Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: Harry Fine    23/07/2023    2 recensioni
Iselen Surana, Runaan Mahariel, Aida Tabris, Persephone Cousland, Micah Brosca e Aura Aeducan vivono ognuno la propria vita, tutti bloccati dai loro problemi e deliziati dai loro affetti. Nessuno di loro sa chi siano gli altri, ma molto presto dovranno unirsi e affrontare il Flagello, la calamità peggiore che loro e il loro mondo abbiano mai visto e che minaccia di inghiottire ogni cosa, insieme ad un'improbabile compagnia di alleati, facendo tutto ciò che è necessario per salvare il paese che conoscono. Anche se il prezzo potrebbe essere troppo alto.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Morrigan, Nuovo personaggio, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La porta dell'ospedale venne buttata giù con uno schianto di ghiaccio.
Aida vide i maghi del Tevinter puntare i bastoni, ma una delle loro guardie crollò in avanti sulla soglia, la gola tagliata che imbrattava il terreno di rosso, e venti glaciali avvolgevano la piazza del Vhenadahl.
Iselen e Zevran uscirono fuori tra lo sgomento dei presenti, gli occhi del mago che scintillavano di blu come le vene attorno ad essi, e la tempesta si fece ancora più violenta. Lunghi arabeschi gelati avevano avvolto la porta e stavano risalendo lungo il terreno; un uomo con una elaborata veste rossa giaceva prono dietro di loro.
《Salve a tutti!》 Urlò frizzante l'antivano. 《Sappiate che i cari Guaritori venuti qui per aiutarvi in realtà sono un branco di schiavisti! Quindi, se non volete finire in gabbia, vi consiglio di scappare!》

Fu come gettare olio su una fiamma. La folla di elfi, che fino ad allora era rimasta immobile per la sorpresa, iniziò ad urlare disperata, ognuno che cercava di darsi alla fuga in una direzione diversa. I capelli rossi di Shianni spiccavano tra di loro.

I due guaritori rimasti cercarono di fermarli alzando i bastoni magici, ma le spire della tempesta di neve si riversarono su di loro con tutta la loro furia, dando il tempo alla maggior parte degli abitanti di scappare.
Le loro urla si persero nell'ululato della tempesta, mentre un nutrito gruppo di elfi con segni di catene e lividi su tutto il corpo scappavano dal retro dell'edificio. La ragazza non riuscì a vedere se suo padre era tra loro, ma non attese oltre.
Incoccò una freccia e la puntò verso il Guaritore dai capelli rossi, che aveva afferrato un giovane elfo per un braccio, una barriera alzata per difendersi dalla bufera di Iselen. Runaan era davanti a lei, i pugnali in mano, ma il secondo Guaritore si accorse di loro.

Il lampo del fulmine la abbagliò, ma il suo corpo reagì da solo. La Bestia dentro di lei ruggì come ormai non faceva da mesi e lei scattò in avanti più veloce di qualsiasi essere umano: sentì i capelli rizzarsi per la corrente, ma tenne gli occhi sul suo nemico e puntò l'arco.
Udì l'uomo ululare di dolore quando venne colpito alla spalla, le mani illuminate che creavano una gabbia elettrica attorno a sé per tenerla lontana, ma poi vomitò un fiotto di sangue e si accasciò in avanti, rivelando la figura di Runaan, i capelli biondi sparati in ogni direzione e i pugnali sporchi di rosso. I suoi occhi erano come quelli di un predatore.


L'altro mago del Tevinter ringhiò davanti a quella scena: mai aveva visto dei ratti lottare così, mai li aveva visti vincere!
Il suo bastone brillò come un faro, evocando un violento vento infuocato che tentò di contrastare la bufera di Iselen, ma l'elfo non si mosse di un millimetro. Il ronzio del suo lyrium risuonava ben chiaro nelle orecchie, così come il flusso del suo potere.
La tempesta si concentrò del tutto sul suo avversario, intrecciandosi intorno a lui sempre più potente e selvaggia. Il terreno ormai era coperto da uno spesso strato gelato e la barriera stava diventando fragile: lunghe crepe avevano intaccato la superficie luminosa. Il Guaritore provò a rinforzarla, ma Zevran lo aggirò dal fianco e ci piantò dentro i suoi pugnali.
La protezione si ricoprì istantaneamente di nuove spaccature, prima di esplodere. Il suo padrone e il suo ostaggio vennero scaraventati indietro, i volti e le braccia ferite dai cristalli gelati.

《Dannati Ratti!》 Sibilò il mago, rosso di rabbia, prima di puntare il bastone al collo del giovane elfo ancora nella sua presa che si divincolava inutilmente. I suoi occhi, enormi per la paura, si spensero mentre una fontana di sangue che fioriva dalla sua gola, l'aria che diventava ancora più fredda e colma di bagliori foschi!

Aida mirò subito, il cuore che pulsava di orrore, ma decine di tentacoli rossi sorsero dal corpo del ragazzo, e scattarono contro lei e Zevran. E stavolta la Bestia non potè aiutarla.
Sentì la loro presa possente e viscosa scavarle la carne del busto, delle braccia e della gola, i capelli dritti sulla sua nuca, mentre lottava per respirare. Guaiti soffocati stavano uscendo dal suo petto, mentre il suo cuore batteva assordante nelle proprie orecchie. Sentiva il suo stesso sangue scorrere a terra.
Vide di sfuggita Iselen cercare di alzare altre barriere per proteggerli, ma i flussi di magia oscura fluirono verso di lui e su Runaan, tagliando i venti della tempesta e costringendoli sulla difensiva. Zevran davanti a lei tentava inutilmente di strappare i tentacoli che gli avevano serrato la gola, I pugnali caduti a terra e il volto cianotico.


Ormai però il mondo stava diventando sfuocato. Non riusciva a pensare, i suoi muscoli si muovevano per solo istinto. Sentiva le risate isteriche del mago del Tevinter, ma ormai tutto era ovattato, lontano. Tese gli occhi inumiditi in alto, l’aria che si rifiutava di entrare nei suoi polmoni, prima di sentire la presa allentarsi.
Cadde a terra di colpo. Sentì dolore, ma era troppo occupata a tossire, i polmoni in fiamme e la vista offuscata mentre prendeva aria a grandi boccate.
Si girò verso il loro nemico, ma vide che stava dando loro le spalle, i tentacoli rossi che avvolgevano la sua figura come un'aureola. Un rivolo di sangue scendeva dalla sua fronte, ne sentiva l'odore, e il suo volto furibondo stava guardando dritto negli occhi un terrorizzato Soris!
Suo cugino tremava come una foglia. Aveva ancora in mano l'asse di legno con cui lo aveva colpito per fargli interrompere l'incantesimo, gli occhi enormi di paura mentre il bastone del finto Guaritore scintillava di fiamme ardenti!
《Schifoso ratto, come osi colpirmi? Come osi colpire i tuoi padroni!?》 Urlò, i tentacoli rossi che scattavano verso di lui come serpenti. Aida sentì I muscoli contrarsi senza rendersene conto.


