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Autore: adry91    14/09/2009    13 recensioni
Rosalie, Bella e Alice sono tre sorelle newyorchesi che si trasferiscono a Phoenix. Sono le classiche ragazze popolari che tutti invidiano, dal carattere forte e deciso e che non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno. A Phoenix le loro vite si incroceranno con quelle di tre fratelli Emmett, Edward e Jasper, anche loro dal carattere forte. Nessuno di loro crede nell’amore, ma presto si renderanno conto di sbagliare, presto l’amore entrerà nelle loro vite e da lì tutto cambierà.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stefhanie Meyer

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stefhanie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.

 

WHEN THE LOVE CHANGES YOUR LIFE

!?...“Quando l’amore ti cambia la vita”…!?

 

CAPITOLO 27

DELUSIONE D’AMORE

 

POV EDWARDE

Bella si addormentò quasi subito tra le mie braccia, io invece ci misi decisamente di più. Alice e Rosalie mi mandarono un messaggio per chiedermi come stesse Bella e gli risposi che sembrava stare meglio e che si era addormentata. Io non riuscivo proprio a prendere sonno, non riuscivo a capire cosa fosse successo per averla turbata così tanto. Sembrava così tranquilla e allegra, quando ad un tratto il suo viso sembrava essere diventato una maschera di dolore. Cosa diavolo c’era che la faceva soffrire così tanto? Non volevo essere invadente nel chiederglielo, ma se non sapevo cosa gli passasse per la testa non potevo sperare di aiutarla più di tanto. Mi misi ad osservarla e sembrava un angelo mentre dormiva. Era stretta a me e mi stringeva forte come per impedirmi di allontanarmi da lei, come se davvero io avessi potuto farlo. Lei era, ormai, la mia droga, la mia qualità preferita di eroina, ormai io dipendevo in tutto e per tutto da lei. Ero felice solo quando lo era lei ed ero triste quando vedevo i suoi occhi spegnersi. Mi costava tanto stargli accanto solo come un amico, ma meglio questo di niente. Non la consideravo assolutamente come un’amica, ma lei sembrava non accorgersene. Avevo perso ogni interesse verso tutte le altre ragazze, il mio mondo, ormai, era lei. Non sapevo ancora come, ma avrei portato di nuovo il sorriso sul suo volto, un sorriso che non gli avrei più permesso di togliere. Lei era un angelo, e gli angeli sono felici, gli angeli non possono e non devono essere tristi. La baciai sulla fronte e mi addormentai con questi pensieri. Il mattino dopo fui svegliato dal un dolce bacio di Bella sulla mia guancia. Aprì gli occhi e la vidi più tranquilla rispetto alla sera prima, poi guardai l’orario. Le dieci e mezza. Per fortuna oggi era sabato e non c’era scuola. Tornai a posare gli occhi su di lei che mi guardò e mi sorrise.

- Lo sai che sei un ottimo tranquillante? – mi chiese dandomi un altro bacio sulla guancia.

- Ah si? – gli feci io.

- Il mio tranquillante preferito. Ti adoro – mi disse lei.

Come era bello sentire quelle cose dalle sue labbra. Come era bello sapere che per lei ero importante, anche se però non come avrei voluto e sperato io.

- Anch’io piccola – gli dissi baciandogli la punta del naso.

Lei mi sorrise e poi tornò seria, quasi preoccupata. Stava iniziando a dire qualcosa, ma Alice entrò in camera come una furia.

- Come sta la mia sorellina stamattina? – disse lei mentre anche Rosalie comparve in camera.

- Molto meglio – gli disse Bella.

- Dobbiamo crederti? – gli disse Rosalie.

- Certo, ed è tutto merito del signorino – disse lei.

- Cosa hai fatto alla mia sorellina? – disse Emmett entrando anche lui in camera e buttandosi a peso morto sul letto.

Anche Jasper fece la sua apparizione.

- Cos’è? Una riunione di famiglia? – chiesi io notando che tutti erano entrati in stanza.

- Una specie – disse Jasper.

- Allora, potremmo rimandare questa riunione di mezz’ora? – chiese Bella.

- Motivo? – domandarono Alice e Rose all’unisono.

- Devo parlare con Edward – disse Bella.

Con me? E cosa doveva dirmi?

- Devi parlare o devi giocare? – disse Emmett malizioso.

- Fuori da qui, subito – gli dissi io facendo il finto arrabbiato.

