Da piccola mi fu osteggiato l'accesso alla
tecnologia
per tutta una serie di ragioni opinabili da parte di mia madre che non
starò a
discutere in questo capitolo.
Non potei mai guardare la TV finché non
me ne andai di
casa, né avevo libero accesso ad un computer, ed ebbi un
cellulare ed un
computer miei solo a partire dai 15 anni perché riuscii a
procurarmeli da
sola.
Era il 2009, l'anno in cui piano piano riuscii a
evadere dal proibizionismo, perché finalmente cominciavo ad
avere un minimo
accesso al denaro, con cui potevo ottenere beni e servizi in autonomia.
Fino ai 15 anni in pratica vissi come in un
convento
ed ebbi modo di leggere tantissimo, ma solo materie di studio e pochi
romanzi,
perché in famiglia nessuno aveva la passione per le storie
lunghe. Divorai
intere enciclopedie e mi innamorai della scienza, in particolare
materie che agli
altri stavano antipatiche e chissà perché per me
erano comprensibili.
Il modo in cui riuscii a ricavare denaro
è un po'
deprecabile, ma la butto sul ridere pensando che già
svettava preponderante il
mio spirito imprenditoriale.
Mi ero resa conto che a scuola mancava sempre
qualcosa
di prima necessità. Tutti avevano bisogno di qualcosa che
era difficile da
reperire in quell'ambiente e facilissimo da trovare all'esterno. Quindi
avevo
individuato la domanda: mancava l'offerta.
La macchinetta della scuola vendeva a prezzi
assurdi
le merendine, una merendina a 1,50€, addirittura
2,00€... Ma una confezione da
6 merendine costava 3€.
Le ragazze erano sempre senza assorbenti e senza
antidolorifici. In una confezione maxi di paracetamolo da 1gr c'erano
40
compresse (su per giù) e la confezione veniva meno di
8€.
Nessuno riusciva a comprendere le spiegazioni di
alcuni professori... Io potevo scrivere gratuitamente appunti e
spiegazioni
rielaborate da me, che tanto avrei fatto comunque perché
è uno dei miei metodi
di studio, e le fotocopie costavano 10cent a foglio. I miei appunti
erano e
sono tuttora qualcosa di eccezionale, non so perché, ma
tutti ci si trovano
benissimo e riesco a cogliere sempre i punti salienti. Poi rielaboro da
diverse
fonti, quindi puoi addirittura trovare cose utili che i professori non
hanno
detto ma che io ho letto su un altro libro di testo, esempi pratici e
spiegazioni alla mano.
Vendevo le merendine a 1€ invece che a
1,50 o 2 ,
ricavando 3€ da ogni confezione.
Volevi una compressa di paracetamolo? Nessun
problema,
ogni persona poteva prenderne massimo 2 al giorno (perché
con 6gr di
paracetamolo ci lasci le penne) al costo di 1€ al grammo,
facendo un guadagno
di 32€ ogni confezione di paracetamolo.
Stesso discorso per assorbenti e appunti: vuoi le
mie
fotocopie? 5€ e sono tuoi, con un guadagno di 4€ (5
meno il costo delle
fotocopie).
Poi c'erano le sigarette a 2€ l'una, con
quelle sì che
ero ladra, però facevo una fatica boia a recuperarle, quindi
non rompete le
balle e, se volete fumare, sganciate. Stessa cosa per la falsificazione
delle
firme sulle giustificazioni.
Mi fermo qui che è meglio.
Mi avevano soprannominato in una maniera molto
strana,
ancora oggi mi chiedo perché fossi conosciuta come "La Zia".
Forse
perché sarebbe stato difficile dedurre il riferimento a me
sentendo due
ragazzine che dire "Non hai la giustificazione? Hai chiesto alla
zia?"
Sorvolando sull'illegalità di
ciò che facevo, tiravo
su circa 100 euro al mese, spese escluse.
Pertanto mi diedi alla pazza gioia e acquistai un
Nokia
5800 usato e un PC che avrà avuto quindici proprietari prima
di arrivare nelle
mie mani, ma era mio. Qualcosa di totalmente mio, finalmente.
