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Autore: fiore di pesco    10/07/2023    2 recensioni
Vi propongo degli estratti dei miei pensieri più intimi, celata da un anonimato che dura da oltre un decennio.
Non è un testo delicato, non sono una persona eccessivamente sensibile e quindi potreste incappare in black humor, turpiloquio e considerazioni talvolta ciniche che potrebbero turbare i lettori più emotivi. Non voglio far finta che questo mi dolga, non sono mai stata ipocrita.
Potrete trovare capitoli composti da una vicenda che mi è successa di recente, altre molto lontane nel tempo, pensieri, aforismi, quello che mi va.
Alcune di queste riflessioni sono state scritte in bozze sul mio diario anni fa e non so perchè stasera abbia sentito l'esigenza di condividerle con qualcuno. Forse per strappare una risata o una imprecazione, ma sempre meglio della noia.
Questa "storia" è una raccolta disomogenea e non segue una trama, ogni capitolo è a sè e quindi non pubblicherò con scadenze, seguirà l'ispirazione.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Da piccola mi fu osteggiato l'accesso alla tecnologia per tutta una serie di ragioni opinabili da parte di mia madre che non starò a discutere in questo capitolo.

Non potei mai guardare la TV finché non me ne andai di casa, né avevo libero accesso ad un computer, ed ebbi un cellulare ed un computer miei solo a partire dai 15 anni perché riuscii a procurarmeli da sola. 

 

Era il 2009, l'anno in cui piano piano riuscii a evadere dal proibizionismo, perché finalmente cominciavo ad avere un minimo accesso al denaro, con cui potevo ottenere beni e servizi in autonomia.

Fino ai 15 anni in pratica vissi come in un convento ed ebbi modo di leggere tantissimo, ma solo materie di studio e pochi romanzi, perché in famiglia nessuno aveva la passione per le storie lunghe. Divorai intere enciclopedie e mi innamorai della scienza, in particolare materie che agli altri stavano antipatiche e chissà perché per me erano comprensibili. 

 

Il modo in cui riuscii a ricavare denaro è un po' deprecabile, ma la butto sul ridere pensando che già svettava preponderante il mio spirito imprenditoriale.

Mi ero resa conto che a scuola mancava sempre qualcosa di prima necessità. Tutti avevano bisogno di qualcosa che era difficile da reperire in quell'ambiente e facilissimo da trovare all'esterno. Quindi avevo individuato la domanda: mancava l'offerta.

La macchinetta della scuola vendeva a prezzi assurdi le merendine, una merendina a 1,50€, addirittura 2,00€... Ma una confezione da 6 merendine costava 3€. 

Le ragazze erano sempre senza assorbenti e senza antidolorifici. In una confezione maxi di paracetamolo da 1gr c'erano 40 compresse (su per giù) e la confezione veniva meno di 8€.

Nessuno riusciva a comprendere le spiegazioni di alcuni professori... Io potevo scrivere gratuitamente appunti e spiegazioni rielaborate da me, che tanto avrei fatto comunque perché è uno dei miei metodi di studio, e le fotocopie costavano 10cent a foglio. I miei appunti erano e sono tuttora qualcosa di eccezionale, non so perché, ma tutti ci si trovano benissimo e riesco a cogliere sempre i punti salienti. Poi rielaboro da diverse fonti, quindi puoi addirittura trovare cose utili che i professori non hanno detto ma che io ho letto su un altro libro di testo, esempi pratici e spiegazioni alla mano.

Vendevo le merendine a 1€ invece che a 1,50 o 2 , ricavando 3€ da ogni confezione. 

Volevi una compressa di paracetamolo? Nessun problema, ogni persona poteva prenderne massimo 2 al giorno (perché con 6gr di paracetamolo ci lasci le penne) al costo di 1€ al grammo, facendo un guadagno di 32€ ogni confezione di paracetamolo.

Stesso discorso per assorbenti e appunti: vuoi le mie fotocopie? 5€ e sono tuoi, con un guadagno di 4€ (5 meno il costo delle fotocopie). 