Si lanciò in avanti con tutte le sue forze, la Bestia che ruggiva furiosa insieme a lei.
Si avventò sul mago con rabbia, lacerando ogni lembo di carne che vedeva. I suoi artigli squarciarono vesti, pelle, muscoli e legamenti. Affondò ripetutamente le zanne nella sua carne, la sua mente che le imponeva di attaccare e attaccare senza fermarsi! Sangue denson e caldo le invase la bocca, mentre le urla disperate dell'uomo riempivano l'aria, il suo bastone giaceva spento e inutile a terra. Lo aggredì finchè non lo sentì crollare morto, ridotto a nient’altro che una massa di carne straziata.

Si alzò ansante dal corpo, se così lo si poteva chiamare, e si girò verso il cugino, le zanne striate di rosso come i suoi vestiti e lo sguardo spaventato 《Soris… stai bene?》
Il ragazzo la fissò pallido come un cencio, gli occhi che si spostavano a scatti da lei al cadavere del mago.
Aveva sempre saputo che Aida era forte e molto sveglia, ma non avrebbe mai creduto di vederla lottare con una tale furia! La ricordava calma, silenziosa, attenta e affezionata a suo padre, a lui e a Shianni. Ricordava anche il suo temperamento testardo, ma mai l'aveva vista violenta o rabbiosa. Non sembrava più nemmeno lei.

Si chiese ancora una volta cosa le avesse fatto quel viaggio in cui era stata trascinata. Aveva spiegato a lui e Shianni che aveva visto e affrontato creature pericolose e incredibili, che nella foresta qualcosa l'aveva cambiata in modo irreversibile nel corpo e nella mente, che quell’occhio d'oro ne era prova. Non era mai scesa nei dettagli, ma che ora fosse in grado di dilaniare un maleficar…
Sentì una scossa di paura al solo pensiero e un'altra quando i suoi compagni si avvicinarono a lei. Nessuno di loro pareva turbato da quello spettacolo, anzi vide l'assassino dare delle pacche allegre a sua cugina, nonostante le loro ferite.

Non avrebbe dovuto sorprendersi di simili atteggiamenti: avevano affrontato minacce terribili come la prole oscura o abomini, e tra di loro c'era anche un vero elfo Dalish! Erano guerrieri veri, come quelli di cui aveva letto nelle storie. Ma era quasi innaturale vederli così allegri dopo un’uccisione del genere. Però una delle micidiali sberle di Shianni lo colpì proprio sulla nuca, distraendolo da quei pensieri.
《Razza di idiota! Ma che ti è passato per la testa!? Cerchi di farti ammazzare!?》
Lui voleva ribattere che aveva solo cercato di aiutare, che non aveva avuto il tempo di riflettere, ma la rossa lo travolse con un abbraccio prima che potesse parlare. E Aida lo seguì poco dopo, l’aria feroce sostituita da una preoccupata più familiare. Più gentile. 《Stupido.》 La sentì mormorare.
Ricambiò la stretta, il cuore che si calmava poco a poco. Si diede dello stupido per i pensieri di poco prima: Aida era cambiata, era vero, e aveva imparato a combattere in una maniera che lo terrorizzava, ma in fondo era sempre la ragazza con cui aveva condiviso tutta la vita. Quella che lo aveva aiutato sempre quando erano bambini, con cui aveva litigato tante volte e che lo aveva protetto da Vaughan.


《Cosa è successo?》 Chiese però di colpo la voce di un elfo di mezza età dalla pelle olivastra, mentre lui e gli altri abitanti facevano capitolino sulle strade, abbandonando i loro nascondigli.
L'elfa dalla pelle scura provò a rispondere, ma una ragazza la precedette. Aveva l'aria smunta, ma lo sguardo bruciava deciso. 《Lui ha detto la verità!》 Accennò a Zevran. 《I Guaritori non sono altro che schiavisti del Tevinter! Ci hanno rinchiusi appena siamo entrati!》 Esclamò, mostrando alla folla i polsi segnati da ferite di pesanti catene.
Un brusio spaventato si diffuse nella piazza, una donna strinse a sé il bimbo che teneva in braccio, ma la ragazza proseguì, rivolta verso Aida. 《E noi non eravamo soli. Ce n'erano altri. Li hanno portati via》

Questo riportò l'arciera alla realtà. Il loro lavoro non era ancora terminato. Si girò verso Iselen. 《L'edificio è vuoto? Avete visto altri schiavisti》
Il mago scosse il capo. 《No, ma non possono esserci solo loro.》 Accennò ai corpi dei maghi che avevano appena ucciso. 《Abbiamo trovato una botola che porta ad un passaggio segreto. C'erano delle impronte insanguinate.》


La ragazza ringhiò, la Bestia che gemeva pensando a suo padre. Non era tra gli elfi che erano stati appena liberati, dovevano averlo già portato in un altro punto dell'enclave. A meno che non fosse già in viaggio verso il Tevinter come schiavo!
Ricacciò indietro quel pensiero con un guaito, lo stomaco stretto in una morsa spaventata. Lui stava bene, doveva stare bene. Lo avrebbe salvato, avesse dovuto uccidere ogni singolo fottuto mago da sola!
Si rivolse ai cugini e a tutti gli altri elfi. 《Nascondetevi in casa: barricatevi dentro. Se arrivano altri maghi, fate modo che non vi trovino.》 Strinse le mani di Shianni. 《Li riporteremo qui, ve lo prometto.》
La cugina parve voler dire qualcosa, ma ci ripensò. Toccò la spalla di Soris, facendogli segno di seguirla, e svanirono insieme a lui per i vicoli.

Aida si girò verso la clinica, le zanne scoperte.


**


Il passaggio degli schiavisti era alto, ma stretto e puzzava di chiuso e di lacrime. La pietra umida del terreno faceva risuonare i loro passi e ad indicare loro la strada c'erano segni di sangue ormai secco.

Aida avanzava in testa al gruppo, l’arco pronto come quello di Runaan. Stavano andando verso la parte più povera dell’enclave, dove di solito veniva mandato chi non aveva soldi per permettersi una casa vera o non poteva più lavorare per l'età, la malattia o le ferite.
Arrivarono di fronte ad una porta di legno che dava sull’atrio di un sistema di appartamenti così piccoli da non poter consistere in più di una stanza ciascuno. Il legno delle pareti era incrostato di umidità e la poca vernice rimasta era di colore slavato. Una porta di fronte a loro era socchiusa. Sentivano delle risate ovattate provenire dall'altra parte, qualcuno piangeva.
Iselen sbirciò all'interno, il bastone in mano. Tre uomini in armatura, due con gli stemmi del Tevinter e uno della guardia cittadina davano loro le spalle, allegri: alla cintura portavano sacchi pieni di monete tintinnanti. Una famiglia di elfi giaceva imbavagliata sul pavimento di fronte a loro, la pelle viola di lividi e tagli. La donna stava stringendo sua figlia con forza.