- Ok, ok, calma. C’è ne andiamo – disse Jasper.

- Vi aspettiamo per la colazione? – disse Alice.

- No, fate pure. Dì alla domestica di salirla in camera la colazione per noi due – gli disse Bella.

- Ok scricciolo – disse Emmett spingendo fuori Rosalie seguiti a ruota da Jasper e Alice.

Ero proprio curioso di sapere cosa dovesse dirmi.

- Allora? Spara – gli dissi ridendo.

Lei smise di sorridere e si rattristò. Questo mi preoccupò parecchio.

- Io e te dobbiamo parlare – mi disse solamente.

- Di cosa? – gli chiesi.

- Di quello che è successo ieri sera. Ti devo delle spiegazioni – mi disse lei senza guardarmi.

- Non sei obbligata a farlo. Non devi dirmi nulla che tu non voglia – gli dissi io seriamente.

- Devo farlo – mi disse lei.

- Forse non mi sono spiegato bene, tu non mi devi niente. Adesso aspettiamo la colazione e poi scendiamo giù dagli altri – gli dissi.

Non volevo si sentisse obbligata a darmi della spiegazioni, soprattutto considerando la faccia che aveva in quel momento. Non volevo vederla triste.

- No, sono io che non mi sono spiegata bene. Io voglio farlo. Voglio spiegarti cosa mi passa per la testa -  mi disse lei guardandomi finalmente.

- Sei sicura? – gli chiesi.

- Si certo – mi disse lei sorridendomi e dandomi un bacio sulla fronte.

Uscì dalle coperte e si mise seduta sul letto con le gambe incrociate, anche io feci lo stesso. Quando stava iniziando a parlare bussò la cameriera con la colazione. Entrò e posò la colazione sul letto poi uscì. Iniziammo a mangiare e dopo aver mangiato un cornetto e aver bevuto un po’ di succo Bella iniziò a parlare.

- Non ci conosciamo da molto, ma, in realtà, è come se ci conoscessimo da una vita. Riesci a capirmi in ogni momento e non è facile, perché sono molto strana, soprattutto riesci a capire quando è il momento di parlare e quando quello di stare zitti. Mi capisci perfettamente e credo che tu sappia che per me non è facile aprirmi o raccontare di me, ma devo farlo perché hai il diritto di saperlo, ma soprattutto voglio farlo perché pur non sapendo cosa mi passa per la testa non ti sei mai tirato indietro tutte le volte che avevo bisogno di una spalla su cui piangere. Non mi hai presa in giro per la mia fragilità e non mi hai fatto sentire fuori luogo nei momenti in cui sentivo di sprofondare in un baratro senza fine. Mi hai aiutato molto, soprattutto con i tuoi silenzi e i tuoi abbracci. Sei molto importante per me, per questo voglio raccontarti quello che mi succede – mi disse lei sorridendomi.

Dire che ero felice delle sue parole era dire poco. Mi considerava importante ed ero euforico per questo. La mia Bella mi stava dicendo che io ero importante per lei, mi stava aprendo se stessa, pronta a raccontarmi la sua vita. Prese un respiro e continuò.

- La mia storia non è interessante, ne bella, è piuttosto dolorosa e ricca di sofferenza. Non ho passato di certo quella che tutti possono considerare un’infanzia felice. Tutti credono che basta avere dei soldi, tanti soldi perché tutto vada bene, perché tutto sia semplice e perché vi sia la felicità, ma non è così e l’ho imparato a mie spese. I soldi aiutano molto, ma non fanno la felicità. Io a causa dei soldi, del potere, della carriera ho perso la felicità, o forse, non l’ho mai avuta. I soldi offuscano la mente delle persone e non ti permettono di vedere lucidamente, non ti permettono di vedere nulla se non di fare di tutto per accumulare sempre più denaro. Quello che c’è intorno, non ha importanza. Non hanno importanza, i figli, la famiglia, la serenità e l’amore. Solo i soldi sono importanti, questo è quello che la vita mi ha insegnato, anche se non è questo quello per cui vivo, quello a cui credo – mi disse completamente assorta nei suoi pensieri.

