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Autore: pampa98    15/07/2023    3 recensioni
[Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da Severa Crouch sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” – aggiornamenti ogni 15 del mese]
What-if? 1x10 ~ Aegon/Jace, Aemond/Luke.
Quando Jace si presenta al cospetto di Borros Baratheon per ricordargli il giuramento fatto a sua madre, Aemond decide di sottrarre ai Neri ciò che hanno di più prezioso: il loro erede. Jace diventa prigioniero nella Fortezza Rossa, dove i Verdi sentono di avere la vittoria in pugno – purché lui accetti di inginocchiarsi al cospetto di Aegon, che, da parte sua, è più propenso a rivedere in lui l’amico di infanzia che non il figlio della sua nemica.
La vicinanza forzata tra Aegon e Jace riuscirà a ricucire il loro rapporto? E che conseguenze avrà per il futuro del regno?
(Warning: Character death)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Aemond Targaryen, Jacaerys Velaryon, Lucerys Velaryon
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
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Note: Spero che risulti chiaro anche dal testo, ma per praticità vi informo che la scena a Roccia del Drago si svolge nello stesso giorno di quelle ad Approdo del Re.
Spero che il capitolo vi piaccia ^^ Buona lettura!



Capitolo 4




Sentì qualcosa sfiorargli la spalla e un suono distante che si faceva sempre più forte mano a mano che il tocco sulla sua pelle assumeva la forma di dita delicate che picchiettavano su di lui.

Aegon sbatté le palpebre e, appena riconobbe volto e voce della persona che lo stava svegliando, sbuffò e si rigirò nel letto, affondando il volto dentro il cuscino.

«È maleducato dormire in presenza di ospiti» lo rimproverò Helaena, con il suo solito tono neutrale.

«No sei opite gaita» biascicò Aegon, il cuscino che si mangiava le sue parole.

«Nemmeno Jace lo è?»

Aegon sollevò la testa e si voltò quanto bastava per controllare l’ambiente circostante, preparandosi a dire a sua sorella cosa pensasse del suo patetico tentativo di farlo alzare dal letto.

Dovette trattenere gli insulti, però, perché Jace era davvero nella stanza. Se ne stava in piedi accanto al camino, le braccia tese lungo i fianchi con le mani serrate a pugno e uno sguardo che Aegon non volle decifrare.

Si mise seduto ed emise un lungo sbadiglio, stropicciandosi gli occhi. Non sapeva che ore fossero, ma di certo era troppo presto per svegliarsi – soprattutto dopo una nottata di sesso brutalmente interrotta dall’arrivo di Aemond.

«Nipotino» lo salutò, abbozzando un sorriso verso di lui, «buongiorno.»

Jace spostò lo sguardo verso Helaena, che annuì decisa. Quel piccolo scambio, indice di una strana complicità tra i due, lo svegliò del tutto. Sentì il suo stomaco attorcigliarsi, esattamente come era accaduto quando Jace aveva chiesto a Helaena di ballare.

Era una sensazione che odiava, la gelosia.

E, il lato peggiore, era che sapeva perfettamente chi dei due l’avesse scatenata.

«Vado dai bambini» disse Helaena, distogliendolo dai suoi pensieri. Agitò la mano destra in un saluto verso Jace, prima di uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle.

Erano di nuovi soli – e, dopo l’ultima volta, Aegon non era certo di esserne felice.

«È la verità?» Jace si precipitò subito da lui, fermandosi al limitare del letto, negli occhi un misto di paura e speranza. «Vermax sta bene? Allora?»

Aegon sospirò. Si massaggiò le tempie, domandandosi se avrebbe mai avuto un risveglio pacifico, senza mal di testa o parenti che gli urlavano addosso.

«Manston non ti ha recapitato il mio messaggio?» chiese.

«S-Sì, lo ha fatto. E anche Helaena ha detto che non è successo niente, ma non… Aegon, devo sentirlo da te.»

«Vermax sta bene. Te lo giuro su Sunfyre» aggiunse per rafforzare le sue parole.

