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Autore: 18Ginny18    20/07/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 31 - Entity


Il giorno seguente Ginevra s’incamminò verso l'ufficio del professor Piton, decisa di seguire il consiglio di Regulus.
Una volta davanti alla sua porta, si fermò un istante chiedendosi, per un secondo, se quella fosse la scelta giusta. Poi trasse un profondo respiro e bussò.
La voce del professore arrivò subito dopo, invitandola ad entrare.
Era seduto alla sua scrivania quando Ginevra varcò la soglia. Sembrava impegnato a leggere una pila di documenti che, probabilmente, altri non erano che compiti di Pozioni dei suoi studenti.
Senza neanche alzare lo sguardo da quello che stava facendo, alzò un dito e disse: - La porta.
Ginevra annuì ubbidiente, chiudendo la porta dietro di sé, e rimase in attesa che il professore terminasse di scrivere, in religioso silenzio. Concentrò la sua attenzione alle pareti della stanza, che erano occupate da scaffali carichi di centinaia di barattoli di vetro, in cui viscidi pezzi di animali e piante erano sospesi in pozioni di vari colori.
La ragazza non poté fare a meno di pensare a quanto quella stanza nella penombra fosse tutto l’opposto dalla camera privata dell’arcigno professore, ma riuscì a notare comunque la precisione e la cura che le accomunava in ogni oggetto attorno a lui.
L’attenzione di Ginevra fu però attratta dalla scrivania, sulla quale era posato un bacile di pietra poco profondo, coperto di rune e simboli incisi, immerso nella luce delle candele. Lo riconobbe all'istante: era il Pensatolo di Silente.
Il ricordo di quella sera in qui la sua vita cambiò le tornò subito in mente. Il momento in cui scoprì di essere la sorellastra di Harry Potter.
Sembrava fosse passato solo un giorno da allora, eppure erano già passati tre anni.
Stentava a credere che fosse passato tanto tempo.
“E ora Harry mi odia”, pensò, amareggiata, sentendo un groppo allo stomaco.
Vedrai che le cose si sistemeranno”, la incoraggiò l’entità Oscura.
Ginevra sperava tanto che avesse ragione.
Sospirò, continuando a guardarsi intorno.
Dopo qualche istante il professore di Pozioni mise da parte fogli e calamaio e si dedicò alla sua ospite.
Quando la vide, Severus non riuscì a nascondere la propria sorpresa. Non si aspettava una sua visita. - Ah, signorina Black… - la salutò lentamente, con cautela. - A cosa devo la sua visita?
- Buonasera, professore – disse. - Le chiedo scusa se sono venuta qui senza avvisare, ma volevo parlarle.
Con un gesto della bacchetta Piton silenziò l’intero ufficio, così da evitare che la Umbridge ficcasse troppo il naso. Dopodiché le indicò la sedia di fronte alla scrivania in un tacito invito.
Ginevra prese posto e cominciò a parlare.
Gli parlò della lettera che le aveva consegnato il giorno prima e di quello che vi era scritto, continuando con tutto quello che le stava succedendo tra incubi e visioni.
Il professore rimase in silenzio, ascoltando con attenzione. Poi, la ragazza disse qualcosa che riuscì a stupirlo.
- Io mi fido di lei, professore. L’ho sempre fatto e non ho intenzione di smettere proprio ora.
Poche semplici parole che però avevano un significato enorme per lui e che riuscirono a colpirlo dritto al cuore. Non era nemmeno sicuro di averne ancora uno. In realtà, non aveva sentito parole tanto sincere da quando era solo uno studente a Hogwarts. L’unica ad averle pronunciate era stata Lily… poi lui aveva rovinato tutto.
Scacciò via quel pensiero malinconico dalla sua mente e si concentrò sulla giovane Black. Quello non era affatto il momento adatto per piangersi addosso.
Le parlò con voce calma, ringraziandola con un debole sorriso della fiducia, dopodiché cominciò a chiederle di parlare meglio del Parassita annidato dentro di lei.
- La prego, professore – lo interruppe lei. - Preferirei che non la chiamasse in quel modo. A lei non piace.
Piton inarcò un sopracciglio. Guardò Ginevra, passandosi un lungo dito magro sulle labbra. - E in che modo dovrei riferirmi a... lei?