Poi c'erano le sigarette a 2€ l'una, con quelle sì che ero ladra, però facevo una fatica boia a recuperarle, quindi non rompete le balle e, se volete fumare, sganciate. Stessa cosa per la falsificazione delle firme sulle giustificazioni.

Mi fermo qui che è meglio.

 

Mi avevano soprannominato in una maniera molto strana, ancora oggi mi chiedo perché fossi conosciuta come "La Zia". Forse perché sarebbe stato difficile dedurre il riferimento a me sentendo due ragazzine che dire "Non hai la giustificazione? Hai chiesto alla zia?"

 

Sorvolando sull'illegalità di ciò che facevo, tiravo su circa 100 euro al mese, spese escluse. 

Pertanto mi diedi alla pazza gioia e acquistai un Nokia 5800 usato e un PC che avrà avuto quindici proprietari prima di arrivare nelle mie mani, ma era mio. Qualcosa di totalmente mio, finalmente.

Installai sopra una versione di Linux Ubuntu che a memoria credo fosse la 12.04 o giù di lì, forse anche qualcosa di più datato. Non avevo accesso ad internet a casa di mia madre, ma il computer era giustificato perché a scuola in alcune materie era richiesto e mia madre non poteva ostacolarmi. Il cellulare restò un segreto finché un giorno, a 16 anni, non me lo vide e, dopo una litigata epocale, disse solo che anche quello potevo utilizzarlo solo per due ore al giorno (ceeeeeeeeerto, come no, stai certa che mo’ smetto di usarlo solo perché me l’hai detto tu). Ma non poté fare niente perché ero troppo grande e soprattutto me l’ero acquistata da sola.

 

In alcuni posti c'era accesso ad internet, come a scuola. Appena riuscivo collegarmi, aprivo tutte le pagine che potevo e le salvavo, copiavo i testi su file di testo (Office.odt su Linux) per leggerli in altri momenti, lasciavo le finestre aperte sul browser e poi mettevo il PC in sospensione e appena potevo aprirlo avevo tipo 30 finestre sul browser da leggere. Che guaio quando finiva la RAM e mi chiedeva di ricaricare tutto ed era stato lavoro inutile...

 

Fu in quegli anni che sviluppai quello che è tuttora il mio carattere di base, sarcastico, meditabondo, ironico. Verso i vent'anni persi un po' di quella tempra sagace a causa della depressione, per ritrovarla poi migliorata in età adulta. 

Fatto sta che in quegli anni, dal 2009 al 2013 (quando me ne andai da casa) ebbi modo di conoscere tantissime realtà virtuali che mi lasciarono senza fiato. Sorvolando sui social network (con il tipo di connessione che avevo io non avrebbe avuto senso avere degli account, e poi sono refrattaria a quel genere di dipendenze virtuali), scoprii i forum e anche gli scrittori online, tra cui anche EFP stesso, cui mi registrai ad inizio 2011 e che non ho mai dimenticato.

Tra tutti i forum che ebbi modo di osservare, decisi di iscrivermi ad uno che trattava di animali un po' meno convenzionali, nello specifico pesci, anfibi, rettili e tutta una serie di simpatiche creature che tutto erano meno che pucciose eppure mi affascinavano in una maniera incommensurabile. Come si può restare indifferenti davanti alla bellezza di alcuni tipi di gasteropodi o di aracnidi, con la loro complessità e le loro tecniche evolutive che hanno dell'incredibile... ed è stato così che piano piano ho cominciato ad inserirmi in quell'ambiente, in cui già ero abbastanza ferrata perché per anni avevo letto testi scientifici, vissuto a contatto con la natura e sapevo un sacco di cose che gli altri ignoravano. 

 

C'è una grande differenza quando leggi e assorbi passivamente ogni nozione, perché il libro fa unicamente da vettore in uscita di informazioni, rispetto a quando sei tu che comunichi agli altri ciò che sai o hai un dialogo con chi è la fonte diretta di quelle informazioni. Era estremamente emozionante trovarmi ad avere a che fare con persone competenti con cui potevo avere un dialogo costruttivo su cose che amavo senza bisogno di pagarle o che fossimo vincolati da una relazione docente-alunno (che per me era molto frustrante dato che di professori decenti ne avrò avuti due in tutta la mia vita).