Vide l’angoscia abbandonare il volto di Jace, rimpiazzata da uno sguardo prima incredulo e poi sempre più fiducioso.

Gli aveva creduto.

Il suo cuore prese a battere un po’ più forte, ma Aegon non gli diede peso – soprattutto perché non ne ebbe il tempo: Jace si accasciò con le mani premute sulle ginocchia e lui si alzò di scatto per assicurarsi che stesse bene.

«Ehi, tranquillo» gli disse, posandogli le mani sulle spalle. «Non è successo niente. È stata…» Abbassò lo sguardo, vergognandosi del fatto che avesse anche solo pensato di fare del male a un drago. «Ho agito senza riflettere. Ero nervoso e stanco e volevo trovare un modo per uscire velocemente da questa situazione. Ho scelto quello sbagliato.»

Jace sollevò lo sguardo e annuì, piano. Poi sospirò, passandosi una mano tra i capelli.

«Per il futuro» disse, «sappi che fare del male a qualcuno che amo è il modo migliore per non ottenere la mia lealtà. Non che, in questo frangente, una cosa simile sia possibile. Ascolta, Aegon, mia madre…»

Aegon gli posò un indice sulle labbra, scuotendo la testa.

«No. Ti prego. Non ce la faccio a sentirlo già di prima mattina.»

«Non è così presto.»

«Ah, no?» Aegon guardò fuori dalla finestra, dove il Sole splendeva alto nel cielo. «Aspetta, ma io avevo un incontro col concilio stamani?»

Jace aggrottò le sopracciglia.

«Lo chiedi a me?»

Aegon si grattò il mento, cercando di ricordare. Non c’era stato un singolo giorno in cui non si fossero riuniti, perciò probabilmente lo avrebbero fatto anche oggi.

Il pensiero di dover stare seduto ad ascoltare i piani dei suoi consiglieri per garantirsi l’appoggio delle famiglie più influenti del regno – piani che, in pratica, consistevano nell’usare Aemond come piccione viaggiatore – e poi sopportare le loro insistenze affinché costringesse Jace a sottostare al loro volere gli fece desiderare di tornare nel letto e addormentarsi di nuovo. Magari per sempre.

Sbuffò: era re da appena una settimana e già non ne poteva più.

«Facciamo un patto» propose a Jace, tornando a stringerlo per le spalle. «Tu sai cosa voglio da te e io so cosa tu sei disposto a darmi. Quindi, finché uno di noi due non avrà cambiato opinione, che ne dici se lasciamo la politica fuori dai nostri incontri?»

Jace sbatté le palpebre, confuso.

«Che… Che intendi dire?»

«Parliamo di qualcos’altro. Draghi, donne, la passione di Aemond per i maiali… Qualunque cosa, davvero, purché non abbia a che fare con il trono.»

Jace aggrottò le sopracciglia di fronte a quella proposta – e Aegon si rese conto di aver appena chiesto l’impossibile. Voleva che si comportassero da amici, quando amici non lo erano più. Voleva che Jace dimenticasse tutto ciò che era accaduto, che smettesse di odiarlo e tornasse a vederlo come una persona importante nella sua vita.

Era assurdo. E lui era stato folle anche solo a pensare a una simile…

«Va bene.»

La voce di Jace lo raggiunse prima che potesse rimangiarsi le sue stesse parole. Il ragazzo lo stava guardando dritto in volto, non un’ombra di dubbio nei suoi occhi nocciola. Gli tese la mano destra e, per la prima volta in sei anni, gli regalò il suo sorriso. Un sorriso sincero, rivolto solo a lui.

«Va bene» ripeté. «Accetto la tua proposta.»

Aegon sollevò la mano a stringere la sua, incredulo della piega che aveva preso la situazione. E felice, tanto da temere che fosse ancora tutto un sogno.

«C-Comunque» disse Jace, distogliendo all’improvviso lo sguardo mentre il suo volto si tingeva di rosso, «hai… hai notato di essere nudo?»