Aida sentì immediatamente la rabbia montare. Per loro nessun elfo era una persona, non importava se erano donne, bambini, genitori. Erano solo una fonte di guadagno! Niente di più che potenziali schiavi da vendere al migliore offerente!
Spalancò la porta con un calcio, le zanne scoperte, e ascoltò con soddisfazione la risa di quei bastardi diventare gorgoglii sanguinolenti, quando i pugnali di Zevran e Runaan affondarono nelle loro gole.

《Rimanete qui. Non fate rumore.》 Sussurrò ai tre elfi quando li ebbero liberati. L’uomo annuì, provato, e la donna le rivolse un’espressione grata, sua figlia ancora tra le braccia. Entrambe tossivano piano.


Attraversarono i corridoi angusti più in fretta possibile, seguendo i segni quasi cancellati di alcune impronte insanguinate. Il legno scricchiolava sotto i loro piedi e la puzza di chiuso era ormai diventata opprimente.
Aida sentiva i battiti del proprio cuore rimbombare come tuoni. Stava pregando Andraste, il Creatore o chiunque fosse pur di fare in tempo! Non poteva lasciare che lui venisse ridotto in schiavitù. Lei voleva abbandonare l'enclave, ma non avrebbe mai smesso di amare lui. Dovevano chiarirsi! Doveva salvarlo!

Non incrociarono altri schiavisti, ma fu chiaro che avevano preso le loro precauzioni quando Zevran disattivò una lunga serie di trappole letali prima di scassinare anche la porta della stanza seguente. Una zaffata ferrosa li travolse appena si aprì.
《Dilettanti.》 Rise l'antivano osservando la serratura.
《Potrei dire lo stesso di chi entra di propria sponte nella bocca del leone.》 Disse una voce femminile.


Di fronte a loro, vestita con un'armatura di cuoio nero e un lungo arco di legno scuro, c'era un'elfa dall'aria sicura, le orecchie a punta spiccavano tra i capelli scuri. I suoi occhi brillarono avidi quando si posarono su Runaan e sul suo vallaslin. 《Quei tatuaggi… un selvaggio delle foreste! I magistri pagheranno chili di oro per avere ai propri piedi uno schiavo come te!》
Il Dalish le puntò contro la freccia. 《Devi solo provarci.》 Sibilò, la corda che vibrava.
Lei ghignò ancora di più. 《Questi sono fin troppo in forma, signori.》 Disse con un ghigno ai sei uomini accanto a lei, ognuno protetto da un'armatura e un arco teso puntato contro di loro. 《Dategli una lezione. Ma non riduceteli come gli ultimi due.》
Una coppia di giovani elfi giaceva poco dietro di loro, le schiene trapassate da delle frecce e pregne di rivoli rossastri. Ecco da dove proveniva l'odore di sangue.

Aida ringhiò di fronte a quello spettacolo, il gelo di Iselen che già le pungeva le guance. 《Sei un'elfa anche tu! Come puoi fare questo!?》
Il volto della loro nemica di contorse in una smorfia disgustata. 《Io sono una servitrice leale del Circolo di Minrathous. Credi veramente che io abbia qualcosa a che fare con questi Ratti?》 Indicò i due corpi a terra. 《Sono un branco di vigliacchi. Dei vermi che dicono di volere la libertà quando in realtà non possono che contorcersi ai piedi dei loro legittimi padroni.》

《Meglio vigliacchi che schiavisti.》 Ringhiò Runaan. Aida gli rivolse un'occhiataccia, mentre Zevran e Iselen si mettevano in posizione, il bastone del mago scintillava minaccioso di una fredda luce blu.
L'elfa nemica lo fissò, la sua espressione sicura che si incrinava per la prima volta. 《A quanto pare vi ho sottovalutato.》 Sussurrò, prima di alzare lo sguardo. 《Io non ho nulla contro di voi, sono qui solo per gli schiavi. Fatemi andare via incolume e…》


Aida scoccò la freccia prima che potesse finire. La vide conficcarsi all'estremità della clavicola di quella schifosa traditrice e ascoltò le sue urla, la rabbia che esplodeva nella sua testa come il ruggito della Bestia.
La inseguì, le narici dilatate per l'oltraggio. La vide impallidire di paura e ne gioì. Come osava quella stronza chiedere di essere risparmiata dopo quello che aveva fatto alla sua stessa gente!?

Una violenta corrente gelata le rizzò i capelli sul capo, scaraventando gli arcieri contro la parete tra schiocchi di ossa rotte. Uno di loro cadde morto, una freccia di Runaan gli aveva trapassato la testa. Ma quella vista la fece solo arrabbiare di più.
Lui e quella traditrice avevano chiamato “vigliacchi” le persone come suo padre. Lei aveva avuto addirittura il coraggio di chiamarli vermi!
Digrignò i denti furibonda, i venti gelati che facevano tremare la stanza. Quei due non avevano la minima idea di che cosa significasse vivere in un posto simile: non avere diritti, essere trattati come giocattoli degli umani e poi costretti ad abbassare la testa per non essere uccisi o perdere tutto! Loro erano considerati inferiori solo per la forma delle loro orecchie!
Bastava pensare a come nessuno fosse corso in loro aiuto a parte Nelaros e Soris quando Vaughan aveva rapito lei, Shianni e le altre durante il matrimonio!

Vide l'elfa del Tevinter barcollare verso una delle pareti, per usarla come scudo, il respiro affannoso. Reggeva qualcosa con il braccio sano, probabilmente il coltello che teneva alla cintura, ma non se ne preoccupò: scattò rapidissima oltre parete, apparendo al suo fianco con un ringhio basso, l'arco teso. La vide girarsi con gli occhi sbarrati per la sorpresa.
Scoccò prima che lei potesse reagire: la sua seconda freccia si conficcò nella sua coscia, facendola crollare a terra e urlare anche più di prima. La Bestia la ascoltò con piacere, reclamando vendetta.
Si avvicinò alla sua preda senza abbassare la guardia, le zanne scoperte in un sorriso quando la vide tremare. Secondo lei e Runaan, era da vigliacchi non saper combattere, però in quel buco non era possibile imparare a farlo! Anche solo possedere una vecchia spada rugginosa era contro la legge!
Sua madre aveva infranto decine di regole quando le aveva insegnato a tirare con l’arco e aveva pagato un prezzo altissimo quando l’avevano scoperta.

Ringhiò di nuovo. Lei sapeva che il Dalish era cresciuto molto in quei mesi. Sapeva che la rispettava come amica e come guerriera e checché li vedesse come codardi, stava combattendo per aiutare tutti gli elfi catturati. Per questo gli era molto grata, ma la gratitudine diminuiva solo di poco la sua rabbia.
Tutti quelli che non avevano mai dovuto sottostare a certe regole, che li giudicavano deboli dall'alto delle loro abilità, non avevano idea di quanta forza fosse necessaria per andare avanti in un posto simile! Non potevano immaginare i sacrifici che lei, i suoi genitori e tantissimi altri erano stati costretti a fare per ottenere anche solo un barlume di pace!
Ripensò all’accampamento dei Dalish di Zathrian e alle azioni compiute da quest'ultimo, a come i “veri elfi” si spostassero in continuazione tra foreste e rovine per evitare che i Templari o altri umani venissero a dare loro la caccia. Vivevano una vita in perenne fuga, dicendosi superiori a chiunque altro pur di non ammettere di essere loro i veri codardi!