 

Tra queste persone trovai lei, Marica (nome di fantasia). Aveva la mia età e veniva dalla Calabria. Anche lei aveva una passione smodata per la natura e gli animali e intrattenni con lei una relazione epistolare via mail che durò dal 2009 al 2011, per poi spostarsi sul telefono quando facemmo entrambe una promo della Vodafone-Omnitel che, se impegnavi tua madre al banco dei pegni, vendevi un quarto di fegato ogni sei mesi e facevi qualche lavoretto per la criminalità organizzata albanese, ti offriva al modico prezzo di ventordicimila euro al mese 300 minuti di chiamate, 200MB di dati ed SMS illimitati.

Così cominciammo a scriverci ogni giorno e fu un'amicizia bellissima.

Abitavamo a circa 1000km di distanza ma eravamo legate da una amicizia saldissima.

Lei mi raccontava della sua realtà, di come fosse perseguitata da dei bulli e io non mi capacitavo di come fosse possibile. Lei era bella, colta, simpatica, aveva il fidanzato e non aveva niente che fisicamente potesse indurre gli altri al bullismo, eppure le facevano sempre dispetti ed era presa di mira dai compagni.

Io invece ero un soggetto molto differente, isolata, introversa, non mi truccavo né mi curavo in alcun modo del mio aspetto e alle medie e al liceo non si poteva certamente dire che fossi bella, così come ero concia, eppure avevo rispetto da tutti. 

 

Lei era il mio modo di evadere quando non avevo ancora la possibilità di farlo fisicamente. Mi perdevo nei suoi racconti, nelle sue vicende, ascoltavo i suoi problemi, le davo consigli, e ora che ci ripenso, sapevo di lei molto più di quanto lei sapesse di me. Forse anche perché io parlavo di meno, ma adesso credo che fosse perché io la ascoltavo più di quanto lei ascoltasse me.

Dal 2012 al 2014 ebbi un periodo di sbandamento abbastanza grave, eppure i rapporti con lei restarono costanti. Non le raccontai mai il peggio di me, ora che ci ripenso deve essere stato questo il mio errore.

Solo una mia amica ha conosciuto quella parte della mia vita e ancora oggi vuole avere a che fare con me. Guarda caso è la stessa amica che ha fatto schifo insieme a me, e con la quale mi sono risollevata nonostante tutto e tutti e ora siamo donne affermate e nessuno direbbe che quelle due alcolizzate violente sono finite a gestire fondi e investimenti e progettare immobili. Gli altri si sono persi in quel vortice.

Ma Marica non era come lei, Marica era delicata, fine, gioiosa, espansiva, estroversa. Adorava la moda, i trucchi, le piante e il mare. Parlava per ore dei suoi hobbies e quando nel 2013 feci WhatsApp (e addirittura una promo da 10GB che mi costò giusto un rene e mezzo), lei era un'auto da corsa senza freni e parlava di continuo. Quando inventarono i messaggi vocali, credo nel 2015, se non vado errata, lei cominciò a mandarmene una caterva.

Dapprima messaggi brevi (perché all'inizio potevano durare solo 1 minuto e venti secondi, poi hanno tolto la limitazione) e alla fine inviava veri e propri poemi orali, che se li avesse messi su carta a quest'ora avrebbe composto mille volumi di chiacchiere. Eppure le volevo un bene dell'anima e quindi non mi dava fastidio ascoltarla. Se chiunque altro mi avesse inviato un messaggio vocale da dieci minuti avrei buttato giù mezzo paradiso e invece con lei no.

 

Avevamo deciso entrambe di studiare materie scientifiche e lei amava i gatti e mi aiutò tanto anche nella cura dei miei, andando ad informarsi laddove io mi incartavo. 

Nel periodo in cui decisi di lasciare l'Italia lei mi accompagnò in quel viaggio e mi sostenne.