La capivo perfettamente. I soldi non sono nulla, in confronto ai valori quali l’amore, la famiglia, la serenità. L’avevo capito a mie spese. Un giorno, anche io gliene avrei parlato, gli avrei parlato della mia vita, ma adesso toccava a lei. Iniziò a raccontarmi di tutta la sua infanzia. Dei problemi economici che all’inizio avevano i suoi genitori, della nascita di tutte e tre le ragazze, dei primi soldi quando suo padre diventò avvocato, del primo libro della madre e del loro progressivo smettere di prendersi cura dei figli. Mi raccontò del divorzio, del collegio dove erano state picchiate e della felicità provata quando andarono a vivere con la zia. Poi mi parlò del fatto che i suoi due anni dopo andarono a prenderle perché erano tornati insieme, del loro periodo di amore e poi di nuovo dei loro litigi, fino a quando riuscirono a trovare un punto d’unione e a stare insieme senza litigare, anche se comunque erano ancora assenti nei confronti delle figlie. Spesso si interrompeva e calde lacrime gli solcavano le guance. Io mi avvicinavo la abbracciavo e poi lei continuava. Gli feci molte domande per capire bene la storia e alla fine del suo racconto ero davvero scioccato. Non potevo credere che quelle tre avessero passato tutto quell’inferno, non potevo credere che dietro la loro maschera si nascondesse tanto dolore e tanta sofferenza. Quando Bella terminò il suo racconto scoppiò a piangere, e io la abbracciai forte a me. Lei continuava a singhiozzare e io cercavo di calmarla come meglio potevo.

- Basta, Bella, è tutto finito. Non permettere al passato di rovinarti ancora la vita – gli dissi io dopo avergli dato un bacio tra i capelli.

- Non è tutto finito. Devo ancora raccontarti cosa è successo a me – mi disse lei asciugandosi le lacrime e facendo un respiro profondo.

Non potevo credere che ci fosse dell’altro. Ma cosa avevano fatto di male per meritarsi tutto quello?

- Se vuoi me lo racconti un’altra volta – gli dissi vedendo che era in uno stato pietoso.

- No, lo farò adesso – mi disse lei.

- Come vuoi – gli dissi io prendendogli le sue mani tra le miei.

- Mamma e papà smisero di litigare, o per lo meno, lo facevano, ma come tutte le coppie normali, come è giusto che sia. Nonostante questo noi continuavamo a non esistere per loro, come ti ho detto eravamo solo dei trofei da mostrare quando gli faceva comodo, quando dovevano fingere che fossimo una famiglia felice. La situazione restò così per un paio di anni. Noi, nel frattempo, ci eravamo costruite una maschera per difenderci da tutto quello che era successo. Eravamo diventate fredde e superficiali con tutti, con tutti tranne che con zia Rachel quelle volte che veniva a trovarci, che ci chiamava o che andavamo a trovarla noi. Per il resto del mondo eravamo impenetrabili e fredde. Nulla poteva scalfirci, o così, volevamo apparire. Io ero l’unico a credere che l’amore vero esistesse, io ero quella qui romanticona, quella che credeva nella metà che ci completa, ma nonostante questo non ero capace di aprirmi con qualcuno. A quindici anni conobbi un ragazzo, era quello che tutti possono definire il bello e impossibile, nulla a che fare con te, ovviamente, ma veniva considerato così, magari perché la gente non aveva conosciuto te e i tuoi fratelli – mi disse lei ridendo.

Sapevo che il suo intento era stemperare la tensione e io la aiutai nel mio intento.

- Questo mi sembra scontato. Ricorda che al mondo belli e impossibili ne esistono solo tre, Edward, Emmett e Jasper Cullen – gli dissi ridendo anch’io.

- Direi piuttosto che adesso ne esiste solo uno. Emmett l’abbiamo perso, ormai, è completamente fuori per Rose e Jasper, beh lui l’abbiamo perso pure. Questione di poco e si mette con Alice. Sono entrambi innamorati, solo un cieco non lo vedrebbe. Quindi, mi sa che sei rimasto solo tu – mi disse lei sorridendomi.

Beh diciamo che, ormai, mi ero perso pure io, ma meglio evitare di farglielo notare.

- E va beh, che ci vuoi fare? Si vede che è rimasto solo il migliore – gli dissi.

- Sei sempre il solito – mi disse lei ridendo.

- Squadra che vince non si cambia – gli risposi.

- Beh, non è detto, comunque devo ancora finire di raccontarti quello che è successo – mi disse lei.

- Si scusa, hai ragione. Continua – gli dissi.

- Allora, dicevo che questo ragazzo era il classico tipo bello e impossibile. Aveva tre anni più di me. Era uno di quei ragazzi a cui andavano dietro un sacco di ragazze, tutte completamente pazze di lui e che avrebbero fatto follie. E chi scegliere tra tutte? Semplice, quella che di lui non ne voleva sapere – mi disse lei indicandosi.