Vide l'elfa nemica cercare di allontanarsi carponi, le frecce conficcate nella carne che spillavano gocce vermiglie. I suoi occhi erano enormi di terrore, fissavano i due custodi e Zevran fare a pezzi i suoi alleati senza fatica: le loro urla disperate si stavano pian piano spegnendo sotto l'ululato della tempesta.
La raggiunse prima che potesse tentare di fuggire, puntandole un artiglio alla gola, il cuore che pulsava nelle tempie. 《Chi è il verme ora?》
Il suo artiglio calò su di lei senza darle il tempo di rispondere. La sua pelle si squarciò come carta: il suo corpo ricadde tra gli spasmi a terra, gli occhi spalancati mentre cercava di chiudere la ferita che la stava privando dell'aria, prima di ricadere a terra. Morta.


Aida rilassò i muscoli a quella vista, il cuore che ancora palpitava selvaggio e la Bestia che emetteva soffici versi soddisfatti nelle sue orecchie, mentre i venti gelidi scatenati da Iselen si placavano.
Si girò verso il mago. Si stava reggendo al bastone, Zevran accanto. Entrambi ansimavano leggermente, le vene sul corpo del più basso brillavano ancora di azzurro e l'antivano aveva un taglio sul braccio, però tutti e due stavano in piedi dritti senza fatica.

Runaan si avvicinò a lei. Aveva i capelli pieni di fiocchi di neve, l'aria stanca e un taglio leggero sulla guancia sinistra, ma non pareva aver perso la voglia di combattere. 《Sei pronta a proseguire?》
Annuì, la rabbia che scemava, gettando lo sguardo a ciò che restava dei soldati del Tevinter prima di avviarsi verso la porta seguente: un'enorme e affilata lastra di ghiaccio aveva invaso la parete contro cui li avevano spinti. Il loro sangue brillava, cristallizzato.


Fu di nuovo lei a varcare la porta per prima. Sentiva la schiena dolere e le braccia stanche, ma continuò a stringere il suo arco e a fiutare attentamente l'aria.
Ormai il legno dei corridoi era chiaramente marcio per l’umidità. L'aria era pregna dell'odore di muffa, ma soprattutto di quello salmastro del mare. Lunghi licheni biancastri crescevano indisturbati sugli stipiti.
Erano vicini ai magazzini in cui le merci venivano conservate prima di essere caricati sulle navi da carico. Era il nascondiglio perfetto per tenere delle persone prima di inviarle nel Tevinter in catene e il modo migliore per non dare nell'occhio. In quel modo, anche se qualcuno avesse voluto cercare gli elfi scomparsi, non avrebbe trovato alcuna traccia.
Infatti digrignò ai denti quando, varcata l'ultima porta, sentì una voce dal forte accento teneve urlare ordini.

Si sporse di poco da dietro le enormi casse dietro cui lei e i suoi amici si erano riparati. Il proprietario della voce era un mago di mezza età dalla pelle scura e la testa pelata, che si muoveva a testa alta tra le molteplici casse di merci disposte nel magazzino. Portava sontuose vesti di velluto scarlatte, ornate da un intrico di cinture e catenelle simili a serpenti e a giudicare da quanto era elaborato il suo bastone magico e la deferenza con cui gli parlavano i soldati attorno a lui, doveva essere il responsabile di tutto.

Aida notò Zevran tirare fuori una grossa e scintillante sfera di vetro dalla sacca e tese l’arco, mirando all'uomo più vicino, proprio come Runaan e Iselen. Grazie a Micah, conoscevamo tutti il potenziale distruttivo di quelle sfere: dovevano agire in perfetta sincronia.
Attese fino all'ultimo istante prima di scoccare, fino a quando la sfera non ebbe abbandonato le dita dell'antivano. La freccia trapassò il collo del soldato proprio mentre il vetro si incrinava in un assordante schianto elettrico. Lo vide scaraventato indietro, la bocca piena di schiuma rossastra, mentre l'onda d'urto travolgeva il resto della stanza e scagliava indietro anche i suoi commilitoni.
Il mago alzò una barriera per proteggersi, i folti baffi che vibravano, e quando il bagliore dell'esplosione svanì, già tre guardie su sette erano state uccise e Iselen e Runaan gli stavano puntando contro le rispettive armi!

《Maledetti Ratti!》 Sputò, battendo il bastone a terra e generando una tempesta di fuoco che per un attimo avvolse la stanza con un intenso bagliore oro e rosso, prima di scagliare tutta la propria furia contro la barriera scintillante alzata appena in tempo dal custode.
Aida sentì l'aria diventare bollente, la gola di colpo riarsa. Guardò freneticamente per la stanza: non c'era traccia di elfi prigionieri e le fiamme non avevano attecchito del tutto al legno umido, ma andando avanti così quel magazzino sarebbe stato ridotto in cenere con chiunque ci fosse stato rinchiuso dentro!
Sentì un urlo alla sua destra: Zevran aveva appena trafitto la schiena di uno dei soldati ancora in vita, ma il ruggito delle fiamme soffocò il suono.

Il mago del Tevinter si stava ancora confrontando con Iselen e il loro amico sembrava in difficoltà: aveva la fronte contratta dallo sforzo e delle sottoli crepe si stavano aprendo sulla sua barriera.
Runaan era al suo fianco, una freccia pronta, e l’elfo dalla pelle scura sentiva il ronzio del lyrium pulsare di energia nelle tempie, ma non poteva lanciare altri incantesimi senza rischiare che entrambi finissero in cenere. E ormai la stanza si stava riempiendo di fumo.


Aida tossì, coprendosi la bocca e cercando di non imprecare. Di solito uno scontro del genere non sarebbe stato un problema per il custode, ma dopo aver usato la sua magia per lottare o guarirli così tante volte, doveva essere esausto!
Puntò l'arco contro il tevene, gli occhi lacrimanti per il calore e il fumo. Tese la corda, pregando che le casse riuscissero a nasconderla quel tanto che bastava per attaccare, ma il mago dovette udire qualcosa perché si girò di scatto e spedì un lampo fiammeggiante contro di lei!
Le casse esplosero.

