronza di prima categoria.
Nessun ragazzo riuscì più a scalfirmi. Avventure di una volta e basta. Nessuno
poteva vantarsi di avermi colpito. Il dolore per quel ragazzo ancora era
presente e io mi ripromisi che nessun ragazzo si sarebbe avvicinato di nuovo a
me, nessun ragazzo mi avrebbe più fatto soffrire.
Diventai dura e aggressiva verso l’altro sesso e la maschera che già portavo
divenne più forte che mai, non la lasciavo cadere mai. Anche Rose e Alice
soffrirono per me, il legame che ci unisce era ed è troppo forte perché anche
loro non risentissero del mio stato. Dopo quanto mi
era successo diventammo quelle che tu hai conosciuto,
anche se voi siete riusciti a far tornare a galla quelle che realmente siamo –
mi disse lei terminando la sua storia.
- Lui non
ti cercò più? – gli chiesi.
- No, non
fece nulla. A volte mi sorrideva e spesso mi guardava, ma nulla di più. Le
ragazze dicevano che lui mi voleva ancora, ma che
l’orgoglio gli impediva di tornare da me, mentre io ho sempre pensato che lui
facesse così perché sapeva di ferirmi alimentando false speranze in me, voleva
che io soffrissi come io avevo fatto soffrire lui – mi disse.
- Sapeva
la tua storia? – gli chiesi.
- No, non
la sapeva nessuno. Per tutti noi Swan eravamo le ragazze più fortunate di New York, quelle ricche e popolari, quelle che potevano
vantarsi di avere due genitori che si erano fatti da soli. Sei tu, la prima
persona a cui ho parlato di me – mi disse.
Questo non
poteva che farmi enorme piacere. Questo significava che si fidava di me.
- I
ragazzi lo sanno? – chiesi riferendomi ai miei fratelli.
- Il primo
a saperlo è stato Emmett, Rose gli ha raccontato tutto e qualche giorno fa
anche Alice l’ha detto a Jasper. Loro comunque della
mia situazione sanno solo che ho avuto una delusione d’amore, le ragazze non
gli hanno spiegato nulla. Hanno detto che se un giorno
vorrò, sarò io a raccontarglielo, quindi su questo sei l’unico a saperlo – mi
disse.
C’era una
cosa che volevo assolutamente sapere.
- Posso chiederti
una cosa? Se non vuoi, però, non rispondere – gli
dissi.
- Dimmi – mi disse.
- Lo ami?
O comunque l’hai amato? – gli dissi.
- Non ho mai capito cosa in realtà provassi per lui. C’è stato un
periodo in cui ho creduto di si, ma non ne sono
sicura. Alice e Rose dicono che non è mai stato amore,
la mia era solo ossessione di lui. Avevo idealizzato in lui tutti i ragazzi e
quando me ne si presentava uno, facevo il paragone con
lui, e allora quello mi sembrava una nullità. Le mie sorelle dicono
che se io riuscirei ad aprire gli occhi mi renderei conto che per lui non provo
niente, è solo qualcuno a cui mi sono voluta aggrappare per avere una
giustificazione su cui sfogare il dolore della mia infanzia – mi disse lei.
- Ci soffri ancora, non è vero? – gli chiesi.
- Si, ma
molto di meno rispetto al passato. Ormai, il dolore sta passando. Ogni tanto ci
ripenso e ci sto male, ma nulla in confronto al passato – mi disse.
- Riuscirò
a farti smettere di stare male? – gli chiesi.
- Lo stai
già facendo. Mi aiuti ogni giorno, anche se non te ne rendi conto – mi disse lei.
- Questa è
la cosa più bella che mi potessi dire – gli dissi
sincero.
- Non vuoi
sapere perché ieri sera mi sono comportata in quel modo? – mi chiese.
- Perché hai pensato a lui? – gli chiesi, sperando che mi dicesse che mi sbagliavo.