- Com’è che snobbi sempre tutti? – gli dissi io per farla ridere riuscendo nel mio intento.

Quando smise di ridere tornò seria e riprese a parlare.

- Iniziò a corteggiarmi, ma io come ti ho detto non ne volevo sapere neanche a morire. Ero troppo chiusa e le ferite del mio passato erano ancora aperte perché io potessi riuscire ad aprirmi con qualcuno. Eppure, lui non si arrese. Smise di corteggiarmi e iniziò a fare l’amico. Mi faceva morire dal ridere, era sempre con la battuta pronta e non prendeva mai nulla sul serio. Per lui tutto era semplice e lo invidiavo per questo. Lui a differenza mia aveva avuto un padre e una madre che gli volevo bene ed era enormemente legato ai suoi, legato in modo quasi viscerale. Aveva anche un fratello e una sorella. Con il fratello aveva un legame perfetto e con la sorella pure, anche se era molto geloso di lei. La sua poteva essere considerata la classica famiglia felice, al contrario della mia. E, per questo, lo invidiavo. La mia, però, non era un’invidia cattiva, ma una sana e genuina invidia. Lo invidiavo solo perché aveva avuto l’affetto che a me era stato negato. Lui era un libro aperto, bastava guardarlo e gli leggevi dentro. Per un paio di mesi fece l’amico per me, anche se sapevo che il suo intento era un altro. Alla fine mi lascia andare e mi misi con lui. Non provavo amore se questo è quello che ti stai chiedendo, gli volevo solo un gran bene. Lo consideravo un amico, nulla di più. Lui era praticamente perfetto. I suoi amici si chiedevano cosa gli avessi fatto per farlo diventare così, e io mi sentivo in colpa per quello che stavo facendo. Mi piaceva, era davvero bello, ma non si può basare una relazione solo sull’aspetto fisico. Caratterialmente era perfetto, ma non mi scattava nulla quando stavo con lui. Passò così un mese e mezzo da quando ci mettemmo insieme e, io, continuavano a non provare nulla per lui. Iniziai così a inventargli, a volte,  bugie su bugie per non uscire con lui. All’inizio mi credeva, si fidava ciecamente di me, ma poi con l’andar del tempo, iniziò a capire che c’era qualcosa che non andava. Mi chiedeva cosa avesse di sbagliato per indurmi a comportarmi così, ma io non sapevo cosa dirgli. Nonostante tutto mi rimase affianco e si comportava sempre benissimo. Iniziò a dirmi che quello che provava per me era diventato amore e tutte le volte che mi diceva “ti amo” mi mancava un battito, perché io non potevo dirglielo. Io gli volevo solo bene. Decisi così di lasciarlo, di punto in bianco non mi feci più sentire. Non gli diedi nessuna spiegazione, nulla. Lui chiese del mio comportamento a Alice e Rosalie, ma loro ovviamente non gli dissero nulla, anche perché pure loro non sapevano come spiegarselo. Non ero una di quelle che sfugge ai problemi, ma in quella situazione non riuscivo ad affrontarlo. Non riuscivo a dirgli che ero stata con lui pur non provando nulla. Lui non fece nulla, si arrese a quello che era il mio comportamento stupido e piuttosto bambinesco – mi disse lei,  guardandomi negli occhi quando pronunciò l’ultima frase.

- Avevi quindici anni, eri una bambina, non potevi certo comportarti da adulta – gli dissi io cercando di consolarla e poi, quelle cose le pensavo davvero.

- Avevo quindici anni ed ero una bambina, ma quello che avevo passato mi aveva fatto crescere troppo in fretta. Avevo quindici anni, ma era come se ne avessi il doppio per tutto quello che avevo dovuto affrontare – mi disse.

- Si lo so, ma magari hai avuto paura. Tutti sbagliano nella vita. Errare è umano – gli dissi io.

- Ti è mai capitato che un errore ti distrugga la vita? – mi chiese.

- Dove vuoi arrivare? – gli domandai.

- Tu rispondimi – mi disse.

- Ho fatto tanti errori, ma nessuno che mi ha distrutto la vita o comunque che me l’abbia cambiata – gli dissi sincero.

- Ecco, appunto. Solo a me poteva succedere – mi disse.

- Non riesco a seguirti – gli dissi.