L'elfa sentì un soffio bollente in faccia e le orecchie fischiare prima di essere scagliata contro il muro. Crollò a terra intontita, un dolore lancinante ovunque e le dita serrate sul suo arco. Vide il mago del Tevinter puntare una mano contro di lei, le sue fiamme che ancora ruggivano contro la barriera di Iselen.
《Loghain ha detto che sareste stati una seccatura. Ma non credevo poteste essere tanto insolenti》 Altre crepe si aprirono nello scudo del mago. 《Ma non importa, non siete una vera minaccia. E tra un attimo sarete tutti in catene!》

Il Velo attorno a loro ebbe uno spasmo: la tempesta di fuoco crebbe ancora di più e inghiottì violenta la protezione del custode. Aida sentì il cuore colpire le costole e Zevran sbarrò gli occhi di terrore, poco prima che accadesse qualcosa di assurdo.
Le fiamme si contrassero, come se stessero cercando di resistere, di non lasciare la presa, prima di esplodere con un botto assordante in una ventata gelida che estinse il fuoco e diradò il fumo. Le figure di Iselen e Runaan ne emersero illese sotto gli occhi sgranati del magister.


L'elfo si reggeva esausto al bastone, ma aveva l'aria determinata e le vene azzurre e i suoi occhi brillavano più che mai. Il dalish invece aveva le orecchie di un rosso furibondo e i denti digrignati quando scoccò la freccia.
Il loro nemico alzò una barriera per difendersi: il dardo ci si piantò all'altezza della sua fronte, innocua, ma lo strillo della sua ultima guardia lo fece girare di scatto. Vide l'uomo crollare a terra accanto a lui, lo stomaco trafitto da un sorridente Zevran, che partì a sua volta all'attacco.


Aida sentì una zaffata di paura provenire dal magister, ma l'odore divenne immediatamente di folle sicurezza non appena lo vide affondare la sua arma nel petto del soldato morente. La temperatura precipitò, mentre una cupa aura sanguigna lo avvolgeva, e per l'ennesima volta quel giorno, lei si mosse per puro istinto.

Gli si buttò addosso a peso morto appena i tentacoli di magia oscura sorsero dal cadavere. Stavolta era pronta, l'arco sempre in pugno, e lo colpì con tutte le sue forze in faccia una, due, tre volte. Sentì le ossa spaccarsi, il sangue fiottare dalla bocca e dal naso e il clangore del bastone che cadeva a terra quando le due ginocchia cedettero. Non smise di colpirlo finchè non vide i suoi lineamenti gonfi e distorti e la pelle cominciare a diventare viola!
Lo afferrò per il bavero della veste, costringendolo a guardarla negli occhi. 《Dove sono? Cosa gli avete fatto!?》 Chiese, la sua voce un ringhio minaccioso
Lui sputò due denti a terra, le labbra gonfie e distorte. 《Custodi!》 Gracchiò rivolto a Iselen e Runaan. 《Custodi, posso aiutarvi! Lasciate che sacrifichi gli schiavi e vi darò un potere che…》
《Se avessi voluto sconfiggere il Flagello sacrificando innocenti e usando la magia del sangue, ci avrei pensato da solo.》 Lo interruppe Iselen, glaciale. Il suo viso stanco brillava ancora di linee azzurre.

Il grugno tumefatto del magister parve quasi sgonfiarsi sotto i grossi baffi. Zevran ghignò divertito per la scena, la mano sul fianco di Iselen per aiutarlo a stare dritto, ma Aida tenne salda la presa sulla veste. 《È stato Loghain a dirvi di farlo?》
《Loghain, Howe, Minrathous… cosa cambia? A nessuno importa di chi compra quelli come voi!》

Strinse a tal punto i pugni da lacerare la stoffa con gli artigli. 《Dove li avete portati? Dimmelo!》
L'altro si illuminò, stavolta di una malsana allegria《Li abbiamo inviati a Kirkwall e poi a Minrathous. Non rivedrai mai più i tuoi amichetti, ratta!》


Aida fissò il magister. La Bestia ruggì un ordine e lei eseguì: il corpo del mago crollò a terra in un lago di sangue, la gola squarciata e gli occhi rivoltati. Ma ciò non chiuse la voragine nel suo petto.
Lo lasciò andare in un moto di orrore: sentiva un forte bisogno di vomitare. Suo padre era stato portato via, ormai era ben oltre le sue possibilità di salvarlo: aveva fallito. Non avrebbe più potuto parlare con lui o abbracciarlo. Lo aveva perso.
Si mise una mano tra i capelli, tirandoli. Avrebbe dovuto tornare prima. Avrebbe dovuto esserci!
《Aida!》 La voce di Runaan la fece voltare di scatto, temendo una nuova minaccia, ma poi vide che lui, Iselen e Zevran erano di fronte ad un muro che aveva iniziato a muoversi dopo aver tirato una leva celata. Si potevano udire delle voci chiamare concitate.

Si alzò a fatica, attraversando la soglia della finta parete, il cuore che batteva, e dopo aver un breve corridoio, trovò tre enormi gabbie colme di elfi di ogni età, sesso e aspetto, prigionieri.
Tutti loro erano coperti di tagli e lividi medicati alla meglio. Molti erano persino legati e imbavagliati, ma altri tesero le braccia oltre le sbarre appena la videro.
《Aida!》 Si sentì chiamare da Nelaros, i suoi capelli biondi che spiccavano nella folla, ma i suoi occhi stavano cercando incessante,mente un altro volto.
E quando finalmente vide quei familiari occhi blu scuro, colmi di sorpresa nel vederla, quando aprì la gabbia e tagliò le corde che lo trattenevano, non esitò un attimo a gettarsi nel calore del petto di suo padre, come quando era bambina.

Una lacrima scese lungo la guancia quando lui ricambiò con forza. 《Mi sei mancato, papà.》


**


《Sono lieta che Arle Eamon abbia fatto pressioni affinchè l'enclave fosse riaperta.》 Esclamò gioviale Leliana, sorseggiando con grazia il suo the.
Aida alzò gli occhi al cielo. Leliana vedeva spesso il buono dove non c’era necessariamente. Era alquanto sicura che l’arle non fosse interessato agli elfi, quanto al mettere in buona luce Alistair e Persephone come futuri sovrani, ma tenne per sé i commenti acidi.
Era pur sempre grazie al suo intervento se Iselen, Wynne, Morrigan e Jowan avevano potuto riaprire la falsa Clinica senza problemi ed iniziare ad utilizzare la propria magia curativa per guarire i casi più gravi e almeno dare delle vere medicine e decotti di erbe lenitivi a chi non stava bene. Negli ultimi due giorni, persino nelle ore più calde della sera, c’era stata una lunga fila di elfi in attesa di ricevere le cure necessarie
Gli era molto grata per questo, come era grata a Leliana per essere venuta più volte da lei più volte negli ultimi giorni: grazie alla magia di Iselen, le sue ferite erano minime, ma era stato bello trascorrere in pace quelle ore con la rossa. Soprattutto perché aveva capito la sua decisione di rimanere accanto a suo padre per un po' prima di ripartire definitivamente.


Doveva ammettere di essere stata nervosa le prime volte: aveva temuto che la ragazza non si trovasse bene in casa sua. Per quanto fosse accogliente per i canoni dell'enclave, vista da occhi esterni non era diversa da un comune tugurio spoglio. Però lei non aveva detto nulla a riguardo. Anzi, pareva a suo agio nell'usare i vecchi e consunti mobili di legno.