Installai sopra una versione di Linux Ubuntu che a
memoria
credo fosse la 12.04 o giù di lì, forse anche
qualcosa di più datato. Non avevo
accesso ad internet a casa di mia madre, ma il computer era
giustificato perché
a scuola in alcune materie era richiesto e mia madre non poteva
ostacolarmi. Il
cellulare restò un segreto finché un giorno, a 16
anni, non me lo vide e, dopo
una litigata epocale, disse solo che anche quello potevo utilizzarlo
solo per
due ore al giorno (ceeeeeeeeerto, come no, stai certa che mo’
smetto di usarlo
solo perché me l’hai detto tu). Ma non
poté fare niente perché ero troppo
grande e soprattutto me l’ero acquistata da sola.
In alcuni posti c'era accesso ad internet, come a
scuola. Appena riuscivo collegarmi, aprivo tutte le pagine che potevo e
le
salvavo, copiavo i testi su file di testo (Office.odt su Linux) per
leggerli in
altri momenti, lasciavo le finestre aperte sul browser e poi mettevo il
PC in
sospensione e appena potevo aprirlo avevo tipo 30 finestre sul browser
da
leggere. Che guaio quando finiva la RAM e mi chiedeva di ricaricare
tutto ed
era stato lavoro inutile...
Fu in quegli anni che sviluppai quello che
è tuttora
il mio carattere di base, sarcastico, meditabondo, ironico. Verso i
vent'anni
persi un po' di quella tempra sagace a causa della depressione, per
ritrovarla
poi migliorata in età adulta.
Fatto sta che in quegli anni, dal 2009 al 2013
(quando
me ne andai da casa) ebbi modo di conoscere tantissime
realtà virtuali che mi
lasciarono senza fiato. Sorvolando sui social network (con il tipo di
connessione che avevo io non avrebbe avuto senso avere degli account, e
poi
sono refrattaria a quel genere di dipendenze virtuali), scoprii i forum
e anche
gli scrittori online, tra cui anche EFP stesso, cui mi registrai ad
inizio 2011
e che non ho mai dimenticato.
Tra tutti i forum che ebbi modo di osservare,
decisi
di iscrivermi ad uno che trattava di animali un po' meno convenzionali,
nello
specifico pesci, anfibi, rettili e tutta una serie di simpatiche
creature che
tutto erano meno che pucciose eppure mi affascinavano in una maniera
incommensurabile. Come si può restare indifferenti davanti
alla bellezza di
alcuni tipi di gasteropodi o di aracnidi, con la loro
complessità e le loro
tecniche evolutive che hanno dell'incredibile... ed è stato
così che piano
piano ho cominciato ad inserirmi in quell'ambiente, in cui
già ero abbastanza
ferrata perché per anni avevo letto testi scientifici,
vissuto a contatto con
la natura e sapevo un sacco di cose che gli altri ignoravano.
C'è una grande differenza quando leggi e
assorbi
passivamente ogni nozione, perché il libro fa unicamente da
vettore in uscita
di informazioni, rispetto a quando sei tu che comunichi agli altri
ciò che sai
o hai un dialogo con chi è la fonte diretta di quelle
informazioni. Era
estremamente emozionante trovarmi ad avere a che fare con persone
competenti
con cui potevo avere un dialogo costruttivo su cose che amavo senza
bisogno di
pagarle o che fossimo vincolati da una relazione docente-alunno (che
per me era
molto frustrante dato che di professori decenti ne avrò
avuti due in tutta la
mia vita).
Tra queste persone trovai lei, Marica (nome di
fantasia). Aveva la mia età e veniva dalla Calabria. Anche
lei aveva una
passione smodata per la natura e gli animali e intrattenni con lei una
relazione epistolare via mail che durò dal 2009 al 2011, per
poi spostarsi sul
telefono quando facemmo entrambe una promo della Vodafone-Omnitel che,
se
impegnavi tua madre al banco dei pegni, vendevi un quarto di fegato
ogni sei
mesi e facevi qualche lavoretto per la criminalità
organizzata albanese, ti
offriva al modico prezzo di ventordicimila euro al mese 300 minuti di
chiamate,
200MB di dati ed SMS illimitati.