- Dopo due settimane dalla nostra rottura lo vidi insieme ad una ragazza e in quel momento scattò qualcosa dentro di me. Lui era mio, come si permetteva quella ragazza a stare con lui? Era questo quello che mi chiedevo, ma subito la realtà mi schiaffeggiò. Lui era stato mio, ma non lo era più. Mi resi conto che, forse, quel ragazzo era davvero importante per me, ma non come un amico, mi resi conto che provavo qualcosa per lui, qualcosa che andava al di là dell’amicizia, ma la mia freddezza mi aveva impedito di rendermene conto in tempo. Non riuscivo a capacitarmi di come fosse potuto succedere e non facevo altro che chiedermi cosa provassi davvero per lui. Quella ragazza con cui lo vidi, in poco tempo divenne la sua ragazza. Io e lei ci conoscevamo, frequentavamo la stessa scuola e spesso ci fermavamo a parlare e ridevamo e scherzavamo insieme, ma da quando si mise con lui iniziò a uccidermi con lo sguardo e iniziò a comportarsi come una bambina, nel senso letterale della parola. Quando mi vedeva ed era con lui, mi guardava e poi si buttava addosso a lui. Non so perché lo facesse, sapevo solo che ogni volta mi strappava il cuore. Quattro mesi dopo le ragazze mi consigliarono di parlargli e a dirgli che mi ero resa conto di aver sbagliato, ma io non me la sentivo. Non sarei riuscita a dire nulla guardandolo negli occhi, così mi decisi a mandargli un messaggio, dove gli scrissi tutto ciò che dovevo dirgli. La sua risposta? Il silenzio. Non disse e non fece nulla. In quel momento mi spezzai. Iniziai a non mangiare più e a dormire poco. Piangevo, ero sempre triste e non uscivo più di casa per non vederli insieme. Alice e Rose erano disperate non sapevano cosa fare. Chiamarono zia Rachel e la fecero venire a New York, ma nemmeno lei riuscì a farmi calmare. I miei si accorsero che qualcosa non andava e iniziarono a preoccuparsi per noi. Finalmente, iniziarono a fare i genitori. Diventarono protettivi al massimo nei nostri confronti e papà divenne gelosissimo di tutte e tre, soprattutto di me. Odia quando un ragazzo si avvicina a me, forse, per paura di vedermi di nuovo in quello stato. Con il passare del tempo iniziai a riprendermi, ma cambiai totalmente. Diventai una stronza di prima categoria. Nessun ragazzo riuscì più a scalfirmi. Avventure di una volta e basta. Nessuno poteva vantarsi di avermi colpito. Il dolore per quel ragazzo ancora era presente e io mi ripromisi che nessun ragazzo si sarebbe avvicinato di nuovo a me, nessun ragazzo mi avrebbe più fatto soffrire. Diventai dura e aggressiva verso l’altro sesso e la maschera che già portavo divenne più forte che mai, non la lasciavo cadere mai. Anche Rose e Alice soffrirono per me, il legame che ci unisce era ed è troppo forte perché anche loro non risentissero del mio stato. Dopo quanto mi era successo diventammo quelle che tu hai conosciuto, anche se voi siete riusciti a far tornare a galla quelle che realmente siamo – mi disse lei terminando la sua storia.

- Lui non ti cercò più? – gli chiesi.

- No, non fece nulla. A volte mi sorrideva e spesso mi guardava, ma nulla di più. Le ragazze dicevano che lui mi voleva ancora, ma che l’orgoglio gli impediva di tornare da me, mentre io ho sempre pensato che lui facesse così perché sapeva di ferirmi alimentando false speranze in me, voleva che io soffrissi come io avevo fatto soffrire lui – mi disse.

- Sapeva la tua storia? – gli chiesi.

- No, non la sapeva nessuno. Per tutti noi Swan eravamo le ragazze più fortunate di New York, quelle ricche e popolari, quelle che potevano vantarsi di avere due genitori che si erano fatti da soli. Sei tu, la prima persona a cui ho parlato di me – mi disse.

Questo non poteva che farmi enorme piacere. Questo significava che si fidava di me.

- I ragazzi lo sanno? – chiesi riferendomi ai miei fratelli.

- Il primo a saperlo è stato Emmett, Rose gli ha raccontato tutto e qualche giorno fa anche Alice l’ha detto a Jasper. Loro comunque della mia situazione sanno solo che ho avuto una delusione d’amore, le ragazze non gli hanno spiegato nulla. Hanno detto che se un giorno vorrò, sarò io a raccontarglielo, quindi su questo sei l’unico a saperlo – mi disse.