In quel momento erano sedute nella cucina della casa dell'elfa, dove suo padre Cyrion, dopo averle ripetuto decine di volte di sentirsi bene, nonostante i diversi lividi che ancora gli macchiavano il viso, aveva iniziato a trafficare con il bollitore, insistendo per offrire un the alla rossa. Aveva persino tirato fuori il servizio buono: le uniche tre tazze non sbeccate rimaste in casa. Non le avevano più usate dopo la morte di sua madre.
Accarezzò distrattamente il bordo della sua, il disegno ormai sbiadito ruvido sotto i polpastrelli, ma una serie di voci allegre penetrarono le sue orecchie, stroncando quei pensieri sul nascere.

Guardò fuori dalla finestra: da quando avevano sventato il piano degli schiavisti, l'enclave era tornata alla vita. Molte famiglie avevano potuto riabbracciare i propri cari e ora passeggiavano per le strade, o parlavano sorridenti. I loro bambini correvano nella piazza del Vhenadahl e c'era persino qualcuno che aveva stappato delle botti di vino per festeggiare.
L'aria era colma di un'allegria che non vedeva da anni, anche se purtroppo non tutti la condividevano: Valendrian, Valora la moglie di Soris, varie amiche di infanzia sue e di Shianni, la nonna di Nola e tanti altri erano stati portati via settimane, se non mesi prima.
Suo padre le aveva ripetuto molte volte che non era colpa sua, che senza di lei tutti gli elfi dell’enclave sarebbero stati ridotti a schiavi, ma il senso di colpa pesava sul suo stomaco insieme alla sua paura.


Bavette un lungo sorso, lo sguardo cupo, ma Leliana, indovinando i suoi pensieri, intrecciò le dita con le sue, rivolgendole un sorriso gentile. Ricambiò: solo Andraste sapeva di quanta forza avesse bisogno.
Suo padre tornò verso di loro, un vecchio vassoio con sopra la teiera fumante. 《Ecco a voi, milady. Mi scuso se la casa non è nelle condizioni migliori. Se avessi saputo di una vostra visita, avrei cercato di riordinare.》 Disse, versando una seconda tazza alla rossa, che gli rivolse un cenno educato.
《Non è necessario: un piacere vedere dov’è cresciuta Aida. E chiamatemi Leliana, vi prego》

《E allora voi chiamatemi Cyrion. E datemi del “tu”》 Replicò suo padre allegramente.
L'orlesiana annuì, mentre Aida aiutava suo padre a sedersi sulla terza sedia. Testardo com'era, non aveva ancora messo piede nella clinica per farsi dare, dicendo che molti ne avevano più bisogno di lui, e rifiutava qualsiasi offerta di aiuto in casa!
Solo che, quando l'elfo si sedette, tirò fuori da una tasca un piccolo incarto, contenente quelli che erano indubbiamente i magnifici, deliziosi e soprattutto costosi biscotti glassati della madre di Alarith! La migliore pasticcera mai esistita!
《Ti era molto grata per aver salvato suo figlio.》 Spiegò Cyrion sorridente. 《E io potrei essermi fatto scappare quanto ti piacciano questi biscotti.》


Aida ne addentò uno senza esitare, un'onda di affetto che la attraversava insieme a quel sapore magnifico. Sentì gli occhi inumidirsi mentre guardava suo padre sorridere e desiderò abbracciarlo ancora e ancora. Non si era davvero resa conto di quanto le fosse mancato insieme a tutti i suoi piccoli modi per dirle "ti voglio bene", finchè non lo aveva rivisto. Ma si rese anche conto che era il momento di dirgli la verità.
Non si erano mai separati in quei due giorni. Gli aveva raccontato quello che era accaduto nella foresta e delle avventure che aveva affrontato con i custodi. Ma non aveva avuto il coraggio di parlargli delle sue abilità da lupo o del suo desiderio di andarsene dell’enclave. E ormai non poteva più mentire.


《Papà》 La sua voce era troppo sottile. 《Grazie per tutto questo. Però io devo dirti una cosa.》 Disse.
Suo padre le rivolse uno sguardo preoccupato, ma annuì e aspettò che lei parlasse.

Aida strinse le dita di Leliana per avere coraggio, il biscotto ancora in mano 《Ti ho raccontato che i lupi mannari che vivevano nella foresta erano tali perchè vittima di una maledizione e che noi li abbiamo salvati, ma… anche io sono stata colpita. Ero quasi diventata come loro.》 Gli mostrò la gamba, la cicatrice del morso che spiccava sulla sua pelle, e proseguì.
《Quando il maleficio è stato spezzato, sono tornata normale, ma non del tutto: questo occhio lo prova. Il lupo è ancora dentro di me, ne ho i poteri e l'istinto… e sarà così per sempre.》 Fu bizzarro dirlo ad alta voce per la prima volta, ammettere senza più timore cosa fosse. 《E… questa mia natura, così come ciò che ho fatto a Vaughan e i mesi passati con Leliana e i custodi, mi ha fatto capire che… che non posso più vivere qui. Non è il mio posto, e non lo è mai stato.》

Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia stavolta. Se avesse visto dolore o delusione non sarebbe riuscita ad andare fino in fondo. 《So di starti dando un cruccio e mi dispiace tanto. Giuro sul Creatore che ho provato a vivere come mi hai insegnato, ma io non sono paziente come te o forte come la mamma. Non lo sono mai stata. Non voglio appendere il mio arco al chiodo, ne accontentarmi della speranza di un buon matrimonio e di una vita in pace. Non posso tornare a abbassare la testa e mordermi la lingua dopo tutto quello che ho visto e fatto. C'è… c'è un mondo intero lì fuori, e io lo voglio vedere!》
L’ultima frase la esalò come una preghiera. Non si era nemmeno resa conto di quanto il suo corpo fosse teso.


Si fece violenza per guardare il viso di suo padre quando non disse niente, ma non vi scorse emozioni. Anzi, sentì lo stomaco sprofondare quando lo vide alzarsi e recarsi nella sua stanza. Le sue zanne bucarono il labbro quando lo morse, le dita di Leliana sempre tra le proprie che provavano a darle conforto.
Aveva paura che suo padre non reagisse bene: lei non era mai stata brava con i discorsi e le spiegazioni. Forse avrebbe dovuto chiedere alla rossa di aiutarla. Scosse la testa. Avrebbe solo dovuto tacere! Era stata una stupida a dargli una notizia simile dopo tutto quello che aveva passato con gli schiavisti.

Si girò verso di Leliana, notando solo allora che le stava stritolando la mano. Allentò la presa, la Bestia che latrava di fuggire, di cercare un luogo sicuro, e lei avrebbe voluto darle retta. Ma prima che potesse parlare, Cyrion tornò con uno scrigno impolverato e glielo mise in grembo senza dire una parola. I decori del legno ricordavano eleganti trame di rami e foglie.