Ci fu un attimo di silenzio nel quale Severus vide la ragazza come un po’ persa. Capì che in quel momento stava parlando con la creatura. Ne fu in qualche modo affascinato. Non era cosa di tutti i giorni assistere a una cosa di quel genere. Quella situazione aveva cominciato a stuzzicare il suo interesse oltre che la sua curiosità.
Ginevra sospirò e si rivolse all’insegnante, un po’ esitante. Come se quello che stava per dire le creasse un po’ d’imbarazzo. - Io la chiamo entità Oscura, ma lei ha deciso che preferisce essere chiamata Entity. Lo trova più carino.
- Entity?
Le guance della Grifondoro si imporporarono leggermente. - Già.
Quello che Severus ignorava era che in realtà nella testa della ragazza si era appena conclusa una piccola lotta mentale, nella quale l’entità Oscura, ora detta anche Entity, pretendeva di avere un nome. Proprio come lei.
Ne ho tutto il diritto!”, aveva esclamato la voce. “Perché tu puoi avere un nome e io no?”.
Le proposte erano state tante e tutte bocciate dalla ragazza, ma l’entità non si era arresa nemmeno un attimo per ottenere ciò che voleva. Alla fine Ginevra aveva ceduto, soprattutto perché stava per venirle un gran mal di testa a forza di sentirla protestare.
Anche se all’inizio era un po’ confuso, il professore sembrò accettare di chiamare l’entità per nome.
Cominciò a fare domande alla sua studentessa, chiedendole più informazione riguardo Entity. Era un po’ strano parlare di quel demone come se in realtà fosse un essere umano, ma provò a guardare la situazione da un’altra prospettiva; voleva capire il più possibile per arrivare a una soluzione e aiutare la ragazza.
Stando a quello che stava raccontando Ginevra tutto era iniziato anni addietro, poco prima che Silente le rivelasse la sua vera età e tutti i segreti che le aveva tenuto nascosto fino a quel momento. Regulus le aveva confessato di essere stato proprio lui a sciogliere quel sigillo nella sua mente per ordine del Preside, liberando l’entità Oscura. A quei tempi lui non poteva immaginare le vere intenzioni del vecchio mago e aveva eseguito gli ordini da bravo soldato. Una volta libera, Entity seguì l’istinto di prendere il controllo del corpo della sua ospite, nutrendosi delle sue emozioni più forti. Poi, però qualcosa era cambiato e il rapporto tra lei e l’entità era diventato più sopportabile.
Raccontò al professore anche del loro modo di comunicare; tramite pensieri e attraverso gli specchi dove poteva vederla e parlarle come se in realtà fosse solo il suo riflesso, cosa che lui trovò affascinante ma lo tenne per sé.
Dopo aver terminato il racconto Ginevra abbassò lo sguardo sulle sue dita intrecciate in grembo. - Poi però sono cominciati gli altri problemi: le visioni. E ora vorrei sapere cosa sta succedendo, professore – confessò la ragazza. Lo guardò negli occhi. - Sono stanca. La prego, mi dica che lei puoi aiutarmi.
Severus sospirò, appoggiandosi completamente allo schienale della sua poltrona; restò in silenzio qualche istante, come per soppesare le parole da usare. - Se vuoi che ti aiuti, dovrò esaminarti.
Esaminarti? In che senso?”, sbottò Entity, in prenda al panico.
“Tranquilla. Possiamo fidarci”, la rassicurò Ginevra.
Entity non sembrava molto convinta, ma acconsentì.
- D’accordo – disse Ginevra rivolgendosi al professore.
- D’accordo – ripeté Severus per poi alzarsi dalla sua poltrona per raggiungerla. Erano uno di fronte all’altra, lei era rimasta seduta alla poltrona. - Userò una tecnica un po’ particolare, potrebbe fare un po’ male. Sei sicura di voler procedere?
Ginevra sospirò a fondo prima di rispondere. - Se questo potrà aiutarmi allora sì. Sono sicura.
Il professore chiuse gli occhi e le poggiò le mani sulle tempie. Quel contatto le provocò un piccolo brivido, le sue dita erano fredde.
- Ora concentrati. - Severus trasse un lungo, lento sospiro e disse: - Chiudi gli occhi.
Lei obbedì.
L’incantesimo avvenne pochi istanti dopo, Ginevra lo capì perché sentì una forte scossa alle tempie. L’ufficio iniziò a svanire davanti ai suoi occhi e una sensazione di freddo l’avvolse completamente, come una coperta. Provava dolore, ma pian piano divenne sopportabile.