C’era una cosa che volevo assolutamente sapere.

- Posso chiederti una cosa? Se non vuoi, però, non rispondere – gli dissi.

- Dimmi – mi disse.

- Lo ami? O comunque l’hai amato? – gli dissi.

- Non ho mai capito cosa in realtà provassi per lui. C’è stato un periodo in cui ho creduto di si, ma non ne sono sicura. Alice e Rose dicono che non è mai stato amore, la mia era solo ossessione di lui. Avevo idealizzato in lui tutti i ragazzi e quando me ne si presentava uno, facevo il paragone con lui, e allora quello mi sembrava una nullità. Le mie sorelle dicono che se io riuscirei ad aprire gli occhi mi renderei conto che per lui non provo niente, è solo qualcuno a cui mi sono voluta aggrappare per avere una giustificazione su cui sfogare il dolore della mia infanzia – mi disse lei.

- Ci soffri ancora, non è vero? – gli chiesi.

- Si, ma molto di meno rispetto al passato. Ormai, il dolore sta passando. Ogni tanto ci ripenso e ci sto male, ma nulla in confronto al passato – mi disse.

- Riuscirò a farti smettere di stare male? – gli chiesi.

- Lo stai già facendo. Mi aiuti ogni giorno, anche se non te ne rendi conto – mi disse lei.

- Questa è la cosa più bella che mi potessi dire – gli dissi sincero.

- Non vuoi sapere perché ieri sera mi sono comportata in quel modo? – mi chiese.

- Perché hai pensato a lui? – gli chiesi, sperando che mi dicesse che mi sbagliavo.

Sarebbe stato duro da accettare sapere che mentre parla con me, scherza con me, sta con me gli viene in mente lui. Ti prego Bella dimmi che mi sbaglio, non frantumare il mio cuore in mille pezzi, per favore.

- No, perché ho visto un ragazzo che mi è sembrato lui – mi disse lei.

- In che senso? – gli chiesi.

- Ieri mentre parlavamo, hai visto quei due ragazzi uscire dal locale? Quelli che avevano dei cartoni di pizza nelle mani? – mi chiese.

- Si, gli ho visti – gli dissi.

Me ne ricordavo perché, a parte me e Bella, fuori non c’era nessuno, quindi c’era abbastanza silenzio e quei due quando erano usciti dal locale avevano fatto una caciare terribile, ridendo come dei pazzi.

- Quello biondo con i capelli spettinati mi è sembrato lui – mi disse lei.

- Di sicuro ti sei sbagliata. Cosa ci poteva fare lui qui? – gli dissi io.

- Questo non lo so, ma sono quasi sicura che fosse lui. La sua risata la riconoscerei tra mille, e poi i capelli scompigliati in quel modo erano tipici di lui e anche il fisico combaciava perfettamente – mi disse lei.

Se davvero era lui, non sapevo se essere felice o se andarmi a buttare da un dirupo. Che cosa era venuto a fare? A far soffrire Bella anche lì? Non glielo avrei permesso se questo era il suo intento.

- Se è lui, sicuramente lo rivedremo qualche altra volta – gli dissi io sperando con tutto me stesso che questo non succedesse.

- Non so se voglio vederlo – mi disse lei rattristandosi.

- Bella, non fasciarti la testa prima di rompertela. Può essere stato tutto un caso. Può essere che l’hai scambiato per qualcun altro – gli dissi io.

- Può essere. Non so se sperare che sia così oppure sperare che in realtà sia lui. Comunque per adesso non importa, e poi ho chi mi protegge – mi disse lei sorridendomi.

- Ah si? E chi sarebbe? Lo conosco? – gli dissi reggendogli il gioco.

- Non saprei. E’ un playboy da strapazzo, con due bellissimi occhi azzurri e i capelli sempre al vento – mi dissi.

- Non credo di conoscerlo – gli dissi io.

- Non sai quello che ti perdi – mi disse lei schioccandomi un bacio sulla guancia.

- Beh, deve essere fortunato a poter proteggere te – gli dissi dandogli anch’io un bacio sulla guancia.

