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Autore: Airborne    19/07/2023    1 recensioni
Tenzō ha nove anni quando viene salvato dalle grinfie di Orochimaru ed entra nella Radice perdendo ogni cosa. Kakashi ha tredici anni, è il capitano più giovane nella storia degli ANBU ed è cresciuto bruscamente e brutalmente. Sono giovani, sono diversi, sono ben lontani dall’essere il prototipo del ninja eroico e sanno già che faranno i conti con il passato per sempre; ma sono anche determinati a mettere la propria vita in campo per Konoha, per un futuro migliore, e l’uno per l’altro.
Kakashi/Yamato
***
«Credo che diventerà un ninja interessante» dice solo.
«Se esce indenne dalla Radice».
Kakashi rabbrividisce. Menomale che lui non ci è finito, nella Radice. Spera, come fa per tutti i ragazzini dell’organizzazione, che quel Tenzō sia abbastanza forte da sopravvivere. E spera che non debba mai, mai fare i conti con qualcosa come Obito e Rin.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Yamato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Niente di cui scusarsi

 

And up until now I have sworn to myself that I'm content
With loneliness
Because none of it was ever worth the risk, well you
Are
The only exception

Paramore – The Only Exception

 

2

Kakashi

 

 

 

Da quando Obito e Rin sono morti, la caserma degli ANBU è il posto più accogliente di Konoha. Non è un’opinione popolare, quella. Gli abitanti del villaggio nutrono rispetto per gli ANBU, ma anche soggezione, e gli ANBU stessi non trascorrono molto tempo in caserma se possono evitarlo. Non tutti hanno quel lusso, ma lui sì. Kakashi ha il lusso di avere una casa propria, una casa di cui è l’unico abitante da sette anni e che, a dirla tutta, preferirebbe non avere. Ci sono ricordi dolorosi a ogni angolo, in quella casa, e lui ci si sente solo. È una sensazione che gli si è attaccata addosso alla morte di suo padre e non viene più via, come un’ostinata macchia d’olio sui vestiti; ed è ancora peggio da quando non c’è più Rin. Non gli è rimasto più nessuno, salvo il maestro Minato e quindi, appunto, nessuno, dal momento che il suo maestro è il ninja più impegnato di Konoha. Non avrebbe mai creduto che l’assenza di legami potesse pesargli così tanto. Molti lo criticano, molti dicono che si atteggia troppo, mentre dovrebbe essere un ragazzino normale con degli amici e una vita (quasi) spensierata. Ma si sbagliano: Kakashi non si è mai atteggiato, è schivo e freddo e arrogante di suo. Quindi, non ha mai creduto che sarebbe arrivato un momento della sua vita in cui avrebbe sentito tutto il peso della solitudine.

Nella caserma degli ANBU non c’è un momento di solitudine neanche a pagarlo oro. C’è sempre un gran andirivieni e nessuno si ferma molto, se non quelli che dormono lì; ma qualcuno c’è sempre. Non è Obito, non è Rin, ma certe volte, specialmente dopo i giorni di riposo in cui non fa niente e non parla con nessuno, è un sollievo. Soprattutto, è un sollievo perché solo lì ci sono persone che sanno cosa vuol dire sacrificare i propri compagni in nome di una missione. Nemmeno tra gli ANBU è un’alternativa popolare, ma ognuno di loro, prima o poi, è costretto a prendere quella decisione. Un ninja ordinario ha sempre un certo margine di scelta, un ANBU no. A quei livelli ci sono troppi interessi in gioco per potersi permettere il lusso di preferire la vita di un compagno, o la propria, alla missione. E anche se nessuno di loro conosce le vicende che hanno portato alla morte di Obito e di Rin, tutti capiscono e nessuno lo critica. Lo lasciano semplicemente in pace, ben sapendo che lui, come tutti gli altri, ha i propri traumi da gestire, e che ne può guarire veramente solo curandosi a modo suo. E il suo modo è parlarne ai diretti interessati, davanti a un monumento nella foresta, e basta.

Se solo potesse tornare indietro nel tempo.

Molti lo salutano nei corridoi della caserma. Kakashi, suo malgrado, è sempre stato la mascotte degli ANBU. Nessuno è mai entrato nei corpi speciali così giovane e pochissimi hanno il suo talento. Fuori da lì è disprezzato per la sua storia e il suo carattere, ma all’interno della caserma è stimato per gli stessi motivi. Non si può dire che abbia amici tra gli ANBU: tanti compagni, ma nessuno con cui vorrebbe veramente condividere qualcosa di più. E sono tutti così più grandi di lui, con le proprie vite così diverse dalla sua. Nessuno gli nega una chiacchierata, ma nemmeno si spinge più in là di così.

