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Autore: NyxTNeko    30/07/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 153 - La diplomazia è la continuazione della guerra con altri mezzi -

Peschiera, 6 giugno

Il diplomatico André-François Miot de Melito era stato convocato, presso il suo quartier generale, da Bonaparte, l'uomo del momento. Non vi era angolo della Penisola immune dai discorsi circa quel comandante dal nome poco francese, che era calato in Italia e stava acquistando sempre più fama. Nemmeno il Granducato di Toscana, in cui prestava la sua funzione di plenipotenziario, per conto del Direttorio, ne era rimasto immune.

La curiosità di conoscerlo di persona si era fatta subito strada nel suo cuore, aveva visto alcune stampe sui giornali, però sapeva quanto i disegnatori, al pari dei pittori, non sempre fossero realistici nelle loro rappresentazioni. Si era messo subito in viaggio e in poco tempo era giunto in una delle città del Quadrilatero che Bonaparte aveva conquistato.

Miot era rimasto decisamente sorpreso quando se lo era trovato davanti, era a conoscenza della sua giovane età, un fattore che suscitava curiosità, specialmente se la si comparava con quella degli ufficiali nemici, molto più esperti, ma soprattutto più anziani di lui. Poteva essere loro nipote. Tuttavia se lo era immaginato più prestante, invece era estremamente smilzo, dall'aria un po' malaticcia, l'uniforme gli stava larga. Indossava un soprabito della divisa molto semplice rispetto a quelli che aveva avuto modo di vedere in passato, con leggera bordatura dorata. Portava i capelli incipriati e lunghi, che ricadevano sulle spalle, in maniera spiovente.

A primo acchito non gli era sembrato così straordinario come veniva descritto ed elogiato, non aveva il fisico vigoroso e possente dei soldati e degli ufficiali. Si era chiesto come facesse a restare in piedi. Non appena aveva incrociato il suo sguardo, però, aveva capito immediatamente il suo errore di valutazione. Quei grandi occhi grigi lo avevano quasi travolto, tanto erano intensi, rapidi e penetranti, di un'espressività indescrivibile, potevano tranquillamente sostituire la parola, la voce di quel comandante.

I tratti del viso marcati e ben definiti rendevano il suo profilo aquilino. Una figura che subito gli era rimasta impressa nella mente, era difficile dimenticare qualcosa del genere - Bene arrivato cittadino Miot de Melito - gli aveve riferito Bonaparte, eseguendo un rapido inchino. Era come se stesse dimostrando un gesto volutamente gentile, non di certo spontaneo - Avete fatto abbastanza presto, ciò mi rende di buon umore, sapete non amo perdere tempo, è così prezioso - lo aveva scrutato per bene.

Era esattamente il tipo di diplomatico francese che Napoleone si sarebbe aspettato di vedere: sulla trentina, dall'atteggiamento calmo, per non dire serafico, leggermente in carne, nonostante gli anni rivoluzionari, ad indicare il rango elevato a cui era appartenuto sin dalla nascita. Era nato e cresciuto a Versailles, in un mondo che si illudeva di rimanere immutato per sempre e che era caduto. Come ogni buon diplomatico era stato in grado di adattarsi e, sopravvissuto ai cambi di regime, si era messo a disposizione del Direttorio. Napoleone rimase piacevolmente sorpreso nel vedere quella rapidità. Forse quell'uomo aveva capito ancora una volta il cambiamento del panorama italiano ed europeo?

- Buongiorno a voi cittadino generale - aveva risposto il diplomatico, ricambiando l'inchino - Non avrei mai pensato di ricevere l'onore di conoscere l'uomo di cui tutti stanno parlando ultimamente - si era poi accomodato sulla sedia che gli aveva portato un suo assistente di campo.

- Immagino si dicano tante cose su di me, cittadino - aveva proferito con una punta di sarcasmo, accompagnando la frase alla gestualità, agitava la mano sinistra al vento - I giornali vivono per questo, no? Cercare di ottenere quante più notizie possibili sul fenomeno del momento e lucrarci sopra... - aveva poi fatto spallucce aggiungendo, sempre con ironia graffiante - Non è poi così diverso dal creare e diffondere pettegolezzi, spesso di cattivo gusto e colmi di bugie

- Certo, avete ragione, generale - aveva sorriso sornione Miot. La prima impressione lo aveva ingannato, quel ragazzo sapeva il fatto suo e con poche frasi riusciva a indirizzare il discorso dove voleva lui. Dimostrava, quindi, una grande intelligenza e capacità di leggere gli eventi - Ma ho letto di voi solo ciò che non era distorto all'inverosimile, anche se, lo ammetto, è difficile districarsi da tutte queste notizie

- Se avete qualche dubbio potete chiedere al sottoscritto - i movimenti bruschi, ma animati rivelavano un ardore che non poteva essere contenuto in un corpo esile come il suo - Sarei lieto di chiarirli, ma dopo che avrete svolto la commissione che ho intenzione di affidarvi, cittadino - una luce aveva preso a brillare nelle sue iridi quasi trasparenti. L'espressione divenne più determinata, le sopracciglia sottili si corrugarono concentrate.