Così cominciammo a scriverci ogni giorno
e fu
un'amicizia bellissima.
Abitavamo a circa 1000km di distanza ma eravamo
legate
da una amicizia saldissima.
Lei mi raccontava della sua realtà, di
come fosse
perseguitata da dei bulli e io non mi capacitavo di come fosse
possibile. Lei
era bella, colta, simpatica, aveva il fidanzato e non aveva niente che
fisicamente potesse indurre gli altri al bullismo, eppure le facevano
sempre
dispetti ed era presa di mira dai compagni.
Io invece ero un soggetto molto differente,
isolata,
introversa, non mi truccavo né mi curavo in alcun modo del
mio aspetto e alle
medie e al liceo non si poteva certamente dire che fossi bella,
così come ero
concia, eppure avevo rispetto da tutti.
Lei era il mio modo di evadere quando non avevo
ancora
la possibilità di farlo fisicamente. Mi perdevo nei suoi
racconti, nelle sue
vicende, ascoltavo i suoi problemi, le davo consigli, e ora che ci
ripenso,
sapevo di lei molto più di quanto lei sapesse di me. Forse
anche perché io parlavo
di meno, ma adesso credo che fosse perché io la ascoltavo
più di quanto lei
ascoltasse me.
Dal 2012 al 2014 ebbi un periodo di sbandamento
abbastanza grave, eppure i rapporti con lei restarono costanti. Non le
raccontai mai il peggio di me, ora che ci ripenso deve essere stato
questo il
mio errore.
Solo una mia amica ha conosciuto quella parte della
mia
vita e ancora oggi vuole avere a che fare con me. Guarda caso
è la stessa amica
che ha fatto schifo insieme a me, e con la quale mi sono risollevata
nonostante
tutto e tutti e ora siamo donne affermate e nessuno direbbe che quelle
due
alcolizzate violente sono finite a gestire fondi e investimenti e
progettare
immobili. Gli altri si sono persi in quel vortice.
Ma Marica non era come lei, Marica era delicata,
fine,
gioiosa, espansiva, estroversa. Adorava la moda, i trucchi, le piante e
il
mare. Parlava per ore dei suoi hobbies e quando nel 2013 feci WhatsApp
(e
addirittura una promo da 10GB che mi costò giusto un rene e
mezzo), lei era
un'auto da corsa senza freni e parlava di continuo. Quando inventarono
i
messaggi vocali, credo nel 2015, se non vado errata, lei
cominciò a mandarmene
una caterva.
Dapprima messaggi brevi (perché
all'inizio potevano
durare solo 1 minuto e venti secondi, poi hanno tolto la limitazione) e
alla
fine inviava veri e propri poemi orali, che se li avesse messi su carta
a
quest'ora avrebbe composto mille volumi di chiacchiere. Eppure le
volevo un
bene dell'anima e quindi non mi dava fastidio ascoltarla. Se chiunque
altro mi
avesse inviato un messaggio vocale da dieci minuti avrei buttato
giù mezzo paradiso
e invece con lei no.
Avevamo deciso entrambe di studiare materie
scientifiche e lei amava i gatti e mi aiutò tanto anche
nella cura dei miei,
andando ad informarsi laddove io mi incartavo.
Nel periodo in cui decisi di lasciare l'Italia lei
mi
accompagnò in quel viaggio e mi sostenne.
Mentre io ho avuto fondamentalmente due importanti
relazioni sentimentali prima dei 25 anni, lei era sempre e soltanto
stata
fidanzata con un ragazzo. Lui all'inizio sembrava perfetto, lei lo
dipingeva
così, ma davvero questo ragazzo doveva volerle molto bene
durante i primi anni.
Io in quegli anni conobbi, lasciai e ripresi,
l’ex compagno
con cui ho passato otto anni di relazione, con cui avrei dovuto
sposarmi e con
cui ho lasciato l’Italia. Lei mi spinse sempre tra le sue
braccia, spezzò
sempre lance a suo favore e tentava di essere sempre molto razionale
nelle sue
giustificazioni. Lì per lì non capivo come mai
volesse proprio che io stessi
con lui, ma pensavo che fosse perché io uscivo da situazioni
burrascose e lei,
che invece era fidanzata da quando aveva 16 anni, vedesse con
più chiarezza di
me. Insomma la famosa “esperienza” che a me mancava.