Quando Severus arrestò il contatto Ginevra aprì gli occhi, trovandosi a sbattere più volte le palpebre; aveva la vista annebbiata. Ci volle qualche istante prima che l'ufficio tornasse visibile.
Guardò il professore, che nel frattempo era tornato alla sua poltrona. Aveva tolto la giacca nera, restando con la camicia bianca. I primi tre bottoni erano aperti mostrando la pelle nuda e lucida di sudore. Sembrava stremato, lo sguardo perso nel vuoto.
Uh-uh”, mormorò ad un tratto Entity. “Ora ricordo perché il bel tenebroso mi piace”.
Emise qualche verso strano e Ginevra avvertì la sua eccitazione, confondendola, per un breve istante, con la sua. Quando se ne rese conto Ginevra provò un brivido lungo la schiena.
“Ma che diavolo mi metti in testa?”, esclamò disgustata. “Smettila di pensare a queste cose!”.
Ah, quindi tu puoi pensare ai bei gemellini e io non posso pensare a un bell’uomo come il nostro professore? Sei un po’ egoista”.
“Ti prego, taci”, sibilò Ginevra e Entity le scimmiottò la stessa cosa, proprio come una bambina fastidiosa.
Ginevra cercò di pensare ad altro e di ignorare i pensieri impuri della sua “compagna di stanza”. Però dovette ammettere che il professor Piton era un bell’uomo e aveva un che di attraente.
Hai visto che ho ragione?”, continuò ad insistere Entity, soddisfatta.
Ginevra la ignorò e decise di ignorare anche i suoi strani pensieri.
Rimase qualche minuto in attesa prima di domandare al professore cosa avesse scoperto.
Improvvisamente vide il volto di Severus contrarsi e lei cominciò a spaventarsi. - È così terribile?
Gli occhi di Severus si concentrarono su di lei, corrugò la fronte. - Non so da dove cominciare.
Con il cuore in gola, Ginevra si preparò al peggio.
Il professor Piton si sistemò meglio sulla sua poltrona, poggiando i gomiti sul tavolo della scrivania. La sua espressione era indecifrabile.
Dopo quelli che alla ragazza sembrarono svariate ore, Severus cominciò a parlare di ciò che aveva visto.
- La tua mente si è completamente deteriorata – disse con voce greve. - Non può funzionare senza la creatu…Entity – fece una pausa prima di continuare, si passò una mano sul viso e sospirò. - La maledizione alla quale sei legata è forte e anche molto potente. Sembra aver creato una sorta di connessione fra di voi, ed è come se tu avessi due personalità. Sei te stessa… ma anche il parassita allo stesso tempo.
Il cuore di Ginevra cominciò a battere forte.
Era sconvolta.
Non riusciva a credere che tutto quello che le stava dicendo fosse vero. - Cosa mi sta succedendo? - la sua voce cominciò a tremare.
Quando parlò di nuovo, il professor Piton lo fece con deliberata lentezza, come soppesando le parole. - A quanto pare sembra che tu e... Entity condividete pensieri e emozioni. Tuttavia, la visione che hai avuto su tuo padre... rappresenta un potere che scaturisce solo da te e non dalla creatura… Lei è più un catalizzatore, ma non posso dirlo con certezza.
- C’è qualcosa che possiamo fare?
- Non al momento. Ho bisogno di più informazioni per analizzare con attenzione il tuo caso. Adesso abbiamo bisogno entrambi di riposo – spiegò Severus. - Ma se lo desideri posso darti un elisir che ti aiuti ad alleviare le visioni. Purtroppo è l’unica cosa che posso fare.

Nei due mesi seguenti tutto divenne più sopportabile per Ginevra.
L’elisir le era servito molto. Le sue visioni erano meno frequenti e, finalmente, poteva dire di dormire sogni tranquilli… almeno il più delle volte. La visione di Bellatrix era sempre presente nella sua mente, ma col tempo era diventata sempre più sfocata.
Ginevra incontrava il professore una volta alla settimana, in modo da poter studiare meglio la situazione e anche Entity cercava di dare il suo contributo, per quanto le fosse possibile. Anche perché voleva sapere come fosse finita nel corpo della sua ospite.
A volte si scambiavano opinioni, teorie, con la speranza di velocizzare la ricerca. Era una situazione frustrante per entrambe.