Sarebbe
stato duro da accettare sapere che mentre parla con me, scherza
con me, sta con me gli viene in mente lui. Ti prego Bella dimmi
che mi sbaglio, non frantumare il mio cuore in mille pezzi, per favore.
- No,
perché ho visto un ragazzo che mi è sembrato lui – mi
disse lei.
- In che
senso? – gli chiesi.
- Ieri
mentre parlavamo, hai visto quei due ragazzi uscire dal locale? Quelli che
avevano dei cartoni di pizza nelle mani? – mi chiese.
- Si, gli ho visti – gli dissi.
Me ne
ricordavo perché, a parte me e Bella, fuori non c’era nessuno, quindi c’era
abbastanza silenzio e quei due quando erano usciti dal
locale avevano fatto una caciare terribile, ridendo come dei pazzi.
- Quello
biondo con i capelli spettinati mi è sembrato lui – mi disse
lei.
- Di
sicuro ti sei sbagliata. Cosa ci poteva fare lui qui?
– gli dissi io.
- Questo
non lo so, ma sono quasi sicura che fosse lui. La sua
risata la riconoscerei tra mille, e poi i capelli scompigliati in quel modo erano tipici di lui e anche il fisico combaciava
perfettamente – mi disse lei.
Se davvero era lui, non
sapevo se essere felice o se andarmi a buttare da un dirupo. Che
cosa era venuto a fare? A far soffrire Bella anche lì? Non glielo avrei
permesso se questo era il suo intento.
- Se è lui, sicuramente lo rivedremo qualche altra volta – gli
dissi io sperando con tutto me stesso che questo non succedesse.
- Non so
se voglio vederlo – mi disse lei rattristandosi.
- Bella,
non fasciarti la testa prima di rompertela. Può essere stato tutto un caso. Può
essere che l’hai scambiato per qualcun altro – gli dissi io.
- Può
essere. Non so se sperare che sia così oppure sperare
che in realtà sia lui. Comunque per adesso non
importa, e poi ho chi mi protegge – mi disse lei sorridendomi.
- Ah si? E chi sarebbe? Lo conosco? – gli dissi reggendogli il gioco.
- Non
saprei. E’ un playboy da strapazzo, con due bellissimi occhi azzurri e i
capelli sempre al vento – mi dissi.
- Non
credo di conoscerlo – gli dissi io.
- Non sai
quello che ti perdi – mi disse lei schioccandomi un
bacio sulla guancia.
- Beh, deve essere fortunato a poter proteggere te – gli dissi
dandogli anch’io un bacio sulla guancia.
- Infatti lo è, ma anch’io lo sono ad averlo, fortunata
intendo. Adesso scendiamo giù, prima che ci credano dispersi – mi disse lei
tirandomi per il braccio e portandomi fuori dalla sua
stanza. Eravamo ancora tutti in pigiama e scendendo sotto notai che anche gli
altri lo erano. Erano tutti in salotto che giocavano alla
play station. Quando le ragazze ci avevano detto di averne una, eravamo rimasti stupiti, non credevamo che potessero averla.
Ci unimmo anche noi a loro e tutti videro Bella sorridente e sorrisero anche
loro. Alice e Rose gli fecero un cenno con la testa e Bella ricambiò dicendo
solamente “Finalmente ci sono riuscita”.
Le ragazze mi guardarono e sorrisero, mentre io ricambiai il sorriso. Di sicuro
quello era il modo di Bella per far capire alle sorelle che mi aveva raccontato
tutto.
- Se avessi saputo che c’era qualcuno in gradi di far sorridere
Bella con la facilità in cui ci riesci tu, ti sarei venuta a cercare molto
tempo fa – disse Alice rivolgendomi a me, mentre Rose annuì.
Emmett e
Jasper la guardarono sconvolti, forse, non credevano che Bella mi avesse
raccontato tutto.
- Lo sa
anche lui. Gli ho raccontato tutto – gli disse Bella.
