Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: _Atlas_    30/06/2023    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XXI
 
 


 
 
I medici del pronto soccorso avevano portato via Darryl alla velocità della luce.
«È stabile, ma non è ancora fuori pericolo» aveva detto l’infermiera con voce concisa tornando in sala d’attesa dopo circa un’ora. Avevano tutti tirato un sospiro di sollievo, ma la situazione restava critica e l’idea di tornare a casa non era stata presa in considerazione da nessuno.
Axel, che era rimasto in piedi per tutto il tempo, si era infine seduto accanto a Richie iniziando ad agitare nervosamente la gamba sperando di scaricare la tensione.
«Ti prego, mi stai facendo venire il mal di mare» aveva commentato il ragazzo, facendogli notare che le sedie erano tutte attaccate l’una all’altra.
«Scusa» borbottò quindi fermandosi e ricominciando dopo neanche una manciata di minuti. Richie sbuffò, ma alla fine gli rivolse un sorriso quasi rassegnato.
Era rimasto frastornato dalla velocità con cui tutto era accaduto; un momento prima si era sentito cullato dal clima sereno della serata e un momento dopo si era ritrovato a praticare un massaggio cardiaco e ad aspettare col cuore in gola che qualcuno gli dicesse che Darryl si sarebbe ripreso.
In quelle due ore interminabili nessuno aveva osato fiatare, come se ognuno stesse aspettando il momento adatto per lasciarsi andare. Alla paura, alla tristezza, all’angoscia.
Lion fu il primo a cedere, Axel lo vide prendere improvvisamente distanza da loro con fare nervoso e probabilmente sul punto di scoppiare a piangere. Jenna, che lo aveva intercettato ben prima di lui, gli andò dietro.
«Lion?»
«È stata colpa mia» lo sentì mormorare mentre tentava inutilmente di soffocare un singulto. Axel si morse la lingua, ascoltandoli suo malgrado.
«Che stai dicendo?» gli chiese la donna.
«Gli ho fatto mangiare tutti quei dolci, mi aveva detto di smetterla ma io…» spiegò asciugandosi con nervoso le lacrime. Jenna addolcì appena lo sguardo cercando quello del ragazzo, che però continuava a sfuggirle.
«Lion, guardami…Darryl è malato, sarebbe potuto accadere in qualsiasi momento, tu non c’entri niente» gli disse, e Axel colse in quelle parole l’eco di una conversazione vecchia ormai vent’anni.
«Gli ho fatto mangiare dolci per tutta la sera, Jenna! Glieli faccio mangiare sempre…Come può non essere colpa mia?!» replicò Lion, senza più riuscire a frenare il pianto. A quel punto Jenna lo strinse a sé, abbracciandolo e sussurrandogli all’orecchio parole che ad Axel sfuggirono, ma che non faticò a immaginare.
«Non dovrebbe essere qui con noi» disse a un tratto Richie, richiamando la sua attenzione.
«Chi?»
«Lion. Non dovevamo fargli nessuna festa. Doveva essere fuori a festeggiare con i suoi amici, divertirsi con loro e poi filare a casa dai suoi. Fare le cose che fanno tutti gli adolescenti e non…questo.»
Quelle parole lo colpirono come una pugnalata, ricordandogli che solo diciotto ore prima aveva scelto di portarselo a spasso tra i suoi impegni lavorativi quando invece avrebbe dovuto trovarsi seduto su un banco di scuola con la testa sui libri.
Non si era reso conto dell’errore, un po’ come quando, tanti anni prima, aveva accettato di dedicarsi alla stesura di un fumetto che avrebbe dovuto scrivere qualcun altro.
Sospirò con pesantezza, sentendosi un po’ con le spalle al muro.
Fu Lion e bloccare quel flusso di pensieri, ora più calmo, prendendo posto accanto a lui e cercando di nascondere i respiri spezzati dal pianto. Jenna era rimasta in disparte, intenta a fare una telefonata.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, magari una parola di conforto che confermasse quanto già gli aveva detto Jenna, ma non ne fu in grado e alla fine lo guardò sperando che in quel modo potesse trasmettergli anche un piccolo segnale di comprensione. Anche Richie cercò di sorridergli, ma come lui si era chiuso nel silenzio e alla fine non aggiunse altro.
«Dovevo stare più attento» mormorò Lion poco dopo.
«Che vuoi dire?» chiese Axel un po’ precipitosamente, quasi avesse sperato di sentirgli dire qualcosa, una qualunque. Intercettò nel frattempo lo guardo di Jenna, ancora impegnata al telefono.