L’elfa la aprì, confusa, e vi trovò due splendide daghe dalle impugnature decorate da intricati motivi floreali. Le lame risplendettero quando le brandì, lucide e affilate, incuranti del tempo passato.
《Si chiamano Zanne. Appartenevano a tua madre》 Disse Cyrion, quando si girò in cerca di spiegazioni. 《Prima di morire, mi chiese di dartele. E se lo avessi fatto, se non fossi stato così vigliacco, Vaughan non avrebbe provato a farti del male. Ė stata tutta colpa mia》 Disse, scuotendo il capo. 《Sai, quando io e Adaia ci innamorammo, mi chiese di fuggire con lei e il suo Clan: mi promise la libertà. Ma io ebbi paura: la amavo, ma non conoscevo il mondo oltre l'enclave e non mi sentivo all'altezza di affrontarlo. Per colpa mia, lei lasciò il mondo in cui era cresciuta e rimase qui. Non mi resi conto di che torto le avessi fatto finchè non me la portarono via. Finchè tu non sei dovuta fuggire》 Il suo tono si incrinò. 《Se io avessi avuto la forza di rischiare, lei sarebbe viva e tu non avresti subito tanto dolore. Vi avrei dato ciò che meritavate.》

Aida boccheggiò, stupefatta. Si immaginò per un attimo come sarebbe stato nascere tra i dalish, poter imparare a combattere senza paura, avere entrambi i suoi genitori accanto, ma Cyrion riprese.
《Mi dicevo di volere una vita pacifica per te, con dei figli e un buon marito, perché saresti stata felice e in pace, ma la verità è che ero terrorizzato dall'idea che tu scegliessi di andare via.》 Sorrise stanco, gli occhi lucidi. 《Credo di non essere stato un buon padre dopotutto. Non buono quanto tu avresti meritato.》
Aida a quel punto di alzò, lasciando le dita di Leliana, i pugnali dimenticati sul tavolo, e abbracciò suo padre di slancio. Sentiva gli occhi pizzicare. 《Tu sei il padre migliore del mondo! Mi hai amata tanto nonostante tutti i guai che ti ho causato. Hai fatto del tuo meglio per darmi una buona vita e la possibilità di crescere bene! E non lo dimenticherò!》 Disse, il volto premuto contro il suo cuore. 《Voglio viaggiare, vedere il mondo, ma tornerò a farti visita. Questo non è un addio: Qualunque cosa accada, sarò sempre tua figlia.》

Cyrion Sorrise commosso, circondandola con le sue braccia. 《Grazie tesoro mio. Forse non avrai la vita che avevo sperato per te, ma sappi che non potrei essere più fiero della coraggiosa e magnifica donna che sei diventata. Quanto vorrei che Adaia fosse qui per vederti e per sentire lo stesso orgoglio che sento io.》
Aida annuì e Leliana, dietro di loro, Sorrise e si avviò discreta verso la porta per lasciare a padre e figlia un momento di pace. Era lieta che avessero potuto parlare, ma era chiaro che lei era ormai di troppo.
Strinse la maniglia della porta, passando la soglia. L'aria serale la avvolse, tiepida d'estate.
Avanzò attraverso le stradine deserte, notando che anche la lunga fila in attesa di ricevere le cure della clinica era svanita. Probabilmente Iselen, Wynne, Morrigan e Jowan si erano ritirati per dormire: ormai il sole era svanito oltre le mura della città, poteva contare le stelle contro il blu vellutato del cielo.
Si avviò verso le porte dell'enclave, preparandosi a tornare da sola al castello di Arle Eamon, ma la voce di Aida la fermò. 《Leliana, aspetta! Dove stai andando?》
Si voltò sorpresa nel vederla arrivare di corsa, la pelle scura che scintillava tenue alla luce della luna. 《Al castello. Tu e tuo padre vorrete stare un po' da soli ora che avete chiarito. Non mi sembrava il caso di imporre oltre la presenza di un'estranea nella vostra famiglia.》

《Leliana, tu non sei un'estranea. Pensavo di avertelo detto.》 Rispose Aida seria, avvicinandosi. 《Se sono arrivata qui, è grazie a te. Se non avessi creduto in me e avessi deciso di darmi una possibilità, non sarei partita coi custodi e non avrei mai avuto il coraggio di tornare per salvare la mia gente dagli schiavisti o di dire a mio padre ciò che desidero fare della mia vita. Tu mi hai accolta quando chiunque altro mi avrebbe additata come un mostro e se non fosse stato per questo, probabilmente non sarei mai uscita dalla foresta, ne avrei avuto tanta speranza per il mio futuro.》 Sentì le guance scaldarsi. 《Hai portato una nuova luce nella mia vita, non te ne andare.》

Anche l'orlesiana stavolta arrossì. Aida forse le stava dando troppo credito: lei stessa era fuggita per anni da Marjolaine, dal suo passato, da certi lati di se stessa che non poteva accettare. A differenza di Aida, non era stata in grado di affrontare i suoi demoni così in fretta, nemmeno con il sostegno di Dorothea, ed era certa che non ci sarebbe mai riuscita senza quel viaggio talmente colmo di avventure su cui il Creatore l'aveva posta, ma quelle parole le stavano comunque riempiendo il petto di gioia.
Sentì gli occhi inumidirsi un po', mentre si avvicinava a lei senza neanche rendersene conto. Quella ragazza, bellissima e unica, differente da tutte le altre, aveva scoperto le sue ombre e i suoi momenti di debolezza. Aveva visto i suoi peggiori difetti e i crimini passati che lei aveva cercato di nascondere, e l'aveva accettata ugualmente. Le stava chiedendo di restare perché la vedeva come una persona importante.

l'elfa sorrise quando la vide farsi più vicina, lieta che avesse scelto di rimanere, e si rese conto di aver intrecciato ancora una volta le loro dita. Godette di quella stretta delicata, i loro visi vicini, così come i loro corpi: sentiva il suo profumo gentile, poteva contare le delicate lentiggini sul suo naso. E quando colmò attentamente la distanza tra loro, sentì la morbidezza delle sue labbra accarezzare le proprie.
Era diverso dal baciare un uomo: era una sensazione delicata e al tempo stesso inebriante. Sentì la Bestia fare fusa soddisfatte quando attirò la ragazza a sé e approfondì il contatto. Poteva sentire il suo cuore risuonare eccitato nel petto, quel sapore che cancellava gli altri sensi e la faceva sentire leggera come una piuma. Perché aveva aspettato così tanto prima di convincersi a sperimentarlo?

Non seppe neanche quanto rimasero così, si separarono solo quando ebbero bisogno d’aria, ma Aida sapeva di volerne ancora e ancora. E Leliana la guardò con un sorriso così luminoso da farle battere il cuore anche più forte, comprese che per lei era lo stesso.
《Temevo non mi ricambiassi.》 Disse solo, e Aida unì le loro fronti.
《Mi dispiace averti fatta aspettare.》
La rossa la baciò di nuovo, felice. 《Avrei atteso fino alla fine dei tempi per te.》


**


《Quindi… grazie di essere venuta》 Disse Nelaros, imbarazzato, e Aida annuì, altrettanto in difficoltà, sperando per l'ennesima volta che una buca si aprisse sotto di lei e la inghiottisse. Andare da lui era stata una pessima idea!

