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Autore: MissAdler    29/07/2023    7 recensioni
Itai doshin significa “diversi corpi, stessa mente” ed è un’espressione che ho trovato azzeccatissima per i personaggi di questo anime/manga. Si riferisce infatti a quella connessione che si viene a creare tra persone molto diverse tra loro che però hanno qualcosa che le unisce.
Questa sarà una raccolta di OS e flashine su varie ship, il rating cambierà e verrà segnalato di volta in volta.
1. Cascare nei tuoi occhi. KageHina
2. Non avere paura. AsaNoya
3. Vorrei. DaiSuga
4. Connessi. KageHina
5. Bright Star. BokuAka
6. 10 cose che odio di te. KuroTsukki
7. Autumn in Tokio. BokuAka
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Aoba Johsai, Shiratorizawa, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Coppia: Hinata/Kageyama
Rating: giallo/arancione
Contesto: post time skip
spoiler per chi non ha letto il manga

 
 

CONNESSI
 
 
 
Penso non avrebbe senso
Fare un tuffo immenso
Se non ci sei tu a nuotare
Tu che sai colmare
Tu che sai calmare

 

La sabbia in Brasile è morbida e farinosa, una nuvola calda in cui arricciare le dita dei piedi mentre il sole picchia dispettoso sulla testa.
Kageyama non ha mai amato particolarmente l’estate. La sua pelle chiara si arrossa quasi subito, il sudore gli appiccica i capelli alla fronte e in giro c'è sempre troppa gente. Ma ora non gli importa. Non è per godersi il mare che si trova lì, né per fare il pieno di vitamina D.
Era iniziato tutto con un battibecco per telefono, poi c’era stato un invito e una promessa scucita a suon di monosillabi.

Il giorno in cui Hinata gli aveva inviato quello stupido selfie insieme a Oikawa, avrebbe voluto prendere il primo aereo e correre a strangolare entrambi, magari portandosi dietro Ushiwaka nel caso gli fosse servita una mano (o due bicipiti enormi) per occultare i cadaveri. Ma Tobio non è più il ragazzino permaloso e irascibile del primo anno di liceo e lui e Shoyo non sono più una coppia. In effetti, forse non lo sono mai stati. Pomiciare di nascosto ogni volta che ne avevano la possibilità fino al giorno del diploma non si può considerare una relazione. E nemmeno scivolarsi dentro goffamente, a poche ore dalla partenza, senza riuscire a guardarsi in faccia o a dire mezza parola.
Era stato solo un modo come un altro per dirsi addio, perché comunque alla fine Hinata se n’era andato per davvero.
Due anni al massimo, secondo il coach Washijō, ma Kageyama sapeva che sarebbe stata solo la prima tappa, che quella fame sarebbe sempre stata lì, a farli sbavare di fronte all’ennesima sfida e a spingerli in direzioni che difficilmente si sarebbero intersecate.
Sarebbe stato stupido tenerlo legato a qualcosa di così indefinito, frenare il suo volo quando lo slancio era tanto potente, continuare a stiracchiare quell’elastico già sottile quando a dividerli c’era praticamente mezzo mondo.
Eppure, ora che quei due anni si sono quasi esauriti, eccoli entrambi lì, sulla spiaggia bianca di Flamengo, con due stramboidi esagitati e vagamente brilli – i fratelli “comprami una birra”? – che continuano a trascinarli nell’ennesima partita di beach volley.