 

Mentre io ho avuto fondamentalmente due importanti relazioni sentimentali prima dei 25 anni, lei era sempre e soltanto stata fidanzata con un ragazzo. Lui all'inizio sembrava perfetto, lei lo dipingeva così, ma davvero questo ragazzo doveva volerle molto bene durante i primi anni.

Io in quegli anni conobbi, lasciai e ripresi, l’ex compagno con cui ho passato otto anni di relazione, con cui avrei dovuto sposarmi e con cui ho lasciato l’Italia. Lei mi spinse sempre tra le sue braccia, spezzò sempre lance a suo favore e tentava di essere sempre molto razionale nelle sue giustificazioni. Lì per lì non capivo come mai volesse proprio che io stessi con lui, ma pensavo che fosse perché io uscivo da situazioni burrascose e lei, che invece era fidanzata da quando aveva 16 anni, vedesse con più chiarezza di me. Insomma la famosa “esperienza” che a me mancava.

 

È innegabile che io mi aprii con lei sempre di più dopo il mio trasferimento all’estero, perché non avevo nulla di cui vergognarmi riguardo alla mia nuova vita e l’ho quindi tenuta informata per tanti anni, raccontandole ogni cagata che mi succedeva proprio come lei raccontava a me. Alla fine anche io avevo preso ad inviarle lunghi audio, a lei e solo a lei, perché sapevo già che chiunque altro mi avrebbe giustamente mandata a fanculo.

Lei sapeva tutto, di tutti i miei sforzi, della fatica di alzarsi ogni giorno alle 6 e tornare a casa alle 21, badare ad una casa da sola, dover mantenere due persone con uno stipendio minimo all’estero, con il pericolo che se avessi perso quell’impiego sarei dovuta tornare in Italia ed era l’ultima cosa che volevo.

Feci dei sacrifici indescrivibili. Andammo a vivere in una casa senza riscaldamento a gas, per risparmiare, in cui il proprietario ci disse “Io non sono razzista, quindi anche se siete italiani va bene, non ho bisogno che mi diate tutte quelle conferme di buona condotta, referenze e casellari: basta che mi paghiate. Il giorno in cui vedrò che non avete versato l’affitto, entrerò in casa, butterò tutto fuori e cambierò la serratura. Nessuno vi aiuterà perché non siete di qui.” Che tenero.

E pensare che se qualcuno mi dicesse una cosa del genere adesso, il mio avvocato gli farebbe il culetto a strisce e mi dovrebbe pagare i danni morali per chissà quanto.

Furono anni veramente duri, è difficile da descrivere, ma mentre io nuotavo in un mare di merda per affermarmi, il mio compagno arrancava di continuo ed era una rottura di coglioni abominevole. Per cinque anni rimase precario, con me che gli facevo da garante per non farlo tornare in Italia con un calcio nel culo e pagai affitto e bollette da sola per anni, perché lui faceva solo lavoretti saltuari e non ne aveva abbastanza soldi per tutto.

 

La mia amica Marica mi restò vicina e sembrava capire cosa mi succedeva, quindi mi consolavo pensando che non ero totalmente sola.

Nel frattempo lei cosa faceva? Beh, lei studiava. Ha sempre avuto un rapporto bellissimo con tutta la sua famiglia, all’università era riuscita a farsi alcune amiche e aveva finito una triennale, per poi cominciare una specializzazione, per poi fare un’altra triennale, per poi fare un dottorato, per poi fare il gran cazzo di boh non faceva un cazzo oltre che studiare.

Per l’amor di Dio, studiare è molto importante, ma arrivata quasi a trent’anni, con due lauree, una specializzazione e un altro titolo di studio in cantiere che sa il cazzo cosa era, io mi chiedevo davvero cosa volesse andare a fare una volta uscita dalla scuola.

Lei non rispondeva mai in maniera precisa, stava sempre sul vago. A volte, più che progetti, le sue sembravano fantasticherie. Io però non mi permettevo di giudicarla perché comunque lei non dava fastidio a nessuno: i suoi genitori erano felici che lei stesse a casa con loro, le davano paghette, auto, vestiti, trucchi… a me nessuno ha mai dato la paghetta. Anzi, a partire dalla maggiore età dovetti pagare l’affitto perfino a mia madre. Vabbè, stendiamo un velo su quest’ultima cosa, in fondo me ne sono andata che avevo quasi 19 anni, quindi alla fine l’ho pagata per nemmeno sette mesi.