Vidi gli
sguardi dei miei fratelli tranquillizzarsi e mi guardarono sorridenti. Bella
spiegò ciò che era successo la sera prima e raccontò per sommi capi a Jasper e Emmett, la storia di quel ragazzo, che solo allora scoprì
si chiamasse Lucas. Mi era sfuggito di chiedergli prima. Ovviamente non
raccontò tutto, per filo e per segno come aveva fatto con me, ma comunque il riassunto che fece era ottimo per far capire
cosa fosse successo. Adesso tutti e tre sapevamo di
loro. Sarebbe toccato a noi raccontargli la nostra storia, anche se a confronto
della loro la nostra era una stupidaggine. In fondo,
noi l’affetto dei genitori l’avevamo avuto, l’unica cosa che ci
era mancata era la loro presenza. Per quel giorno, però, era meglio
fermarsi lì. Basta storie tristi, avremmo parlato di
noi, in un altro momento. Andammo a cambiarci, prima che Renèe tornasse e ci
vedesse in pigiama. Non pensavo che avrebbe creduto che non avessimo fatto
niente. Quando ci cambiammo tornammo giù e si mettemmo a giocare alla play station, ridendo e scherzando come sempre.
Scoprimmo anche, che finalmente, Emmett e Rosalie, avevano
messo fine a quella promessa fatta dal quel pazzo di mio fratello e
finalmente avevano fatto le cose per bene. Ciò che disse Emmett e che Rosalie
condivise con lui ci colpì tutti. “Per la prima volta in vent’anni ho fatto
l’amore e non sesso”. Ero contento per loro, così come lo
erano gli altri. Quando Renèe tornò, si
meravigliò di trovarci lì. In effetti era mancata per
una settimana e mezzo, e l’ultima volta che ci aveva visti era stata alla cena
in cui sembrava che tutti e sei ci odiassimo, invece, adesso ci trovava a
ridere e scherzare tutti insieme. Le ragazze si giustificarono dicendo
solamente: “Le cose cambiano” e poi
tornarono a giocare con noi. Renèe, comunque, si
mostrò contenta che fossimo diventati amici, del resto era quello che sperava
considerato il fatto che lei e Charlie erano molto amici di mamma e papà.
Restammo tutto il pomeriggio a casa a giocare, poi noi ragazzi tornammo a casa
a prepararci, mentre le ragazze fecero altrettanto, visto che poco dopo
dovevamo uscire. Due ore dopo tornammo a casa Swan e cosa
strana li trovammo pronte. Uscimmo e andammo in un pub
a mangiare, poi decidemmo di andare in discoteca. La serata fu divertentissima,
a parte un pugno che avevo sganciato a un ragazzo che
si era permesso di toccare Bella, nonostante lei lo avesse rifiutato. Si era trovato con il naso rotto, ma a parte quel piccolo dettaglio,
la serata era stata grandiosa. Ci divertimmo da morire. E Alice si era dimostrata la solita pazza di sempre. Adoravo
quel folletto e adoravo il fatto che mio fratello se
ne fosse innamorato. Verso le sei mezzo di mattina decidemmo
di tornare a casa. Accompagnammo le ragazze e poi tornammo a casa. Trovammo
mamma che stava uscendo di casa per andare non so
dove. Come faceva ad uscire alle sei e mezzo di mattina? Quello era l’orario di entrata, non di uscita. Ci domandò dove fossimo stati e ci ricordò che quella casa non era un albergo.
Non appena gli dicemmo che eravamo stati con le
ragazze fece un sorriso a trentadue denti e disse che era felicissima, poi se
ne andò. Lei e papà adoravano quelle tre. Spesso si erano
fermate a casa da noi e mamma e papà li trattavano come figlie e anche loro tre
sembravano adorare mamma e papà. Erano felicissimi del fatto che Emmett e
Rosalie si fossero messi insieme, ed erano sicuri che anche io e Jasper avremmo fatto breccia nel cuore di Alice e Bella. Su Alice e
Jasper non avevo nessun dubbio, ma su Bella e me, iniziavo ad averne parecchi.