È innegabile che io mi aprii con lei
sempre di più dopo
il mio trasferimento all’estero, perché non avevo
nulla di cui vergognarmi riguardo
alla mia nuova vita e l’ho quindi tenuta informata per tanti
anni,
raccontandole ogni cagata che mi succedeva proprio come lei raccontava
a me.
Alla fine anche io avevo preso ad inviarle lunghi audio, a lei e solo a
lei, perché
sapevo già che chiunque altro mi avrebbe giustamente mandata
a fanculo.
Lei sapeva tutto, di tutti i miei sforzi, della
fatica
di alzarsi ogni giorno alle 6 e tornare a casa alle 21, badare ad una
casa da
sola, dover mantenere due persone con uno stipendio minimo
all’estero, con il
pericolo che se avessi perso quell’impiego sarei dovuta
tornare in Italia ed
era l’ultima cosa che volevo.
Feci dei sacrifici indescrivibili. Andammo a vivere
in
una casa senza riscaldamento a gas, per risparmiare, in cui il
proprietario ci
disse “Io non sono razzista, quindi anche se siete italiani
va bene, non ho
bisogno che mi diate tutte quelle conferme di buona condotta, referenze
e
casellari: basta che mi paghiate. Il giorno in cui vedrò che
non avete versato
l’affitto, entrerò in casa, butterò
tutto fuori e cambierò la serratura. Nessuno
vi aiuterà perché non siete di qui.”
Che tenero.
E pensare che se qualcuno mi dicesse una cosa del
genere adesso, il mio avvocato gli farebbe il culetto a strisce e mi
dovrebbe
pagare i danni morali per chissà quanto.
Furono anni veramente duri, è difficile
da descrivere,
ma mentre io nuotavo in un mare di merda per affermarmi, il mio
compagno
arrancava di continuo ed era una rottura di coglioni abominevole. Per
cinque
anni rimase precario, con me che gli facevo da garante per non farlo
tornare in
Italia con un calcio nel culo e pagai affitto e bollette da sola per
anni, perché
lui faceva solo lavoretti saltuari e non ne aveva abbastanza soldi per
tutto.
La mia amica Marica mi restò vicina e
sembrava capire
cosa mi succedeva, quindi mi consolavo pensando che non ero totalmente
sola.
Nel frattempo lei cosa faceva? Beh, lei studiava.
Ha
sempre avuto un rapporto bellissimo con tutta la sua famiglia,
all’università
era riuscita a farsi alcune amiche e aveva finito una triennale, per
poi
cominciare una specializzazione, per poi fare un’altra
triennale, per poi fare
un dottorato, per poi fare il gran cazzo di boh non faceva un cazzo
oltre che
studiare.
Per l’amor di Dio, studiare è
molto importante, ma
arrivata quasi a trent’anni, con due lauree, una
specializzazione e un altro titolo
di studio in cantiere che sa il cazzo cosa era, io mi chiedevo davvero
cosa
volesse andare a fare una volta uscita dalla scuola.
Lei non rispondeva mai in maniera precisa, stava
sempre sul vago. A volte, più che progetti, le sue
sembravano fantasticherie. Io
però non mi permettevo di giudicarla perché
comunque lei non dava fastidio a
nessuno: i suoi genitori erano felici che lei stesse a casa con loro,
le davano
paghette, auto, vestiti, trucchi… a me nessuno ha mai dato
la paghetta. Anzi, a
partire dalla maggiore età dovetti pagare
l’affitto perfino a mia madre. Vabbè,
stendiamo un velo su quest’ultima cosa, in fondo me ne sono
andata che avevo
quasi 19 anni, quindi alla fine l’ho pagata per nemmeno sette
mesi.