Miot intuì che sarebbe stato opportuno mettere da parte le confidenze, se davvero Bonaparte era una persona che non sopportava perdere tempo, era meglio non farlo adirare. Uscire dalle sue grazie in un momento del genere era fuori discussione, quel ragazzo ne avrebbe fatta di strada, se lo sentiva. Se qualche tempo prima nutriva effettivamente dei dubbi, in quegli istanti erano svaniti completamente - Sono giunto qui per fare tutto ciò che mi chiederete, cittadino generale, sono a vostra completa disposizione - aveva ribadito convinto.

Napoleone sorrise leggermente e spostò una parte del ciuffo sulla fronte, era leggermente sudato, il caldo cominciava a farsi sentire anche da quelle parti. Seppur abituato all'afa, il corso non sopportava eccessivamente l'umidità proveniente dal lago di Garda - Poiché sapete dell'eco della mia calata in Italia e della conduzione della campagna militare... - aveva iniziato - Ho fatto convocare il negoziatore del Regno di Napoli, il principe Belmonte-Pignatelli - fissò rapace il diplomatico - E la vostra presenza è di fondamentale importanza, ho atteso il vostro arrivo per poter procedere definitivamente, anche se ho già chiarito le mie condizioni!

Anche se dimostrava sicurezza Napoleone, in realtà, era molto ansioso: vero era avanzato parecchio, arrivando nel cuore dell'Italia Settentrionale, ma dopo la vittoria di Lodi la posizione di entrambi gli eserciti era di stallo. Borghetto non aveva risolto molto, aveva soltanto permesso di avvicinarsi di più verso Mantova, a cui aveva posto l'assedio il 2 giugno. Era ben consapevole che la situazione fosse tutt'altro che risolta.

Inoltre Bonaparte aveva disperse le truppe lungo le città che aveva conquistato e che stava controllando, soprattutto quelle che si erano ribellate. Voleva essere sicuro che si fossero calmate e al tempo stesso temeva di commettere lo stesso errore di Beaulieu. Non poteva permetterselo. Per tale ragione doveva essere sicuro di non avere altri intralci oltre all'Austria, in modo che potesse concentrarsi militarmente solo sull'assedio e sugli asburgici. "Avrei preferito il tipo di guerra rapido, ma le condizioni attuali non lo permettono, devo mostrare prudenza, l'ultima cosa che desidero è che le mie ambizioni vadano in fumo" si era detto in quei giorni, riflettendo senza sosta.

Era giunta notizia che Beaulieu sarebbe stato sostituito dal feldmaresciallo generale Dagobert von Würmser, di origini alsaziane. Nato a Strasburgo, era un militare molto esperto, dalla lunga gavetta, che aveva partecipato alla Guerra dei Sette Anni, seppur nei primi anni della sua vita aveva combattuto sotto le insegne francesi. Anche se era quasi coetaneo di Beaulieu, aveva più di settant'anni, Bonaparte sapeva che non doveva sottovalutarlo.

In cuor suo provava ammirazione per un ufficiale del genere, era uno dei pochi superstiti di quel conflitto in cui aveva preso parte il Grande Federico di Prussia, voleva dimostrare di essere all'altezza di tali maestri del passato. Aveva trascorso anni a leggere, studiare le loro imprese e tattiche. Napoleone era eccitato e preoccupato al tempo stesso, i rinforzi austriaci che Würmser portava con sé avrebbero rafforzato il morale del nemico ."L'imperatore Francesco vuole concludere in fretta la partita, eh?" rifletteva ridacchiando "Sottovaluta la mia determinazione e la mia ambizione!". Sapendo l'obiettivo a cui aspirava, difficilmente avrebbe gettato la spugna e si sarebbe arreso. La morte onorevole era preferibile a simile destino.

- Immagino siano condizioni di neutralità? - chiese tranquillamente Miot, poggiandosi sullo schienale. Osseravava quell'energico generale e rimaneva stupito dalla forza che gli pareva emanare quasi spontaneamente.