Quella sera, dopo l’incontro con il professore di Pozioni, Entity domandò un po’ esitante: “Secondo te scoprirò mai da dove vengo?”.
All’inizio Ginevra non sapeva come rispondere a quella domanda. In qualche modo riuscì a commuoversi e a provare la stessa sofferenza di Entity. Aveva paura; una parte di lei voleva trovare le risposte, l’altra invece temeva di scoprire qualcosa che le avrebbe fatto male.
Cosa sarebbe successo una volta scoperta la verità? Si sarebbero separate? Nessuna delle due voleva pensarci.
“Vedrai che lo scopriremo”, disse Ginevra, cercando di essere il più rassicurante possibile e Entity sembrò rilassarsi un po’.
Cadde il silenzio.
La stanchezza della giornata iniziò a farsi sentire e Ginevra decise di assecondare il suo desiderio di buttarsi nel letto e dormire.

Il mattino seguente, quando lei e George entrarono nella Sala Grande per la colazione, trovarono Fred e Angelina immersi in una fitta conversazione. Quando la Cacciatrice li notò li salutò con un sorriso, invitandoli a sedersi insieme a loro.
- Buongiorno! - li salutò. - Avete dormito bene?
Angelina aveva un sorriso un po’ esitante. Sembrava nervosa. Fred, invece, era indifferente. Iniziò a spalmare la marmellata su una fetta di pane come se niente fosse.
Avevano interrotto una conversazione importante?
Si scambiarono qualche chiacchiera, fingendo che la situazione non fosse strana. Fred e George iniziarono a parlare del negozio che avevano intenzione di aprire e dei vari prodotti che erano già pronti, Angelina, invece, stuzzicava il cibo nel suo piatto senza mangiarne nemmeno un boccone; parlava con Ginevra come se tutto andasse bene. Come se non in realtà niente la preoccupasse, ma sapevano entrambe che non era così.
Era chiaro che qualcosa non andava, tuttavia Angelina non sembrava molto disposta a parlarne. Preferiva parlare di cose futili come le lezioni e gli esami imminenti, quindi Ginevra decise di accontentarla e di non forzare la mano.
Poi, quando nella Sala entrò Harry, il cuore di Ginevra perse un battito. La nostalgia aumentava giorno dopo giorno, ma nonostante lei provasse il desiderio di sistemare il loro rapporto, Harry era diventato sempre più freddo e distante.
La piccola Ginny Weasley, che camminava al suo fianco, la salutò con un sorriso e un cenno della mano. Lei stessa aveva provato più volte ad aiutarla a far pace con il fratello, ma senza successo. Harry era davvero una testa dura.
Nonostante fossero seduti allo stesso tavolo, con Ron, Fred e Angelina che li separavano, Harry la ignorò completamente, come se in realtà fosse invisibile.
Un vero colpo al cuore.
Proprio in quel momento arrivarono i gufi che recapitavano la posta del mattino e la giovane Black iniziò a sperare che quella fosse una buona occasione per riconciliarsi.
I suoi occhi si fissarono su Harry e sul gufo che era appena atterrato davanti a lui.
Ginevra aspettava con ansia che leggesse la sua lettera. Ormai le aveva provate tutte con lui e quella era l’ultima opzione che le era venuta in mente per avere la sua attenzione.
Aveva scritto solo poche righe, ma sperava che funzionassero o che almeno le leggesse.


 
Caro Harry,
so che sei arrabbiato con me,
ma se mi darai l’occasione
ti prometto che ti spiegherò tutto.
Ti prego”.


Non aveva firmato la busta per paura che, vedendo chi la mandava, non l’aprisse nemmeno. Sperava solo che le desse un’occasione.
- Ti prego leggila. Ti prego, ti prego, ti prego – mormorò tra sé Ginevra.
Quando Harry prese in mano la lettera il gufo volò via. Stava per aprirla quando un altro gufo atterrò consegnandogli una seconda lettera.
Ginevra lo vide aggrottare la fronte, confuso. Evidentemente non si aspettava nessuna lettera, due erano già troppe stando ai suoi standard degli ultimi mesi.
Prima che Harry riuscisse a prendere anche quella lettera, arrivarono altri cinque gufi, che facevano le acrobazie nel tentativo di consegnare la loro lettera per primi.