- Infatti lo è, ma anch’io lo sono ad averlo, fortunata intendo. Adesso scendiamo giù, prima che ci credano dispersi – mi disse lei tirandomi per il braccio e portandomi fuori dalla sua stanza. Eravamo ancora tutti in pigiama e scendendo sotto notai che anche gli altri lo erano. Erano tutti in salotto che giocavano alla play station. Quando le ragazze ci avevano detto di averne una, eravamo rimasti stupiti, non credevamo che potessero averla. Ci unimmo anche noi a loro e tutti videro Bella sorridente e sorrisero anche loro. Alice e Rose gli fecero un cenno con la testa e Bella ricambiò dicendo solamente “Finalmente ci sono riuscita”. Le ragazze mi guardarono e sorrisero, mentre io ricambiai il sorriso. Di sicuro quello era il modo di Bella per far capire alle sorelle che mi aveva raccontato tutto.

- Se avessi saputo che c’era qualcuno in gradi di far sorridere Bella con la facilità in cui ci riesci tu, ti sarei venuta a cercare molto tempo fa – disse Alice rivolgendomi a me, mentre Rose annuì.

Emmett e Jasper la guardarono sconvolti, forse, non credevano che Bella mi avesse raccontato tutto.

- Lo sa anche lui. Gli ho raccontato tutto – gli disse Bella.

Vidi gli sguardi dei miei fratelli tranquillizzarsi e mi guardarono sorridenti. Bella spiegò ciò che era successo la sera prima e raccontò per sommi capi a Jasper e Emmett, la storia di quel ragazzo, che solo allora scoprì si chiamasse Lucas. Mi era sfuggito di chiedergli prima. Ovviamente non raccontò tutto, per filo e per segno come aveva fatto con me, ma comunque il riassunto che fece era ottimo per far capire cosa fosse successo. Adesso tutti e tre sapevamo di loro. Sarebbe toccato a noi raccontargli la nostra storia, anche se a confronto della loro la nostra era una stupidaggine. In fondo, noi l’affetto dei genitori l’avevamo avuto, l’unica cosa che ci era mancata era la loro presenza. Per quel giorno, però, era meglio fermarsi lì. Basta storie tristi, avremmo parlato di noi, in un altro momento. Andammo a cambiarci, prima che Renèe tornasse e ci vedesse in pigiama. Non pensavo che avrebbe creduto che non avessimo fatto niente. Quando ci cambiammo tornammo giù e si mettemmo a giocare alla play station, ridendo e scherzando come sempre. Scoprimmo anche, che finalmente, Emmett e Rosalie, avevano messo fine a quella promessa fatta dal quel pazzo di mio fratello e finalmente avevano fatto le cose per bene. Ciò che disse Emmett e che Rosalie condivise con lui ci colpì tutti. “Per la prima volta in vent’anni ho fatto l’amore e non sesso”. Ero contento per loro, così come lo erano gli altri. Quando Renèe tornò, si meravigliò di trovarci lì. In effetti era mancata per una settimana e mezzo, e l’ultima volta che ci aveva visti era stata alla cena in cui sembrava che tutti e sei ci odiassimo, invece, adesso ci trovava a ridere e scherzare tutti insieme. Le ragazze si giustificarono dicendo solamente: “Le cose cambiano” e poi tornarono a giocare con noi. Renèe, comunque, si mostrò contenta che fossimo diventati amici, del resto era quello che sperava considerato il fatto che lei e Charlie erano molto amici di mamma e papà. Restammo tutto il pomeriggio a casa a giocare, poi noi ragazzi tornammo a casa a prepararci, mentre le ragazze fecero altrettanto, visto che poco dopo dovevamo uscire. Due ore dopo tornammo a casa Swan e cosa strana li trovammo pronte. Uscimmo e andammo in un pub a mangiare, poi decidemmo di andare in discoteca. La serata fu divertentissima, a parte un pugno che avevo sganciato a un ragazzo che si era permesso di toccare Bella, nonostante lei lo avesse rifiutato. Si era trovato con il naso rotto, ma a parte quel piccolo dettaglio, la serata era stata grandiosa. Ci divertimmo da morire. E Alice si era dimostrata la solita pazza di sempre. Adoravo quel folletto e adoravo il fatto che mio fratello se ne fosse innamorato. Verso le sei mezzo di mattina decidemmo di tornare a casa. Accompagnammo le ragazze e poi tornammo a casa. Trovammo mamma che stava uscendo di casa per andare non so dove. Come faceva ad uscire alle sei e mezzo di mattina? Quello era l’orario di entrata, non di uscita. Ci domandò dove fossimo stati e ci ricordò che quella casa non era un albergo. Non appena gli dicemmo che eravamo stati con le ragazze fece un sorriso a trentadue denti e disse che era felicissima, poi se ne andò. Lei e papà adoravano quelle tre. Spesso si erano fermate a casa da noi e mamma e papà li trattavano come figlie e anche loro tre sembravano adorare mamma e papà. Erano felicissimi del fatto che Emmett e Rosalie si fossero messi insieme, ed erano sicuri che anche io e Jasper avremmo fatto breccia nel cuore di Alice e Bella. Su Alice e Jasper non avevo nessun dubbio, ma su Bella e me, iniziavo ad averne parecchi. Forse, in questo momento, Bella aveva solo bisogno di un buon amico e non di un ragazzo, ma io non sapevo fino a quando sarei riuscito a resistere tenendo nascosti i miei sentimenti. Andai nella mia stanza, mi feci una doccia, mi misi il pigiama e poi mi misi sotto le coperte. Ripensai a quello che Bella mi aveva detto quella mattina. E se Bella avesse ragione? Se quel ragazzo era davvero Lucas? Ma cosa poteva essere venuto a fare a Phoenix? All’improvviso uno strano pensiero mi frullò in testa. E se fosse venuto per Bella? Se dopo la partenza di lei si fosse reso conto che la voleva? Se fosse venuto per riprendersela? No, non poteva essere vero. Quello era un incubo, stavo solo delirando, non c’era altra spiegazione. Se in quattro anni non aveva mostrato interesse per lei, perché doveva farlo adesso? Adesso che io ero entrato nella sua vita? No, quello che stavo pensando era impossibile. Ero io che ero diventato troppo paranoico. E comunque, qualunque cosa fosse successo, non importava perché Bella era mia e nessuno me l’avrebbe portata via. Con questo pensiero mi lasciai cullare dalle braccia di Morfeo.