Napoleone si mise a braccia conserte - Questa sembrerebbe la decisione del re Ferdinando IV - rifletteva sul fatto che la moglie del re napoletano fosse una delle sorelle della regina ghigliottinata, Maria Carolina, che aveva un'indole decisa, dominatrice rispetto a Maria Antonietta e persino a quell'inetto del marito - Deve essere spaventato a morte se ha deciso di staccarsi rapidamente dall'alleanza con l'Austria, perché non approfittarne?

"Per essere un giovane militare dimostra una fine diplomazia, con quella punta di opportunismo che non disdegno affatto" rivelò sinceramente a sé stesso. In fondo il compito di un diplomatico era quello di favorire quanto più possibile delle condizioni vantaggiose per la propria nazione. Chissà quanti pensieri affollavano quella fronte ampia e quella mente riflessiva - Avete perfettamente ragione, cittadino generale, sarebbe da sprovveduti farsi sfuggire una simile occasione

Napoleone sorrise soddisfatto, quel Miot gli piaceva, era un uomo degno della sua fiducia, era davvero uno dei pochi ragionevoli con cui aveva avuto a che fare. Non era un idealista, anzi vedeva la realtà in maniera concreta, pragmatica, arrivava al punto, proprio come voleva il comandante, senza dover perdere tempo in ulteriori spiegazioni.

- E quali sarebbero queste condizioni, cittadino generale? - domandò curioso il diplomatico. Si grattò la parrucca, con quel caldo cominciava a dargli fastidio; invidiò quel ragazzo, la sua chioma fluente era lasciata libera da nastri e parrucche e gli conferiva un'aria selvaggia e indomabile.

Bonaparte mise le braccia dietro la schiena e iniziò a camminare lungo la stanza - Anche se vorrei aspettare che arrivi qui il principe ve li dirò, dovrebbe arrivare tra non molto comunque, i ritmi di vita di questi aristocratici sono particolari, lo sapete meglio di me - controllò l'orologio, poi sogghignò - Sfortunatamente per lui, ho una memoria di ferro, per cui ricordo perfettamente ogni singola parola...

E prese ad elencare in modo coinciso i punti fondamentali, al ritmo dei suoi passi: i tre reggimenti di cavalleria napoletani a sostegno dell'esercito austriaco avrebbero dovuto abbandonarlo immediatamente; le navi del Regno, che avevano sostenuto il blocco, a danno delle zone controllate dai francesi, sarebbero dovute essere ritirate immediatamente; infine che la pace definitiva si sarebbe siglata a Parigi.

- Sono proposte ragionevoli, cittadino generale - sentenziò Miot, toccandosi il viso. Anche se un po' troppo a favore dei francesi, non pensava fossero eccessivamente dure. "Non vuole scatenare una guerra contro un altro nemico...ora bisogna capire se lo farà in seguito, una volta sistemata l'Austria oppure no..."

- Comandante! - si udì provenire dall'esterno, interrompendo quel momento di riflessione. Bonaparte riconobbe la voce, era di Muiron. Questi bussò alla porta - Comandante ho un aggiornamento da riferirvi

- Entrate pure Muiron - ordinò serenamente Napoleone. Probabilmente era la notizia che stava aspettando, ma lasciò che fosse il suo aiutante a riferirla. Soprattutto perché ormai sembrava si fosse ripreso da quel brutto momento "È un sollievo rivederlo come un tempo, è tra i più coraggiosi e leali...mi sono davvero affezionato a lui, si potrebbe dire quasi che siamo amici" quella parola gli fece sorridere. Forse non era così disilluso come credeva di essere "Ma cosa vado a pensare? L'amicizia non esiste! È soltanto un'invenzione umana!"

Muiron entrò e salutò entrambi, focalizzandosi sull'ospite - Buongiorno anche a voi cittadino

- Buongiorno cittadino Muiron - fu la pronta risposta di Miot. Notò l'ammirazione che quel giovanissimo militare dimostrava nei confronti del suo capo, era limpida nei suoi occhi. Ciò lo colpì: si sarebbe aspettato di trovare il classico rapporto di uguaglianza che regnava tra i vari eserciti rivoluzionari, al contrario, aveva ritrovato quel rispetto tra superiore e subordinati che vigeva nei tempi passati "Ma può essere soltanto una mia impressione, non posso stabilire soltanto con un incontro, tale atteggiamento può essere dovuto alla mia presenza".

- Allora quali nuove avete da dirmi? - chiese Napoleone, sedutosi nuovamente, accavvalando le gambe e incrociando le mani, dopo aver poggiato i gomiti sulle ginocchia.