 

Per la prima laurea le feci un regalo, inviato a distanza, festeggiammo, eravamo contente. Fece la specializzazione e wow, altri festeggiamenti! Un po’ meno intensi, però comunque ero contenta. Alla seconda laurea io le feci solo gli auguri, anche perché nel frattempo anche io avevo conseguito delle conquiste, nuovi titoli di studio, promozioni eccetera, ma lei aveva sempre concluso in fretta con un “Brava, complimenti!” e fine della storia. Quando poi mi disse che cominciava un percorso di abilitazione per chissà cosa e non aveva mai nemmeno fatto un tirocinio, io rimasi stranamente delusa.

 

Era l’anno del Covid, il 2020, quando lei iniziò il suo quarto percorso di studio. Io avevo all’attivo due titoli di studio importanti, patenti ed abilitazioni professionali, avevo traslocato in un appartamento con i controcazzi e divenni titolare della mia ditta. Lei mi fece solo gli auguri, come se in fondo non avessi fatto un cazzo di che.

Non è che quando uno raggiunge questi obiettivi vuole uno spettacolo pirotecnico dedicato, ma nemmeno un brava! del cazzo. Eppure, ascoltandola, non avrei mai detto che fosse invidiosa e lo riconfermo, lei non era invidiosa. Credo che non gliene fottesse proprio niente, il suo egocentrismo era supremo.

 

Il Covid piegò il mondo e mentre ognuno di noi affrontava la vita come meglio poteva, giunsero nuove sfide per entrambe. Da parte mia, cominciai a rendermi conto che la relazione con il mio compagno (che finalmente aveva trovato un lavoro fisso!! Era anche ora, stupido coglione) era davvero deteriorata e che io ero un cavallo sciolto e lui il cowboy col lazo sempre pronto ad incaprettarmi per non farmi andare più in là di quanto lui potesse arrivare.

Le amicizie dall’Italia si obnubilarono: moltissimi dei miei amici si persero in un buco nero di negatività e, mentre anche all’estero noi vivevamo con il peso della pandemia, continui messaggi di terrore mi giungevano dall’Italia. Nel mio Paese il lockdown durò solo cinque settimane, poi tutto riprese a pieno regime, invece in Italia durò mesi e mesi e tutti erano in pieno delirio.

Tutti tranne Marica, che sembrava esaltata dall’apocalisse. Divenne una fervente sostenitrice di mascherine, disinfettanti e teorie catastrofiche. Nonostante tutto restò coerente e non posso dire che avesse diminuito la sua presenza virtuale, anzi, visto che aveva più tempo libero dovendo studiare in casa, era anche più presente, ma la qualità delle conversazioni lasciava molto a desiderare.

Io ero turbata, estremamente stressata, stavo affrontando la vera ribalta, io a capo di tutto senza avere la giusta preparazione, avevo perso i miei amici storici e la mia relazione era prossima al capolinea, ed eravamo già al 2021.

D’altro canto Marica stava affrontando il vero sconcerto: le avevano imposto uno stage. Se non avesse fatto almeno sei mesi di stage, non le avrebbero mai concesso il quarto titolo di studio che voleva.

 

Ed ecco che finalmente si scoprì per ciò che era, ora posso dirlo con certezza: una ragazzina spaventata dal mondo. L’unica cosa che sapeva fare era studiare. Era convinta che avrebbe potuto studiare per tantissimo tempo e al massimo, semmai avesse dovuto lavorare, avrebbe potuto fare ripetizioni o insegnare, prima o poi sarebbe rimasta incinta del suo ragazzo, si sarebbe sposata e avrebbe fatto la casalinga a vita. Mi spingeva sempre tra le braccia del mio ex perché lei era stata tradita più volte dal suo ragazzo eppure ancora ci stava insieme. Non era per amore, era perché non aveva le palle per mandarlo al diavolo. Aveva paura di restare sola, di sparire dai riflettori perdendosi nel mare della vita di un adulto, per quello accettava docile di stare a casa di mamma e papà, perché uscire di casa, lavorare, lasciare quel coglione, avrebbe voluto dire diventare adulta e lei avrebbe fatto di tutto pur di restare nel suo angolino rosa di frivolezze e studio, perché lo studio, la scuola, le permetteva di avere una scusa socialmente accettabile per non dover lavorare e farsi mantenere.