Forse, in questo momento, Bella aveva solo bisogno di un buon amico e non di un
ragazzo, ma io non sapevo fino a quando sarei riuscito
a resistere tenendo nascosti i miei sentimenti. Andai nella mia stanza, mi feci
una doccia, mi misi il pigiama e poi mi misi sotto le
coperte. Ripensai a quello che Bella mi aveva detto quella mattina. E se Bella avesse ragione? Se quel
ragazzo era davvero Lucas? Ma cosa poteva essere
venuto a fare a Phoenix? All’improvviso uno strano pensiero mi frullò in testa.
E se fosse venuto per Bella? Se dopo la partenza di lei si fosse reso conto che la voleva? Se fosse venuto per riprendersela? No, non poteva essere
vero. Quello era un incubo, stavo solo delirando, non c’era altra spiegazione. Se in quattro anni non aveva mostrato interesse per lei,
perché doveva farlo adesso? Adesso che io ero entrato nella sua vita? No,
quello che stavo pensando era impossibile. Ero io che ero diventato troppo
paranoico. E comunque, qualunque cosa fosse successo,
non importava perché Bella era mia e nessuno me l’avrebbe portata via. Con
questo pensiero mi lasciai cullare dalle braccia di Morfeo.
Risposte alle vostre
recensioni:
- SweetCherry:
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Ecco questo capitolo con quello
che pensa Edward.
- gamolina: Beh
diciamo che manca ancora qualche capitolo all’arrivo di Lucas, ma non ti sei sbagliata
sul fatto che Edward soffrirà.
-
RenEsmee_Carlie_Cullen: Sono contenta di essere riuscita nel mio intento e di
far capire quello che volevo.
- ross_ana:
Si, Alice e Jasper hanno fatto un passo avanti. Quanto a Edward e Bella
dovremmo aspettare parecchio.
- serve: Hai
indovinato, da adesso anche Edward soffrirà, ma ancora ci vuole un po’. Diciamo che non è detto che quello che ha visto Bella sia la
realtà dei fatti, magari come ha detto lei è stato solo frutto della sua
immaginazione, o forse dovuto al fatto che aveva bevuto un po’.
- angel94: Si, c’è
sempre qualcuno che rovina tutto. Comunque non ti
anticipo se era Lucas o meno, ma ti dico che per qualche altro capitolo lui non
ci sarà.
- eMiLyBlOoD: Beh essere troppo simili a volte non aiuta ed è
normale che si finisce per litigare o per non andare sempre d’accordo. Comunque io ho voluto descriverli così uniti sia le ragazze
che i ragazzi perché c’è li vedo benissimo così e poi credo che il legame tra
sorelle, o tra fratelli sia qualcosa di unico, soprattutto se a separarti sono
solo pochissimi anni di differenza. Anche quest’altra
frase è bellissima e me la sono scritta, magari chissà la proporrò in una delle
mie storie, sempre se per te non è un problema, ovviamente precisando che è
opera tua.
- G_i_s_y: Anch’io amo Edward Cullen. Mi sa che sono in tanti ad
amarlo. Alla tua domanda ti rispondo dicendo solo: “A volte l’apparenza inganna”.
Credo che hai già capito.
- moni: Si, diciamo che manca solo
Bella, ma per lei dobbiamo ancora aspettare parecchio. Soffierà molto più di
quello che hai visto.
- _els_: Sono
contentissima che la mia storia ti piaccia. E’ bello
sapere che quello che scrivo piace, anche perché ci metto tutta me stessa.
Un grazie di tutto cuore a tutti voi che avete recensito, a quelli che
hanno messo la mia storia tra i preferiti e nelle seguite. Un altro grazie di cuore anche a
coloro che mi hanno inserita tra gli autori preferiti.
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento e
recensite. Un bacio.
!?...Quando l’amore ti cambia la vita…!?
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