 

 

Risposte alle vostre recensioni:

 

- SweetCherry: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Ecco questo capitolo con quello che pensa Edward.

 

-  gamolina: Beh diciamo che manca ancora qualche capitolo all’arrivo di Lucas, ma non ti sei sbagliata sul fatto che Edward soffrirà.

 

- RenEsmee_Carlie_Cullen: Sono contenta di essere riuscita nel mio intento e di far capire quello che volevo.

 

- ross_ana: Si, Alice e Jasper hanno fatto un passo avanti. Quanto a Edward e Bella dovremmo aspettare parecchio.

 

- serve: Hai indovinato, da adesso anche Edward soffrirà, ma ancora ci vuole un po’. Diciamo che non è detto che quello che ha visto Bella sia la realtà dei fatti, magari come ha detto lei è stato solo frutto della sua immaginazione, o forse dovuto al fatto che aveva bevuto un po’.

 

- angel94: Si, c’è sempre qualcuno che rovina tutto. Comunque non ti anticipo se era Lucas o meno, ma ti dico che per qualche altro capitolo lui non ci sarà.

 

- eMiLyBlOoD: Beh essere troppo simili a volte non aiuta ed è normale che si finisce per litigare o per non andare sempre d’accordo. Comunque io ho voluto descriverli così uniti sia le ragazze che i ragazzi perché c’è li vedo benissimo così e poi credo che il legame tra sorelle, o tra fratelli sia qualcosa di unico, soprattutto se a separarti sono solo pochissimi anni di differenza. Anche quest’altra frase è bellissima e me la sono scritta, magari chissà la proporrò in una delle mie storie, sempre se per te non è un problema, ovviamente precisando che è opera tua.

 

- G_i_s_y: Anch’io amo Edward Cullen. Mi sa che sono in tanti ad amarlo. Alla tua domanda ti rispondo dicendo solo: “A volte l’apparenza inganna”. Credo che hai già capito.

 

- moni: Si, diciamo che manca solo Bella, ma per lei dobbiamo ancora aspettare parecchio. Soffierà molto più di quello che hai visto.

 

- _els_: Sono contentissima che la mia storia ti piaccia. E’ bello sapere che quello che scrivo piace, anche perché ci metto tutta me stessa.

 

Un grazie di tutto cuore a tutti voi che avete recensito, a quelli che hanno messo la mia storia tra i preferiti e nelle seguite. Un altro grazie di cuore anche a coloro che mi hanno inserita tra gli autori preferiti. Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento e recensite. Un bacio.

 

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