«Che dovevo essere più responsabile. Lo sapevo che Darryl è malato e che dovrebbe stare attento a tutto quello che fa, ma io me ne sono fregato.»
«Sei sicuro di essertene fregato?»
«Sì, ho pensato che tanto lui è forte…che sarà mai un po’ di panna spray. E invece gli è venuto un infarto. Cazzo, ho fatto un casino.»
«Lion, smettila di incolparti. Non è per colpa della panna spray se gli è venuto un infarto» tentò di convincerlo, ma quelle parole risuonarono vuote persino a sé stesso e davvero non era la persona adatta per sollevarlo da quel senso di colpa.
«Magari non è stata la panna spray, ma io dovevo comunque…»
«Cosa...?»
«Non lo so…stare attento. Come fa Jenna.»
Axel non rispose, lasciando sospesa quella conversazione che avrebbe preferito non avere mai, tantomeno con Lion. Rimase come paralizzato, inseguendo le fughe del pavimento nel tentativo di distrarsi, ma in realtà sapeva bene di aver preso una bastonata in pieno petto. L’ennesima, da quando era tornato a Mismar.
«Dov’è il tuo skateboard?» domandò poco dopo Jenna, riavvicinandosi a loro e dando una pacca sulla spalla a Lion.
«L’ho lasciato al locale.»
«Domani passa a riprendertelo, lo sai che Darryl ci tiene all’ordine» gli disse con velata ironia, senza riuscire però a farlo sorridere. Si sedette al suo fianco e inaspettatamente Lion poggiò la testa sulla sua spalla, senza abbandonare la sua espressione tirata. A sua volta Jenna si strinse a lui e per un po’ rimasero così, nel silenzio della sala d’attesa interrotto solo dal via vai delle infermiere.
«E se muore? Cosa si fa?»
Quella domanda rimase sospesa per secondi infiniti, e Axel pensò che forse Lion era stato l’unico ad avere il coraggio di esprimerla ad alta voce.
«Ci penseremo. Nel frattempo aspettiamo, il fatto che sia stabile è una cosa buona» rispose Jenna, cercando di non sbilanciarsi. Axel incrociò velocemente il suo sguardo, come se cercasse da lui una conferma e anche se non ci credeva poi molto, alla fine le diede corda.
«Credo abbia intenzione di rompermi le scatole per almeno un paio di faccende, perciò dubito che si lascerà andare proprio stasera» disse facendo spallucce e ricambiando imbarazzato il sorriso che gli rivolse Jenna.
Lion non rispose, rincorrendo chissà quali pensieri.
«Insomma, alla fine la mia torta era buona?» si azzardò a chiedere Richie, intromettendosi in quello strano tentativo di alleggerire l’atmosfera.
«Sei stato superlativo, anche se forse avrei preferito la chantilly al limone» gli rispose Jenna.
«Spiacente, se ne riparla al tuo compleanno.»
«Non è che ci offendiamo se ce la prepari prima.»
«Dipende. Potrei non avere l’ispirazione giusta.»
«Per la chantilly al limone?»
«Certo. Sono un’artista, l’ispirazione è fondamentale. Giusto Axel? Tu te ne intendi di queste cose, no?»
«Non lo so Richie» gli rispose lui incrociando le braccia sul petto «disegnare non è esattamente come preparare una crema chantilly. Comunque più che all’ispirazione io punto alla frustrazione, mi piace andare controcorrente» precisò, facendo ridacchiare Jenna e persino Lion, anche se solo per un secondo.
«Dici eh?» soppesò il giovane «In effetti hai l’aria di essere uno molto frustrato, con questo sguardo un po’ nostalgico da artista bohemien di fine ‘800. »
Axel lo fulminò con lo sguardo e fece per rispondergli a tono, ma fu interrotto da Lion che all’improvviso sobbalzò sulla sedia accanto a lui.
«Mamma?!»
Una donna si avvicinò a passo svelto verso di loro, aveva un caschetto castano lungo fino alle spalle e lo sguardo confuso di chi non sapeva dove andare. Appena riconobbe Lion sembrò tirare un sospiro di sollievo, e più si avvicinava più la somiglianza con il figlio era evidente.
«Che ci fai qui?» le domandò il ragazzo, a metà tra l’incredulo e l’impacciato.
«Ho saputo di Darryl…Tu come stai? Vieni, andiamo a casa…» gli disse, facendo nel frattempo un cenno di saluto verso Jenna.
«Ma io…Pensavo di rimanere qui. Darryl non sta ancora bene, perciò…»
«Lion, sono quasi le due del mattino.»
«Lo so, ma se Darryl si sveglia io…» tentò di dire.
«Lion, la situazione è grave, lo sai. Potrebbe non risvegliarsi, e comunque non è detto che si riprenda del tutto, perciò…»
«Ma perché devi dire così?! Non lo puoi sapere, nessuno lo sa!» esclamò con improvvisa rabbia. «Lo dai già per morto!»