Intorno a lui si era creata una vera e propria baraonda e a quel punto fu costretto a mettere da parte la lettera della sorella per prendere tutte le altre.
Ginevra sospirò, affranta.
Sembrava proprio che anche l’universo ce l’avesse con lei.
- Che succede? - le chiese Angelina.
Ginevra fece spallucce e si dedicò alla sua colazione. - Niente. Harry mi ignora.
- Mi dispiace – disse. - Vedrai che gli passerà.
Nonostante il tentativo di Angelina di tirarle su il morale, Ginevra non era tanto sicura che Harry fosse disposto a parlarle.
Nel frattempo, Ron, Hermione e Fred, che si era unito alla loro conversazione, iniziarono a leggere le varie lettere che erano arrivate a Harry. Stando a quello che riuscirono a sentire George e Ginevra, Harry aveva ricevuto molta posta da ammiratori per aver rilasciato un’intervista sul Cavillo, la rivista del padre di Luna Lovegood.
In qualche modo, in mezzo a tutta quella confusione, Fred riuscì a passare la rivista al fratello gemello e Ginevra riuscì a leggerne il contenuto.
La faccia sorridente di Harry era in copertina insieme al titolo a grandi caratteri rossi:

 

HARRY POTTER PARLA CHIARO:
LA VERITÀ SU COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO
E LA NOTTE IN CUI IO LO VIDI TORNARE


Ginevra iniziò a leggere con attenzione l’articolo, provando una grande soddisfazione. Finalmente qualcuno si era deciso a dar ascolto alle parole di Harry. Dopotutto qualcuno doveva pur contrastare le parole del Ministro della Magia e della Gazzetta del Profeta.
L’articolo suscitò l’ira della Umbridge, che bandì tutte le riviste del Cavillo da Hogwarts, ma così facendo l’interesse degli studenti non fece altro che aumentare.
Ovunque si girasse Harry sentiva sussurrare i suoi compagni della sua intervista. Non si parlava d'altro.
- Penso che ti credano, - gli confessò Hermione, raggiante. - Sul serio, credo che tu li abbia finalmente convinti!
Persino Draco, Blaise, Daphne e Theodore, nonostante nell’articolo fossero citati i loro genitori Mangiamorte, erano rimasti dalla parte di Harry.
- Mio padre ha sempre detto che sei un bugiardo – raccontò Theodore durante l’incontro dell’ES. - Ma io non sono stupido e ho sempre saputo quello che è in realtà. Quando sono tornato a casa, a giugno, e gli ho raccontato ciò che è successo quella notte, mi ha dato anche un ceffone e mi ha tenuto in punizione tutta l’estate.
Nel frattempo la professoressa Umbridge pattugliava la scuola, fermava gli studenti a caso e chiedeva loro di vuotare le tasche e aprire i libri: Harry sapeva che stava cercando copie del Cavillo, ma gli studenti erano diversi passi avanti a lei. Le pagine con l'intervista erano state stregate per sembrare libri di testo se lette da estranei, o diventavano bianche finché il proprietario non voleva rileggerle. In breve fu chiaro che a scuola l'avevano letta tutti.
Ma c’era un’altra notizia che aveva iniziato a fare scalpore tra gli studenti e Ginevra lo venne a sapere proprio da quell’odiosa di Pansy Parkinson e dalla sua cricca.
- Ehi, Black – la salutò la Serpeverde, stranamente sorridente. L’aveva bloccata nel corridoio, poco prima che raggiungesse la Sala Grande per la cena. - Hai sentito l’ultima notizia?
- Se è quella di te che hai deciso di sposare un acromantula, allora no – rispose lei. - Purtroppo non sono stata io a metterla in giro.
- Ah, ah. Sei divertente, Black. Davvero divertente – commentò Pansy, incrociando le braccia al petto. - Comunque Lucinda di Tassorosso, ha detto a tutti che qui a Hogwarts c’è una ragazza incinta! - spiegò. Gli occhi le brillavano di cattiveria. - Ha sentito parlare due ragazze, ma non le ha viste in faccia. Non che importi molto, no?
Ginevra strabuzzò gli occhi, incredula. - Incinta?
Istintivamente si guardò intorno.
Quella sera né Angelina né Katie erano nella Sala Grande. La preoccupazione si impossessò di lei. Le probabilità che quella Tassorosso avesse sentito parlare loro due erano alte.