Aegon abbassò lo sguardo sul suo corpo: nella foga di alzarsi, aveva dimenticato di coprirsi con il lenzuolo. Stava per scusarsi e rimediare, quando capì che non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione così prelibata per gustare l’imbarazzo di Jace.

«Hai ragione» disse, rivolgendogli un sorrisetto divertito. «Ma non pensavo ti desse fastidio. Dovresti averlo anche tu, no? Probabilmente più piccolo, sì… Ma tranquillo, Jace, non c’è niente di cui vergognarsi.»

Jace lo fulminò con lo sguardo, reazione che fece aumentare il suo divertimento.

Fu tentato di proporgli una dimostrazione sul corretto utilizzo del pene, ma si fermò. Da quella disastrosa cena, si era ritrovato spesso a pensare a Jace. Non come al suo amico d’infanzia, quel bambino dai folti capelli scuri che giocava sempre con lui, ma come al ragazzo che era diventato: alto, snello e gentile. Aegon aveva desiderato farlo suo dal primo momento in cui lo aveva rivisto – e ora era lì, a un palmo da lui, completamente alla sua mercé. Se solo avesse…

La porta si aprì, mentre Ser Arryk annunciava il nuovo arrivato.

«Lord Larys, mio re.»

Jace fece un balzo indietro e Aegon riuscì a coprirsi le parti intime appena prima che l’uomo entrasse nella stanza. Si fermò sulla soglia, rivolgendo un inchino a lui e un secondo, più contenuto, a Jace. Non sembrava sorpreso di trovarli lì insieme, uno nudo e l’altro paonazzo.

«Chiedo scusa per l’interruzione, non sapevo aveste visite» disse Larys, incrociando le mani sul pomello del suo bastone. La calma con cui pronunciò quelle parole gli fece dubitare della loro veridicità – e, ancora una volta, Aegon si chiese perché sua madre insistesse a tenerselo così vicino. «Sono solo venuto ad avvisarvi che siamo tutti riuniti nella Sala del Concilio. Potete raggiungerci quando preferite.»

Aegon sbuffò. Mai non era un’opzione, purtroppo.

«Sì, va bene, va bene» rispose, passandosi una mano tra i capelli. «Sarò da voi in cinque minuti.»

Larys annuì. Rivolse poi i suoi occhi verso Jacaerys, che durante quel breve scambio di battute si era ricomposto e adesso stava guardando l’uomo con malcelata diffidenza. Larys, però, non si lasciò intimidire: gli rivolse un sorriso e un piccolo inchino.

«È stato un piacere vedervi, principe Jacaerys. Buona giornata.»

Si voltò e uscì dalla stanza, sostituito all’istante da Arryk.

«Che vuoi?» sbottò Aegon.

«Credo… Credo che sia tempo che il principe torni nella sua stanza, mio re» rispose, stringendo la mano sull’elsa della spada. «Non è giusto che vi disturbi ancora.»

Aegon sollevò un angolo della bocca, scuotendo la testa.

«Mio nipote è libero di venire a trovarmi ogni volta che lo desidera. È sicuramente la faccia che preferisco vedere in questo castello» aggiunse, rivolgendosi direttamente a Jace.

Il ragazzo abbassò lo sguardo e Aegon interpretò il lieve rossore che ricomparve sul suo volto come un segno positivo.

Mormorò qualcosa, a voce troppo bassa perché Aegon lo sentisse, ma il piccolo sorriso che gli rivolse lo rincuorò.

«Adesso però è meglio che segua Ser Arryk, tu devi vestirti e… adempiere ai tuoi impegni» disse Jace.

Aegon inclinò la testa di lato, rivolgendogli un sorrisetto malizioso.

«Puoi tenermi compagnia per la prima parte, non mi offendo.»

Jace serrò le palpebre, probabilmente per non essere costretto a roteare gli occhi al cielo.