Per la prima laurea le feci un regalo, inviato a
distanza, festeggiammo, eravamo contente. Fece la specializzazione e
wow, altri
festeggiamenti! Un po’ meno intensi, però comunque
ero contenta. Alla seconda
laurea io le feci solo gli auguri, anche perché nel
frattempo anche io avevo
conseguito delle conquiste, nuovi titoli di studio, promozioni
eccetera, ma lei
aveva sempre concluso in fretta con un “Brava,
complimenti!” e fine della
storia. Quando poi mi disse che cominciava un percorso di abilitazione
per
chissà cosa e non aveva mai nemmeno fatto un tirocinio, io
rimasi stranamente
delusa.
Era l’anno del Covid, il 2020, quando lei
iniziò il
suo quarto percorso di studio. Io avevo all’attivo due titoli
di studio
importanti, patenti ed abilitazioni professionali, avevo traslocato in
un
appartamento con i controcazzi e divenni titolare della mia ditta. Lei
mi fece
solo gli auguri, come se in fondo non avessi fatto un cazzo di che.
Non è che quando uno raggiunge questi
obiettivi vuole
uno spettacolo pirotecnico dedicato, ma nemmeno un brava!
del cazzo.
Eppure, ascoltandola, non avrei mai detto che fosse invidiosa e lo
riconfermo, lei
non era invidiosa. Credo che non gliene fottesse proprio niente, il suo
egocentrismo
era supremo.
Il Covid piegò il mondo e mentre ognuno
di noi
affrontava la vita come meglio poteva, giunsero nuove sfide per
entrambe. Da
parte mia, cominciai a rendermi conto che la relazione con il mio
compagno (che
finalmente aveva trovato un lavoro fisso!! Era anche ora, stupido
coglione) era
davvero deteriorata e che io ero un cavallo sciolto e lui il cowboy col
lazo
sempre pronto ad incaprettarmi per non farmi andare più in
là di quanto lui potesse
arrivare.
Le amicizie dall’Italia si obnubilarono:
moltissimi
dei miei amici si persero in un buco nero di negatività e,
mentre anche all’estero
noi vivevamo con il peso della pandemia, continui messaggi di terrore
mi
giungevano dall’Italia. Nel mio Paese il lockdown
durò solo cinque settimane,
poi tutto riprese a pieno regime, invece in Italia durò mesi
e mesi e tutti
erano in pieno delirio.
Tutti tranne Marica, che sembrava esaltata
dall’apocalisse.
Divenne una fervente sostenitrice di mascherine, disinfettanti e teorie
catastrofiche.
Nonostante tutto restò coerente e non posso dire che avesse
diminuito la sua
presenza virtuale, anzi, visto che aveva più tempo libero
dovendo studiare in
casa, era anche più presente, ma la qualità delle
conversazioni lasciava molto
a desiderare.
Io ero turbata, estremamente stressata, stavo
affrontando la vera ribalta, io a capo di tutto senza avere la giusta
preparazione, avevo perso i miei amici storici e la mia relazione era
prossima
al capolinea, ed eravamo già al 2021.
D’altro canto Marica stava affrontando il
vero sconcerto:
le avevano imposto uno stage. Se non avesse fatto almeno sei mesi di
stage, non
le avrebbero mai concesso il quarto titolo di studio che voleva.
Ed ecco che finalmente si scoprì per
ciò che era, ora
posso dirlo con certezza: una ragazzina spaventata dal mondo.
L’unica cosa che
sapeva fare era studiare. Era convinta che avrebbe potuto studiare per
tantissimo tempo e al massimo, semmai avesse dovuto lavorare, avrebbe
potuto
fare ripetizioni o insegnare, prima o poi sarebbe rimasta incinta del
suo
ragazzo, si sarebbe sposata e avrebbe fatto la casalinga a vita. Mi
spingeva
sempre tra le braccia del mio ex perché lei era stata
tradita più volte dal suo
ragazzo eppure ancora ci stava insieme. Non era per amore, era
perché non aveva
le palle per mandarlo al diavolo. Aveva paura di restare sola, di
sparire dai
riflettori perdendosi nel mare della vita di un adulto, per quello
accettava
docile di stare a casa di mamma e papà, perché
uscire di casa, lavorare,
lasciare quel coglione, avrebbe voluto dire diventare adulta e lei
avrebbe
fatto di tutto pur di restare nel suo angolino rosa di frivolezze e
studio, perché
lo studio, la scuola, le permetteva di avere una
scusa socialmente accettabile
per non dover lavorare e farsi mantenere.