 

Lei cominciò il suo tirocinio e io lasciai il mio compagno. Inutile dire che ebbi bisogno della sua presenza e… non la trovai. Lei non era più disponibile e io cercai di essere comprensiva, perché comunque adesso “lavorava”. Allora le mandavo un messaggio di testo per chiederle come stava, se aveva un attimo da dedicarmi in serata perché avevo bisogno di fare due chiacchiere con un’amica e lei se ne usciva con i suoi soliti vocali in cui però riusciva solo a dire quanto fosse stanca e disperata di doversi alzare ogni giorno alle 7 (alle sette, porca troia! Io mi sveglio alle 6 da venti cazzo di anni, porca Lapponia!!!) e tornare a casa alle 17 (cioè davvero lo stai dicendo a me? A quella stronza che per quattro anni si è fatta dodici ore di lavoro al giorno con tre settimane di ferie all’anno senza garanzie di riuscita?). Non esistono bestemmie o parolacce che possano esprimere la frustrazione che mi davano i suoi discorsi.

Stavo comunque soffrendo, perché una parte della mia vita se n’era andata, avevo dovuto farlo, mi ritrovavo sola non per mia scelta, ma per imposizione governativa che teneva ancora chiusi i locali e tutti i miei amici e familiari erano lontani, con una ditta sul groppo e l’ansia di farla fallire in quella crisi e lei mi raccontava di quanto era stanca a dover andare a lavorare per SEI MESI? Cioè, anche se dovessi fare questo sforzo enorme, anche se avesse dovuto alzarsi alle 3 di notte e tornare a casa alle 21, è comunque a tempo determinato! Finirà presto e poi avrai esaudito il tuo desiderio, TIENI DURO. Ma lei no, lei non la vedeva così, aveva lacrime solo per sé stessa.

Non rispondeva più ai miei messaggi a meno che non dovesse piangersi addosso e volesse qualcuno che l’ascoltasse.

Visto che mi ritrovai sola, decisi di fare una cosa che per anni avevo escluso a priori: i social networks.

 

Ho sempre odiato i social e tuttora evito di utilizzarli spesso, sono più che altro un fantasma che guarda video, legge post e si sganascia dal ridere sui meme per poi sparire nel nulla, senza commentare.

E fu allora che scoprii una cosa che mi lasciò interdetta: la mia cara amica Marica è un’influencer.

 

Niente di ciò che so di lei era sulle sue pagine, erano tutte di facciata.

Rimasi davvero senza parole. Com’era possibile che non avesse nemmeno il tempo per rispondermi ad un messaggio e poi pubblicasse un video con tanto di montaggio, dialoghi, coreografie, trucchi ogni tre giorni?

Le scrissi dicendole che non immaginavo che fosse famosa, ma lei sminuì tutto, dicendo che no, non era così importante. Non resistetti più e le feci notare che comunque la sua pagina doveva essere più importante di me dato che l’altra sera, mentre ero in lacrime, mi aveva detto che era impegnata e non poteva parlare e poi invece aveva fatto una diretta di due ore su un nuovo fondotinta!

Lei mi disse che non capivo, che quello per lei era un lavoro. Le chiesi perché non me ne avesse mai parlato, a me che custodivo così tanti suoi segreti e che l’avrei sicuramente sostenuta anche in quello. Lei disse che stavo ingigantendo la cosa e che quello era solo un mezzuccio che aveva per pagarsi qualche vestito e mangiare gratis in qualche posto, farsi i capelli o le unghie senza pagare e cose di questo genere.

 

La stima che provavo nei suoi confronti era colata a picco.