«Buona giornata, Aegon» sibilò, raggiungendo Arryk che, dopo aver spostato lo sguardo confuso tra di loro, seguì Jace senza dire una parola.

~

Luke alzò di nuovo la spada verso destra, ma il colpo arrivò alla spalla sinistra, talmente forte da farlo cadere a terra.

«Era chiaramente una finta, Lucerys! Concentrati di più!» lo rimproverò Baela, alzando gli occhi al cielo.

«Vuoi smetterla di tormentarlo?» esclamò Rhaena, chiudendo di scatto il libro che stava leggendo e avvicinandosi alla sorella. Luke le aveva chiesto di non assistere al loro allenamento, ma le sue preghiere erano rimaste inascoltate.

«Non lo sto tormentando!» si difese lei. «Voglio solo che migliori nel combattimento. Cosa c’è di sbagliato?»

Luke sospirò. Gli sembrava di sentire Jace – ma lui non era lì a rimproverarlo e umiliarlo con le sue doti da combattente. E, per quanto spesso lo avesse odiato durante i loro allenamenti, adesso avrebbe solo voluto che ci fosse lui al posto di Baela. Almeno avrebbe saputo che stava bene.

Si alzò in piedi, scuotendosi di dosso la sabbia, e si voltò a guardare il cielo. Sua madre credeva di averglielo nascosto, ma lui l’aveva scoperta spesso a osservare l’orizzonte, in attesa.

Ormai era passata una settimana dall’ultima volta in cui avevano avuto notizie di Jace – l’ultima volta che aveva visto il suo sorriso, mentre lo rassicurava che sarebbe andato tutto bene.

Rhaena aveva provato a tranquillizzarlo, ipotizzando che si fosse diretto subito a Nord o nelle Terre dei Fiumi, ma Luke sapeva che non era così: Jace non avrebbe mai disobbedito a un ordine diretto di loro madre e, se proprio si fosse trovato nella necessità di farlo, avrebbe almeno inviato loro un messaggio per informarli.

Quel silenzio non era da lui.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e incontrò il volto preoccupato di Baela.

«Scusa» gli disse. «Forse ho esagerato. Stai bene?»

Luke annuì, distogliendo di nuovo lo sguardo da lei.

«Avevi ragione: non ero concentrato.»

Baela sospirò. Si mise accanto a lui, sollevando la spada d’allenamento sulle sue spalle.

«Siamo tutti preoccupati, Luke» disse. «Non è da Jace sparire in questo modo.»

Luke deglutì a vuoto.

«Infatti.»

«Sono sicura che sta bene» intervenne Rhaena, prendendogli una mano tra le sue. Luke si sforzò di sorridere, in un tacito ringraziamento per la sua premura. «Nostro padre ha detto che… ehm…» Abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.

Luke aggrottò le sopracciglia: Daemon aveva portato avanti sempre la stessa linea di pensiero davanti a lui – “Jace è un Targaryen e ha Vermax con sé, non può accadergli niente”. C’era forse qualcosa che gli aveva nascosto?

«Cos’ha detto Daemon?» la incalzò.

«Ha detto che anche i Verdi tacciono» rispose Baela. «Se lo avessero ucciso, a quest’ora lo avremmo già saputo.»

Ucciso.

Ucciso.

Quella parola risuonò nella sua mente come il ruggito di un drago. Si era rifiutato di riconoscerla, ma sapeva che era sempre stata lì: un dubbio che riempiva le sue notti di incubi e i suoi giorni di angoscia, nel continuo terrore che il nuovo messaggio giunto a sua madre contenesse la notizia della morte di Jace. Era un pensiero così assurdo che non aveva voluto dargli peso – ma la possibilità che divenisse reale era troppo concreta per continuare a ignorarla.

«Scusa, non avremmo dovuto dirtelo» disse Rhaena, accarezzandogli il braccio. A Luke sembrava che fosse divenuto di ghiaccio e il calore delle dita della ragazza fu un piacevole risveglio. «Papà esagera sempre quando è nervoso. E ultimamente lo è spesso, con tutto quello che è successo.»