Lei cominciò il suo tirocinio e io
lasciai il mio
compagno. Inutile dire che ebbi bisogno della sua presenza
e… non la trovai. Lei
non era più disponibile e io cercai di essere comprensiva,
perché comunque
adesso “lavorava”. Allora le mandavo un messaggio
di testo per chiederle come
stava, se aveva un attimo da dedicarmi in serata perché
avevo bisogno di fare due
chiacchiere con un’amica e lei se ne usciva con i suoi soliti
vocali in cui
però riusciva solo a dire quanto fosse stanca e disperata di
doversi alzare
ogni giorno alle 7 (alle sette, porca troia! Io mi sveglio alle 6 da
venti
cazzo di anni, porca Lapponia!!!) e tornare a casa alle 17
(cioè davvero lo
stai dicendo a me? A quella stronza che per quattro anni si
è fatta dodici ore
di lavoro al giorno con tre settimane di ferie all’anno senza
garanzie di
riuscita?). Non esistono bestemmie o parolacce che possano esprimere la
frustrazione
che mi davano i suoi discorsi.
Stavo comunque soffrendo, perché una
parte della mia
vita se n’era andata, avevo dovuto farlo, mi ritrovavo sola
non per mia scelta,
ma per imposizione governativa che teneva ancora chiusi i locali e
tutti i miei
amici e familiari erano lontani, con una ditta sul groppo e
l’ansia di farla
fallire in quella crisi e lei mi raccontava di quanto era stanca a
dover andare
a lavorare per SEI MESI? Cioè, anche se dovessi fare questo
sforzo enorme, anche
se avesse dovuto alzarsi alle 3 di notte e tornare a casa alle 21,
è comunque a
tempo determinato! Finirà presto e poi avrai esaudito il tuo
desiderio, TIENI
DURO. Ma lei no, lei non la vedeva così, aveva lacrime solo
per sé stessa.
Non rispondeva più ai miei messaggi a
meno che non
dovesse piangersi addosso e volesse qualcuno che l’ascoltasse.
Visto che mi ritrovai sola, decisi di fare una cosa
che per anni avevo escluso a priori: i social networks.
Ho sempre odiato i social e tuttora evito di
utilizzarli
spesso, sono più che altro un fantasma che guarda video,
legge post e si
sganascia dal ridere sui meme per poi sparire nel nulla, senza
commentare.
E fu allora che scoprii una cosa che mi
lasciò
interdetta: la mia cara amica Marica è un’influencer.
Niente di ciò che so di lei era sulle
sue pagine, erano
tutte di facciata.
Rimasi davvero senza parole. Com’era
possibile che non
avesse nemmeno il tempo per rispondermi ad un messaggio e poi
pubblicasse un
video con tanto di montaggio, dialoghi, coreografie, trucchi ogni tre
giorni?
Le scrissi dicendole che non immaginavo che fosse
famosa, ma lei sminuì tutto, dicendo che no, non era
così importante. Non resistetti
più e le feci notare che comunque la sua pagina doveva
essere più importante di
me dato che l’altra sera, mentre ero in lacrime, mi aveva
detto che era
impegnata e non poteva parlare e poi invece aveva fatto una diretta di
due ore
su un nuovo fondotinta!
Lei mi disse che non capivo, che quello per lei era
un
lavoro. Le chiesi perché non me ne avesse mai parlato, a me
che custodivo così
tanti suoi segreti e che l’avrei sicuramente sostenuta anche
in quello. Lei
disse che stavo ingigantendo la cosa e che quello era solo un mezzuccio
che
aveva per pagarsi qualche vestito e mangiare gratis in qualche posto,
farsi i capelli
o le unghie senza pagare e cose di questo genere.
La stima che provavo nei suoi confronti era colata
a
picco.
Presi le distanze anche da lei e nel passare dei
mesi
mi fidanzai col mio attuale compagno, con cui decidemmo di fare un
viaggio in Italia
nel 2022, guarda caso proprio nella regione italiana in cui lei vive.
