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*** Chiedo umilmente scusa per l’immenso ritardo con cui ho postato questo capitolo…la preparazione di un esame, una capricciosissima connessione internet e, da non trascurare, gli ultimi strascichi d’estate mi hanno impedito di avvicinarmi al computer con tutte le loro forze, senza lasciarmi via di fuga. ***
Il sesso è la droga più potente che esista, e chi ha avuto il coraggio di dire che non fa male era un perfetto idiota.
No, non poteva essere tutto risolto così. Il sesso distoglie momentaneamente dai problemi, fa sentire bene, riempie il cervello, senza lasciare spazio per pensare a nient’altro. Ma, come il resto, ha un gigantesco difetto: l’effetto passa troppo in fretta.
E nel momento in cui passa l’euforia, il problema è sempre li, immobile, anzi, solitamente ancora più grande di prima, se possibile.
Volevo credere che quello che avevamo fatto non era sbagliato, volevo crederci davvero. Ma per quanto mi sarebbe piaciuto pensare che quello non era un errore, purtroppo non ci riuscivo.
Non mi resi conto di quello che era successo fino a quando non sentii Vincent parlare, dopo molti minuti in cui eravamo rimasti in silenzio, io persa nell’oblio dei miei non-pensieri, lui in chissà quali altri.
«Mi dispiace Elian, davvero», mormorò, con il viso sui miei capelli. Una piccola parte del mio cervello si chiese il perché di quelle parole, ma la stragrande maggioranza dei miei neuroni si rifiutavano categoricamente di riprendere a funzionare. Non volevo ricominciare a pensare. Continuavo a cullarmi con il dolce suono della sua voce, senza dar retta a quello che diceva.
Sospirò. «Io.. scusami». Un paio di neuroni diedero segni di vita. Non capivo bene perché, ma sembrava che Vincent si sentisse in colpa. E non per quello che credevo io. «Sono stato stupido, non volevo che succedesse.. mi dispiace. Per tutto».
Non volevo che succedesse.
Fu come ricevere un pugno in pieno viso.
Era come se mi fossi svegliata di colpo, stordita, dopo un lungo sonno.
Ma che diavolo avevo fatto? Cosa mi era mai passato per la testa?
Mi alzai a sedere, di scattò, gli occhi sbarrati. Lui mi guardò, senza dire una parola, e si mise lentamente a sedere accanto a me.
Si sentiva in colpa per essere venuto a letto con me. Non voleva farlo, non voleva che succedesse, e me l’aveva appena detto.
Mi ero sbagliata. Le cose non erano cambiate affatto. Erano peggio di prima.
Lui non mi voleva. Non mi voleva più. Per questo se n’era andato. Per questo mi aveva lasciata.
Illusa. Era stato così fin dall’inizio.
Serrai le ginocchia al petto, mi vergognavo come una ladra.
Ero solo una povera stupida.
«Elian», mi disse piano, sfiorandomi una spalla con la mano. Ma io lo scacciai via.
«Vattene via». Lui sussultò sentendo il tono della mia voce, nero come il mantello si cui ero seduta.
Affondai il viso tra le mani, disperata. Cos’era stato? Uno capriccio, un puro desiderio fisico, o che altro?
Ma perché l’avevo fatto? Perché mi ero lasciata andare a quello che probabilmente era l’errore più stupido di tutta la mia esistenza?
Vincent, intanto, era immobile al mio fianco. «Io non me ne vado», provò a dire, cauto.
«No. Ti ho detto di andartene», gli ripetei, testarda, senza muovermi di un millimetro. Non avevo la minima intenzione di starlo a sentire.
Esattamente come lui non sembrava avere la minima intenzione di andarsene via.
«Elian, ascoltami, non hai...», provò a dire lui. Ma era davvero troppo, e non lo lasciai finire.
«VATTENE!», gli gridai, con quanta più forza avevo nei polmoni.
Lui si ammutolì di colpo. Sentivo il suo sguardo addosso, ma pregavo che lo distogliesse. Non volevo che mi guardasse, non volevo che mi vedesse in quello stato. Dopo alcuni istanti, sempre senza dire una parola, lo sentii alzarsi in piedi. Raccolse qualcosa da terra, e subito dopo sentii il tessuto del suo mantello avvolgermi, posato sopra le mie spalle.
Lo sentii camminare piano verso il limite della radura, poi, silenzioso, lo sentii sparire nel bosco, a tutta velocità. Pian piano scomparve anche l’impercettibile suono dei suoi passi.
Se n’era andato.
Ero rimasta sola. Di nuovo. Alzai il viso, e mi guardai intorno. Era tutto esattamente come prima.
Passai alcuni minuti a guardarmi intorno, come aspettandomi di vederlo comparire dal folto del bosco, come se nulla fosse. Era del tutto senza senso.
Pazza. Ero stata proprio io a mandarlo via.
Dovevo essere fuori di testa, non c’erano dubbi. Mi sentivo come se fossi dentro un frullatore, frastornata.
Fare l’amore con lui era stato l’errore più madornale e meraviglioso di tutta la mia vita.
Ma dovevo saperlo che questo non avrebbe risolto i problemi. Ero stata una folle anche solo a pensarlo.
Adesso lui era andato via. Chissà dov’era in quel momento, chissà se sarebbe mai tornato.
Ne dubitavo. La prima volta che se n’era andato l’avevo creduto morto, la seconda volta ero stata proprio io a mandarlo via, perché era vivo.
Appoggiai il viso sulle ginocchia, affondandomi le dita nei capelli.
Ma cosa avevo fatto?
Adesso mi metto buona buona in un angolino in punizione, non prima di aver postato il capitolo :)
A tutti voi…un bacio gigantesco…au revoir! :*