Il sole si attacca alla pelle di Shoyo come se non potesse resistergli. Tobio si incanta a osservare le mille lentiggini apparse sulle sue guance, sulla punta del naso, sulle spalle arrossate. Sono più ampie, quelle spalle, più solide, più virili. Kageyama ricorda un nanerottolo esile e spigoloso, un corpo leggero, minuto, roseo e liscio come quello di un bambino. Ma l'atleta che ha davanti adesso è completamente diverso.
Si passa una mano tra i capelli scuri e sudati, devia lo sguardo verso il bagnasciuga perché il suo cuore sta iniziando a martellare troppo forte dentro la cassa toracica ed è fastidioso. Come lo è Hinata che si rigira distrattamente la palla tra le dita, la schiena rilassata, il bacino leggermente inclinato da un lato, i piedi che affondano nella sabbia. Una posa disinvolta che non lascia trasparire il benché minimo turbamento.
Tobio gliela invidia, perché lui invece riesce a malapena ad alzargli la palla decentemente, a servire in salto o anche solo a stare in piedi. Sente le tempie pulsare come se due martelli pneumatici gli stessero trapanando il cranio.
Forse è il sole. Per forza! Dev’essere colpa dei raggi ultravioletti, del caldo a cui non è abituato o magari del jet lag (visto che è arrivato solo da poche ore).
La sua pelle è impregnata di sudore, sabbia e crema solare, a ogni ricezione in tuffo si impiastriccia ancora di più. I primi set erano andati meglio, giocandoli con i vestiti ancora addosso, ma poi le magliette si erano inzuppate di sudore e il sole di mezzogiorno li aveva costretti a rimanere solo con i calzoncini del costume da bagno. E beh, era stato l’inizio della fine. Non tanto per la sabbia ruvida sul petto, sui gomiti, fin dentro l’elastico del costume, quanto per Shoyo che si muoveva davanti a lui con una nonchalance illegale, stiracchiandosi e contraendo i muscoli come se non fosse minimamente consapevole della sua bellezza o non gliene importasse affatto.
Boke…
Boke, Hinata, boke!

“È assurdo che un normale palleggio venga cosiderato doppio tocco solo perché dura un millisecondo di troppo” si lamenta Tobio lasciandosi cadere sulla sabbia dopo l’ennesima sconfitta, “dovrebbe essere più come la pallavolo!”
“Sono le regole del beach volley, bakayama. O magari abbiamo solo trovato qualcos’altro in cui fai schifo, a parte la comunicazione umana!”
“Sta' zitto, cretino! È solo perché devo prenderci la mano!”
“Più che altro dovresti prendere la mira quando sei al servizio…”
“O MAGARI DOVREI PRENDERE A SBERLE LA TUA FACCIA DA CRETINO!”
“MA USI SEMPRE LO STESSO INSULTO! LO VEDI CHE NON SAI COMUNICARE??”

Col passare degli anni, quello non era mai cambiato.
Non avevano mai smesso di farsi la guerra, anche solo su Skype, di confrontarsi tra un insulto e l’altro, di fare a gara per qualsiasi scemenza. Ma non avevano mai parlato di quel loro strano legame, di chi avevano conosciuto, di cosa facevano di notte, quando la solitudine era troppo assordante per chiudere occhio e il letto troppo grande per uno corpo solo.
A che sarebbe servito ammettere di mancarsi? A cosa li avrebbe portati farsi masticare dalla gelosia?
Nemmeno dopo il loro primo bacio avevano mai parlato di sentimenti, non l’avevano fatto dopo la loro prima (e unica) volta. Perché avrebbero dovuto farlo quando ormai era tutto finito?
Si trattava di un tacito accordo, di un facciamo che non è successo niente, che non ci siamo mai baciati, che non siamo mai stati nudi sotto le coperte a stringerci come se stesse per esplodere l’universo, che siamo sempre stati solo amici, rivali, compagni di squadra.

Kageyama è abbastanza sicuro che Hinata abbia avuto delle frequentazioni a Rio, ma ora che lo guarda bene, tutto sorrisi, lentiggini e pagliuzze di sole negli occhi, è certo che in tanti (e in tante) si siano ritrovati a sbavargli dietro.
Beh, qualche avventura occasionale l’ha vissuta anche lui, è ovvio, ma la verità è che non ricorda più nemmeno i nomi, le facce, le sensazioni. La verità è che in ogni bacio, in ogni carezza, in ogni sospiro c’era sempre stato Hinata. C’era solo lui dietro le palpebre chiuse, nel vuoto ingannevole del buio, nei sogni impossibili che faceva a occhi sgranati, mentre il corpo di un altro si schiacciava addosso al suo.
Per qualche giorno, dopo aver ricevuto quella foto, aveva temuto che Hinata e Oikawa…
Ma anche solo il pensiero gli aveva dato la nausea.
Vietato fare domande. Non sapere è sempre la scelta migliore per lui.