Nonostante
non fossimo più amiche come prima, ero molto più
serena perché ero riuscita ad
ingranare nella ditta, avevo ottenuto ottimi risultati e avevo fatto un
progetto di tali dimensioni che mi avrebbe portato, di lì al
2026, ad essere un
pezzo grosso del mio settore. Lei aveva finito il suo tirocinio del
cazzo ed
era tornata mielosa, anche se non mi mandò più
quei vocali lunghissimi e non
toccò più l’argomento “non
avere tempo per risponderti”. Aveva ottenuto il suo
quarto titolo di studio, le feci comunque i complimenti, ma non troppo
calorosi, in fondo lei non aveva detto niente davanti alle mie
conquiste professionali.
La informai che di lì a sei mesi sarei
stata dalle sue
parti, tenendola aggiornata man mano che organizzavo il viaggio,
lasciandole
una disponibilità di tre giorni per incontrarci. Finalmente,
dopo 13 anni, ci
saremmo viste di persona. Magari ci saremmo mandate a fanculo una volta
per
tutte, ma almeno avrei guardato negli occhi una delle persone
più importanti
della mia vita.
Prendemmo aerei, battelli, noleggiammo auto e in
una
settimana feci 1500km con un’auto a noleggio per girare tutta
la regione. Le chiesi
di vederci il primo giorno, lei mi disse che era impegnata con la
famiglia,
rimandai al giorno dopo, ma aveva un impegno con le amiche, allora il
terzo
giorno feci 200km e andai sotto casa sua, nelle ore in cui aveva detto
che
sarebbe stata libera.
La chiamai e le chiesi di scendere, che ero sotto
casa
sua. Era sconcertata, disse che non poteva, perché stava
seguendo delle lezioni
online per un quinto percorso di studio (inserire bestemmia a caso).
Le dissi che comunque aveva ancora un’ora
di tempo
prima che cominciasse qualsiasi cosa fosse quella cazzata che stava
facendo (non
usai questi termini, ma ne pensai di peggiori) e lei… lei
disse che non poteva,
perché doveva cucinare il pranzo per suo padre,
“l’uomo della famiglia che lavora
e porta il pane a casa. Una donna non può esimersi da questi
doveri, è
importante che trovi il piatto di pasta caldo in tavola quando stacca.
Se scendo
non farò in tempo a fare niente e non posso far salire
nessuno, mamma non
vuole.” TRENT’ANNI.
Durante tutto questo tempo io ero rimasta sotto
casa
sua, sotto al sole a cui sono allergica, che mi bruciava la carne come
il fuoco
di un accendino, con la mia solita espressione statica alla Cillian
Murphy e il
mio compagno che fissava il marciapiede a braccia conserte.
Sono certa che lei mi abbia vista dalla finestra,
sebbene
io da sotto non riuscissi a vedere niente a causa dei riflessi sui
vetri e le
tendine bianche tirate.
Le mandai un messaggio di addio e lei rispose tre
giorni dopo, quando sapeva che ormai ero tornata a casa mia.
“Non è come sembra,
io a te ci tengo davvero, ma ce l’ho con te perché
quando ho preso l’ultimo
titolo di studio tu non mi hai fatto abbastanza
congratulazioni.”
Non risposi mai più.
I social sono veri bastardi e a volte mi escono
ancora
suoi video sulla home… ma non provo rabbia, solo un leggero
senso di nausea e
di rigetto. Allontano il telefono e vado a fumare.
Non possono essere frottole quelle che ho ascoltato
per
tanti anni, forse ero una delle poche a conoscerla veramente come una
persona
con tutte le sue debolezze e punti di forza. Eppure in pochi mi hanno
deluso
tanto in questa vita.
Mi chiedo cosa pensasse quando mi sentiva criticare
gli influencer e lei mi dava ragione… il mio compagno dice
che se mi dava
ragione e negava di esserlo, è perché temeva il
mio giudizio. Eravamo come sorelle
e poche persone mi hanno conosciuto più di lei, possibile
che non abbia mai
trovato il coraggio di dirmelo?
Alla fine, meglio soli che male accompagnati.