- Più che nuove - iniziò Muiron - Volevo riferire che il plenipotenziario napoletano, ovvero il principe Belmonte-Pignatelli, sta aspettando all'ingresso, è arrivato poco fa...

"Era proprio ciò che avevo previsto, bene" disse fra sé Bonaparte - Fatelo entrare, non possiamo perdere altro tempo prezioso - Muiron fece un rapido inchino, indietreggiò ed uscì.

Milano, 8 giugno

Napoleone era ritornato il giorno prima nella città lombarda, per monitorare la situazione al castello da espugnare. Ma anche mosso dalla speranza di trovare la sua adorata moglie, invece di Joséphine non c'era alcuna traccia, né a Palazzo Serbelloni, né in altri palazzi prestigiosi di Milano. La sua assenza lo aveva sconsolato in una maniera indescrivibile; solo qualche giorno prima aveva fatto spedire una lettera al direttore Carnot, con il quale si sentiva più affine, nella quale gli rivelava tutti i suoi turbamenti d'amore 'Sono disperato, mia moglie non arriva, ha qualche amante che la trattiene a Parigi. Io maledico tutte le donne.'

Proprio non riusciva a capire l'atteggiamento della moglie, seppur lontano le faceva sentire la sua vicinanza con le continue lettere. Soprattutto in un momento delicato come la gravidanza. Il silenzio di Giuseppe e Junot non lo rincuoravano affatto "Che mi stiano nascondendo qualcosa?" Si chiedeva tentando di frenare la rabbia generata dalla frustrazione. Non sopportava di restare escluso dalle vicende familiari, specialmente se riguardavano la sfera più privata, più intima, più personale.

Perdere il controllo di qualcosa, fosse stata anche la più insignificante, lo destabilizzava, lo faceva sentire vulnerabile, incapace di difendersi. Travolto dall'ira afferrò quel ritratto ancora scheggiato, illudendosi che, magicamente, potesse rispondergli e confessasse ciò che stava facendo la moglie a Parigi. Presto quel sentimento mutò in tristezza, la solitudine divenne insostenibile e la malinconia rivelò tutta la sua pesantezza.

Strinse quel ritratto, nel mentre si copriva il volto, doveva riacquistare la calma, perdere la testa in un momento tanto delicato sarebbe stato catastrofico. Dopo aver sistemato la faccenda con il Regno di Napoli e fatto firmare quel trattato, era al corrente del fatto che anche la Santa Sede stesse cominciando a tenere d'occhio i francesi. Erano sul punto di invadere alcune città dell'Emilia e della Romagna, tra queste Bologna e Ferrara, che erano sotto la loro giurisdizione e sua santità aveva mandato l'ambasciatore spagnolo da Roma, Azara. "Purtroppo non posso liquidarlo con un semplice: non sono dell'umore adatto".

L'unico modo che aveva per placare il suo animo era di scrivere l'ennesima lettera "Lo farò anche se so che non la leggerà, sento l'irrefrenabile desiderio di riportare su carta ciò che mi attanaglia il cuore". Presa carta e intinta la penna d'oca nell'inchiostro, iniziò a lasciare scie di scarabocchi neri sulla carta già ingiallita 'Dal quartier generale, Milano, 20 prativo (8 giugno) anno quattro della Repubblica una e indivisibile,
Joséphine, dovevi partire il 5 (24 maggio) da Parigi, dovevi partire l'11 (30 maggio), il 12 (31 maggio) non eri ancora partita... Il mio animo s'era aperto alla gioia: s'è colmato di dolore... Tutti i corrieri arrivano senza portarmi una tua lettera...'

'Quando mi scrivi quelle poche parole, il tuo stile non riflette mai un sentimento profondo' percepiva che rispondesse soltanto per accontentarlo qualche volta, similmente ad un bambino da tranquillizzare, dopo aver pianto a lungo per ottenere il giocattolo a cui teneva 'Mi hai amato a mo' di lieve capriccio, sai già quanto sarebbe ridicolo che esso impegnasse il tuo cuore; mi sembra che tu abbia fatto una scelta e che tu sappia a chi rivolgerti per sostituirmi. Ti auguro felicità...se l'incostanza può conseguirne, non dico la perfidia...' la sua sarcastica ironia era davvero utile in questo momento. Risaltava tutta la sua amarezza. 'Tu non hai mai amato...'.