All'alba, lei, I custodi, Alistair, Persephone e tutti i loro compagni avrebbero dovuto recarsi al palazzo reale insieme ad Arle Eamon per affrontare finalmente l'incontro dei Popoli e risolvere quella faccenda una volta per tutte e lei aveva deciso, prima di lasciare l'enclave, di risolvere le cose con lui.
Sapeva benissimo di non provare affetto nei suoi confronti, non aveva avuto il tempo di farsi davvero un'idea precisa di cosa pensasse di lui oltre al considerarlo una brava persona, però non voleva andarsene senza avergli dato almeno un saluto. Non voleva avere più dubbi o questioni aperte.
L'unico problema era che non aveva considerato quanto la discussione sarebbe risultata impacciata!


《Grazie per avermi salvato.》 Azzardò lui, un sorriso imbarazzato in faccia. 《Ti devo di nuovo la vita.》
Aida sospirò, scuotendo il capo. 《Fossi arrivata prima, avrei potuto salvare anche Valendrian e tutti gli altri. Ora saranno in viaggio per il Tevinter e nessuno potrà mai più aiutarli.》

《Ma senza di te, lo stesso destino sarebbe toccato a tutti.》 Esclamò il giovane. 《Io stesso sono riuscito solo a combinare un pasticcio quando ho cercato di aiutare gli altri elfi. Sono bravo solo a forgiarle le armi, non ad usarle.》
《Almeno tu hai cercato di fare qualcosa. È molto più di quanto possano dire tutti gli altri.》 Ribattè Aida. Il suo era stato un tentativo avventato, su questo non c'erano dubbi, e di sicuro non sarebbe mai stato un guerriero, ma almeno non era rimasto con le mani in mano mentre persone innocenti venivano portate via e vendute come schiavi.

《Beh, diciamo che la prossima volta lascerò il lavoro a te.》 Rise lui, per poi abbassare la voce, timido. 《Ora che ti ho conosciuta meglio, mi spiace anche di più per com’è finita tra di noi. Pensi… pensi che ci potremmo riprovare?》

Aida lo fissò sorpresa, non si era aspettata una simile dichiarazione, ma poi scosse piano la testa.
Il giorno del loro matrimonio sarebbe rimasto sempre nella sua memoria, come la rabbia che aveva provato e le risate crudeli di Vaughan, ma al tempo stesso le sembrava un evento lontano: era come se quella fatidica mattina facesse parte della vita di un'altra persona. Di un'altra Aida.
《Mi dispiace, Nelaros, ma non possiamo. Forse se tutto fosse andato secondo i piani, avremmo anche potuto essere felici, ma ormai è impossibile. Io sono diversa dalla ragazza che hai conosciuto. Non sono più solo un'elfa e… nei miei viaggi ho imparato molte cose su me stessa. Cose che un anno fa non mi avrebbero neanche sfiorato la mente, ma a cui ora non posso rinunciare》
Il giovane sorrise mesto, annuendo. 《Scusami, non avrei dovuto dire nulla. Mi rendo conto di essere troppo noioso per una persona come te.》

Aida scosse la testa. 《Non sei noioso, Nelaros. La donna che ti sposerà sarà molto fortunata ad averti. Non farai fatica per trovare qualcuno di migliore: dopotutto, mi pare di aver capito che resterai qui.》
Lui annuì 《Non ho i soldi per tornare ad Altura Perenne e ora che la forgia è stata riaperta, è il caso che mi rimetta al lavoro e mi rifaccia una vita. Qui mi trovo bene… nonostante ciò che è successo.》 Rise nervoso, i polsi che recavano i segni delle catene. 《Allora è vero che presto te ne andrai. Ho sentito tuo padre parlarne e...》

La ragazza annuì. 《Ho promesso di aiutare i custodi con l'incontro dei Popoli. Voglio che Alistair e Persephone abbiano il trono e che tutti sappiano cosa Loghain ha cercato di fare a questo posto e ai suoi abitanti. E se sopravvivrò, ho intenzione di viaggiare. Qualcuno mi ha promesso di portarmi ad Orlais.》
Lo disse con una certa cautela, memore della scenata che le aveva fatto Shianni.
Appena le aveva detto che sarebbe partita, sua cugina non aveva reagito bene. Le aveva chiesto mille volte perché, si era data la colpa e aveva spaccato una delle sue bottiglie contro il muro quando le aveva ripetuto che non era a causa sua. Si era sgolata fino al non avere più energie e alla fine si era messa a piangere tra le sue braccia.
Era eventualmente riuscita a spiegare a lei e Soris, alquanto amareggiato a sua volta, perché voleva andarsene, perché ormai l'Enclave non potesse più essere la sua casa, dopotutto si era aspettata una reazione simile, ma era stato brutto vedere di nuovo la tristezza oscurare i loro volti.
Quantomeno, Shianni si era risollevata un pochino quando le aveva promesso che sarebbe comunque tornata da loro a fare visita ogni volta che avesse potuto.

Fortunatamente, Nelaros non oscurò ne parve arrabbiarsi. Anzi, sorrise. 《Auguro a te e a "qualcuno" di essere felici.》 Disse, facendola girare imbarazzata, per poi guardarla con fare pensieroso. 《Quindi, Persephone Cousland diverrà regina del Ferelden? Non so esattamente come sia di persona, ma nell’enclave di Altura Perenne molti abitanti non amavano la sua famiglia.》
《Lei e Alistair non sono come tutti gli altri nobili. Sono brave persone: sarebbero stati qui a combattere con me per liberarvi se avessero potuto e faranno certamente un lavoro migliore rispetto a re Cailan.》

Lui sbarrò gli occhi stupito. 《Devi fidarti molto di loro per dire così.》
Aida annuì. 《Viaggiando coi custodi ho scoperto che ci sono umani degni di fiducia.》 Disse, ripensando a Leliana e alle sensazioni che quel dolce bacio le aveva provocato.
Le venne da sorridere alla sola idea.
Un anno prima non avrebbe pensato neanche lontanamente di potersi innamorare, ne di essere pronta a guardare negli occhi i nobili membri dell'incontro dei popoli e sostenere di persona due nobili, due amici, come futuri re e regina del Ferelden. Ne di essere pronta ad affrontare un Arcidemone al loro fianco e di non essersi mai sentita tanto a suo agio!

Emise un sospiro divertito, osservando le stelle fuori dalla finestra. Forse Micah aveva ragione quando diceva che gli abitanti di superficie erano tutti matti a causa del troppo ossigeno. Però sapeva che nessuno di loro si poteva fermare: ormai erano troppo vicini al cogliere i frutti dei loro sforzi per pensare di poter rinunciare.
Tutti loro avevano dovuto superare molti ostacoli in quell'anno e avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per salvare il Ferelden e se stessi dal Flagello. Ora, lei poteva solo inviare una preghiera silenziosa al Creatore, augurandosi che il giorno dopo tutto andasse bene.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: Harry Fine