«È nervoso perché stiamo qui fermi a non fare niente» disse Baela. Calciò il piede nella sabbia, smuovendone i granelli intorno a loro. «So che Rhaenyra vuole evitare spargimenti di sangue, intenzione nobile, certo, ma questo, a lungo andare, la farà solo apparire debole

«Mia madre non è debole» sentenziò Luke, attirando lo sguardo di Baela.

La ragazza sospirò, abbassando gli occhi. «Lo so, Luke. È per questo che ritengo debba agire…»

«Principe Lucerys. Principesse.» Le parole di Baela furono interrotte dalla voce di Ser Steffon, che li stava chiamando dal limitare della spiaggia. «La regina desidera conferire con tutti voi. Dice che è urgente.»

Luke avvertì la terra sprofondare sotto i suoi piedi. Avevano appena parlato della possibilità che Jace fosse… Si trattava di quello?

Senza indugiare oltre, corse verso il castello, salendo le scale due gradini alla volta. Quando giunse nella Sala del Tavolo Dipinto trovò l’intero concilio di Rhaenyra riunito, visione che lo fece in parte rincuorare: se fosse successo qualcosa di brutto a Jace, sua madre lo avrebbe comunicato prima alla famiglia.

O almeno così credeva.

Si guardò intorno, cercando di scorgerla nella folla – e la vide davanti al camino acceso, con le spalle rivolte alla stanza e le braccia sollevate come se stesse tenendo in mano qualcosa. Luke fece per raggiungerla, ma venne fermato dal rumore di passi alla sua destra, accompagnati dal battito di un bastone sul pavimento.

«Bentornato a casa, Lucerys» gli disse Corlys, avvicinandosi a lui con un grande sorriso in volto. «So che hai svolto un ottimo lavoro con Lady Jeyne, ti faccio i miei complimenti.»

«Grazie» rispose automaticamente, cercando di ricambiare il sorriso, ma il suo volto si oppose. Era davvero felice di poter parlare con Corlys e di sapere che l’uomo non lo trovava una delusione, ma in quel momento la sua mente era occupata da un unico pensiero che non lasciava spazio a nient’altro.

«Potevi anche aspettarci!» Baela si fermò accanto a lui, seguita da Rhaena che, essendo meno allenata della sorella, era arrivata con il fiatone.

«Steffon ha detto che era urgente» si difese lui.

«Indubbiamente lo è» intervenne Corlys.

Luke sollevò i suoi occhi verso l’uomo.

«Vuoi… dire…» Deglutì, sforzandosi di fermare il tremore nella sua voce. Qualunque cosa fosse successa, avrebbe dovuto affrontarla a testa alta. Jace avrebbe voluto così. «Nonno Corlys, sai di cosa si tratta?»

«Non di preciso, no. So solo che stamani è giunto un corvo dalla capitale per tua madre.»

Luke si voltò verso Baela, che stava fissando suo nonno a occhi sgranati. Abbassò poi lo sguardo su di lui, scuotendo la testa.

«Non possiamo essere certi… Insomma, sai com’è fatto mio padre, non… non riflette prima di parlare.»

Rhaena le passò un braccio intorno alle spalle, cercando di tranquillizzarla. Jace era il suo fidanzato e lei gli era affezionata: se fosse morto, Baela ne avrebbe sofferto.

Luke questo lo sapeva, eppure non riuscì a impedirsi di odiarla in quel momento. Nella sua testa, lei era la persona che aveva concretizzato la possibilità che suo fratello non ci fosse più. Se avesse avuto ragione, dubitava che sarebbe riuscito a perdonarla.

Si allontanò da loro, spintonando i lord che gli intralciavano il cammino fino a raggiungere sua madre, affiancata da Daemon.

«Lucerys…»

Ignorò la voce dell’uomo. Strappò la lettera dalle mani di sua madre e scorse velocemente il testo in cerca di quella parola.