Lo sapevano già? Sapevano che Angelina era stata quasi scoperta?
- Già! - esclamò estasiata la Parkinson interrompendo i suoi pensieri sul nascere. - Quindi… a quando il lieto evento?
- Che intendi dire? - domandò Ginevra, confusa. Inarcò un sopracciglio davanti al sorriso malizioso dalla Serpeverde.
- Ma come? Non sei tu quella incinta? Oh, che strano. E io che pensavo che fossi come quella babbana di tua madre. E stata lei a farsi mettere incinta mentre era qui a Hogwarts, no?
Avrebbe voluto mandarla al diavolo con tanto di calci nel sedere, ma qualcuno riuscì ad anticipare le sue intenzioni.
- Ok, Parkinson, ora leva i tacchi!
Con sua grande sorpresa Harry era sbucato alle sue spalle per poi mettersi tra lei e la Serpeverde.
- Oh, Pottino Potter! - squittì eccitata Pansy. - E da tanto tempo che io e te non ci facciamo una bella chiacchierata.
Si avvicinò a Harry con sguardo languido fino a sussurrargli qualcosa all’orecchio, ma Harry l’allontanò in malo modo, mandandola al diavolo. - Vattene. Non sto scherzando.
Immediatamente la malizia della Serpeverde si dissolse e la sua espressione divenne ostile. - Te ne pentirai, Potter – sussurrò a denti stretti. Dopodiché gli voltò le spalle e andò via seguita dalle sue compagne.
Una volta rimasti soli nel corridoio, calò il silenzio.
Harry si era messo in disparte, prendendo a calci un sassolino che rotolava davanti a lui. Le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
Per quanto fosse felice di vederlo, però, Ginevra era anche un po’ arrabbiata per il suo intervento tempestivo.
- Me la sarei cavata benissimo anche da sola – sbottò Ginevra. - So gestire quelle come la Parkinson.
- Be’, questo lo so. Ma un semplice grazie sarebbe bastato – ribatté Harry, continuando a calciare il sasso che, notò Ginevra, si stava avvicinando a lei pian piano.
“Lo sta facendo a posta”.
Quel pensiero riuscì a sopprimere quella stupida rabbia che stava provando e, a quel punto, un sorriso spontaneo le piegò le labbra, facendole provare nuovamente nostalgia.
“Sta provando ad avvicinarsi”, pensò e Entity si trovò a concordare, entusiasta.
Forza, fai il prossimo passò”, la incoraggiò. “E mi raccomando, se hai bisogno io sono qui, capito?”.
Ginevra annuì, ringraziandola, dopodiché si concentrò nuovamente sul fratellastro.
- Grazie – disse. - Ma me la sarei cavata benissimo anche da sola – ribadì, ostinata, senza però nascondere il sorriso.
Lui sospirò e ricambiò il sorriso, come se avesse ricevuto la risposta che si aspettava e la trovasse incredibilmente divertente. - Sei sempre la solita.
Ginevra allargò le braccia in un gesto eloquente, come per dire: “Che posso farci? Mi conosci”.
Poi cadde nuovamente il silenzio e il sorriso di Harry sparì. A forza di calciare quel sassolino, si ritrovò faccia a faccia con la sua sorellastra.
Dalla tasca uscì un biglietto, che lei riconobbe subito.
- L’ho letto – disse Harry dando voce ai pensieri di lei. Poi fece spallucce, incitandola a parlare. - Spero che non sia uno scherzo e che mi dirai davvero tutto.
- No, Harry. Non è uno scherzo.
- Bene. Perché sono stanco di essere trattato come un bambino.
Rimase in attesa, in silenzio, mentre Ginevra si guardava intorno con circospezione.
L’insegnamento di Malocchio era come marchiato a fuoco nella sua mente ed era inevitabile ormai evitarlo: “- Vigilanza costante, ricordatelo!”, le diceva sempre.
Be’, sarà fiero di noi dato che lo prendiamo alla lettera”, le sussurrò Entity, divertita.
- Allora? - insisté Harry, confuso. - Vogliamo parlare sì o no?
Ginevra lo prese per un braccio, avvicinandolo a sé. - Non qui – gli sussurrò all’orecchio quando vide un ragazzo avvicinarsi a loro. Lo riconobbe subito: era proprio il Corvonero attaccabrighe con cui lei e Paul si erano azzuffati mesi prima. Chris Turner.