“Ci facciamo un bagno?”
“Perché, sai nuotare?”
“Sta’ zitto cretiyama! Scommettiamo che arrivo alla boa prima di te??”
“Bene! Chi perde offre la cena!”
“Andata!”

L’acqua è fresca sulla pelle, la pulisce dalla sabbia e dal sudore, la sospinge in una carezza sensuale. Kageyama stringe la corda della boa tra le mani e abbandona la testa all’indietro, lasciando che i capelli ondeggino sotto la superficie e che i raggi del sole gli si incastrino tra le ciglia.
“Te l’ho detto che a nuotare fai schifo” gongola quando Hinata lo raggiunge pochi secondi dopo.
“So nuotare benissimo invece! È solo che le tue mani sono più grandi.”
“E questo che c’entra?”
“Quando nuoti riesci a spingere via l’acqua molto meglio di me. Come se avessi due remi incorporati!”
“Stai scherzando? Che razza di paragone è? Cosa sarei, una barca??”
“Una barca a remi.”
“E allora tu sei un canotto sgonfio!”
Non se ne accorge subito, ma il viso di Hinata è vicinissimo al suo, tanto che potrebbe contarle una per una, quelle dannate lentiggini. Le guance bagnate e abbronzate, le ciocche arancioni che grondano sulla fronte, sul naso, sulle labbra. Le sue labbra.
Tobio ne ricorda distintamente il calore, la morbidezza, quel sapore dolce che lo mandava fuori di testa. Da quella distanza irrisoria, poi, si accorge di poter sentire perfino l’odore del suo respiro…
“Hai freddo?”
È talmente assorto che ha quasi un sussulto quando Hinata gli parla.
“Come??”
“Stai battendo i denti.”
“Non ho freddo.”
Forse sta mentendo, ma gli piace troppo starsene lì, lontano dal mondo, dalla gente, con le ginocchia di Shoyo che gli sfiorano le cosce.
“E allora perché hai le labbra viola?”
Il corpo è rilassato, leggero, sospinto delicatamente dalla corrente, cullato come in un sogno, mentre Shoyo si avvicina di più, reggendosi con una mano alla boa e abbassando lo sguardo sulla sua bocca.
“C- che?”
“Hai le labbra viola” ripete sottovoce, prima di chiudere gli occhi e sfiorarle con le sue.

Era stato così anche la prima volta. Se non si fosse mosso Hinata, forse non sarebbe mai successo. E non perché Tobio non lo volesse, ma perché forse lo voleva anche troppo, tanto da bloccarsi e perdere ogni facoltà di movimento, esattamente come adesso.
Ma basta così poco…
La sua bocca bagnata di mare scivola su quella di Shoyo in modo perfetto, si apre in un sospiro mentre con la punta della lingua raccoglie gocce salate dalle sue labbra.
Forse è colpa del silenzio, del mondo che si è improvvisamente zittito intorno a loro. Solo lo stridio di qualche gabbiano sopra la testa e il vociare distante dei bagnanti sembrano rompere quella magia. O forse in qualche modo il rumore rende tutto più reale, cosicché Tobio non pensi che si tratti solo di un sogno, o di un’allucinazione data dal troppo sole.
Magari è vero che sente freddo, che ha le labbra viola, perché quelle di Hinata sembrano bollenti a contatto con le sue. Tutto il suo corpo è bollente e Kageyama si accorge solo ora di avercelo premuto addosso, le gambe di Shoyo che gli circondano il bacino, le braccia intorno al collo. Anche lui lo sta toccando, ma non sa quando sia successo, quando abbia preso la sua guancia nel palmo della mano o quando gli abbia infilato la lingua in bocca. Forse davvero sta impazzendo e questo è solo un folle delirio da insolazione. Eppure il suo sapore è così dannatamente buono, caldo, morbido… non può non essere reale…

“Ho paura che adesso mi toccherà offrirti la cena” mormora Hinata staccandosi appena dalle sue labbra. E Tobio vorrebbe solo stringergli forte le guance, mordergli via quel sorrisetto da bambino e sentirlo gemere nella sua bocca.
“Non è colpa mia se in acqua sei una lumaca.”
“Ma sentitelo! Però sulla sabbia sono sempre più bravo di te.”
“Sta’ zitto, cretino.”