«Non ho detto questo, Lion! Voglio solo farti capire che restare qui non ha senso se…» ribatté la madre cercando forse le parole per rimodulare, invano, la frase.
«Sì che lo hai detto! E invece ha senso rimanere, solo che tu non lo capisci! Come sempre! Non ti importa nemmeno! Perché non provi a…»
«Lion, non ho nessuna voglia di litigare in questo momento. Prendi le tue cose e andiamo a casa. Domani mattina devo svegl-»
«Giuro che non ti sopporto» le disse scuro in volto. Prese il suo telefono e senza aggiungere altro si lasciò gli altri alle spalle, avviandosi verso l’uscita dell’ospedale.
«Mi dispiace» mormorò la donna cercando lo sguardo di Jenna, ma lei non rispose, limitandosi a farle un cenno di saluto con la mano mentre raggiungeva Lion.
«Credo che ne approfitterò per farmi dare un passaggio» disse Richie alzandosi «Non riesco a stare qui. Se ci sono novità scrivetemi.»
Con passo ciondolante sparì dietro l’uscita e all’improvviso il silenzio della sala divenne insopportabile. Axel si passò con stanchezza le dita sulla fronte, trovando infine il coraggio di guardare Jenna.
Come aveva immaginato, aveva gli occhi lucidi e le sopracciglia incurvate in un’espressione profondamente triste.
«Sono stata io a chiamarla.»
«Avevo capito.»
«Non volevo che Lion stesse qui, soprattutto la sera del suo compleanno» mormorò cercando di frenare le lacrime «Invece ho peggiorato la situazione.»
«Anche Richie la pensa come te. Ma forse…forse Lion voleva davvero stare qui, stanotte» le disse ripensando a quanto fosse rimasto in apprensione prima dell’arrivo dell’infermiera.
«Lui adora Darryl. Se fosse rimasto e le cose si fossero messe male non so come avrebbe reagito. Probabilmente così terrà il muso a sua madre per giorni, e magari stanotte non chiuderà occhio, ma almeno non…»
«Almeno non vivrà direttamente quel momento.»
«Già.»
Axel abbassò lo sguardo, chiedendosi come invece avrebbe reagito lui, a quel momento. Aveva immaginato di viverlo migliaia di volte, come faceva sempre quando si affezionava a qualcuno e ne iniziava a temere la perdita, quasi fosse una specie di conseguenza obbligatoria e scontata del semplice atto di voler bene a una persona e di vedere quel bene restituito. Non c’erano alternative, così preferiva essere distaccato piuttosto che vivere – o rivivere – un abbandono. Per questo odiava trovarsi lì, in ospedale, a Mismar, insieme a Jenna.
Lion, rifletté, lo batteva invece di cento punti e si era impuntato per rimanere con loro anche se questo avrebbe potuto fargli affrontare una perdita importantissima.
Anche Jenna, che di fatto portava dentro di sé la sua stessa ferita, era andata oltre, arrivando a proteggere Lion sperando nell’aiuto di chi avrebbe dovuto farlo per dovere e che invece non aveva compreso.
«Siete voi i parenti del sig. Henderson?»
All’improvviso un’infermiera spezzò il silenzio facendo trasalire entrambi, mentre si avvicinava a passo svelto nella loro direzione. Jenna le andò subito in contro e Axel la seguì con il cuore che gli martellava nel petto, aspettandosi il peggio.
Quel breve tragitto gli portò alla mente la sera in cui Jake si lasciò cadere dalla finestra della sua camera, al settimo piano di un condominio, strafatto di cocaina e col volto tumefatto per i cazzotti di Cody Harris. Si era fatto strada tra la folla di curiosi, accecato dalla luce dell’ambulanza e con la voce di Jenna che lo chiamava da lontano mentre una manciata di metri lo separava dal sapere la verità che avrebbe stravolto la sua vita.
 
 
____
 
 
 
NdA
Ehmmm, che cosa posso dire? A parte il cliffhanger finale – di nuovo? Ebbene sì – spero che il capitolo sia stato interessante e che abbia dato qualche spunto di riflessione. Ammetto di essere contenta di come INCREDIBILMENTE io stia riuscendo a scrivere tutto quello che mi ero prefissata. Certo, per la versione definitiva della storia credo ci vorrà ancora molto tempo, ma intanto…
 
Come sempre vi invito a lasciare un commentino di incoraggiamento, qualora la storia vi stia piacendo…o anche in caso contrario, ché le critiche sono comunque ben accette.
 
Grazie a chi passa da qui,
 
_Atlas_
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: _Atlas_