Però, ad alcuni di loro piace averlo intorno. Jin è uno di questi: un jonin di diciotto anni forte e con un gran sorriso sempre piantato in faccia, che fa casino come tre Obito messi insieme e odia le missioni di assassinio. A Kakashi sta simpatico. Preso a piccole dosi. Non lo vede da giorni, perciò non si fa pregare quando Jin lo chiama a gran voce dall’altro lato della mensa, agitando furiosamente un braccio. È in compagnia di altri due ninja, Ogai e Toshio, con cui Kakashi non ha scambiato più di una decina di parole nell’arco della vita, che lo salutano quasi con altrettanto entusiasmo.

«Che ci fai da queste parti?» gli domanda Jin porgendogli un pezzo di carne secca, che lui rifiuta con un cenno della testa.

«Rapporto, sono appena rientrato da una missione. Che si dice?»

«Niente di che» sbuffa Jin. «Domani parto per il Paese dell’Acqua. Scorto il Daimyo».

«Che spasso» ridacchia Toshio.

«Non mi lamento, è un incarico rilassante».

«Perché il Daimyo se ne va nel Paese dell’Acqua?»

«Vai a capire. Di sicuro per un motivo del cavolo, quello lì vive in un mondo tutto suo. Spero solo che non se ne esca con richieste strane, ho sentito storie davvero raccapriccianti».

«Sì, tipo quella volta che…»

Ma Kakashi non ascolta il racconto di Ogai. È ora di pranzo anche per la Radice, a quanto sembra. Fanno quasi paura, quei ragazzini, mentre entrano in mensa in fila per due, tutti vestiti uguali, con la bocca chiusa e lo sguardo fisso davanti a loro. Gli fa quasi impressione sapere che alcuni sono più piccoli di lui. La sua infanzia non sarà stata bella, ma non farebbe a cambio per nulla al mondo. È macabra, la Radice: è macabro che la divisione più rigorosa e militarizzata di Konoha sia composta da bambini.

«Vedi quello laggiù?» gli chiede Jin mentre Ogai ancora parla, indicando a dito un ragazzino in fondo alla fila. È piccolo, perso e ha due occhi enormi. Kakashi non lo ha mai visto prima. «Si chiama Tenzō. È entrato nella Radice solo un paio di giorni fa».

«Come fai a conoscerlo già?» domanda, osservandolo mentre aspetta pazientemente il suo turno di ricevere il pranzo. Spicca all’interno del gruppetto della Radice, anche solo perché è nuovo. E spaesato. È molto spaesato, anche per gli standard dei nuovi arrivati alla Radice.

«È stato il soggetto della mia ultima missione».

«Cosa?»

«È uno dei ragazzini di Orochimaru».

Ah. Brutta storia.

«Hai sentito parlare dell’esperimento che ha fatto con le cellule del Primo Hokage?»

«Sì, ho sentito qualcosa».

«Tenzō è l’unico sopravvissuto. Il trapianto è stato un successo, su di lui. Ora può usare la Tecnica del Legno».

Kakashi non si sorprende facilmente, ma quella è una cosa di cui entusiasmarsi. Anche se lui non mostra mai il suo stato d’animo.

«Non che ne sia già in grado. È appena uscito dall’ospedale. Sono stato la sua guardia del corpo mentre era ricoverato».

«E i vecchi hanno ben pensato di metterlo nella Radice» commenta Kakashi distogliendo, infine, lo sguardo dal ragazzino.

«Non che avessero molta scelta. Il fatto che sia sopravvissuto non significa che sia del tutto fuori pericolo. Nessuno ha mai fatto un esperimento del genere prima d'ora, e non si sa come reagirà il suo corpo a distanza di mesi o anni».

«E non volevano farsi scappare un asso nella manica del genere».

«Sì, anche quello» ridacchia Jin. «Si sono presi una bella gatta da pelare, nessuno ha la più pallida idea di come allenarlo nella Tecnica del Legno».

«Com’era, prima?»

«Nella media, pare. È diventato genin a sei anni, ma non è ancora stato promosso a chūnin. Non credo sia mai stato al fronte». Kakashi spera per lui che non ci vada mai, al fronte. «È orfano, i suoi genitori sono morti in missione parecchi anni fa. È stato in un istituto fino a quando Orochimaru non l’ha rapito. Non ha comunque una casa».

Kakashi coglie il pensiero che ha spinto Jin a rivelargli quella cosa, e gliene è grato. È una bella sensazione sapere che c’è qualcuno che ha a cuore il suo stato d’animo, anche senza darlo a vedere, anche senza chiederglielo. «Credo che diventerà un ninja interessante» dice solo.

«Se esce indenne dalla Radice».

Kakashi rabbrividisce. Menomale che lui non ci è finito, nella Radice. Spera, come fa per tutti i ragazzini dell’organizzazione, che quel Tenzō sia abbastanza forte da sopravvivere. E spera che non debba mai, mai fare i conti con qualcosa come Obito e Rin.

  
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