Si era fermato qualche istante su quell'ultima frase, scritta di getto, come se il cuore avesse guidato la mano sinistra e non il cervello. Fece un profondo respiro e proseguì. Avevo affettato le operazioni, calcolavo che tu fossi il 13 (1 giugno)a Milano, e sei ancora a Parigi. Mi ritiro in me stesso, soffoco un sentimento indegno di me, e se la gloria non è sufficiente per la felicità, essa tuttavia costituisce un elemento di morte e immortalità'. Ambizione e gloria: stava sacrificando gli anni della gioventù per percorrere quella strada intricata, tortuosa, eppure necessaria per realizzare il suo sogno e il progetto prefissato.

E l'amore poteva diventare un grande ostacolo al conseguimento del suo obiettivo se avesse continuato a struggersi, forse poteva ancora sfuggirgli e guarire completamente 'Quanto a te, che il mio ricordo non ti sia spregevole...la mia disgrazia sta nell'averti conosciuta poco, la tua nell'avermi giudicato simile agli uomini che ti circondano' quello stesso pregiudizio che aveva condizionato e, in parte continuava a farlo, il suo approccio con le donne. 'Il mio cuore non conobbe mai alcunché di mediocre...si era vietato all'amore, tu gli hai ispirato una passione senza limiti...un'ebbrezza che lo degrada'.

Se in altre lettere si era lasciato andare ad espressioni teatrali e inutilmente magniloquenti, in questa, specialmente nelle parti che stava scrivendo, la sua penna divenne brutalmente sincera, aprendosi completamente al suo cuore. Non gli importava se fosse passata sotto gli occhi del Direttorio che, probabilmente, ne avrebbe riso, burlandosi della sua stupida, insensata passione. 'Il pensiero di te precedeva nel mio animo quello dell'intera natura; i tuoi capricci costituivano per me una sacra legge. Poterti vedere era la mia massima aspirazione; sei bella, deliziosa; il tuo animo dolce e celestiale è come dipinto sul tuo volto'.

Si soffermò sul piccolo ritratto e la immaginava quasi ridere, un po' civettuola, frivola, ma elegante, delicata, rigorosamente con le labbra chiuse. Una risata che lo stregava, lo ammaliava al pari di una sirena dell'Odissea. 'Di te adoravo tutto; fossi stata più ingenua, più giovane, ti avrei amata di meno. Mi piaceva tutto, persino il ricordo delle tue mancanze o della desolante scena che precedette di quindici giorno il nostro matrimonio; la virtù era tutto ciò che facevi; l'onore ciò che ti piaceva; la gloria mi attraeva solo in quanto era gradita a te e lusingava il tuo amor proprio'. Sicuramente si stava vantando dei risultati che stava ottenendo, l'eco che li aveva fatti diffondere dall'Italia a Parigi.

'Il tuo ritratto stava costantemente sul mio cuore; mai un proposito senza guardarlo, un'ora senza vederlo ricoprirlo di baci. E tu, tu hai lasciato il mio ritratto sei mesi prima di ritirarlo: non mi è sfuggito nulla. Se mi continuassi, ti amerei soltanto, ma di tutti i vari ruoli questo è l'unico che non posso rivestire. Josèphine, tu avresti fatto la felicità di un uomo meno complicato' Era consapevole di essere sempre stato una persona diversa dagli altri, fin da bambino se ne era accorto. Inconsapevolmente aveva persino intuito la natura del suo amante, aveva visto tanta mediocrità...

'Hai fatto la mia infelicità, ti avviso; lo capii quando il mio animo si impegnava, quando il tuo guadagnava ogni giorno un impero senza limiti e asserviva tutti i miei sensi' utilizzando l'imperfetto si illudeva di poter allontanare quei pensieri. Ma questi non volevano saperne di andarsene 'Crudele! perché avermi fatto sperare in un sentimento che non hai mai provato?' Non riusciva a liberarsi di quella passione, una tempesta implacabile. Quasi non si riconosceva più, non poteva credere di provare un amore così.

Respirò ancora una volta e riprese 'Ma il rimprovero non è degno di me... Non ho mai creduto nella felicità. Ogni giorno la morte mi aleggia intorno: la vita merita forse la pena di fare tanto rumore? Addio Joséphine, resta a Parigi, non mi scrivere più e rispetta il mio rifugio. Mille pugnali straziano il mio cuore; non affondarveli di più. Addio mia felicità, mia vita, tutto ciò che esisteva per me sulla terra!!! Bonaparte'. Prima di farla spedire, si poggiò sullo schienale, tenendo la testa sollevata, chiuse gli occhi, attendendo che il suo cuore rallentasse il suo battito.

 

   
 
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