Per quanto ne sapeva era un simpatizzante della Umbridge e delle sue regole, infatti, era uno dei pochi a non aver mai ricevuto delle punizioni dall’insegnante. Era, come dicevano i babbani, “il cocco della prof”. Semplicemente disgustoso.
Probabilmente la stava seguendo sotto ordine della Umbridge, cosa non l’avrebbe stupita più di tanto. Erano mesi che quel rospo le stava addosso, ma aveva bisogno di una copertura e uno studente era quello che faceva al caso suo. Peccato che Ginevra non fosse una stupida.
Quando Turner si appoggiò al muro poco distante da loro, fingendo di leggere una lettera, Ginevra notò che in realtà lui stava osservando proprio lei e Harry.
Quell’idiota non sa nemmeno pedinare qualcuno!”, sbottò Entity, divertita.
- Andiamo – disse a Harry. - Fa finta di parlare del più e del meno. Ci stanno seguendo.
- Cosa? - Dire che Harry fosse sorpreso era poco e, se non ci fosse stata lei ad impedirglielo, si sarebbe girato in cerca del impiccione.
- Andiamo in Sala Comune – gli sussurrò, per poi parlare di Quidditch e delle manovre fantastiche che gli aveva visto fare agli allenamenti di qualche giorno prima.
Il Corvonero continuava a seguirli.
La discrezione non era di certo il suo forte, ma quando arrivarono alla meta egli non poté più seguirli. Ginevra sussurrò al ritratto della Signora Grassa la parola d’ordine, in modo tale che Turner non fosse a portata di orecchio, ma poco prima di attraversare il ritratto vide il Corvonero confabulare con uno studente del primo anno di Grifondoro, forse nella speranza di corromperlo e usare lui come “spia”.
Che idiota”, ripeté Entity, divertita. “Sai, mi fa quasi tenerezza”.
Una volta nella Sala Comune, Ginevra si guardò intorno. Non riusciva a stare tranquilla. - Possiamo andare in camera tua?
Harry annuì e fece strada.
Salirono la rampa di scale e una volta dentro la camera, lei applicò i vari incantesimi per sigillare e insonorizzarla in modo tale che nessuno potesse ascoltare. - Scusa, ma la prudenza non è mai troppa.
Harry, seduto sul suo letto, la guardò confuso. - No… certo. Ma ora mi vuoi dare delle spiegazioni?
Dopo qualche respiro profondo per infondersi coraggio, Ginevra prese posto sul letto di Ron, così da poter guardare Harry in faccia. - È un po’ complicato da spiegare, ma ci proverò.
Gli raccontò tutto per filo e per segno; del suo incubo su Sirius e delle premonizioni; della Profezia che li legava e che Voldemort desiderava ardentemente. E, soprattutto, gli parlò di Entity.
- Voldemort e Silente sono alla ricerca della Fonte da molti anni. – spiegò. - Non so perché la chiamino così. So soltanto che Silente mi ha trovata per primo e che ha escogitato tutto quel macello sulla mia età per nascondermi a Voldemort e avere il controllo su di me. Io e Entity cerchiamo risposte, ma senza trovarle. Non sappiamo come sia entrata in contatto con me, ma una cosa è sicura: devo stare lontana da Silente. Vuole usare Entity per i suoi scopi e io non posso permetterlo. Non possiamo fidarci. Soprattutto tu, Harry. Non fidarti di lui. Prima o poi troverà il modo di usare anche te.
L’espressione di Harry era indecifrabile. Era confuso, sollevato e arrabbiato allo stesso tempo, ma era impossibile decidere quale fosse il sentimento predominante.
- Quindi… è questo che ti sei tenuta dentro per tutto questo tempo?
Ginevra annuì. - Mi dispiace di non averti detto nulla, ma avevo paura. E mi era stato detto di non dirti niente sulla Profezia, quindi… ho dovuto mantenere il segreto. Mi dispiace, Harry.
- No, – mormorò lui, - non devi scusarti. Lo capisco.
Saltarono la cena, ma continuarono a parlare fino a tardi. Ginevra rispose a tutte le sue domande, ma per quanto riguardava la Profezia ebbe alcune lacune. Non riusciva a ricordare cosa dicesse con esattezza, quindi non riuscì a rivelare a Harry di cosa parlasse. - Ricordo solamente che siamo entrambi nella Profezia. Nient’altro.