Appena lesse il nome di Jace, il suo cuore perse un battito. Strinse le dita attorno alla carta, lasciando andare un lungo sospiro.

«È vivo…»

Rhaenyra si impossessò nuovamente della lettera, scoccandogli uno sguardo di rimprovero. Luke si sarebbe dovuto sentire mortificato, ma riusciva solo a pensare che Jace era vivo!

«Sta bene» ripeté, guardando verso sua madre. La sua figura si fece sempre più sfocata. «Jace sta bene.»

Rhaenyra gli passò una mano tra i capelli.

«Sì. Jace sta bene.»

Lo abbracciò e Luke lasciò che tutta la paura e la preoccupazione che lo avevano avvolto in quei giorni scivolassero via dal suo corpo, tra le braccia sicure di sua madre. Una parte di lui aveva saputo che Jace non poteva essere morto, ma averne adesso la certezza avrebbe messo a tacere ogni voce che tentava di suggerirgli il contrario. Anche se…

«Non… Non ho letto tutto» disse, scostandosi da Rhaenyra per asciugarsi gli occhi. «Come fanno a sapere che sta bene? È con loro?»

«Sì.»

«Quindi, insomma, siamo sicuri che non gli succederà niente di male?»

«Penso…»

«Ovviamente no» intervenne Daemon. «Possiamo sperarlo, ma non più di questo. E considerato che si trova da loro da un pezzo, ormai…»

«Possiamo essere certi che continuerà a stare bene» concluse Rhaenyra. Si avvicinò a lui e per qualche momento discussero tra di loro. Poi Daemon sospirò, mentre Rhaenyra si voltò di nuovo verso di lui, rivolgendogli un sorriso.

«Dammi ancora un minuto per finire di leggere la lettera, poi ne comunicherò il contenuto a tutti» disse, posandogli una mano sulla spalla. «Intanto vai ad avvisare le tue cugine. Immagino saranno molto preoccupate anche loro.»

Luke spostò lo sguardo verso Baela e Rhaena, che li stavano fissando nella speranza di riuscire a intuire qualcosa dalle loro interazioni.

«Va bene» annuì.

E sorrise, scoprendo di essere nuovamente capace di farlo.

~

«Fatto! Guarda, è lei Shikros.»

Jace prese la pergamena che Jaehaerys, pieno d’orgoglio, gli porse e la osservò incuriosito, rivolgendogli poi un grande sorriso.

«Ma è bellissima» disse, sperando che quel povero drago avesse le parti del corpo e le relative proporzioni migliori di quelle disegnate dal bambino. «Sei stato davvero fortunato.»

Jaehaerys sorrise compiaciuto, prima di alzarsi in piedi e iniziare a elencare tutte le qualità del suo drago. Jace si sforzò di prestargli l’attenzione che meritava, ma non riuscì a evitare che la sua mente volasse indietro nel tempo, a quando quelle stesse lodi venivano tessute per un drago dorato da parte di un ragazzo più alto e con lunghi boccoli biondi a incorniciargli il viso.

«… poter finalmente volare con lui. Anche insieme a Morghul, vero, sorella?»

Jaehaerys interruppe il suo elogio per interpellare Jaehaera, che era rimasta seduta a scarabocchiare in completo silenzio. La bambina annuì, ma non disse una parola, tornando a chinare il capo sulla pergamena davanti a sé.

«Lei ha un maschio» gli spiegò Jaehaerys. «Tu, invece, ce l’hai un drago? Ma sei come noi, giusto?» aggiunse, inclinando la testa di lato come se stesse cercando di scorgere il suo lignaggio attraverso i suoi tratti fisici.

Jace si irrigidì, ma fu solo per un momento. Quella del bambino era un’innocente curiosità, del tutto comprensibile: dopotutto, lui non aveva i capelli biondi e gli occhi viola tipici dei Targaryen.

«Certo che ho un drago» rispose Jace, rivolgendogli un piccolo sorriso. «Si chiama Vermax. Anche lui è verde, lo sai?»