Presi le distanze anche da lei e nel passare dei mesi mi fidanzai col mio attuale compagno, con cui decidemmo di fare un viaggio in Italia nel 2022, guarda caso proprio nella regione italiana in cui lei vive. Nonostante non fossimo più amiche come prima, ero molto più serena perché ero riuscita ad ingranare nella ditta, avevo ottenuto ottimi risultati e avevo fatto un progetto di tali dimensioni che mi avrebbe portato, di lì al 2026, ad essere un pezzo grosso del mio settore. Lei aveva finito il suo tirocinio del cazzo ed era tornata mielosa, anche se non mi mandò più quei vocali lunghissimi e non toccò più l’argomento “non avere tempo per risponderti”. Aveva ottenuto il suo quarto titolo di studio, le feci comunque i complimenti, ma non troppo calorosi, in fondo lei non aveva detto niente davanti alle mie conquiste professionali.

 

La informai che di lì a sei mesi sarei stata dalle sue parti, tenendola aggiornata man mano che organizzavo il viaggio, lasciandole una disponibilità di tre giorni per incontrarci. Finalmente, dopo 13 anni, ci saremmo viste di persona. Magari ci saremmo mandate a fanculo una volta per tutte, ma almeno avrei guardato negli occhi una delle persone più importanti della mia vita.

 

Prendemmo aerei, battelli, noleggiammo auto e in una settimana feci 1500km con un’auto a noleggio per girare tutta la regione. Le chiesi di vederci il primo giorno, lei mi disse che era impegnata con la famiglia, rimandai al giorno dopo, ma aveva un impegno con le amiche, allora il terzo giorno feci 200km e andai sotto casa sua, nelle ore in cui aveva detto che sarebbe stata libera.

La chiamai e le chiesi di scendere, che ero sotto casa sua. Era sconcertata, disse che non poteva, perché stava seguendo delle lezioni online per un quinto percorso di studio (inserire bestemmia a caso).

Le dissi che comunque aveva ancora un’ora di tempo prima che cominciasse qualsiasi cosa fosse quella cazzata che stava facendo (non usai questi termini, ma ne pensai di peggiori) e lei… lei disse che non poteva, perché doveva cucinare il pranzo per suo padre, “l’uomo della famiglia che lavora e porta il pane a casa. Una donna non può esimersi da questi doveri, è importante che trovi il piatto di pasta caldo in tavola quando stacca. Se scendo non farò in tempo a fare niente e non posso far salire nessuno, mamma non vuole.” TRENT’ANNI.

 

Durante tutto questo tempo io ero rimasta sotto casa sua, sotto al sole a cui sono allergica, che mi bruciava la carne come il fuoco di un accendino, con la mia solita espressione statica alla Cillian Murphy e il mio compagno che fissava il marciapiede a braccia conserte.

Sono certa che lei mi abbia vista dalla finestra, sebbene io da sotto non riuscissi a vedere niente a causa dei riflessi sui vetri e le tendine bianche tirate.

Le mandai un messaggio di addio e lei rispose tre giorni dopo, quando sapeva che ormai ero tornata a casa mia. “Non è come sembra, io a te ci tengo davvero, ma ce l’ho con te perché quando ho preso l’ultimo titolo di studio tu non mi hai fatto abbastanza congratulazioni.”

 

Non risposi mai più.

 

I social sono veri bastardi e a volte mi escono ancora suoi video sulla home… ma non provo rabbia, solo un leggero senso di nausea e di rigetto. Allontano il telefono e vado a fumare.

Non possono essere frottole quelle che ho ascoltato per tanti anni, forse ero una delle poche a conoscerla veramente come una persona con tutte le sue debolezze e punti di forza. Eppure in pochi mi hanno deluso tanto in questa vita.

Mi chiedo cosa pensasse quando mi sentiva criticare gli influencer e lei mi dava ragione… il mio compagno dice che se mi dava ragione e negava di esserlo, è perché temeva il mio giudizio. Eravamo come sorelle e poche persone mi hanno conosciuto più di lei, possibile che non abbia mai trovato il coraggio di dirmelo?

 

Alla fine, meglio soli che male accompagnati.

  
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