Harry sembrò deluso. - Quindi chi è che può dirci di più?
- Silente – rispose Ginevra. - Purtroppo è l’unico che la ricorda a memoria. Ma la Profezia c’è ancora. È nell’ufficio Misteri. Alcuni membri dell’Ordine fanno la guardia.
Harry si passò le mani tra i capelli. La cicatrice gli diede una fitta, ma non vi badò. - Quindi avevo ragione – sospirò.
- Che intendi dire? - domandò allora la sorellastra.
Così Harry le raccontò cosa era riuscito a scoprire negli ultimi mesi dopo aver sognato quasi ogni notte il corridoio senza finestre di cui le aveva parlato mesi prima. Quel corridoio terminava con una porta chiusa a chiave e, fino quel momento, non era riuscito a capire che si trattava di un luogo vero. Poi aveva capito di aver sempre sognato il corridoio che portava all'Ufficio Misteri, che lui aveva visto il giorno della sua udienza al Ministero.
- E adesso che mi dai la conferma che è lì che si trova… vuol dire che la mia intuizione è esatta – disse Harry, scattando in piedi come una molla. - È lì che vuole andare Voldemort.
Ad un tratto si portò una mano alla fronte, massaggiandola.
Il bruciore stava diventando sempre più forte. Una risata folle rimbombava nelle sue orecchie... era più felice di quanto fosse stato da molto tempo... esultante, estatico, trionfante... era successa una cosa stupenda, meravigliosa...
Le gambe cedettero.
- Harry? HARRY! - Ginevra era scattata subito verso di lui. Lo aveva preso appena in tempo prima che cadesse a terra.
Inconsciamente Harry cominciò a reggersi a lei; la teneva stretta per un braccio. Rideva come un pazzo e la cosa la spaventò non poco.
Non era in sé. I suoi occhi verdi stavano sbiancando lentamente.
- Harry! - urlò ancora Ginevra, mentre un sorriso inquietante deformava il viso di suo fratello. - Svegliati! Controllati.
- Ti ho trovata! - sussurrò esultante.
Quella voce… non era di Harry.
Come sotto shock, Ginevra guardò il fratello. - Harry…
Lui continuò a ridere finché i suoi occhi non tornarono normali.
Quando riuscì a riprendersi Harry si rese conto di essere sul pavimento, tra le braccia della sorella. La cicatrice che pulsava terribilmente.
- Cos’è successo? - domandò, iniziando a tossire.
Sentiva un forte bruciore alla gola.
Ginevra aveva lo sguardo perso. Era molto preoccupata, quasi spaventata. - Io... non lo so… - mormorò. Tornò a guardarlo negli occhi, aiutandolo a rialzarsi. - Tu cosa ricordi?
Con il suo aiuto, Harry si mise a sedere sul letto. Stava tremando come quando aveva visto il serpente attaccare il signor Weasley, e si sentiva malissimo. - Ho visto Voldemort. È felice... molto felice… - mormorò. - È successo qualcosa di buono. Qualcosa in cui sperava.
Mentre lo aiutava ad andare a letto, la mente di Ginevra era in pieno panico.
Merda. Merda. Merda!”, esclamò Entity, spaventata. “Cosa facciamo adesso?”.
Provarono entrambe a pensare a una soluzione, ma senza successo. La voce di Voldemort echeggiava nella sua mente come per darle il tormento.
Ti ho trovata, aveva detto. Sapeva di aver trovato la Fonte; sapeva di aver trovato l’ospite dell’entità Oscura.
Sembrava impossibile. Ginevra stentava ancora a crederci.
No”, concordò Entity, cercando di calmarsi. “Non può essere. Lo abbiamo immaginato... vero?”.
Harry si lasciò cadere sui cuscini, dolorante per la cicatrice che ancora bruciava. Non poteva fare a meno di chiedersi con grande trepidazione che cosa rendesse Lord Voldemort felice come mai era stato negli ultimi quattordici anni.
- Ho detto qualcosa, mentre ero svenuto? - domandò a quel punto alla sorella.
Ginevra sobbalzò, destandosi dai suoi pensieri.
Svenuto?”, Entity era sempre più confusa. “Quindi non ricorda che si è messo a ridere come un pazzo?”.
“Non era lui a ridere”, mormorò Ginevra, rassegnandosi alla realtà. - Mi ha trovata – disse. - Voldemort mi ha trovata.

 
  
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