Forse le loro vite non sono davvero due linee parallele, forse a un certo punto qualcosa nell’universo si è inclinato, mettendoli sulla stessa traiettoria, almeno per un po’. Forse quella forza misteriosa e benevola li ha fatti incontrare la prima volta per dare inizio a tutto, proprio come aveva detto il Professore. Sono connessioni che si creano dal nulla e che tengono la palla in gioco, proprio come in un match, dove l'importante è coordinarsi, supportarsi, non lasciarla mai cadere.
Sta pensando questo, Tobio, mentre riprende a baciare il suddetto cretino, mentre apre la mano e schiaccia il palmo sulla sua schiena, proprio in mezzo alle scapole, attirandolo maggiormente contro di sé.
Il petto di Hinata è liscio e scivoloso. Non più pelle e ossa come l’ultima volta, ma asciutto e solido, leggermente incavato nel mezzo, lì dove il rossore del sole deve bruciargli di più. Anche il suo addome ora è più definito, come le braccia, le cosce, i polpacci.
Tobio vorrebbe tirargli giù il costume e prenderlo lì, reggendosi a una boa, nel bel mezzo all’oceano. Forse quel pazzo non solleverebbe nemmeno obiezioni, svitato com’è.

“Sbrigati, ti do la rivincita” mugugna invece, staccandosi da lui come se questo non richiedesse uno sforzo sovrumano.
Hinata rimane disorientato per un paio di secondi, o forse è solo una sua impressione.
“Il primo che esce dall’acqua vince?”
“Sì, ma la cena me la paghi comunque.”
“Quel che è giusto è giusto. Pronti…”
“VIA!”
“MA DOVEVO DIRLO IO, BAKAYAMA!”

Connessioni.
Nulla in quegli anni è mai stato casuale. E se anche così fosse, sono sempre stati loro a tenere la palla in gioco, a non farla mai cadere, nonostante la distanza, le distrazioni, il tempo che non aspetta.
Anche ora, basta un minimo tocco e quella palla non cade sulla sabbia, né sulle maioliche del ristorante dove si spazzolano tre porzioni di churrasco a testa e una vagonata di brigadeiro. La palla non tocca i gradini su cui inciampano per raggiungere l’appartamento di Hinata, la soglia di legno quando chiudono la porta della sua stanza, non finisce sul pavimento insieme ai loro vestiti sparsi ovunque.
Quella palla continueranno a lanciarsela e a tenerla in gioco nonostante tutto. E se si separeranno ancora, ne hanno l’assoluta certezza, non sarà mai per sempre.




 
Continua...


 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Rieccomi! Vi lascio questa storia prima di prendermi una pausa estiva (pre-esame in realtà, ma così suona meglio XD).
Ci sarà un continuo, probabilmente una rossa vera e propria, ho già in mente qualcosina, ma per ora vediamo come va questa. Se vi farebbe piacere leggerla però fatemelo sapere, sarebbe un bell'incentivo a lavorarci su. Spero che intanto questa vi sia piaciuta, il pov di Tobio lo amo tantissimo, spero non risulti OOC. Mi piaceva l'idea che fosse un sottone per lo Shoyo post time skip! ;) 
La canzone citata è di Coez, il titolo è farina del mio sacco e fa schifo al cazzo come sempre, ma ormai lo sapete, con i titoli faccio pena.
Grazie a chi ha letto fin qui, a chi ha aggiunto la storia in una categoria, e grazie in anticipo a chi lascerà un segno del suo passaggio, siete preziosissim*!
Buona estate! ♥
Aislinn


 
   
 
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