Gli occhi del bambino si spalancarono, pieni di gioia.

«Davvero? E vola?»

«Sì ed è anche molto abile. Ma ho potuto cavalcarlo solo dopo il mio decimo compleanno» specificò, sentendo che il bambino – come lui, del resto – avrebbe voluto spiccare il volo fin da subito. Il suo volto, infatti, si rabbuiò e Jaehaerys si sedette a terra con un sospiro plateale che, di nuovo, lo fece pensare ad Aegon.

«Io voglio volare» si lamentò. «Madre, io ho quasi dieci anni. Posso già volare, vero?»

Helaena sollevò lo sguardo dal suo ricamo, portandolo su di loro.

«Hai compiuto sei anni due lune fa» rispose. «Devi aspettare ancora un po’.»

Jaehaerys gonfiò le guance, incrociando le braccia sul petto, risentito. Sua sorella allungò un carboncino verso di lui, forse per distrarlo da quella triste notizia.

«Ti unisci a me?» chiese, con la stessa espressione neutrale che aveva da quando era entrata.

Il bambino, borbottando tra sé e sé, si avvicinò a lei e riprese a disegnare.

Jace non riuscì a evitare che un sorriso si formasse sul suo volto. Gli ricordavano Aegon e Viserys, ed era certo che Jaehaerys sarebbe andato d’accordo con loro, se solo si fossero potuti conoscere.

Sospirò. Non era mai stato lontano dai suoi fratelli così a lungo e avvertiva la loro mancanza ogni giorno di più.

Gli mancava soprattutto Luke.

Negli ultimi tempi aveva cercato di farlo staccare da sé il più possibile, per insegnargli a essere indipendente e ad accettare che non avrebbe avuto sempre una madre o un fratello a proteggerlo. In quel momento, però, avrebbe solo desiderato poter parlare con lui e sapere che, qualunque cosa sarebbe accaduta, l’avrebbero affrontata insieme. Non sapeva nemmeno come se la fosse cavata con Lady Arryn, anche se Helaena lo aveva rassicurato che Arrax era stato visto volare verso Roccia del Drago poco dopo il suo arrivo nella capitale, quindi se non altro poteva essere certo che Luke fosse al sicuro.

«Jace.» Helaena lo chiamò, indicando la sedia davanti a sé in un tacito invito che Jace accolse con piacere. «Sei riuscito a chiarirti con Aegon?»

«Sì. Diciamo di sì» rispose, passandosi una mano dietro la nuca. «È stato… diverso, dalle altre volte.»

“È sicuramente la faccia che preferisco vedere in questo castello.”

Sospirò, abbassando lo sguardo. Quelle parole erano impresse a fuoco nella sua mente e tornavano a confonderla ogni volta che provava a riflettere su ciò che era accaduto quella mattina. Sentiva di aver fatto la scelta giusta, accettando la proposta di Aegon. Averlo come alleato era sicuramente migliore che averlo come nemico, e forse avrebbe trovato il modo di sfruttare quella situazione a vantaggio suo e di sua madre.

Queste erano le motivazioni che si era dato, una volta tornato in camera – era ciò che avrebbe risposto, se qualcuno gli avesse chiesto spiegazioni circa il suo gesto.

Perché, in un primo momento, Jace aveva acconsentito per motivi puramente egoistici. Aveva scorto una possibilità per recuperare il suo rapporto con Aegon e l’aveva colta all’istante.

Si sentiva uno stupido e un traditore, perché Aegon non era più quello che conosceva – non del tutto, almeno – e non importava che fosse stato manipolato per commettere crimini ai quali non avrebbe voluto prendere parte.

Lo aveva fatto.

Aveva indossato la corona, rubato il trono a sua madre e tutt’ora stava cercando di sottrarle la lealtà dei lord – stando a quello che aveva detto Helaena, sembrava che il piano dei Verdi fosse inviare Aemond per i Sette Regni a conquistare alleati.

E, nonostante tutto questo, lui si ostinava non voleva lasciare andare un rapporto che non esisteva più da anni.

«È bello che tu gli voglia ancora bene» disse Helaena, riscuotendolo dai suoi pensieri.

«Che… Che intendi dire?»

Lei gli sorrise e Jace si ritrovò ad arrossire. Era così evidente? Oppure lei era talmente empatica da riuscire a scorgere dentro al suo cuore con un unico sguardo?

Non ebbe modo di capirlo, perché la ragazza si alzò, dicendo ai bambini che era ora di andare.

«Un momento, madre» esclamò Jaehaerys, mentre sua sorella aveva già iniziato a riporre i suoi carboncini. Tracciò le ultime linee sulla pergamena, prima di alzarsi e correre verso di loro. «Guarda, questo è per te» disse, porgendola a Jace. «Un giorno voliamo tutti insieme!»

Jace ebbe un tuffo al cuore quando vide cosa ritraeva quell’immagine. Nonostante il pessimo stile del bambino, i volti raffigurati erano perfettamente riconoscibili. Aemond, Helaena, Aegon, lui e, accanto a loro, Jaehaerys e i suoi fratelli, tutti della stessa altezza e accompagnati ai loro draghi. Jace era certo che, se il bambino avesse conosciuto anche Luke e gli altri, li avrebbe aggiunti al disegno all’istante.

«Non ti piace per nulla? È tanto brutto?»

Jace sbatté le palpebre, sorpreso per il tono mesto del bambino – e solo in quel momento si rese conto di avere gli occhi umidi.

«No, ma cosa dici!» esclamò, asciugandosi velocemente il volto con la manica della giacca. «È bellissimo, anche meglio di quello che mi avevi mostrato prima.»

Jaehaerys gli rivolse un grande sorriso. «Vero? Sono migliorato tanto in pochi minuti!»

Jace rise. Ammirava l’autostima propria dei bambini, soprattutto quelli Targaryen, e non intendeva minarla in alcun modo.

«Posso tenerlo io, allora?» domandò, e sorrise di nuovo di fronte al suo energico assenso.

«Coraggio, adesso dobbiamo davvero andare» disse Helaena, prendendo entrambi i suoi figli per mano. «Augurate la buona notte a Jace.»

«Buonanotte, Jace» ripeterono in coro.

«Buonanotte. Buonanotte anche a te, zia Helaena» aggiunse, sollevando lo sguardo verso di lei, la quale gli sorrise di rimando.

Una volta rimasto solo, Jace si lasciò cadere sul letto supino, emettendo un lungo sospiro. Era stata la giornata migliore dall’inizio della sua prigionia, eppure si sentiva più esausto che mai. Sollevò la pergamena davanti agli occhi, osservando ancora una volta quelle figure – che altro non erano che la sua famiglia.

Immaginò Luke accanto a sé, intento a trattenere Joffrey dal saltare in sella al suo drago, mentre Jaehaerys giocava con Aegon e Viserys. In disparte, Rhaenyra, in dolce attesa di un’altra figlia, che conversava con Alicent e Daemon. Sentì le lacrime premere di nuovo ai lati degli occhi: in un mondo migliore, sarebbero stati presenti anche Laenor e Ser Harwin. Ma loro potevano vivere solo in un sogno.

Gli altri, invece, potevano diventare realtà.

Si mise a sedere e tirò su col naso. Non avrebbe permesso alla tristezza di sopraffarlo, non in quel momento. Forse un giorno si sarebbe permesso di piangere, di affrontare un lutto che aveva sempre dovuto reprimere – ma, fino a quando la guerra che aveva diviso la sua famiglia non fosse cessata, non avrebbe potuto permettersi debolezze.

Arrotolò la pergamena con cura e la ripose nell’armadio, accanto ai pochi vestiti che gli avevano fornito per il suo soggiorno. Si spogliò, indossò la camicia da notte e si coricò, sperando che le novità positive di quella giornata non si rivelassero una mera illusione.





   
 
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